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Il comportamento abnorme del lavoratore alla luce del “ diritto vivente”.

“REATI OFFENSIVI DELLA SICUREZZA SUL LAVORO E IL COMPORTAMENTO IMPRUDENTE DEL LAVORATORE”.

4. Il comportamento abnorme del lavoratore alla luce del “ diritto vivente”.

Nella trattazione precedente questo tema era già stato affrontato ma un un' ottica completamente diversa.

Adesso è opportuno analizzarne il contenuto prendendo le mosse dalla giurisprudenza per vedere come la Suprema Corte ha risolto i conflitti che si sono verificati tra i destinatari del T.U.S aventi come fulcro il comportamento stesso del lavoratore.

I primi orientamenti giurisprudenziali circa il tema degli infortuni sul luogo di lavoro, si esprimono in modo unitario a favore della rilevanza del comportamento de lavoratore ai fini dell' esclusione o della limitazione della responsabilità del datore di lavoro264.

Le pronunce che analizziamo, hanno come filo conduttore, il richiamo al

264 Si consolida il principio della “ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” ;si afferma che le norme dettate […] sono tese ad impedire l' insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso: cfr. Cass., sez IV, 23 novembre 1990, Chiavazza; Cass, sez. IV, dicembre 1990, Mandala, in Massimario giur. Penale, 1991, 869.

dettamo dell' articolo 2087 codice civile265.

Afferma la Corte che “ l' obbligato per la sicurezza deve, non solo genericamente disporre, ma anche pacificamente imporre e controllare che le misure di sicurezza266 siano osservate”.

Secondo questa corrente giurisprudenziale l' obbligo del datore di lavoro si traduce in un dovere di “ vigilanza assoluto” nei confronti del lavoratore, e di conseguenza, nel caso di violazione di tale obbligo nessun rilevo assume la circostanza che << l' evento lesivo sia riconducibile anche a una condotta negligente, imprudente o imperita del lavoratore, perché si ritiene, la condotta doverosa del datore di lavoro si doveva estendere fino ad evitare la stessa “ colpa” del lavoratore>>267.

Pertanto la condotta colposa del lavoratore assume rilievo come mera concausa dell' evento lesivo.

A seguito della promulgazione del d. lgs. 626/1994, viene introdotto il

265 Cfr. Cass sez IV novembre 1998, Loparco, in Cass. Pen., 1999, 987: << In forza della disposizione generale dell' articolo 2087 codice civile e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell' incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia

conseguenza che ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela per la verificazione dell' evento lesivo, correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall' articolo 40 comma 2 codice penale >>.

266 Cass., sez IV, 4 agosto 1999, Gnudi, n. 9864, in Guida al Diritto, 1999, 97.

267 Valentina Ferro: “ Responsabilità per infortuni sul lavoro e rilevanza del comportamento del lavoratore” in Diritto penale e processo, 11/ 2011, pag. 1310.

concetto di “ area di rischio”.

Infatti la Suprema Corte osserva che, il comportamento del lavoratore rimane privo di rilievo se, anche se negligente, imprudente o imperito, rientra nell' area di rischio propria della lavorazione svolta; vale a dire quell' area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a valutare al fine di prevenire i danni nei confronti dei lavoratori268.

A questo punto, occorre individuare un criterio per stabilire se la condotta del lavoratore dovesse ritenersi, appartenente o estranea all' area di rischio propria della lavorazione svolta.

Un primo orientamento giurisprudenziale, ritiene che al di fuori dell' area di rischio il comportamento del lavoratore, che pone in essere, un' attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni di sua specifica competenza, << risolvendosi in un comportamento del tutto esorbidante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile e prevedibile scelta del lavoratore>>269.

268 Afferma la Corte: << In materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del

lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l' evento quando sia comunque riconducibile all' area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'

eccezionalità, dell' abnormità e ell' esorbidanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute >>. Cass., sez IV, 23 marzo 2007, Pelosi, in

www.italgiure.it.

269Cass, sez IV, 21 ottobre 2005, n. 38850, in Guida la Diritto, 2006, 97. Nello stesso senso: Cass, sez. IV, 23 marzo 2007, n. 21587, in Cass. Pen., 2008, 1020; Cass., sez IV, 22

Un diverso orientamento giurisprudenziale, al contrario, conferisce rilievo causale anche alle condotte poste in essere nell' ambito delle mansioni attribuite270.

