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Formazione e informazione del lavoratore.

“REATI OFFENSIVI DELLA SICUREZZA SUL LAVORO E IL COMPORTAMENTO IMPRUDENTE DEL LAVORATORE”.

3. Formazione e informazione del lavoratore.

Le norme del Titolo I, Capitolo IV, del d.lgs. 9Aprile 2008, n. 81 riguardano l' informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori.

In particolare, gli articoli 36-37 d.lgs. 81/2008, sono intervenuti a sostituire i precedenti articoli 21-22 d.lgs. 626/1994.

Queste ultime due norme avevano peraltro una diversa ascendenza storica, in quanto l'obbligo di formazione è stato introdotto nell' ordinamento solo nel 1994, mentre l' obbligo di informazione per il datore di lavoro era già contenuto nell' art. 4, lett. B, d.P.R 547/1955.

La differenza tra obbligo di formazione e obbligo di informazione si coglie sotto il profilo concettuale.

Con la prima locuzione si vuole riferire, infatti, all' attività del datore di lavoro

volta a fornire notizie e nozioni ritenute utili o funzionali all' attività lavorativa.

Con il termine formazione, si allude invece all' esigenza che i lavoratori, mediante appropriato tirocinio, acquisiscano la manualità e la tecnica necessaria allo svolgimento della specifica attività.

Pertanto, mentre con l' informazione si interviene sulle conoscenze individuali del lavoratore, tramite la formazione si mira a trasformare e plasmare il modus operandi del prestatore d' opera, intervenendo non solo sulla sua conoscenza, ma anche e soprattutto sui suoi atteggiamenti nel luogo di lavoro149.

Nonostante la loro diversità linguistica, va precisato che, formazione e informazione, non costituiscono due obbligazioni separate, trovandosi, in un rapporto di imprescindibile complementarietà.

Il datore di lavoro, pertanto, non può limitarsi a “trasmettere notizie e conoscenze relative ai rischi lavorativi, alla misure di prevenzione e protezione idonee a ridurre il rischio, agli obblighi derivanti dalle normative e dalle disposizioni aziendali inerenti la sicurezza […]”150.

149 Si spiega cosi' la ragione per cui si ritiene << nell' informazione il flusso comunicativo [sia] unidirezionale>>, mentre << nella formazione i processi comunicativi sono, e devono essere, interattivi>>. C. Macaluso, Gli adempimenti informativi e formativi di

sicurezza nell' attività scolastica, in ISL, 2008, 128.

150 Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, di F. Giunta e D. Micheletti,

Per tale ragione si rileva indispensabile che i lavoratori introiettino le c.d. “ buone prassi” (art. 15, comma 1, lett. t), abituandosi a svolgere in sicurezza ogni attività e comprendendo le ragioni sottese all' adozione di tali presidi di sicurezza.

Quindi, nell' ottica della legislazione di settore finalizzata alla massimizzazione della sicurezza sul lavoro, la preparazione del lavoratore ad affrontare i rischi lavorativi si struttura in un vero e proprio procedimento suddiviso per fasi.

Una prima fase informativa, di carattere prettamente teorico, che si sostanzia nella trasmissione di informazioni utili.

Una seconda fase formativa, in cui alla preparazione teorica si affianca quella di taglio pratico- applicativo.

Infine, un' ultima fase di addestramento nella quale l' esperienza pregressa di chi svolge già da tempo quella specifica attività funge da completamento nella “educazione alla sicurezza” del lavoratore.

Dopo aver chiarito sul piano contenutistico e definitorio le due obbligazioni di formazione e informazione, dobbiamo trattare in modo autonomo , i reati connessi alla violazione di tali obblighi informativi e formativi, il cui inadempimento è sanzionato dall' art. 55, comma 5, d.lgs. 81/2008.

3.1 La violazione del generale obbligo di informazione ( art. 36, commi 1-2; 55, comma 5, lett. c, d. Lgs.. 81/2008).

La disciplina concernente gli obblighi di informazione attualmente prevista, a carico del datore di lavoro e dei dirigenti, dall' art. 36 d.lgs. 81/2008 non presenta sostanziali novità rispetto a quanto stabilito dall' art 21 d.lsg. 626/1994.

La variazione più significativa riguarda il comma4, con il quale viene espressamente sancito che << il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze>>.

La ratio della disposizione è di facile comprensione, poiché l' esigenza di assicurare l ' efficacia dell' attività informativa, “151risulta all' evidenza inutile

se esplicata attraverso modalità non facilemtne comprensibili, tanto più quando i destinatari dell' informazione siano lavoratori stranieri”.

