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AGRICOLTURA

Nel documento Consuntivo 2008 (1,1mb) (pagine 38-66)

Le generalità. L'agricoltura emiliano - romagnola riveste una grande rilevanza in ambito sia nazionale che regionale. In poche altre regioni troviamo una presenza dell'agricoltura che abbia lo stesso significato in termini di reddito, ma anche di integrazione nelle dinamiche di sviluppo dell'economia regionale nel suo complesso. La peculiarità più rilevante del settore primario è rappresentata dalla sostanziale tenuta della produzione nonostante i profondi cambiamenti in atto nella struttura produttiva.

Il settore agricolo perde, infatti, costantemente addetti, senza che il fenomeno incida proporzionalmente sulla capacità di produrre. In Emilia-Romagna, secondo la nuova serie dei conti economici elaborati da Istat, tra il 2001 e il 2007 il peso del settore primario sul totale del valore aggiunto regionale ai prezzi di base, compresa silvicoltura e pesca, è diminuito in termini reali dal 3,4 al 2,2 per cento, in proporzioni leggermente inferiori rispetto al calo dal 6,6 al 5,0 per cento della quota delle corrispondenti unità di lavoro sul totale regionale. Questo andamento ha sottinteso, nello stesso arco di tempo, una crescita reale della produttività (valore aggiunto ai prezzi di base per unità di lavoro), pari ad un incremento medio annuo dell’1,3 per cento (+1,2 per cento in Italia), a fronte della crescita zero del totale dell'economia (+0,1 per cento in Italia). Il miglioramento della produttività reale può dipendere da svariati fattori: tecniche di coltivazione sempre più moderne, mezzi di produzione (sementi, concimi ecc.) in grado di aumentare le rese, impiego di macchine sempre più efficienti in grado di accrescere la produttività, economie di scala consentite dagli accorpamenti aziendali.

Quest’ultimo fenomeno è tra le cause della costante diminuzione delle aziende.

I dati definitivi del Censimento dell’agricoltura 2000 hanno evidenziato un calo della consistenza delle aziende agricole, in linea con quanto avvenuto nel Paese. Dalle 174.767 e 150.736 aziende censite rispettivamente nel 1982 e 1990 si è scesi alle 107.787 del 2000. In termini di superficie totale da 1.711.888,94 ettari del 1990 si è passati a 1.465.277,56 del 2000. Un analogo calo ha riguardato la superficie agricola utilizzata scesa da 1.232.219,57 a 1.114.287,92 ettari. La superficie agricola utilizzata media per azienda è tuttavia aumentata da 8,17 a 10,34 ettari. Nell’arco di un decennio sono “scomparsi”

più di 246.000 ettari di superficie agraria, che sottintendono un “consumo” del territorio che si può in gran parte attribuire al processo di urbanizzazione. Sotto questo aspetto, giova sottolineare che tra il 1990 e il 2000, il territorio dell’Emilia-Romagna ha assorbito più di 202 milioni di metri cubi di nuovi fabbricati, senza considerare gli oltre 64 milioni e mezzo di ampliamenti. Tra il 2000 e il 2006, secondo la nuova serie Istat dell’attività edilizia relativa ai permessi di costruire, i fabbricati nuovi residenziali e non, compresi gli ampliamenti, si sono estesi su di una superficie superiore ai 46 milioni di metri quadrati, equivalenti a circa 4.605 ettari di territorio, pari al 10,2 per cento del corrispondente totale nazionale.

In termini di valore aggiunto ai prezzi di base l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana per importanza, dopo la Lombardia e figura tra le prime regioni in termini di potenza meccanica per ettaro.

Inoltre se rapportiamo il reddito lordo standard per azienda - i dati si riferiscono al 2003 - ne discende per l'Emilia-Romagna un rapporto pari a 22,82 ude, rispetto alla media nazionale di 9,86.

Il contributo dell’agricoltura, silvicoltura e pesca alla formazione del valore aggiunto ai prezzi di base emiliano - romagnolo, secondo i dati provvisori divulgati da Istat, è stato pari nel 2007 al 2,7 per cento contro il 2,4 per cento del Paese. Nel 2000 era del 3,5 per cento. Il minore peso del reddito si è coniugato al concomitante calo dell’occupazione, in linea con la tendenza nazionale, senza tuttavia intaccare, come osservato precedentemente, la produttività.

