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Come è noto la storiografia ha spesso minimizzato l’importanza del ruolo dell’Impero nella politica italiana in età moderna1, oppure (a dimostrazione di questa marginalità) ha sottolineato l’azione di disturbo e di contrasto svolta dalla Spagna contro la giurisdizione imperiale in Italia all’insegna di una «preponderanza spagnola» che avrebbe contraddistinto la storia italiana nei secoli xvi e xvii, e successivamente determinato quella dipendenza dalle potenze straniere da cui si riteneva fosse dipeso il ritardo italiano nel processo di unificazione2. In entrambi i casi si è trattato di una lettura non solo fortemente influenzata dalla storiografia risorgimentale e sabaudista, ma anche insensibile verso una corretta considerazione degli equilibri tra le corti europee e gli orientamenti della politica internazionale nei secoli dell’antico regime. Le conoscenze di cui ora disponiamo soprattutto in merito alle vicende della monarchia composita degli Austrias di Madrid e delle sue ricadute sui territori italiani ci portano a rileggere le dinamiche dell’Impero in Italia in modo diverso da quanto è stato fatto sin qui.

Se si confronta la documentazione di provenienza sia imperiale sia spagnola3 risulta difficile continuare a sostenere una sistematica intenzione da parte di Madrid di fagocitare la giurisdizione imperiale in Italia a vantaggio della Spagna: pur nella considerazione dei rapporti non sempre idilliaci tra le due corti, su cui tra breve si

1 G. Galasso, «L’Italia una e diversa nel sistema degli stati europei (1450-1750)», in G. Galasso e

L. Mascilli Migliorini, L’Italia moderna e l’unità nazionale, Torino, UTET, 1998, pp. 1- 492.

2 S. Pugliese, Le prime strette dell’Austria in Italia, Milano-Roma, Treves, 1932; ripubblicato tre

anni più tardi col titolo: Il Sacro Romano Impero in Italia, Milano, Treves, 1935; R. Quazza, Prepon-

deranza spagnuola (1559-1700), Milano, Vallardi, 1950; K. O. von Aretin, «L’ordinamento feudale in Italia nel xvi e xvii secolo», Annali dell’Istituto storico italo-germanico, IV (1978), pp. 51-93; e Galasso, op. cit. (nota 1).

3 Haus-, Hof- und Staatsarchiv (HHStA), Plenipotenz in Italien, kart. 1, 2, 3, 4, 5, 6; HHStA,

rifletterà, dobbiamo tenere conto dell’importanza per la tenuta del sistema asburgico in Italia e in Europa dei legami parentali, dinastici e politici tra le due linee, nonché del condizionamento impresso dalla lontananza dei territori italiani rispetto all’Impero; soprattutto è necessario ricordare il rilievo che per questo sistema aveva il fatto che la Spagna esercitasse un controllo diretto sullo Stato di Milano. Tale territorio era fonda- mentale per tutto il sistema asburgico: feudo imperiale dal 1395, dopo la devoluzione nel 1535 per la morte di Francesco II Sforza, era stato governato direttamente dall’im- pero di Carlo V tramite un governatore fino a che nel 1554 il territorio di Milano venne assegnato come feudo imperiale al principe Filippo che con l’abdicazione di Carlo nel

1556 sarebbe divenuto re di Spagna. Pertanto lo Stato di Milano passò alla Spagna non come un possedimento personale e definitivo del monarca spagnolo, ma come un feudo e in quanto tale venne continuamente rinfeudato ad ogni cambio di sovrano o imperatore4: questo dato (sin qui sfuggito agli storici) fece sì che Milano conservasse un legame ineludibile con l’Impero. Tuttavia proprio ciò non impedì che lo stato fosse per gli spagnoli «el corazon de la Monarquia», tanto da venire considerato ancora alla fine del Seicento non solo «llave de toda Italia», ma anche stato «de suma importancia para la paz» dell’intera Europa5. La sua collocazione geografica rendeva Milano una zona strategica per controllare le dinamiche geopolitiche italiane ed europee; consentiva inoltre agli Austrias di mantenere viva l’unione con le varie parti dei territori controllati dalla dinastia: in particolare permetteva alle truppe spagnole di raggiungere tramite il lago di Como, la Valtellina ovvero il corridoio per le Fiandre; ultimo ma non meno importante, dallo Stato di Milano era possibile raggiungere abbastanza agevolmente i territori dell’Impero come dimostra ad esempio il fatto che dalla città passarono sempre le arciduchesse che andavano in sposa ai re di Spagna o le infante che andavano in sposa ad un imperatore; infine non era infrequente per i cadetti di alcuni famiglie nobili entrare come paggi nelle corti arciducali6.

In sostanza non c’è da stupirsi se al re di Spagna che era duca di Milano fosse toccata per lungo tempo una funzione di mediazione degli interessi imperiali in Italia: tra 1558 e 1610 l’Impero lasciò che la Monarchia Cattolica agisse sulla penisola quale vero e proprio agente di mediazione rispetto ai territori di pertinenza feudale impe- riale; il governatore spagnolo di Milano, del resto, svolgeva sempre, soprattutto in

4 ASMi, Feudi Imperiali, cart. 415, 416, 417.

5 Istruzioni date nel 1686 al governatore Fuensalida in ASMi, Uffici Regi p.a., cart. 65, «1678-

1698» (da cui cito) e presenti anche in Archivo Histórico Nacional (AHN), Estado, leg. 1936.

6 Ne ho parlato in C. Cremonini, Le vie della distinzione. Società, potere e cultura a Milano tra xv

occasione di conflitti, anche una funzione diplomatica7. Ciò naturalmente non impedì ai funzionari amministrativi dello Stato di Milano di intraprendere in taluni momenti autonomamente dalla corte azioni più aggressive che finivano per ledere la giurisdizione imperiale, come dimostra ad esempio il caso di Finale che si consumò proprio negli anni a cavallo tra xvi e xvii secolo8. È interessante notare che, in una sorta di gioco delle parti, le autorità milanesi sostennero la tesi che le azioni intraprese avevano avuto lo scopo di preservare lo Stato di Milano, pedina fondamentale per il mantenimento del sistema politico europeo, peraltro poggiato sull’equilibrio dinastico tra le due corti.

La mediazione degli interessi imperiali durante la Guerra