La classificazione in materia di sicurezza sul lavoro è varia e disparata, pertanto proveremo a classificare la normativa in questione in vari gruppi, cercando per ognuno di darne una definizione e razionalizzazione più adeguata66.
64 Pascucci, Lanuova disciplina della sicurezza sul lavoro: una rapsodia su novità e conferme, in Olympus, 1/2011.
65 Cfr. vedi nota 17.
66 Secondo un autorevole insegnamento, è necessario innanzitutto distinguere gli obblighi di prevenzione antinfortunistica in comandi e divieti. I primi possono essere ulteriormente ripartiti in cinque categorie: «1. obblighi relativi all’assetto del luogo di lavoro; 2. obblighi relativi alla sussistenza o all’installazione di apparati o accorgimenti protettivi degli edifici,
A)La prima classificazione attiene agli obblighi che derivano dalle norme antinfortunistiche, pertanto possiamo distinguerli tra obblighi positivi, di fare ( comandi) e obblighi negativi, di non fare (divieti).
Dalla distinzione posta, ne deriva, come conseguenza, una diversa caratterizzazione della fattispecie contravvenzionale: nel caso di obblighi positivi, in termini di condotta omissiva, mentre, nel caso di obblighi negativi, siamo davanti a una condotta commissiva.
La distinzione posta precedentemente, assume rilievo anche in un' ulteriore circostanza: nel caso di verificazione di un infortunio o di un evento lesivo, rileva, l' utilizzo o meno di determinante sostanze o l'adozione di macchinari pericolosi; oppure, la mancata predisposizione di misure di sicurezza.
Nel primo caso, occorre verificare il legame causale tra l' impiego della sostanza nociva e la verificazione dell' evento lesivo; nel secondo invece, occorrerà verificare il legame eziologico tra la realizzazione dell' evento lesivo e la mancata osservazione del comando di fare.
B)Altra classificazione riguarda l' individuazione degli obblighi che derivano
degli impianti, delle macchine; 3. obblighi concernenti il controllo sul comportamento di altri soggetti; 4. obblighi relativi all’installazione di attrezzature di salvataggio o di soccorso in caso di disastro o infortuni; 5. obblighi di informazione sui pericoli insiti nell’uso di macchine o di attrezzature o nello svolgimento di lavorazioni». I secondi invece possono essere distinti in due gruppi: «1. divieti di installazione di apparecchiature o di impianti pericolosi; 2. divieti concernenti il comportamento da far assumere a determinati soggetti» (PADOVANI, Diritto penale del lavoro – Profili generali, cit., pp. 110 e sg.). Per una diversa classificazione cfr. FERRANTE, La tutela penale della sicurezza del lavoro, cit., pp. 248 e sgg.
dalle norme antinfortunistiche. Pertanto la distinzione che si configura riguarda le norme rigide, impositive di obblighi specifici, da un lato, e norme elastiche, dall' altro, impositive di obblighi il cui concreto contenuto risulta di volta in volta determinato dalle condizioni operative dell'attività lavorativa. Le prime si caratterizzano per la specificità delle misure a tutela della sicurezza del lavoro ivi previste e conseguentemente per il ridotto margine di discrezionalità lasciato al destinatario del precetto67.
Per le seconde, lasciando ampio margine alla discrezionalità del destinatario, la dottrina ne ha fortemente criticato la sua legittimità con il principio di determinatezza.
Due esempi di attrito con il principio di determinatezza è rappresentato dagli articoli 18, comma primo, lettera z), del T.U., ovvero dall’articolo 28, comma secondo, letta c), del T.U., che prevedono, rispettivamente, l’obbligo per il datore di lavoro di «aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
67 Si pensi, a titolo d’esempio, alle prescrizioni impartite dall’art. 113 co. 3 del T.U. in tema di scale semplici portatili (a mano): in primo luogo è stabilito che tali scale «devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell’insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso»; poi è prescritto che tali scale, se di legno, «devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro» e «i pioli devono essere privi di nodi» e «devono essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi»; inoltre si stabilisce che «nelle scale lunghe più di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio»; si dice infine che «è vietato l’uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti».
sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione», e l’obbligo di elaborare «il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza»68.
Naturalmente su questo profilo la Corte Costituzionale69, non poteva rimanere
inerte; infatti ha affermato che per «misure concretamente attuabili» debbono intendersi quelle che, «nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti, sicché penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell’imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto e al momento, delle diverse attività produttive»70.
In dottrina si trova affermato che «Il criterio “fattuale” del riferimento agli standard generalmente adottati nei diversi settori finisce per disperdere la
68 Per osservazioni critiche sulle disposizioni citate si veda VENEZIANI, I delitti contro la
vita e l’incolumità individuale, cit., pp. 384 e sgg.
