“ Gli autori più originari non lo sono perché promuovono ciò che è nuovo, ma perché, mettono ciò che hanno da dire in un modo tale che sembri che non sia mai stato detto prima.” (Wolfgang Goethe)
INDICE SOMMARIO
CAPITOLO I
“ LA LEGISLAZIONE PENALE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO ”
1. Il sistema della fonti normative 9
1.1 In generale 9
1.2 La Carta Fondamentale e il diritto del lavoro. 9 1.3 L' evoluzione normativa della legislazione speciale 14 1.4 La normativa costituzionale in materia di sicurezza ed igiene sul
lavoro. 27
2. I limiti all' iniziativa economica privata 32
2.1 Tutela della vita, della salute e della sicurezza come limite
all' iniziativa economica privata 36
3. Alcune classificazioni delle norme in materia di sicurezza
sul lavoro 42
3.1 La sicurezza del lavoratore. Accenni normativi. 48 3.2 La sicurezza del lavoro all' interno del d. lgs. 81/2008 48 3.3 (Segue)Un breve cenno alla giurisprudenza in tema di
CAPITOLO II
“ REATI OFFENSIVI DELLA SICUREZZA SUL LAVORO E IL COMPORTAMENTO IMPRUDENTE DEL LAVORATORE ”.
1. In generale 57
2. Figure delittuose di diritto comune: gli articoli 437 e 451 c.p
58
2.1 Relazione tra le due fattispecie 58
2.2 Art. 437 c.p. E il suo ruolo all' interno del sistema
della sicurezza del lavoro 61
2.3 La qualificazione del pericolo nell' art. 451 c.p 66 2.4 (Segue), Clausola di esclusione della punibilità,
la condotta e il comportamento abnorme del lavoratore 76
2.5 Il lavoratore e l' art. 20 T.U.S 84
3. Formazione e informazione del lavoratore 99
3.1 La violazione del generale obbligo di informazione ( art. 36, commi 1-2; 55, comma 5, lett. C, D.LGS 81/2008) 102 3.2 La mancata formazione del lavoratore e degli altri addetti 106
4. Il rapporto tra le diverse norme penali in materia di sicurezza sul
lavoro 111
art 437-451 c.p 113 4.2 Il principio di specialità dell' art. 298 T.U.S 121
CAPITOLO III
“IL LAVORATORE TRA RESPONSABILITA' E SICUREZZA: IL DIRITTO VIVENTE”.
1. In generale 123
2. Gli illeciti dei lavoratori 124
2.1 Le contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro come reati
permanenti 133
2.2 (segue) Il meccanismo dell' art. 162 bis codice penale. L' oblazione
delle contravvenzioni 135
3. Il principio di affidamento 141
3.1 (Segue) Colpa e prevenzione del rischio nell' attività lavorativa 149 3.2 Il nesso di causalità e la sua applicazione nella materia
antinfortunistica 156
3.3 Le circostanze del reato 167
vivente” 170
4.1 (Segue) Rapporto causale tra infortuni e malattie professionali 177 4.2 La responsabilità del datore di lavoro e la condotta colposa del
lavoratore 182
4.3 Infortuni sul lavoro e omicidio doloso; i confini tra dolo eventuale
e colpa cosciente 187
4.4 (Segue) Infortunio sul lavoro tra condotta colposa del lavoratore e
comportamento alternativo lecito 199
Conclusione 206
INTRODUZIONE.
Viviamo nella consapevolezza che determinate condizioni di lavoro rappresentino una minaccia per la salute ed integrità fisica di chi deve farsene carico. Non di meno, altrettanto viva è la consapevolezza della irrinunciabilità ad un modello di sviluppo che attraverso il lavoro produttivo ha consentito indiscutibili progressi nella complessiva qualità della vita umana.
Si tratta di esigenze che possono concretamente porsi in conflitto. Non è possibile concepire la rinuncia a determinati processi di produzione, pena un arretramento dell’intera società civile; non è lecito accettare che il prezzo da pagare sia il sacrificio della integrità fisica e della salute delle persone addette. La difficoltà è cercare un punto di equilibrio, una sorta di bilanciamento tra interessi tutti meritevoli di tutela.