Per quanto riguarda le colture erbacee, in Emilia-Romagna sono particolarmente sviluppati i cereali (frumento tenero, mais, orzo, frumento duro, sorgo e risone ), mentre tra le colture industriali si segnalano soia, girasole e ultimamente colza e canapa. La barbabietola da zucchero, dopo la riforma dell’Ocm che ha decretato la chiusura di numerosi zuccherifici, appare in declino. Tra le orticole gli investimenti più ampi, vale a dire oltre i 1.000 ettari, sono abitualmente costituiti da pomodoro, pisello fresco, fagiuolo fresco, cipolla, carota, melone, cocomero, lattuga, zucche e zucchine. Fra i tuberi primeggia la patata comune. Le colture orticole specializzate sono abbastanza diffuse soprattutto nel territorio romagnolo. Nel campo delle leguminose da granella, oltre i 1.000 ettari troviamo la fava da granella e il pisello proteico.

Nell’arco di un ventennio sono avvenuti non pochi cambiamenti, spesso determinati dalla possibilità o meno di ricevere aiuti comunitari e dalla nuova Pac, che ha decretato, tramite il cosiddetto

“disaccoppiamento”, sostegni ai redditi degli agricoltori, indipendentemente dalle colture coltivate.

Rispetto alla superficie media del decennio 1998-2007, hanno perso decisamente terreno, oltre i 1.000 ettari, frumento tenero (-8.388 ha), orzo (-1.499 ha), riso (-7,257 ha), pomodoro (-5.246), barbabietola da zucchero (-38.727 ha), soia (-17.504 ha) e girasole (-2.336 ha). mentre ne hanno acquistato, attorno ai mille ettari, frumento duro (+47.309 ha), mais (+3.004 ha), sorgo (+979 ha), pisello fresco (+918 ha) e colza (+901 ha).

Nel 2008 le colture frutticole hanno occupato poco più di 74.000 ettari. Se confrontiamo la superficie totale del 2008 con quella media dei dieci anni precedenti possiamo osservare un pressoché generale regresso, con l’unica eccezione del susino. A diminuire maggiormente sono stati gli investimenti a melo (-1.290 ha), pero (-2.683 ha) e pesco (-3.094 ha). Il ridimensionamento è stato per lo più dovuto alle scarse remunerazioni spuntate negli ultimi tempi da alcune varietà frutticole. Le colture frutticole più sviluppate, oltre i 10.000 ettari di superficie totale coltivata, sono state rappresentate da pesche, nettarine, e pere.

Mele e susine si sono aggirate tra i 5 e 6.000 ettari. Le albicocche hanno sfiorato i 5.000 ettari. La coltura del kiwi, che si può considerare relativamente “nuova” rispetto alle altre varietà frutticole, ha occupato circa 3.500 ettari. Non sono inoltre trascurabili le coltivazioni di ciliegie e loti, le prime oltre i 2.000 ettari, i secondi oltre i 1.000. La viticoltura è largamente diffusa. In Emilia – Romagna, secondo l’ultimo censimento del 2000, sono circa 44.000 le aziende che se ne occupano. Nel 2008 le aree investite sono ammontate a oltre 56.000 ettari, ma siamo su livelli ben distanti da quelli del passato. Nel 1975 la vite da vino si estendeva su oltre 242.000 ettari, scesi vent’anni dopo a circa 62.000. Tra i vini più rinomati si ricordano Albana, Lambrusco, Sangiovese, Bosco Eliceo, Pignoletto, Pagadebit, Trebbiano, Montuni, Bonarda e Gutturnio. La coltura dell’olivo è prevalentemente praticata nella zona della Romagna e si caratterizza per l’ottima qualità. Nel 2008 ha occupato circa 3.300 ettari, e rispetto al passato può essere considerata una coltura emergente: +803 ettari rispetto alla media del decennio 1998-2007.

Nel panorama italiano, l'agricoltura dell'Emilia Romagna si conferma tra quelle maggiormente internazionalizzate, meno assistite, più produttive e più propense ad investire al proprio interno per elevare l'efficienza delle aziende.

Passiamo ora ad esaminare l’andamento dell’annata agraria 2007-2008 sotto i vari aspetti climatici, produttivi, commerciali, occupazionali ecc..

Le condizioni climatiche. In sintesi l’annata agraria 2007-2008 – comprende il periodo fra inizio novembre e la fine di ottobre dell’anno successivo - è stata caratterizzata da un clima che è apparso meno anomalo rispetto alla precedente annata. L’inverno è stato caratterizzato da temperature un po’ al di sopra delle medie del periodo, mentre la primavera è apparsa straordinariamente piovosa, con qualche grandinata, soprattutto nel mese di giugno. In luglio e agosto le precipitazioni sono andate diradandosi, pur non mancando episodi temporaleschi, che in qualche caso hanno dato origine a nuove grandinate. Le temperature sono aumentate, superando in qualche caso i valori medi del periodo, ma nel complesso non si è avuta una situazione simile a quella decisamente calda del 2003. Settembre è stato segnato da una perturbazione, che tra il 13 e 14 del mese ha portato abbondanti precipitazioni, cui è seguita una fase decisamente più fresca, protrattasi fino alla fine del mese. In ottobre le temperature sono risalite, mentre le precipitazioni più significative si sono avute solo negli ultimi due giorni del mese.