69 È stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 41 co. 1 d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277 («il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall’esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte») per contrasto con l’art. 25 co. 2 della Costituzione.
70 Corte cost., 25 luglio 1996, n. 123. Aggiunge la Suprema Corte che il giudice dovrà, di volta in volta, chiedersi «non tanto se una determinata misura sia compresa nel patrimonio di conoscenze nei diversi settori, ma se essa sia accolta negli standard di produzione industriale, o specificamente prescritta».
dimensione “normativa” propria di regole cautelari, quali sono per contenuto e funzione le regole di sicurezza. La funzione di regole di sicurezza è di controllo delle prassi: è perciò contraddittorio desumere tout court il contenuto delle regole cautelari da quelle stesse prassi che la regola ha il compito di orientare. Il metro normativo dei doveri dell’imprenditore non può essere desunto proprio da quelle prassi imprenditoriali che la legge ha il compito di conformare alle esigenze di tutela avute di mira»71.
C)Altra distinzione attiene al livello cautelare delle norme in materia antinfortunistica e nello specifico la distinzione si basa su regole cd. proprie o perfette, e regole improprie, imperfette.
Se da un lato le regole cautelari proprie sono «basate su un giudizio di prevedibilità dell’evento e di sicura (= con probabilità confinante con la certezza) evitabilità del medesimo mediante il comportamento lecito», dall' altro quelle improprie «a fronte della prevedibilità dell’evento impongono di adottare cautele che non garantiscono un azzeramento (o quasi) del rischio, ma soltanto una riduzione del medesimo (sicché il comportamento lecito probabilmente è in grado di prevenire l’evento, ma senza che sia possibile
71 PULITANÒ, Igiene e sicurezza del lavoro – Aggiornamento, cit., p. 397). Esprimono invece un giudizio positivo, CULOTTA-DI LECCE-COSTAGLIOLA, Prevenzione e
nutrire alcuna ragionevole certezza sul punto)»72.
Pertanto qualora venga omessa una misura cautelare prescritta da una regola propria e in concreto si realizza un evento lesivo, con maggior facilità si potrà constatare che la mancata adozione della misura ha causato il verificarsi dell’evento; a differenza di quanto accadrebbe nel caso in cui l’attuazione della cautela sia prescritta da una regola impropria: in quanto la mancata adozione della cautela suddetta abbia incrementato il rischio della verificazione dell’evento. Con la conseguenza che, se «si ritenesse che il nostro ordinamento richieda una sicura causalità della colpa (sul versante attivo) ovvero una sicura capacità di impedire l’evento (sul versante omissivo), è chiaro che solo l’inosservanza di regole cautelari “proprie” potrebbe integrare la tipicità della condotta colposa»73.
D)L' ultima classificazione è da porsi sulla base del soggetto attivo del reato: se da un lato abbiamo contravvenzioni proprie del datore di lavoro, come nel caso della mancata nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nonché l' omessa redazione del documento della valutazione dei rischi, dall' altro abbiamo contravvenzione proprie del datore di lavoro e del
72 VENEZIANI, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., pp. 375 e sg. 73 VENEZIANI, I delitti contro la vita e l’incolumità individuale, cit., p. 473. L’Autore osserva che «la condotta inosservante della regola cautelare impropria sarebbe giocoforza […] una condotta atipica, in quanto sempre inidonea a “causare” (in senso lato) l’evento».
dirigente, come nel caso degli artt. 55 co. 5, 68, 159, 165, 170, 178, 219, 262, 282 e 297 T.U.S., ovvero del preposto, del progettista, del fabbricante, del fornitore, del medico competente ecc.
3.1 La sicurezza del lavoratore. Accenni normativi.
Terminato il percorso storico affrontato e dopo aver analizzato i mutamenti della disciplina in esame intercorsi negli anni, la normativa posta all' interno della Carta Costituzionale, la nostra attenzione deve volgersi, nello specifico, all' analisi della materia, andando ad analizzare la normativa posta all' interno del d. lgs. 81/2008.
Pertanto l' attenzione verrà a porsi sulle varie norme che hanno come fondamento non solo il “ diritto al lavoro”, ma, la stessa “ sicurezza del lavoratore”.
3.2 La sicurezza del lavoro all' interno del d. lgs. 81/2008.
Come è stato precedentemente affermato, un importante modifica in tema di sicurezza sul lavoro è stata apportata dal T.U.S.
In particolare si osserva come la disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro definita dal d. lgs. 626/1994 e “confluita”, con alcune modifiche, nel menzionato d. lgs. 81/2008 ha introdotto un sistema di prevenzione e sicurezza a livello aziendale basato sulla partecipazione attiva di una serie di soggetti
interessati alla realizzazione di un ambiente di lavoro idoneo a garantire la salute e la protezione dei lavoratori.