Questo è, appunto, il compito della normativa che si propone di garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro e nello specifico la tutela dell' integrità fisica dei lavoratori. La normativa vigente, ed in particolare il d.lgs. 81/2008, rappresenta lo strumento principale di regolamentazione di un simile conflitto. Quello che emerge, sin da una prima lettura, è che esso chiama a compiti prevenzionistici tutti i protagonisti della vicenda, dal datore di lavoro, ai suoi collaboratori, dai tecnici a vario titolo coinvolti nel ciclo della produzione, a quelli deputati ad un ruolo esclusivo di salvaguardia della salute, dai progettisti ai fornitori, sino a coinvolgere non solo come destinatario di cautele
ma come chiamato per primo ad attuarle, lo stesso lavoratore.
Questi. centro della trama fitta degli obblighi di tutela, è anche destinatario di complessi doveri che riguardano la sua stessa incolumità e quella di tutti gli altri attori sulla scena, fino a comprendere coloro che, dall’esterno del luogo di lavoro, lecitamente attendono che non ne derivino fonti di pericolo.
Talvolta, il ruolo della imprudenza espressa da chi dovrebbe essere tutelato lo rende poi il protagonista principale di un evento di danno il cui esito lo ferisce per primo. In tal caso, il significato assunto dall’agire della vittima dovrà essere valutato con attenzione, per stabilire se ne derivi un effetto sulla responsabilità di chi, per legge, è chiamato a tutti i doveri, ovvero colui che avendo la responsabilità di organizzare e gestire il modello di produzione, comandandone i tempi ed i modi, in vista di effetti che per lui principalmente sono vantaggiosi, è debitore della sicurezza di tutti.
La verifica non potrà che avvenire nel rispetto delle regole della responsabilità penale, ovvero cercando di verificare se la condotta imprudente del creditore di sicurezza possa avere il significato di una causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento ( che escluda, ai sensi dell’art. 41 cpv. c.p., il significato causale della precedente condotta inappropriata del principale obbligato ) o, piuttosto, il significato di rendere del tutto imprevedibile l’esito lesivo, con l’effetto di escludere la colpa. Nelle altre ipotesi, si tratterà di verificare se tale condotta imprudente del lavoratore possa avere il significato
di incidere sulla responsabilità solo in termini “quantitativi”, come circostanza del reato.
CAPITOLO I
“LA LEGISLAZIONE PENALE IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO”
SOMMARIO: 1. Il sistema della fonti normative.- 1.1 In generale.- 1.2 La Carta Fondamentale e il diritto del lavoro.-1.3 L' evoluzione normativa della legislazione speciale.-1.4 La normativa costituzionale in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro. -2. I limiti all' iniziativa economica privata.- 2.1 Tutela della vita, della salute e della sicurezza come limite all' iniziativa economica privata.- 3. Alcune classificazioni delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.- 3.1 La sicurezza del lavoratore. Accenni normativi.- 3.2 La sicurezza del lavoro all' interno del d. lgs. 81/2008.- 3.3 (Segue)Un breve cenno alla giurisprudenza in tema di sicurezza del lavoro.
1. “Il sistema della fonti normative”.
1.1 In generale.
Le fonti del diritto che disciplinano la materia antinfortunistica e più in generale la materia della sicurezza sui luoghi di lavoro sono molteplici.
Tali fonti si caratterizzano dal fatto che, sono ordinate secondo una gerarchia che trova la sua ratio nella forza giuridica-normativa riconosciuta.
Per questo, in prima battuta verranno analizzate le fonti costituzionali per poi proseguire la trattazione, andando ad effettuare un percorso storico della materia in esame fino all' approdo del 2008, con il T.U.S.
1.2 La Carta Fondamentale e il diritto del lavoro.
“ L Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.
comma, un concetto fondamentale: il “lavoro”.
Molti autori si sono interrogati sul significato, abbastanza sibillino della disposizione, alla luce della quale, vengono a concretizzarsi, come una sorta di filo conduttore, tutte le altre disposizioni costituzionali che hanno al centro il concetto di “lavoro”.