Ciò detto, occorre focalizzare l' attenzione solo sui primi due commi dell' art. 36 d.lgs. 81/2008, che fingono da parametro di tipicità della contravvenzione di cui all' art.55, comma 5, lett. B, d.lgs. 81/2008.

Pertanto, ancora una volta, è opportuno specificare che la duplicità del richiamo non dà origine a una pluralità di fattispecie, tale per cui, la

151 Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, di F. Giunta e D. Micheletti, pag 253.

conseguenza, sotto il profilo penalistico, è che il reato sarà unico indipendentemente dal numero di lacune informative in cui è incorso il soggetto agente, potendo una tale pluralità influire tutt' al più solo in sede di commisurazione della pena ai sensi dell' art. 133 c.p.

Al primo comma dell' art. 36 d-lgs. 81/2008, si evince “ Il datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione”. Da ciò si ricava la ratio della norma in esame, in cui spicca il ripetuto riferimento all' obbligo di informazione di << ciascun >> lavoratore.

Ne consegue che le indicazioni, << adeguate >>, non dovranno essere generiche ed indifferenziate, bensì' rivolte ad ogni singolo lavoratore: il quale dovrà ricevere specifiche informazioni, tanto sull' attività lavorativa in generale, quanto sui rischi connessi al proprio segmento di attività.

E' logico affermare che, una simile attività informativa dovrà essere ripetuta, necessariamente dal datore di lavoro, ogni qual volta il lavoratore venga adibito, anche in modo occasionale o temporaneo, a mansioni diverse da quelle abitualmente svolte.

Su questo profilo è intervenuta una sentenza della Suprema Corte, nella cui parte motiva si precisa che “ il soggetto tenuto all' osservanza delle norme antinfortunistiche non può non farsi carico di eventuali situazioni che determinino, occasionalmente, l' affidamento a lavoratori dipendenti di mansioni diverse da quelle normalmente attribuite ed abitualmente svolte,

avendo egli al riguardo l' obbligo di prevederle e di dettare le disposizioni del caso, regolandone, tra l' altro, i dovuti percorsi informativi”152.

Da qui la condanna del datore di lavoro, ritenuto responsabile di avere “ omesso di fornire una adeguata informazione al lavoratore sui rischi specifici a cui era esposto in ragione dell' attività lavorativa in concreto svolta non rientrando l' operazione tra quelle usualmente svolte dall' infortunato”.

A questo punto, deve essere considerata l' incidenza di una recente modifica apportata a questa materia dal d. lgs. 106/2009: il riferimento è alla eliminazione della disposizione incriminante del richiamo al comma 3 dell' art. 38 d. lgs. 81/2008 (il quale estende l' ambito soggettivo di operatività dell' obbligo di informazione a carico del datore di lavoro e dei dirigenti, rivolgendolo a favore dei lavoratori a domicilio e dei c.d. portieri).

Da ciò possiamo trarne una linea interpretativa: il fatto che, dalla clausola sanzionatoria dell' art 55, comma 5, d. lgs. 8172008, è stato eliminato il richiamo del comma 3, art. 36 del T.U.S, altro fa pensare che a una sorta di abolitio criminis: << con la conseguenza che l' obbligo di informazione rivolto ai lavoratori a domicilio ed ai portieri, pur continuando ad essere configurato in capo al datore di lavoro e ai dirigenti, non disporrebbe di alcuna copertura

sanzionatoria >>153.

Quindi si ammetterebbe tuttavia, l' esistenza di una vera e proprio lex imperfecta.

Ciò non è ammissibile, perché il precedente sistema, finiva per assicurare, inspiegabilmente, rilevanza penale solo all' omessa informazione dei lavoratori a domicilio e dei portieri, tale per cui, l' omessa formazione degli stessi, pur essendo imposta dal comma 3, art. 38 T.U.S, rimaneva priva di rilevanza penale, per la ragione che quest' ultima norma non era richiamata dall' art. 55 d. lgs. 81/2008.

Per queste ragioni, l' eliminazione dall' art. 55 T.U.S do ogni riferimento all' art. 36 comma 3, anziché ridurre la tutela penale nei confronti di queste figure di lavoratori, avrebbe opportunamente finito per completarla.

A riprova di ciò, l' art. 3 comma 9 T.US., già dispone che << trovano applicazione [nei confronti dei lavoratori a domicilio e dei portieri] gli obblighi di informazione e formazione di cui gli artt. 36 e 37>>.

Ne consegue che, quest' ultimo esplicito richiamo si presti ad ampliare non solo i beneficiari degli obblighi che discendono dagli artt. 36 e 37 d. lgs. 81/2008, ma anche il relativo corredo di sanzioni.

