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4.3 Siamo veramente liberi di scegliere se innovare? Una risposta dalla sociologia

Possiamo definire in molti modi l’argomento Innovazione, e probabilmente non esiste una definizione “perfetta” di questo termine. La moltitudine di significati e interpretazioni possibili trova conferma nella pervasività di questo termine in tutti i tipi di media e in molte delle aspettative del mondo contemporaneo.

E’ stato definito come “concetto posizionale: un’innovazione è tale per il

contesto in cui si realizza e lo diventa quando entra a far parte stabilmente del sistema di azione in cui si inserisce.”99

L’analisi etimologica e interpretativa ci fornisce però una certezza: in questo concetto è sempre insito anche quello di miglioramento (che si può manifestare in varie forme, intensità ed effetti).

Lo stesso miglioramento però non si verifica per tutti: se esso avviene per una categoria di individui, può anche avvenire un peggioramento per altre categorie, e dare così origine a esternalità negative.

Il comportamento dei consumatori sarà il solo deputato a decretare se e quando una innovazione non sia più di interesse collettivo o, rivelatasi magari dannosa per certe categorie di utenti, sia da abbandonare totalmente?

Soltanto l’accettazione e la condivisione infatti rendono utile una innovazione. E’ una sorta di selezione naturale in cui però molti altri fattori entrano in gioco: i concetti di “nicchia” di mercato, di “unicità”, …. Abbiamo però visto che l’innovazione ha forti radici in campo economico, perché l’economia riconosce in essa una spinta eccezionale per la generazione di nuovo valore. Prova ne sono i numerosi interessi in gioco in questo campo e la nascita di numerosi ambiti disciplinari che, dai primi scritti di Schumpeter in poi, analizzano e studiano nuove forme di innovazione sino a definire perfettamente in ogni passaggio i metodi e gli

99Luciano A., “Sul concetto di Innovazione”, in Riflettere, ricercare, definire, RA rivista dell’AIS (Associazione Italiana Sociologia), rivista on-line, n° 01/2010

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approcci necessari a “gestire” l’innovazione a partire da tutti i fattori in input fino alle conseguenze a lungo termine in output.

Allora forse sono riconoscibili determinati interessi a “pilotare” le scelte dei consumatori in favore di determinati prodotti?.

Una analisi nell’ambito delle scienze umane ci ha rivelato che l’uomo “tende” al nuovo anche perché, pur avendone in alcuni casi “paura”, questo allo stesso tempo genera anche “attrazione” (Freud). Se pensiamo al mito di Ulisse possiamo capire che questi concetti erano già chiari anche ai Greci molti secoli fa.

Abbiamo anche potuto verificare che l’innovazione è un fenomeno sistemico: essa può nascere sia da un individuo che da un gruppo di individui e per motivi vari e differenti tra loro, ma viene accettata e si rivela quindi come tale soltanto se il contesto socioculturale è in grado di accoglierla.

Schumpeter iniziò a definire l’innovazione come necessariamente diversa dall’invenzione: “un’innovazione non è una semplice invenzione, ma

un’invenzione compresa, identificata, resa discutibile, comunicabile e perciò socialmente accettabile, appropriabile, diffondibile e imitabile: un’invenzione riconosciuta socialmente e a cui viene attribuita legittimità”.100

Una delle definizioni di innovazione che trovo più suggestive è che “essa

è un passo nel futuro a portata della mente collettivamente organizzata.”101

Per Jedlowski addirittura “l’innovazione è innanzi tutto una sfida al senso

comune e all’atteggiamento quotidiano” e ancora “configura nuove soluzioni a problemi che in precedenza ne avevano già una”102.

Ma cosa significa “senso comune”? Quanto contribuisce il senso comune a definire quello stesso contesto socioculturale che deve “accogliere” una

100Schumpeter J.A., Teoria dello sviluppo economico. Rizzoli Etas, ried. 2013

101Cerroni, A. Il futuro oggi, Immaginazione sociologica e Innovazione, una mappa fra miti

antichi e moderni, Franco Angeli, Milano, 2012

102Jedlowski, P., I fogli nella valigia. Sociologia e cultura, Il Mulino, Bologna, 2003. Jedlowski, P., Leccardi C., Sociologia della vita quotidiana, Il Mulino, Bologna, 2003

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innovazione per conferire ad essa il proprio significato? Per il designer che sia chiamato in causa in un processo di innovazione che importanza ha conoscere “verso quale direzione” stia andando questo senso comune? Il senso comune viene anche considerato come una sorta di “sapere condiviso”, che ha un potere non indifferente, quello di conformare i comportamenti sociali e le immagini di alcune tipologie di individui creando degli stereotipi di riferimento.

“Proprio per la presenza di questo potere normativo legato alla presenza

degli stereotipi, l’innovazione consiste in una “battaglia” sul piano del linguaggio comune: per poter parlare di innovazione, qualsiasi gruppo o movimento sociale deve essere in grado di rinominare o di ridefinire il senso comune”103.

