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141 4.2 Come affrontare l’innovazione

4.1.2 – Diversità: le 4 generazion

141 4.2 Come affrontare l’innovazione

Abbiamo parlato di complessità e di come questa complessità sia diventata pervasiva negli ambiti più diversi del contemporaneo.

Esaminando le varie forme di innovazione è peraltro emerso che, anche all’interno di questo concetto, molte sono le definizioni e le teorie, e che queste cambiano anche radicalmente in base al punto di vista che di volta in volta viene utilizzato.

A questo punto è bene cercare di risalire all’origine, cioè cercare di capire

come l’uomo affronta una innovazione?

Ho trovato molto significativo in proposito un testo, Il futuro Oggi:

Immaginazione sociologica e Innovazione91, di cui riporto di seguito alcuni

passaggi.

Agli albori della modernità, Petrarca (Familiarum rerum) si interroga sul perché “temiamo le cose nuove e disprezziamo le comuni”, e da fine psicologo si risponde che:

quanto alle prime, la mente, impreparata, si turba al loro improvviso apparire; quanto alle seconde, essa, con frequenti meditazioni, si è fabbricata come uno scudo, che cerca di opporre a tutte le difficoltà.

Al crepuscolo della stessa modernità, così Freud (1924) descrive con immagini quasi poetiche una neofobia primaria che può essere messa a contrasto con una neofilia secondaria:

Se il neonato in braccio alla bambinaia si distoglie strillando da ogni volto che non conosce, se l’uomo devoto inaugura la nuova stagione con una preghiera e saluta però con un motto benedicente ogni primizia che l’anno gli reca, se il contadino si rifiuta di comperare una falce che non porti il marchio di fabbrica ben noto ai suoi genitori, ebbene la disparità di queste situazioni è talmente evidente che appare giustificato il tentativo di riportare ciascuna di esse a un motivo differente. Tuttavia sarebbe un errore non riconoscere l’elemento che le accomuna tutte: si tratta in effetti del medesimo dispiacere che nel bambino si esprime in forma elementare, nell’uomo devoto riesce ad essere placato da un artificio, e nel contadino diventa motivo di una decisione. La fonte di questo dispiacere è però sempre la pretesa che alla vita psichica è posta da tutto ciò che è nuovo, il dispendio psichico che il nuovo esige, l’insicurezza che reca in sé e che può trasformarsi in aspettativa angosciosa. Sarebbe molto interessante studiare più da presso e in modo specifico la reazione psichica al nuovo, giacchè in determinate circostanze, di natura non più primaria, si può riscontrare anche il comportamento opposto, ossia una veemente attrazione per tutto ciò che è nuovo, motivata precisamente dal fatto che è così.

91Cerroni, A. Il futuro oggi, Immaginazione sociologica e Innovazione, una mappa fra miti antichi

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Un tempo, poteva essere valore il nuovo in quanto tale, ora lo è solo in specifici ambiti…Se vogliamo comprendere l’innovazione, come essa avviene e come potrebbe avvenire, quali esiti possono scaturirne, dobbiamo inquadrarla letteralmente come produzione del nuovo, ovvero come manifestazione della nostra capacità di produrre futuro. Ed è perciò questione, a un tempo, di individui, società, cultura. L’innovazione richiede un rinnovamento nel pensarla. Se volessimo definirla nel senso più ampio e fondamentale, infatti, diremmo che essa è un passo nel futuro a portata della mente collettivamente

organizzata.”92

L’autore del testo prosegue esponendo la difficoltà a coniugare vita (quotidiana e professionale) e innovazione, “cedendo quote incedibili

della nostra capacità di futuro in nome ora dell’una ora dell’altra. L’alternativa secca fra vitalità e novità non è facilmente gestibile. L’innovazione arriva nella nostra vita quotidiana generando reazioni emotive non univoche: paura, spaesamento, risentimento almeno quanto uso superficiale, abbacinamento, moda. D’altronde l’innovazione è innanzi tutto, come scrive Jedlowski, una sfida al senso comune e all’atteggiamento quotidiano”93.

E prosegue Cerroni, contrapponendo le due figure di outsiders o di

membri dell’establishment all’interno della cosiddetta Knowledge society:

“Se ci troviamo oggettivamente nella ridotta dei resistenti, degli

outsiders, o ci poniamo soggettivamente dalla loro parte, possiamo lottare per escludere l’innovazione dal consueto perché è essa a vederci già esclusi. Sposiamo, allora, una regola di vita, una norma emotivamente attesa, costruita come buona in sé, che resiste in noi anche emotivamente al cambiamento che la sopprime.”94

Ed infine ritengo cruciale questo passaggio:

“Anche le tecnologie e l’innovazione stessa hanno una certa quotidianità. E se ci troviamo nella stanza dei bottoni degli established, consueta è una certa innovazione, la nostra, un dato assunto come incontrovertibile, regolato da norme autonome che si impongono naturalmente e dunque

92Cerroni, A. Il futuro oggi, Immaginazione sociologica e Innovazione, una mappa fra miti antichi

e moderni, Franco Angeli, Milano, 2012

93Idem 94Idem

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rimuovono ogni impedimento. Ma possiamo anche recepirla ‘per il fatto che è così’, per dirla con Freud, più subendo violenza simbolica che conducendo un calcolo razionale.”95

Non è detto però che un atteggiamento tecnofobico verso un tipo di tecnologia non consenta un contemporaneo atteggiamento tecnofrenico (cit.) verso una tecnologia diversa.

Nel famoso testo “Le due culture”, Snow sosteneva: “E’ pericoloso avere

due culture che non possono o non sanno comunicare, …le divisioni della nostra cultura ci rendono più ottusi del necessario” 96.

Partendo infatti dalla evidenza di una frattura tra la cultura umanistica e quella scientifica, comune a tutto il mondo occidentale che crede ciecamente nella specializzazione culturale in maniera più profonda di qualsiasi paese orientale, Snow lancia un appello per un’inversione di tendenza. Il punto è che in Occidente si tende a rafforzare la cristallizzazione delle forme sociali quanto più si vengono a rafforzare le diseguaglianze economiche, con un parallelo danno alla cultura. In altri termini: “una volta creatasi una frattura culturale, tutte le forze sociali

operano a renderla non meno, ma più rigida”97.

Snow auspica invece un dialogo tra le due culture: “Non vi sono

attenuanti per l’uomo occidentale che non vuole rendersi conto che questa è l’unica via per sfuggire alle minacce che incombono sul nostro cammino: il sovrappopolamento e le distanze fra ricchi e poveri”.98

95Cerroni, A. Il futuro oggi, Immaginazione sociologica e Innovazione, una mappa fra miti antichi

e moderni, Franco Angeli, Milano, 2012

96Snow. C. P., Le due culture, (1959) Marsilio, 2005 97Idem

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4.3 - Siamo veramente liberi di scegliere se innovare?