Per completare il ragionamento, è opportuno segnalare la modifica apportata

153 Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, di F. Giunta e D. Micheletti,

dal d. lgs. 106/2009.

L' inconveniente originario era rappresentato dal fatto che, il previgente articolo 55, comma4, lettera a, d.lgs. 81/2008, sanzionava in modo autonomo la violazione dell' art. 18, comma 1, lettera i,d. Lgs. 81/2008, che si riferisce all' obbligo dei datori di lavoro e dei dirigenti di << informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesi e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione>>. Ma, c'è da osservare che lo stesso obbligo è previsto dall' articolo 43, comma 1, lettera c,d.lgs. 81/2008, il quale a sua volta è presidiato dall' art 55 d. lgs. 81/2008.

Si tratta di una duplice clausola sanzionatoria, a cui il “ d. lgs. 1'6/2009 ha inteso dunque rimediare, procedendo alla cancellazione di ogni riferimento all' articolo 18, lettera i, d.lgs. 81/2008 dal nuovo art. 55 d. lgs. 81/2008”154.

3.2 La mancata formazione del lavoratore e degli altri addetti.

Nella formulazione originaria del decreto sulla sicurezza sul lavoro, varato dal d. lgs. 81/2008, il dovere di formazione che incombe sul datore di lavoro e sui dirigenti era penalmente presidiato dall' art 55, comma 4, lett. E, d. lgs.

154 Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, di F. Giunta e D. Micheletti,

81/2008, che sanzionata la violazione dell' art. 18, comma 1, lettera l, d. lgs. 81/2008; che si riferisce indistintamente agli obblighi di formazione previsti all' art. 37 d. lgs. 81/2008.

Il problema sta nel fatto che si tratta di una norma molto ricca, costituita di 14 articoli e come tale, necessitante di un correttivo per darne certezza.

Tale correttivo è rappresentato dal d. lgs. 106/2009, il qualeha sostituito il “ generico richiamo all' art. 18, comma 1, lettera l, d. lgs. 8172008 con una più puntuale selezione delle norme la cui trasgressione costituisce reato155”.

Secondo il nuovo articolo 55, comma 5, lettera c, d. lgs. 81/2008, è penalmente rilevante solo la violazione dei commi 1,7,9 e 10 dell' articolo 37, d. lgs. 81/2008, i quali hanno ad oggetto l' obbligo principale di formazione, differenziandone il contenuto in funzione dei beneficiari.

Dalla nuova selezione dei fatti punibili, è rimasto escluso il comma 3 dell' articolo 37 d. lgs. 81/2008, che pure riguarda un obbligo formativo primario particolarmente importante: quello relativo ai << rischi specifici>>> previsti dal Titolo II e seguenti del decreto.

L' obbligo del lavoratore di partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro è sancito dall' articolo 20, d. lgs. 81/2008, lettera h.

155 Il nuovo diritto penale della sicurezza nei luoghi di lavoro, di F. Giunta e D. Micheletti,

Gli articoli 36 e 37, stabiliscono gli obblighi del datore di lavoro in materia di formazione e di addestramento dei lavoratori; rispetto ai lavoratori va rilevato che, per alcuni di questi sono previsti degli obblighi particolari, correlati ai ruoli investiti.

La norma di cui all' articolo 20, comma 2, lettera h, d. lgs. 81/2008 è stata favorevolmente accolta dalla dottrina, che ha osservato come la previsione dell' obbligo ivi sancito ponga in evidenza il ruolo centrale della formazione nell' ambito della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro156. A questo punto è opportuno chiarire la valenza interpretativa dei commi dell' articolo 37 d. lgs.8172008 che pure non risultano direttamente presidiati dall' articolo 55 d. lgs. 81/2008.

Infatti, quello che interessa non riguarda le prescritte modalità tecniche della formazione, giacche una lettura teleologicamente orientata del reato omissivo proprio impedisce di attribuire rilevanza al modo in cui il soggetto agente soddisfa l' obbligo penalmente imposto, rilevando semplicemente il fatto che egli abbia raggiunto il risultato: chè diversamente ragionando il legislatore penale finirebbe per interessarsi del modo d' essere del garante anziché della tutela dell' interesse protetto157.

156 Cfr. D. Venturi, Lavoratore: definizione e obblighi, in M. Tiraboschi, Il testo unico della sicurezza nei luoghi di lavoro, Milano, 2008, 250.

Per questi motivi, quello che rileva sul versante penalistico, è dunque che la << formazione [ ancorchè “ atipica” sia ] sufficiente ed adeguata>>; anche se una tale locuzione evoca dubbi mai sopiti sotto il profilo della necessaria determinatezza della fattispecie penale.