Infatti il Decreto legislativo del 9 aprile 2008 n. 8174- ha rivisto il previgente
complesso normativo, fondato innanzitutto sull’articolo 2087 del Codice Civile75. Tale sistema prevenzionale, per quanto in vigore per lungo tempo
immutato, progressivamente cominciò a evidenziare una serie di criticità, a partire dal limitato coinvolgimento nell’attuazione di un efficace sistema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, dei destinatari diretti dello stesso, cioè dei lavoratori e di altre figure, diverse dal datore di lavoro, che pure apparivano necessarie alla realizzazione del sistema stesso76. In particolare, da
74Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
75Quadro legislativo che si venne a delineare a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso attraverso il DPR n. 547 del 1955 (Prevenzione degli infortuni sul lavoro), il DPR n.164 del 1956 (Prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni) e il DPR n. 303 del 1956 (Igiene del lavoro), tutte fonti specificative dell’articolo 2087. L’art. 2087 Cod. Civ., nonostante il suo evidente contenuto prevenzionale, è ricondotto nell’ambito di una tutela assicurativo-patrimoniale, immancabilmente successiva al verificarsi del danno BIANCHI D’URSO, Profili giuridici della sicurezza nei luoghi di lavoro, op. cit., pag. 5 e segg.. Il quale afferma come “ai tempi del codice del 1865 notiamo una politica del diritto, in tema di tutela della salute del lavoratore, caratterizzata da un’impostazione decisamente riduttiva, nella quale il timore di compromettere la logica produttivistica porta a considerare in secondo piano le esigenze di tutela dei lavoratori …Si consideri come, per molto tempo, l’unico dato normativo di riferimento in materia infortunistica sia stato l’art. 1151 del codice civile del 1865 – diretta derivazione dell’art.1382 del Codice di Napoleone – secondo lo schema della responsabilità extracontrattuale per colpa e secondo il principio dell’“agire a proprio rischio”, che è poi la massima estrinsecazione dell’ideologia della fatalità (che tiene indenne il datore di lavoro per tutti quegli infortuni imputabili a “colpa” dell’operaio, caso fortuito o forza maggiore)”.
76V. "Lo Statuto dei diritti dei cittadini lavoratori" di Giuseppe Di Vittorio, tratto da 'Lavoro', n. 43, 25 ottobre 1952
più parti veniva evidenziata l’assoluta mancanza di un’ attività di “programmazione della sicurezza” rimarcando come la stessa dovesse essere oggetto di una vera e propria valutazione preventiva dei rischi connessi alla prestazione del lavoro nello specifico ambiente in cui esso si svolge.
I destinatari della normativa in questione non solo solo i singoli lavoratori, sia questi autonomi o subordinati, ma lo stesso datore di lavoro77.
Adesso è opportuno entrare nel merito della trattazione, andando ad analizzare le varie norme in tema di sicurezza nell' ambiente di lavoro e più in generale del lavoratore78.
Tralasciando quando assunto dagli art. 179-280 del T.U.S, la nostra attenzione
77 Per le specificazioni del caso si rimanda a ciò che viene descritto nelle pagine successive. 78 Le vari articoli citati del T.U.S, sono consultabili nell' appendice, al termine della
trattazione.
79L’articolo 1 definisce la finalità del provvedimento, individuata nel riassetto e nel riordino in un unico testo normativo della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Si precisa che tale finalità viene perseguita nel rispetto dell’ordinamento comunitario e delle convenzioni internazionali oltre chedell’assetto della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni,assicurando comunque una uniforme tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale.
80 L’articolo 2 reca alcune definizioni, di massima corrispondenti a quelle già contenute nel D.Lgs. 626/1994. Particolarmente importante risulta l’aggiunta, rispetto alla disciplina previgente, delle definizioni di dirigente e di preposto, figure che assumono un ruolo centrale nel porre in essere le misure per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, della definizione di salute, corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonché delle definizioni dei concetti di norma tecnica, di buone prassi e di responsabilità sociale delle imprese, considerati elementi fondamentali per orientare i comportamenti dei datori di lavoro e migliorare i livelli di tutela definiti legislativamente.
viene a porsi nell' analisi dell' art 3 d. lgs. 81/2008.
La disposizione in questione amplia il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, riferibile ora a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, nonché a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati (c.d. principio di effettività della tutela, che implica la tutela di tutti coloro, a qualunque titolo, operano in azienda).
Per quanto concerne le misure di prevenzione e tutela, gli articoli 15-26, nel definire la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, introducono alcune innovazioni.