Jedlowski (cit.) sostiene che il senso comune, elemento fondamentale del quotidiano, consiste in “un insieme di credenze, competenze, modalità di

condotta e definizioni tipizzate delle situazioni che ciascun membro di una società condivide con gli altri dandole per scontate…È grazie al senso comune che gli individui sono in grado di affrontare la loro vita quotidiana senza doversi interrogare per ogni gesto, azione e pensiero...”, è una “forma di memoria sociale, è la struttura che rende conto di ciò che ci appare ovvio, e dunque non problematico”.104

Riguardo al concetto di complessità, sembra dunque che il senso comune e gli stereotipi costituiscano uno strumento importante per affrontare o aggirare la complessità del mondo reale.

“Quando si parla d’innovazione in campo sociologico, non si fa riferimento a questioni puramente tecniche, ma piuttosto ci si riferisce all’uso sociale di oggetti,… generalmente le innovazioni sono frutto di compromessi, di tensioni tra diversi soggetti e diversi gruppi, in cui le motivazioni messe in campo e il potere di imporsi sull’avversario sono elementi importantissimi per il concreto sviluppo dell’innovazione… Senso comune e vita quotidiana sono elementi fondamentali nella definizione di innovazione. Questo perché per interpretare una novità o un mutamento come innovazione,

103Jedlowski, P., I fogli nella valigia. Sociologia e cultura, Il Mulino, Bologna, 2003. Jedlowski, P., Leccardi C., Sociologia della vita quotidiana, Il Mulino, Bologna, 2003 104Idem

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occorre che la nuova realtà si presenti diversa da quella che appariva in precedenza. Se ciò avviene, vuol dire che la realtà che prima si riteneva ovvia, data per scontata è venuta meno. Vuol dire che si è smesso di sospendere il dubbio su ogni gesto, azione e pensiero. Si tratta di concetti fondamentali proprio perché l’innovazione ha bisogno di essi per affermarsi, infatti, è solamente con la loro messa in discussione che è possibile parlare d’innovazione.”105

Sembrerebbe dunque una sorta di meccanismo senza fine in cui innovazione e contesto si rinnovano in modo che il “fermarsi” dell’uno implicherebbe il fermarsi dell’altro.

Proprio l’imperfezione sarebbe, secondo il famoso “paradosso della

perfezione” (che da Empedocle in poi è stato ripreso da studiosi e filosofi,

tra cui Popper), il segnale che il mondo sarebbe “vivo”.

“La più grande perfezione è l'imperfezione, poiché essa consente il cammino verso la perfezione, lo sviluppo. E' l'imperfezione che dà senso e movimento alla vita. Il fluire della vita stessa è imperfetto. Cristoforo Colombo scoprì l'America per errore: fino alla fine dei suoi giorni rifiutò l'idea di aver scoperto un nuovo continente. Preferì difendere la perfezione delle sue teorie piuttosto che ammettere la portata straordinaria del suo errore.”106

E, cosa importante parlando di innovazione, è che “Il paradosso della

perfezione — che l’imperfezione è perfetta — si applica non solo all’uomo, ma anche alla tecnologia. Infatti, l’irregolarità nei cristalli semiconduttori è un requisito per la produzione di semiconduttori. La soluzione del paradosso si trova nella distinzione di due concetti di “perfezione”: quello della regolarità e quello dell’utilità. L’imperfezione è perfetta nella tecnologia perché essa è utile”.107

Società e tecnologia, due degli importanti motori dell’innovazione, sarebbero dunque accomunati dalla imperfezione, che spingerebbe a mettersi costantemente in discussione, migliorandosi continuamente senza mai potersi fermare.

105Ruspini, E. “Stereotipi e innovazioni a casa di Paola”, Università di Milano Bicocca, Laurea magistrale in sociologia, documento reperito in rete. Fonte http://inchiaro.sociologia.unimib.it 106http://www.tempostretto.it/news/psicologica-diritto-sbagliare-elogio-imperfezione.html 107http://it.wikipedia.org/wiki/Perfezione#Paradossi

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Raggiungere la perfezione significherebbe infatti raggiungere la completezza.

Bluma Zeigarnik, psicologa russa, osservò in un esperimento che persone interrotte durante lo svolgimento di varie mansioni si ricordavano di ciò che stavano facendo in maniera maggiore di chi aveva già concluso quelle attività. L’“effetto Zeigarnik” è stato teorizzato a partire dall’osservare i camerieri di un caffè, verificando che, dal momento dell’ordinazione di una comanda, essi si ricordavano ciò che dovevano servire ai clienti fino al momento di consegnare il cibo al tavolo, per poi dimenticarlo.

“L'effetto Zeigarnik consiste nell'innata tendenza a voler completare ciò che si è iniziato. Per questo il modo più semplice e potente per impegnarsi in qualcosa che deve essere fatto è iniziarlo”.108

E’ in sostanza una forma di tensione verso la compiutezza. Questa tensione può contribuire a generare e stimolare l’innovazione. Non sono quindi soltanto scelte politiche, strategie economiche, scoperte scientifiche, mode o trend sociali, crisi attuali o aspettative future: è la nostra stessa natura (di esseri imperfetti con tecnologie imperfette) che ci spinge all’evoluzione e all’innovazione continua.