Infatti, all' interno della nostra Costituzione,vi è << un complesso di norme fondamentali, fa del lavoro, il nucleo centrale della vita nazionale, il fondamento di tutto l' ambiente economico, politico e sociale della nostra comunità>>1.
Infatti , vi è un dibattito che trae le proprie origini all' indomani dell' approvazione del testo costituzionale: dibattito che si fondava sulla domanda relativa all' esistenza di un “ significato generale” da attribuire alla tutela del lavoro espressa all' interno della Carta: dibattito che riguardò i suoi fondamenti ideologici, definiti da Piero Calamandrei durante il dibattito generale sul progetto di Costituzione, come <<compromesso costituzionale>>, stretto tra i tre grandi partiti di massa ( democristiano, socialista e comunista), volto ad inserire nella Carta principi << non giuridici>> perché, non definiti e contraddittori, per la realizzazione dei quali non appariva giuridicamente
1 Smuraglia, La tutela penale della sicurezza del lavoro alla luce dei principi costituzionali, in Quale giustizia, 1974.
garantita, ma che venivano inseriti nella Costituzione in quanto << […] per compensare le forze di sinistra della rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad inserire nella Costituzione una rivoluzione promessa>>2.
Si trattava di una vera e propria “rivoluzione promessa”, alla quale la destra storica non fece altro che accondiscendere.
Pertanto i frutti velenosi di questa rivoluzione li ritroviamo all' interno delle norme sul lavoro e nello specifico all' interno dell' art 1, il quale verrà definito, da un illustre padre costituente, Costantino Mortati come << criterio generale di interpretazione della Costituzione >>.
Criterio capace, in relazione all' art 3 comma 2, di guidare un processo di emancipazione delle classi lavoratrici tale da generare << una nuova concezione dei rapporti sociali>>3.
Questa tesi appare convincente, a differenza di ciò che aveva affermato lo stesso Mortati, cioè il fatto di attribuire un significato analogo a quella parte dell' articolo 1 della Costituzione che definisce la democrazia della nostra Repubblica come fondata sul lavoro, in quanto l' emancipazione del lavoro e dei lavoratori dovrebbe giungere necessariamente a costituire << una nuova
2 Calamandrei, in Assemblea Costituente. Atti e discussioni, III,Roma, 1947,140.
3 Mortati, Art. 1 Cost, in Branca, Commentario alla Costituzione, Bologna, 1975,13. Contra, Scomaniglio, Lavoro: I) Disciplina costituzionale, in Enc. Giur., XVIII, Roma, 1990, 2 ss.
unità spirituale>> ed << una corrispondente struttura organizzativa tale da generare […] un nuovo tipo di collegamento tra comunità e Stato>>4.
Ma, il significato della dizione << Repubblica democratica fondata sul lavoro>>, corrisponde, al dettato posto alla base dell' originario art. 75 del progetto di Costituzione, per il quale il lavoro veniva posto a fondamento della Repubblica insieme alla << partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla organizzazione del paese>>.
Se si guarda ai lavori dell' Assemblea Costituente, non sembra da un lato né di dover necessariamente attribuire un significato negativo a quel << compromesso costituzionale>> evocato da Calamandrei, dall' altro, che sia possibile qualificare la nostra Costituzione attraverso un criterio che privilegi in maniera assoluta sugli altri uno dei valori che i costituenti hanno posto alla basa della Costituzione stessa.
L' ispirazione politica, il fondamento della Costituzione materiale della nostra Carta non segnò, la prevalenza di nessuna delle forze politiche né delle ideologie che si incontrarono e si riscontrarono all' Assemblea Costituente e fini' per richiamarsi ad una tradizione storica che è quella delle Costituzioni pluraliste nelle quali il diritto al lavoro e gli altri diritti che sono ad esso strettamente connessi debbono esser letti insieme agli altri diritti inviolabili
che delineano quel << pluralismo individuale, sociale e politico>> nel quale si sostanzia il principio democratico che è alla base della nostra Costituzione5.
La dichiarazione che i diritti fondamentali indicati nella Costituzione sono inviolabili significa che sono posti ad un maggior livello di protezione costituzionale rispetto agli altri diritti garantiti dalla Costituzione.