Pertanto, può considerarsi abnorme ai fini causali, non solo il comportamento estraneo alle mansioni affidate, ma anche quello che rientri nelle mansioni che sono proprie ma sia consistito in qualcosa di << radicalmente, ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili scelte imprudenti del lavoratore nell' esecuzione delle mansioni>>271.

Ulteriore orientamento giurisprudenziale, abbandona il criterio esterno delle mansioni e si sostituisce il parametro della “ prevedibilità” intesa come dominabilità umana del fattore causale.

Si ritiene, pertanto, interruttivo del nesso causale quel comportamento, che risulti talmente eccezionale da fuoriuscire dalla dominabilità del soggetto garante.

E' stato affermato che “ può essere considerato imprudente ed abnorme ai fini causali, non solo il comportamento posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidate ma anche quello che rientri nelle

dicembre 1998, n. 2806, in Guida la diritto, 1999, 72.

270 Cfr. Cass., sez. IV, 26 ottobre 2006, Palmieri, in La Giustizia Penale, 2007, 271; cass., sez IV, 5 febbraio 1997, Maestrimi, in Foro it., 1998, 56.

mansioni che sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente lontano dalle ipotizzabili, e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell' esecuzione del lavoro”272.

Molto recentemente, la giurisprudenza ha affermato che “ Per interrompere il nesso causale occorre un comportamento del lavoratore che sia anomalo ed imprevedibile e, come tale, inevitabile; cioè un comportamento che ragionevolmente non può farsi rientrare nell' obbligo di garanzia posto a carico del datore di lavoro […]”273.

Il comportamento del lavoratore deve essere tale, per la sua stranezza e imprevedibilità, da porsi “ al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all' applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro”274.

Ma quando il datore di lavoro potrà essere esonerato dalla responsabilità penale per interruzione del nesso causale?.

A questo punto della trattazione, l' interrogativo posto appare lecito per comprendere al meglio l' iter giurisprudenziale che ci ha portato a descrivere il

272 Cass. Pen., sez IV, 13 ottobre 2004, n. 40164; Cass pen, sez. IV, 5 febbraio 1997, n. 952; Cass. Pen., sez IV , n. 17495/2008, Cass. Pen., sez IV, 19381/2007 e, più recentemente, Cass. Pen., sez IV, 23 febbraio 2010, n. 7267.

273 Tribunale di Piacenza, sentenza del 5 aprile 2011, n. 309. 274 Cass. Pen. Sez IV, 26 gennaio 2011, n. 2606.

comportamento del lavoratore in alcune fasi dell' attività produttiva.

In materia di sicurezza sul lavoro, l'interruzione del nesso di causalità è stata ritenuta idonea ad esonerare dalla responsabilità i soggetti posti in posizione di garanzia, nonostante nella maggior parte dei casi la giurisprudenza sia di segno opposto.

Sono scarse le pronunce favorevoli alla completa inesistenza del nesso causale, e perlopiù riguardano eventi nei quali le condotte del terzo siano talmente eccezionali, abnormi e imprevedibili da rendere impraticabile una precauzione volta a scongiurarle.

Nella sentenza n. 44206 del 2001275, la Cassazione si è trovata a decidere in

conformità in quanto appena riferito: un tale, introducendosi di notte in un cantiere, era caduto nel vano di un ascensore in costruzione; la Corte valutando le pronunce di merito, ha annullato senza rinvio, non ritenendo penalmente responsabili i dirigenti del cantiere.

La Corte ha ritenuto che : “ è verificata, per accertamento del giudice di merito, l' intromissione nel meccanismo causale di un fattore di per sé idoneo ed efficace alla produzione dell' evento”276 e tale fattore era proprio l' ingresso

abusivo in una pericolosa zona cantieristica, ben segnalata e custodita durante

275 Cfr. Cass, pen., sez, IV, sent. n. 44206 del 26 settembre 2001.

gli orari non lavorativi.

La sentenza maggiormente esplicativa del concreto metodo necessario per un' analisi efficace dei ruoli aziendali è la n. 1678 del 2012, ad opera della Quarta Sezione della Cassazione Penale, Relatore Blaiotta.

La Corte ha ritenuto irrilevante la condotta di un dipendente che, guidando un trattore in condizioni meteorologiche avverse, compiva una manovra di retromarcia senza accorgersi della presenza di una dipendente a piedi, finendo per investirla.