Pertanto, viene richiamato il principio secondo cui il giudizio di adeguatezza, non può essere operato alla stregua di una valutazione ex ante, o meglio per mezzo di una prognosi postuma a base parziale, profilandosi altrimenti il rischio di una presunzione di inadeguatezza tale per cui qualunque infortunio del lavoratore rischia di essere visto come l' espressione di un' inadeguata formazione e informazione158.

Per tali ragioni, le norme che assumono una valenza interpretativa dell' illecito in esame sono soprattutto quelle previste dai commi 4, 5 e 6 dell' art. 37 d. lgs. 81/2008.

In particolare è da segnalare un ulteriore, importantissimo elemento di novità introdotto dall' articolo 37, commi 4 e 5, d. lgs. 81/2008.

Il riferimento è al concetto di << addestramento>>: per addestramento si

ss. 849 ss.

158 Non sembrano rimasti immuni da un tale parallogismo quelle pronunce della Cassazione in cui il difetto di formazione/ informazione è stato riscontrato nei confronti i un

lavoratore con una pregressa e consistente esperienza di lavoro: Cass. Pen. Sez. IV, 26 luglio 2002, n. 28791, in ISL., 2002, 573.

intende una pratica di “ formazione sul campo” effettuata da un altro lavoratore esperto direttamente sul luogo di lavoro159.

In argomento, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che l' addestramento del lavoratore mediante affiancamento a persona esperta non è sufficiente per considerare assolti gli obblighi gravanti sul datore di lavoro ex articolo 37 d. lgs. 81/2008, qualora questi abbia omesso di impartire al lavoratore la necessaria e preventiva formazione teorica; nel caso esaminato dalla S.C. L' infortunato, << pur lavoratore apprendista, non aveva seguito alcun corso teorico, ma si era formato con l' esperienza diretta (…) essendo stato affidato a lavoratore esperto, che pertanto vigilava sul suo operato>>160. Analizzando tali fattispecie, la suprema Corte ha avuto altresì' modo di chiarire che << anche una diligente formazione ed informazione non dispensa il datore di lavoro dagli obblighi di controllo e di vigilanza affinché il lavoratore, soprattutto se poco esperto perché apprendista, non corra il rischio di eventi lesivi>>. In caso contrario, << la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di lesione colposa aggravato dalla violazione della

159 Sul punto, A. D' Amore, Formazione, informazione e addestramento, in ISL, 2008, 272. 160 Cass. Pen., sez IV, 23 ottobre 2008, n. 39888, in ISL, 2009, 39.

norme antinfortunistiche161>>.

4.

Il rapporto tra le diverse norme penali in materia di sicurezza sul lavoro.

Nelle pagine precedenti, si è cercato di illustrare in modo più chiaro possibile il contorno della materia antinfortunistica, andando ad analizzare le varie normative contemplate all' interno del Dlgs n. 81/2008 e a livello codicistico, con attenzione agli articoli 437 e 451 codice penale.

Nel fare questo sforzo interpretativo, non possiamo ancora non prendere in considerazione quello che ci offre l' intera disciplina, con particolare riguardo allo sforzo che deve svolgere l' interprete per collocare in modo più sistematico possibile le varie normative.

A tal proposito è importante, se non di fondamentale importanza, capire il rapporto tra le diverse norme penali, le quali possono venire in rilievo nell' ambito della tutela dell' igiene e sicurezza sul lavoro: le contravvenzioni previste all' interno delle leggi speciali, i delitti di pericolo di cui gli articoli 437 e 451 codice penale ed infine, le fattispecie colpose di omicidio e di lesioni personali, nello specifico gli articoli 589 e 590 codice penale.

Per capire meglio, possiamo fare un esempio: si pensi al caso del datore di

lavoro che trascuri di prendere i “provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza”, ovvero “adotti attrezzature di primo soccorso”, prive delle caratteristiche minime imposte dalla legge.

Per tali ipotesi, la norma di riferimento è rappresentata dall' art 55 comma 5 lettera a) del T.U.S., la quale commina la pena alternativa dell' arresto o dell' ammenda.

Ciò nonostante, notiamo, come il medesimo fatto, che si caratterizza dalla mancata collocazione di misure destinate al “salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro”, ed è anche riconducibile alla fattispecie di cui articolo 437 codice penale, se il fatto è commesso con colpa.