Più segnatamente, secondo quanto rilevato da Arpa regionale e pubblicato nella rubrica “Il tempo e il clima”, nel mese di novembre a causa di correnti in quota prevalentemente settentrionali, le precipitazioni sono state abbastanza scarse per buona parte del periodo. Rovesci sparsi e qualche temporale si sono avuti nella giornata del 9 per il passaggio di un fronte freddo e il 12 per un altro debole fronte sulla costa adriatica. L'intenso afflusso freddo di metà mese ha portato un po' di neve, già a quote collinari, sui rilievi della Romagna; sparuti fiocchi di neve e un po' di ghiaccio anche su alcune città di pianura dell'Emilia. Il sistema nuvoloso atlantico, stazionario sul Nord Italia tra il 22 e il 24, ha portato piogge abbondanti sull'Appennino occidentale e sulla pianura piacentina. Il 24 le piogge sono cadute anche sul resto della regione, con quantità via via inferiori avvicinandosi al mare. Alla fine del mese la Romagna ha ricevuto solo un quarto della pioggia attesa, mentre Piacenza è stata l'unica città con un apporto superiore. I ripetuti afflussi da nord hanno mantenuto basse le temperature, soprattutto nei valori minimi, mentre alcuni episodi di vento di caduta dalle Alpi hanno portato i valori delle massime più in alto sul settore emiliano. La ventilazione è risultata vivace contribuendo a diradare le nebbie apparse poco frequenti.

In dicembre la pioggia caduta nella giornata dell'Immacolata ha interessato le zone centro-orientali della regione, che erano rimaste asciutte durante il mese precedente; nel piacentino, dopo le piene di novembre, la pioggia è stata irrilevante. Nei giorni rimanenti, le correnti di direzione prevalentemente settentrionale non hanno portato a nuove situazioni favorevoli per le precipitazioni, eccezion fatta per la neve caduta a metà mese tra i rilievi modenesi (20 cm) e quelli romagnoli (intorno a 50 cm). Deboli nevicate si sono avute anche in pianura, soprattutto nella zona tra Imola e Faenza. E’ seguita una fase di

tempo soleggiato e quindi un periodo con estesa copertura e deboli piogge, che non sono riuscite a innalzare i livelli complessivi di precipitazione durante il mese.

Le temperature medie osservate sono state intorno al valore medio, anche se hanno prevalso valori inferiori al normale per le minime e superiori per le massime. Frequenti i casi di gelate sulla pianura, con più di venti minime sotto zero nelle zone lontane dai centri urbani.

Nel mese di gennaio la successione di sistemi nuvolosi atlantici che hanno interessato l’Italia settentrionale ha portato precipitazioni abbondanti lungo il crinale appenninico, in particolare quello centro-occidentale. I venti occidentali, come è solito accadere, non hanno favorito accumuli importanti sulla pianura, ma hanno garantito, tuttavia, il raggiungimento della media climatologia che si attesta introno ai 50 millimetri; precipitazioni più scarse, però, si sono avute lungo la costa, a Rimini e Ravenna, con circa il 20% in meno di quanto atteso. Le temperature basse nella giornata del 3 e del 4 hanno permesso la caduta delle neve anche sulla pianura interna, ma con accumuli di pochi centimetri. Gli episodi successivi hanno, invece, portato la neve solo sui rilievi, dove lo spessore nevoso ha raggiunto valori soddisfacenti. Come per il resto del Nord, in Emilia-Romagna le temperature massime e minime sono state in media di 2, 3 gradi superiori alla media, con l’unico periodo freddo limitato ai soli primi giorni dell’anno. L’aria molto umida ha favorito le nebbie diffuse fino al 22 gennaio, mentre una maggiore ventilazione, accompagnata da aria secca, ha favorito cieli tersi o velati durante l’ultimo periodo.