In questo caso, si è ritenuto che il problema principale fosse non tanto la manovra distratta del guidatore, quanto piuttosto la mancata predisposizione di misure di sicurezza atte ad evitare la compresenza nello stesso piazzale di pedoni e macchinari in funzione.

Secondo la citata sentenza “ rompe il nesso causale la condotta abnorme quando essa si collochi in qualche guisa fuori dall' area di rischio definita dalla lavorazione in corso”.

In conclusione di può affermare che ogni volta che sussiste il nesso causale tra l' omissione degli apparati di prevenzione e l' evento, la responsabilità dell' incidente ricadrà in capo al datore di lavoro a causa della norma di chiusura contenuta nell' articolo 2087 c.c.

Ed ad altri soggetti investiti ex lege delle medesime funzioni preventive, applicata dalla giurisprudenza maggioritaria nella pluralità dei casi.

Qualora il datore abbia predisposto un' adeguata delega, assolvendo ai doveri di vigilanza e controllo, potrà traslare sul soggetto delegato la responsabilità; qualora tuttavia, il garante formale sia diverso dal garante di fatto, in forza del principio di effettività si avrà una responsabilità concorrente in capo ad entrambi, sempre che il garante formale non si dissoci ex ante dal ruolo di cui è stato investito, predisponendo un' adeguata delega di funzioni in materia di sicurezza e adempiendo ugualmente a tutti gli obblighi di vigilanza e di redazione di piani di sicurezza imposti dalla normativa del T.U.S277.

4.1 (Segue) Rapporto causale tra infortuni e malattie professionali.

Nel settore del diritto penale del lavoro, i giudizi d' imputazione incardinati su reati d' evento di danno sono necessariamente chiamati ad affrontare la questione dell' accertamento del rapporto di causalità tra condotta ed evento pur nella ricorrenza delle medesime fattispecie incriminatrici codicistiche, è possibile tracciare una suddivisione, a livello prasseologico, tra causalità dell' infportunio e causalità della malattia professionale.

Senza nulla togliere alla complessità di alcuni incidenti verificatisi in contesto lavorativo, è con riguardo all' eziologia delle malattie professionali che

emergono le maggiori difficoltà della verifica causale278.

Ciò nonostante possono registrarsi diversi orientamenti formatisi in seno alla giurisprudenza in tema di causalità: da un lato, la corrente favorevole ad una concezione della spiegazione causale come dimostrazione oggettivistica, regolata da uno standard di certezza; dall' altro lato, l' indirizzo che, dietro lo schermo di una concezione causale probabilistica incentrata sull' aumento del rischio, tende a interpretare e applicare l' istituto con connotazione marcatamente soggettivistiche.

Circa il primo orientameto la Suprema Corte ha ritenuto che << in tema di nesso di causalità, la rilevanza causale del fatto nella produzione dell' evento dannoso deve essere accertata in termini di assoluta certezza, il che è dire con una probabilità confinante con la certezza, non è tale una elevata probabilità anche al 90%>>279, in un caso di infortunio sul lavoro avvenuto nel reparto di

stampaggio di un' azienda e consistito nella discesa improvvisa dello stampo mentre l' operaio era intento al prelievo del pezzo stampato, la Corte di legittimità ha censurato la motivazione del giudice di merito, che affermava l' esistenza del nesso di causalità, pur non sussistendo, riguardo alle cause della ripetizione del colpo esaminate dal perito, elementi di certezza ma di sola

278 Lageard, Le malattie da lavoro nel diritto penale, Torino, 2000. 279 Cass, se. IV, 25.09.2001, Sgarbi, in CED, 2001/220982.

elevata probabilità, anche per la carenza di documentazione relativa alla macchina, costruita da società fallita da tempo e priva di un protocollo manutentivo chiaro280.