Nel caso invece, che a seguito di tali omissioni si verifichi un incidente con conseguenti lesioni letali o meno, la questione si complica, perché in questo caso trovano applicazione le norme di cui articoli 589 e 590 codice penale. In particolare, occorre concentrarsi sulle conseguenze per il datore di lavoro: ci si chiede se tali norme concorrano formalmente tra loro ovvero se solo una di esse debba trovare applicazione in ossequio alla disciplina del concorso apparente di reati.

Pertanto, quando la sovrapposizione si realizza tra norme che operano in via preventiva, e quando , in conseguenza alla verificazione della lesione o della morte del lavoratore, concorrono con le norme prevenzionistiche le fattispecie del codice con evento di danno.

4.1 Rapporto tra la legislazione speciale e quella degli art 437-451 c.p.

Circa il rapporto tra queste due fattispecie e le contravvenzioni previste da legge speciali, sono configurabile due diverse prospettive: la prima vede tale rapporto in termini di concorso formale e quindi eterogeneo di reati162; la

seconda in termini di concorso apparente tra norme.163

Nel caso della seconda prospettiva, si pone il problema di stabilire il criterio, in forza del quale, occorre individuare la norma applicabile al caso concreto, utilizzando il criterio della specialità ovvero quello della sussidiarietà.

Al contrario, nel caso di concorso formale, è opportuno ricordare un importante orientamento che si è consolidato tanto in giurisprudenza164 quanto in dottrina165. Si afferma che si “ tratta di norme che hanno obbiettività

162 Sullo specifico tema cfr. FERRANTE, I delitti previsti dagli articoli 437 e 451 del

codice penale, cit., pp. 224 e sg.

163 In generale sul concorso di reati e il concorso apparente di norme cfr. MARINUCCI- DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., pp. 381 e sgg.

164 «Il delitto di cui all’art. 437 c.p. e le contravvenzioni in materia antinfortunistica, presentando elementi strutturali diversi sotto l’aspetto sia oggettivo che soggettivo, non danno luogo a conflitto di norme, di guisa che le stesse possono concorrere tra loro»; così Cass. Pen., sez. I, 20 novembre 1998, n. 350, Mantovani, in Cass. pen., 2000, p. 926, e in

Giust. Pen., 2000, II, p. 24. Nello stesso senso Cass. pen., sez. I, 29 ottobre 1993, Urbano, in Cass. Pen., 1995, p. 294, in Foro it., 1995, II, p. 127, e in Mass. pen. cass., 1994, fasc. 3, p.

111.

165 «A nostro avviso, non è possibile sostenere né l’applicabilità esclusiva delle norme contravvenzionali né l’applicabilità esclusiva dell’art. 437 c.p. [e dell’art. 451 c.p., N.d.A.] (quanto meno nella sua forma omissiva), ma deve risolversi la questione in base all’art. 81, prima parte, c.p.» (SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, cit., p. 166).

giuridica totalmente diversa”166.

Infatti, le norme codicistiche sarebbero poste a tutela dell' incolumità pubblica, mentre quelle complemetari sono volte a tutelare il profilo della sicurezza sul lavoro.

In giurisprudenza, inoltre, si sottolinea che, mentre per la configurazione dei delitti previsti dal codice penale, sarebbe opportuno prevedere che la rimozione o omissione di cautele siano la condicio sine qua non per la messa in pericolo dell' incolumità pubblica, al contrario, delle contravvenzioni, non sarebbe richiesta l' insorgenza di una situazione di pericolo, in quanto necessaria la sola inosservanza del precetto antinfortunistico.167

Però, tale orientamento giurisprudenziale e dottrinale, appare non molto condivisibile, in quanto “ la garanzia penale si rivolge, in entrambi i casi, alla sicurezza sul lavoro”.168

166 SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, cit., p. 166.

167 In dottrina SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, cit., p. 166. In giurisprudenza ex plurimis Cass. pen., sez. I, 19 novembre 1993, Chiavarini, in Riv.pen., 1994, p. 626.

168 ALESSANDRI, Cautele contro disastri o infortuni sul lavoro, cit., p. 160. Volendo richiamare osservazioni già svolte in precedenza, si consideri che, come è stato

autorevolmente osservato, «sia l’art. 437 che l’art. 451 si riferiscono, oltre che al “disastro”, anche al semplice “infortunio sul lavoro”, il quale non può essere inteso come “infortunio disastroso” se non a patto di considerarne del tutto superflua la menzione, che sarebbe già compresa nel concetto di “disastro”. Le cautele prevenzionistiche sono quindi prescritte anche in relazione ad un tipo di evento non necessariamente collegato alla pubblica incolumità; così come si verifica […] nelle disposizioni delle leggi speciali» (PADOVANI,