Essi, in primo luogo risultano non modificabili dallo stesso potere di revisione costituzionale, in quanto almeno il loro << nucleo essenziale […] dovrebbe rimanere intatto anche nel caso di modifica delle disposizioni costituzionali che li riguardano>>6.
Infatti, se è vero che la caratteristica dei diritti fondamentali consiste anche nella loro assolutezza, cioè nel fatto che essi sono << immediatamente efficaci nei rapporti interpretativi>>7, questo non significa che il legislatore non possa
intervenire per regolarli non solo per renderne effettivo o più agevole l' esercizio, ma anche per bilanciarlo con altri valori di pari livello costituzionale.
Ciò è possibile solo se la legge volta a regolare quei diritti avrà un contenuto
5 Baldassarre, Dirtti inviolabili, in Enc. Giur., XI,Roma, 1989, 14 ss. 6 Barile, Diritti dell' uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, 53 ss. 7 Baldassarre, Diritti sociali, in Enc. Giur., XI, Roma, 1989, 15 ss.
quanto più possibile generale ed astratto8.
Alla luce di ciò, la qualificazione di un diritto come fondamentale ha infatti, la conseguenza di renderlo << inviolabile>>, anche all' interno di quelle situazioni giuridiche nelle quali il potere giudiziario o la giustizia costituzionale debbono operare un bilanciamento tra quel diritto ed altri diritti garantiti dalla stessa Carta costituzionale.
Concludendo, è opportuno osservare come la qualificazione da parte della Costituzione di un diritto come “fondamentale” lo rende “ tendenzialmente prioritario” sia rispetto agli altri diritti che la Carta garantisce ma non “riconosce”, rispetto ai diritti che sono attribuiti da fonti del diritto diverse dalla Costituzione. Soltanto nel confronto e nel bilanciamento fra i diversi diritti fondamentali è, dunque, possibile che il “ nucleo essenziale” dei diritti fondamentali possa essere significativamente ristretto9.
1.3 L' evoluzione normativa della legislazione speciale.
Dopo aver analizzato, seppur brevemente, il sistema costituzionale, nello specifico il diritto al lavoro come “inviolabile”, un accenno storico alla
8 Elia, Libertà personale e misure di prevenzione, Milano, 1962.
9 Barile, Diritti dell' uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, 53 ss; il quale parla, per casi come questi, di una possibile “ paralisi” del diritto fondamentale citando l' esempio del necessario bilanciamento fra l' onore della persona e la libertà di manifestazione del pensiero.
materia in esame appare indispensabile.
Per lungo tempo il legislatore nostrano è apparso disinteressato alla materia in questione, rimanendo inerte nel codificare una normativa in materia di sicurezza nell' ambiente di lavoro.
Il primo intervento legislativo in subiecta materia è, infatti, da collocarsi nella seconda metà degli anni 50’ del secolo passato ed è rappresentato dai decreti presidenziali emanati dal Governo in attuazione della legge 12 febbraio 1955, n.5110.
Tale legge conferiva «delega al Potere esecutivo per l’emanazione di norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro», in virtù della quale vennero emanati i << pilastri>> della sicurezza del lavoro nel nostro paese11: tra questi il d.P.R. 27 aprile 1955, n. 54712, <<
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro>>, nonché il d.P.R 19 marzo 1956, n. 30313, << Norme generali per l' igiene del lavoro>>.
Si tratta di provvedimenti14 che hanno rivestito un ruolo fondamentale nel
10 I n Gazz. Uff. 7 marzo 1955, n. 54.
11 L’espressione è di GUARINIELLO, Il diritto penale del lavoro nell’impatto con le
direttive CEE, in Dir. pen. e proc., 1997, p. 83.
12 In Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 12 luglio 1955, n. 158 13 In Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 30 aprile 1956, n. 105 .
14 In virtù della delega contenuta nella legge 12 febbraio 1955, n. 51, furono promulgati anche altri decreti dei quali qui di seguito si indicano gli estremi di riferimento: d.P.R. 7
nostro ordinamento, fino alla loro abrogazione avvenuta con il d. lgs. 81/200815.