Circa l' indirizzo che trova la sua ratio nell' aumento del rischio come criterio non nomologico di spiegazione causale, la Suprema Corte281, nel caso della

morte di un allievo ufficiale che, al secondo lancio di qualificazione di paracadutista, veniva attinto al collo dalla fune di vincolo e strangolato, nonché alla morte di un allievo paracadutista che si sfracellava al suolo per la mancata apertura del paracadute principale e il non corretto dispiegamento di quello di emergenza concludeva che << è configurabile la sussistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento, qualora esso sia stato accertato con giudizio controfattuale che, quantunque non fondato su una legge scientifica di spiegazione di natura universale o meramente statistica, per l' assenza di una rilevazione di frequenza dei casi esaminati, bensi' su generalizzate masime di esperienza e del senso comune, sia stato ritenuto attendibile secondo criteri di elevata credibilità razionale, in quanto fondato sulla verifica, anche empirica, ma scientificamente condotta, di tutti gli elementi di giudizi disponibili,

280 D' ALESSANDRO, La certezza del nesso causale: la lezione “antica” di Carrara e la lezione “ moderna” della Corte di Cassazione sull' “ oltre ogni ragionevole dubbio”, in Riv. it. Dir. Proc. Pen., 2002, 743.

criticamente esaminati>>282.

L' impostanzione del sistema di tutela della sicurezza del lavoro del d. lgs. n. 626/1994 in poi, ha fatto si che la giurisprudenza penale affiancasse all' indagine causale di tipo meccanicistico un apprezzamento del nesso fra condotta ed evento e, soprattutto, una ricerca dei possibili antecedenti coinvolgenti anche gli aspetti organizzativi e gestionali della struttura produttiva.

Si è consolidato un indirizzo che inserisce l' infortunio in una prospettiva di valutazione globale dell' organizzazione dell' impresa secondo il metro della neutralizzazione o, almeno, della riduzione al minimo dei rischi per la salute dei lavoratori.

Nel settore della sicurezza del lavoro, la valutazione del rischio passa attraverso il divieto di delega di tale obbligo, che secondo quanto disposto dall' art. 17 lett. a), rimane a capo del datore di lavoro.

Pertanto tra valutazione del rischio e gestione del rischio intercorre un nesso funzionale, nel senso che l' operazione di valutazione mira, attraverso la ricognizione delle fonti di rischio, a definire i protocolli di condotta idonei ad

282 In senso critico su tale pronuncia, v. Stella, Fallacie e anarchia metodologica in tema di causalità. La sentenza Orlando, la sentenza Loi, la sentenza Ubbiali (Cass. Sez. IV pen.), in Riv.it. Dir. Proc. Pen., 2004, 23; in precedenza nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ravenna, 23.7.1990, Arienti e altri, in Cass pen., 1992, 1617 ss, con nota critica di Curi, 1644 ss.

attuare il programma di prevenzione integrandoli con il ciclo produttivo e nell organizzazione del lavoro283.

Pertanto in forza del menzionato meccanismo funzionale, sopra descritto, anche l' omessa valutazione del rischio viene considerata come vero e proprio antecedente causale dell' infortunio284.

In tale responsabilità vengono inoltre coinvolti anche i soggetti che collaborano con il datore di lavoro nella valutazione del rischio, quale in primis il responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Non solo l' atto di nomina di tale figura da parte del datore di lavoro non equivale ad una delega di funzioni e dunque non intacca la posizione di garanzia gravante sul vertice dell' impresa285, ma a carico del responsabile del

servizio di prevenzione e protezione si riconosce anche una responsabilità, allorchè la cattive gestione del rischio sia da imputare alla negligenza di tale figura286.

283 Vedi, art. 2 comma 1 T.U.S, art 15 comma 1lettera b.

284 Cass.se., IV, 8.6.2010, Rigotti, in CED, 2010/248113, che ha affermato la responsabilità per colpa del datore di lavoro, in riferimento agli eventi lesivi occorsi ai lavoratori, avendo egli omesso di << indicare nel piano di sicurezza e coordinamento i rischi connessi ad una determinata attività>>.

285 Cass., Sez.fer. 12.8.2010, Mazzei e altro, in CED, 2010/247996.

286 Cass. Sez. IV, 21.12.2010, Di Mascio, in CED, 2010/249626; negli stessi termini Cass., Sez IV, 15.7.2010, Scagliarini, in CED, 2010/248555.

4.2 La responsabilità del datore di lavoro e la condotta colposa del lavoratore. Il datore di lavoro, come è stato più volte evidenziato, rimane in ogni caso il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica, garante dell' incolumità fisica e morale del lavoratore.