In febbraio i sistemi nuvolosi atlantici dell’inizio del mese hanno portato un po’ di precipitazioni, deboli in pianura, moderate sul crinale appenninico, tra le giornate del 3 e del 5. E’ seguita una fase di prolungata stabilità atmosferica caratterizzata da giornate prevalentemente assolate fino al 21 e poi da condizioni di nebbia estesa in pianura durante le ore fredde e persistente anche di giorno sul mare e sul litorale. La prevalenza di giornate con condizioni di cielo sereno si è manifestata sulle anomalie delle temperature massime che sono state di almeno due gradi superiori alla media. Allo stesso modo, le notti calme hanno favorito un maggior raffreddamento dell’aria così che l’anomalia positiva è rimasta contenuta in circa mezzo grado. Un discorso a parte va fatto per la fascia costiera dove la presenza delle acque fredde e della nebbia persistente ha mantenuto il valore delle temperature medie vicino al valore atteso. Le precipitazioni, ovviamente, sono state nel complesso davvero scarse: sulle principali città è caduta, in media, solo un terzo della pioggia attesa, con Forlì e Ravenna tra le più favorite.

In marzo la calda domenica del 2 ha regalato valori di temperatura massima davvero inusuali per il periodo: 26.9º a Borgo Panigale (nuovo record per il mese), 22.1º a Rimini (record per la decade) e 23.8º a Piacenza. Già nella notte tra il 4 e il 5, però, i fiocchi di neve hanno fatto la loro comparsa sui quartieri collinari del capoluogo emiliano, mentre sono caduti venti centimetri di neve sull'Appennino oltre a piogge abbondanti in Romagna: Cattolica ha registrato 116 mm in tre giornate. A parte un periodo stabile e mite a metà mese, il tempo è proseguito con piogge frequenti sulla Romagna e neve che, ad esempio, nella giornata di Pasqua sono cadute sopra i 400 metri. L'ultimo evento piovoso di fine mese, per correnti di scirocco, ha determinato l'esondazione delle acque contenute nella diga di Ridracoli. La zone occidentali della regione, però, hanno registrato un deficit significativo di precipitazioni (a Piacenza -80 per cento), deficit sempre meno pesante procedendo verso est, fino al surplus della Romagna. Le temperature massime sono state superiori al valore medio del mese di oltre un grado, mentre i valori delle minime non si sono discostati di molto dalle medie.

In aprile il fronte temporalesco, che ha interessato il settore orientale della regione nel pomeriggio del 2, è stato accompagnato da forti raffiche di vento (95 km/h a Malborghetto di Boara in provincia di Ferrara), da grandine fino a 2 cm sul lughese-faentino e da una piccola tromba d'aria nei pressi di Castel Guelfo-BO. La successiva fase meteorologica, dettata dalle correnti atlantiche, ha favorito l'Appennino emiliano con piogge molto abbondanti, oltre 200 mm lungo il crinale, che sono risultate generose anche sulla pianura piacentina e sul crinale romagnolo (intorno ai 100 mm). Sul resto della regione si sono avute piogge non uniformi e inferiori alla media, in particolare nel tratto tra Modena e Forlì. L'arrivo d'aria instabile da nord-est nella sera del 23 ha permesso l'ingresso di temporali dal Veneto, col loro carico di piogge, tra la bassa modenese e il ferrarese, fino al ravennate, dove si è avuta una temporanea attenuazione del deficit idrico. Per quanto riguarda il campo termico, i valori delle minime in generale e quelli delle massime sul settore emiliano sono stati intorno al valore medio atteso per il mese, mentre i frequenti venti da sud-ovest hanno determinato un'anomalia positiva di circa un grado sulle temperature massime in Romagna.

Maggio è stato segnato da grandi piogge, che sono tornate in regione nella seconda metà del mese:

dopo i primi temporali del 17 e 18, nella notte tra il 19 e il 20 rovesci molto intensi hanno colpito le colline e la pianura sottostante tra Bologna e Modena. In alcune zone sono caduti fino a 80 mm di pioggia in due ore. Tutti i torrenti tra Bologna e Castelfranco sono apparsi in piena, soprattutto il Samoggia. Nei tre giorni successivi, causa la depressione che stazionava sulla regione, si sono avuti ancora rovesci molto intensi che hanno interessato in particolare le aree lungo la Via Emilia e le colline sovrastanti, meno la fascia

costiera. Durante l'ultima settimana la regione è stata percorsa da correnti di scirocco, molto umide ma stabili, fin quando il passaggio del fronte nel pomeriggio del 29 ha generato un'intensa linea temporalesca sull'Appennino marchigiano: la grandine ha colpito Cesena e il Lughese, forti raffiche di vento hanno investito Forlì mentre si sono avute piogge cospicue su tutta la regione, eccetto la fascia più prossima al mare. Tutte le città emiliane hanno ricevuto circa il doppio della pioggia attesa per il mese, mentre quelle romagnole e Ferrara hanno superato di poco il valor medio. Unica eccezione Rimini con sei millimetri in meno. Le temperature registrate sono state superiori al valor medio per meno di mezzo grado.