In luogo, per quanto attiene alle funzioni proprie del datore di lavoro, l’articolo 16 prevede la possibilità della delega di funzioni sottoposta a specifiche limitazioni e condizioni.
I successivi articoli, dal 17 al 19, identificano in maniera più precisa, rispetto alla normativa previgente, gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.
Più specificamente, ai sensi dell’articolo 17, non sono delegabili dal datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi con la conseguente adozione dei
documenti previsti dall’articolo 28 e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
e dei dirigenti, tra i quali rientrano: la nomina del medico competente; la designazione preventiva dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio; fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente; adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza; adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37; consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione del rischio; elaborare il documento di
valutazione dei rischi connesso con gli obblighi relativi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione e consegnarne copia, su richiesta, ai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Il D.Lgs. 106/2009 ha recato alcune modifiche all’articolo in oggetto, in ordine ai compiti a carico del datore di lavoro e del dirigente. Le modifiche previste specificano dettagliatamente determinate competenze, tra le quali rilevano l’inserimento dell’obbligo di inviare i lavoratori a visita medica nelle scadenze previste e della comunicazione al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro entro 48 ore dei dati relativi agli infortuni sul lavoro.
luogo prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella degli altri soggetti che si trovano sul luogo di lavoro, su cui possono produrre conseguenze le loro azioni od omissioni. Inoltre, i lavoratori sono tenuti ad una serie di adempimenti specifici indicati dalla norma, tra cui rientrano i seguenti: contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, al rispetto degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, per la protezione collettiva ed individuale; utilizzare in modo corretto le attrezzature di lavoro, le sostanze pericolose, i mezzi di trasporto, i dispositivi di sicurezza, nonché i dispositivi di protezione; segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi cui sopra, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza; partecipare ai programmi di formazione e di addestramento; sottoporsi ai previsti controlli sanitari. Per i lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, è previsto altresì l’obbligo di esporre la tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Queste sono solo alcune delle disposizione che sono racchiuse all' interno del T.U.S, e in questa sede impossibile da affrontare.
Però l' aspetto importante è ravvisabile nel fatto che il legislatore, dopo anni si silenzi e di inerzia in questo ambiente, si sia prodigato per affermare in modo chiaro e semplice come il tema della sicurezza del lavoratore sia fondamentale e come lo sia anche lo stesso riparto degli obblighi di garanzia e sicurezza siano ripartiti tra vari soggetti, tema affrontato nel corso della trattazione, tali da escluderne in alcuni casi la stessa responsabilità per infortunio intercorso durante l' attività economica.
3.3 (Segue)Un breve cenno alla giurisprudenza in tema di sicurezza del lavoro. Un fondamentale contributo in tema di sicurezza sul luogo di lavoro è rappresentato dalla giurisprudenza costituzionale.
Quello che è opportuno specificare, in questa sede, è il fatto che la giurisprudenza in questione ha affrontato gli spinosi problemi di determinatezza della fattispecie penale incriminatrice sorti in relazione alle norme che impongono genericamente al datore di lavoro << una riduzione al minimo del rischio81>>, in particolare sanzionando penalmente la mancata
81 La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che per << misure concretamente attuabili>> debbano intendersi quelle che << nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti, sicchè penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell' imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto e al momento delle diverse attività produttive>>. c. Cost., 25.7.1996, n. 312, in Giur. Cost. 1996, 2575 ss.
adozione delle << misure concretamente attuabili in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico >>.
La suprema Corte in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell' art. 41 comma 1 d. lgs. 15.8.1991, n. 277, si è pronunciata sulla compatibilità di questa tipologia di norme con il principio di tassatività e determinatezza del precetto penale.
La Corte, attraverso questa ricostruzione e interpretazione della norma impugnata, ha riempito di contenuto il precetto penale, superando il contrasto con l' art. 25 Cost, e spianando la strada al ricorso a questa tipologie di norme82.
Ulteriore aspetto che può essere messo in rilievo è che l' ampiezza della discrezionalità riconosciuta al legislatore penale è comune ad altri orientamenti della giurisprudenza costituzionale in tema di misure repressive a tutela della sicurezza del lavoro83.
82 La pronunzia, tuttavia, non è stata esente da critiche da parte della dottrina, la quele ha messo in evidenza che la funzione delle regole di sicurezza è di consentire un controllo della prassi aziendale [… ] per cui risulta contraddittorio desumerne tout court il
contenuto delle regole cautelari da quelle stesse prassi che la norma penale sulla sicurezza avrebbe il compito di conformare. Si veda, Pulitanò, Igiene e sicurezza del lavoro (tutela penale)- Aggiornamento, in Dig. Disc. Pen., I, Torino, 2000, 397.
83 Emblematico il caso in cui la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la