Egli, quale diretto responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro, deve effettuare un continuo ed efficace controllo per imporre che i lavoratori osservino la normativa antinfortunistica e sfuggano alla tentazione di sottrarsi ad essa, anche instaurando prassi lavorative non corrette e foriere di pericoli. La responsabilità del soggetto apicale non è infatti esclusa nei casi di condotta negligente o imperita del dipendente che abbia contribuito a determinare l' infortunio sul lavoro e l' evento dannoso è imputato al datore di lavoro, in forza della posizione di garanzia di cui egli è onerato ex lege, sulla base del principio dell' equivalenza delle cause vigente nel nostro ordinamento penale ai sensi dell' art. 41 c.p.287

La responsabilità per l' omesso impedimento dell' evento infortunio presuppone dunque un dominio attuale sull' organizzazione, ovvero il dominio

287 v. sez IV, 10 dicembre 2008, n. 4123, Vespasiani, cit., pag. 3550 ss.; Sez IV, 6 febbraio 2007, Chirafisi, n. 12794, in CED cass., n. 236279. in dottrina cfr. Bellagamba-Cariti, la responsabilità pernale per gli infortuni sul lavoro, Utet, 1998, p. 13; Monticelli-Venafro, attuazione, ct., p. 21 ss. Vallebona, prevenzione e repressione degli illeciti contro la persona nel rapporto di lavoro, in Il diritto del lavoro, vol II, Cedam, 1995, p. 448 ss.

sul processo di produzione dell' evento. L' insieme dei poteri giuridici dei quali risulti dotato il garante, al momenti del fatto, fonda e al contempo delimita una sua sfera di competenza per l' evento lesivo tipico: un livello di responsabilità strettamente commisurato alla struttura giuridica delle funzioni, tenuto conto delle regole interne dell' organizzazione aziendale.288

La responsabilità del garante primario non è però assoluta, come abbiamo avuto modo di dimostrare, altrimenti si correrebbe il rischio di cadere in ipotesi di responsabilità oggettiva. Il principio dell' equivalenza delle cause trova infatti un temperamento nel comma 2 dell' art. 41 c.p., in forza del quale, quando la causa sopravvenuta ed estranea al fatto dell' agente è di per sé idonea a determinare l' evento, il soggetto non ne è responsabile in quanto, in caso contrario, verrebbe leso il principio della personalità della responsabilità penale sancito dall' art. 27 Cost.289

Pertanto, per escludere la responsabilità colposa del datore di lavoro, occorre un comportamento del lavoratore anomalo, come abbiamo più volte specificato, imprevedibile e in quanto tale inevitabile: un comportamento che ragionevolmente non può farsi rientrare nell' obbligo di garanzia posto a carico

288 v. Pisani, posizione di garanzia, cit., p. 123 ss.

del datore di lavoro.290

La condotta colposa del lavoratore, in questo senso, non si ritiene dunque di per sé idonea ad interrompere il nesso causale esistente tra la violazione portata dal datore di lavoro eil verificarsi dell' evento infausto: è necessario a tal fine un comportamento abnorme, eccezionale ed esorbitante le mansioni di lavoro.

In proposito, in giurisprudenza si è ritenuto che il concorso colposo alla verificazione dell' evento debba essere considerato sul piano oggettivo e soggettivo. Sul primo fronte l' apporto causale più rilevare non ai fini dell' integrazione della causa sopravvenuta ex art. 41, comma2, c.p., ma in ordine alle statuizioni sugli interessi civili e per la determinazione della pena ex art. 133, n.2 c.p.

Sul versante oggettivo, invece, dovrà valutare la condotta colposa per diagnosticare il grado di colpa del reo ex art.133 c.p.291

Infatti, si nota come la protezione del datore di lavoro e la sua esenzione dalla

290 Cfr. Monticelli-Venafro, attuazione, cit. p. 21 ss; Petrini, concorso colposo della vittima e infortunio sul lavoro, in Riv. it. Dir. E proc. Pen., 1981, p. 1581 ss.; Pulitanò, voce Igiene e sicurezza sul alvoro, in Dig d. pen., vol. IV, Utet, 1992, p. 111. in giurisprudenza, v. sez. IV, 11 febbraio 1991, n. 1672, Lapi, in questa rivista, 1992, p. 3117; Sez. IV, 27 novembre 1996, n. 952, Maestrini, ivi, 1998, p. 232.

291 v. sez. IV, 23 marzo 2007, n. 21587, Pelosi, in questa rivista, 2008, p. 1007, con nota di Bellina, rilevanza del concorso colposo della vittima nell' infortunio sul lavoro: una timida apertura.

responsabilità per l' infortunio sul luogo di lavoro nel momento in cui il