La nota saliente del mese di giugno è stata rappresentata dalla persistenza della situazione meteorologica prodiga di temporali: in un periodo di diciassette giorni è piovuto giornalmente su almeno qualche porzione di territorio regionale se non su quasi tutta la regione. A parte la zona di Ravenna, il resto della regione ha visto quantitativi abbondanti, con aree del reggiano, modenese e bolognese che sono stati colpite da alcuni nubifragi (Reggio Emilia medesima e Sassuolo). Nella mattinata del 14, oltre ai territori già menzionati, un complesso sistema temporalesco, in rotazione attorno a un minimo, ha allagato la zona dei lidi ferraresi; è stata osservata anche una tromba marina. L'ultima decade del mese è stata calda e in prevalenza asciutta. Il caldo non è stato eccessivo, anche se l'alta umidità e la persistenza dell'afa hanno reso la situazione meno sopportabile. l'area urbana di Bologna, una delle più calde in regione, ha avuto una sola giornata di disagio, mentre le altre sono state caratterizzate da disagio debole, seppur prolungato. Le città dell'Emilia hanno avuto almeno il doppio della pioggia attesa, con Reggio che si è avvicinata a triplicare il valore; la zona costiera di Ravenna ha invece avuto meno pioggia del solito. Le temperature, che nei primi venti giorni erano rimaste sotto i valori medi, sono alla fine risultate superiori alla media.

In luglio l’Emilia-Romagna ha seguito un andamento meteorologico simile a quello dell'Italia centrale, più asciutto e stabile rispetto alle condizioni perturbate riscontrate nelle aree poste di là del fiume Po. In ogni caso le primissime ore del mese sono state segnate dalla formazione di una cellula temporalesca sulla bassa pianura tra Reggio e Bologna, con epicentro nella zona di Ravarino (MO) dove la grandine e il vento hanno provocato un corridoio di danni rilevanti alle colture. La prima settimana è risultata la più calda e afosa del mese, ma le temperature massime non hanno mai superato i 35º tranne che a Rimini, dove quel valore di soglia è stato raggiunto a causa di venti caldi dall'interno che hanno accomunato il versante adriatico dell'Italia.

Il fronte freddo del 21 si è manifestato in regione con forti ed estese grandinate: le più estese hanno colpito e province di Reggio Emilia e Bologna, con numerose segnalazioni di terreni resi bianchi dalla precipitazione; le più forti sono state registrate lungo una striscia tra Castiglione di Ravenna, Cervia, Cesenatico e Bellaria e su Cattolica, con danni alle colture e alle proprietà. E’ poi seguita una fase di tempo secco e fresco, con riscaldamento finale e qualche temporale locale. Il mese è stato sostanzialmente secco in regione, a eccezione della bassa pianura tra Reggio Emilia e Ferrara e localmente sui rilievi; le temperature sono apparse oltre la norma, di circa due gradi, lungo la fascia costiera.

Il mese d'agosto in Emilia-Romagna è stato fortemente siccitoso e con temperature superiori alla media. Gli impulsi d'aria instabile, che hanno causato temporali tra Piemonte e Veneto, non sono riusciti a organizzare sulla regione eventi estesi di precipitazione, che si sono presentati invece in maniera sporadica e irregolare. Non per questo non sono mancati episodi intensi. Sulla coda di un fronte temporalesco sul Veneto, nella sera del 6 alcuni temporali hanno percorso i cieli tra Parma e Reggio Emilia, stazionando a lungo su quest'ultima città dove si sono misurati 71 mm di precipitazione;

quantitativi molto, molto inferiori altrove. Anche l'intenso sistema atlantico di Ferragosto ha saltato la regione e solo alcuni temporali hanno interessato qua e là il territorio, con l'eccezione della riviera tra Rimini e Cattolica, colpita da forti fenomeni temporaleschi nel pomeriggio. Solo alcune zone, oltre a quelle già menzionate, hanno superato i 25 mm di pioggia, ovvero lungo i rilievi, in Val Tidone e sul centese. Da notare che in alcune zone della collina emiliana e della pianura romagnola non è praticamente piovuto. La serenità del cielo durante il mese ha favorito l'aumento delle temperature massime, mentre ha tenuto l'anomalia delle minime su valori più contenuti.

In settembre un temporale di forte intensità si abbatte sulla città di Bologna il primo giorno del mese.

In settembre un temporale di forte intensità si abbatte sulla città di Bologna il primo giorno del mese.

Nel documento Consuntivo 2008 (1,1mb) (pagine 38-66)