Alcune specificazioni devono essere evidenziate: da un lato si osserva come il trattamento sanzionatorio risultava essere abbastanza mite, essendo in prevalenza prevista la sola pena pecuniaria dell’ammenda, e solo «nei casi di
gennaio 1956, n. 164, «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 31 marzo 1956, n. 78); d.P.R. 19 marzo 1956, n. 302, «Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali emanate con d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 30 aprile 1956, n. 105); d.P.R. 20 marzo 1956, n. 320, «Norme per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro in sotterraneo» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 5 maggio 1956, n. 109); d.P.R. 20 marzo 1956, n. 321, «Norme per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 5 maggio 1956, n. 109); d.P.R. 20 marzo 1956, n. 322, «Norme per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro nell’industria della cinematografia e della televisione» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 5 maggio 1956, n. 109); d.P.R. 20 marzo 1956, n. 323, «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro negli impianti telefonici» (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. 5 maggio 1956, n. 109).
15 Già il d. lgs. 626/1994 aveva posto una cesura con il passato.
Si ricorda come questa noramtiva venne introdotta sia per abrogare le leggi precedenti, che per recepire tutte le le normative europee per ciò che riguarda la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Le principali novità introdotte da questo Decreto furono il Servizio di Prevenzione e Protezione, la figura dell’RSPP, suo Responsabile e la figura dell’RLS, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, che funge da tramite tra lavoratori e datore di lavoro. Rispetto al DPR 547/55 il datore di lavoro con il L. 626/94 diventa responsabile del processo di miglioramento della sicurezza del luogo di lavoro e non più solo “debitore della sicurezza nei posti di lavoro”, per questo viene obbligato dallo stesso decreto a redigere un Documento di Valutazione dei Rischi.Nel 2007 viene approvata la legge delega n. 123 che conferisce al Governo il mandato di riformare il d. lgs. 626/94 entro il maggio del 2008.L' intervento rigurdava la riforma della normativa e nello specifico: armonizzare le leggi vigenti per creare un Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro; estendere le disposizioni del L. 626/94 a tutti i settori, tipologie di rischio e lavoratori autonomi e dipendenti; prevedere un adeguato sistema sanzionatorio; introdurre l’obbligo di indossare tesserini di riconoscimento, indicanti dati del lavoratore e del datore di lavoro, all’interno dei cantieri e altri luoghi di lavoro, a pena di un’ammenda; rafforzare gli organi ispettivi.
Pertanto, venne licenziato il T.US. il d. lgs. 81/2008, che prevede: la figura dell’RLS, quale rappresentante dei lavoratori che può ispezionare gli impianti e visionare i documenti
maggior gravità»; dall' altro, gli obblighi, e di conseguenza le responsabilità penali per la loro inosservanza, sono ripartiti tra i diversi soggetti coinvolti nell’attività di lavoro (datore di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori e altre figure esterne all’impresa), sulla base di uno schema che verrà seguito, a più riprese, anche nella legislazione a venire16.
Ulteriore intervento legislativo nel campo in esame, è frutto di varie direttive europee, che hanno innescato un profilare di interventi legislativi nella materia della sicurezza del lavoro.
Si assiste così ad una «rivoluzione silenziosa» che investe diversi settori della disciplina legislativa in materia di sicurezza ed igiene del lavoro: «a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, quasi inavvertitamente ma ad un ritmo sempre più incalzante, inizia un processo di profonda e silenziosa trasformazione del sistema prevenzionale italiano per effetto del progressivo innesto sul tronco principale delle disposizioni risalenti al 1955-56 di vari spezzoni normativi, più o meno ampi, di derivazione comunitaria»17.
aziendali relativi alla sicurezza; vi è l' obbligo, non delegabile, per il datore di lavoro di compilare il DVR (documento valutazione dei rischi).
16 «Particolarmente importante l’imposizione di obblighi penalmente sanzionati a diverse categorie di soggetti, secondo il metodo della ripartizione intersoggettiva del dovere di scurezza, che troverà in seguito usuale applicazione» (FERRANTE, La tutela penale della
sicurezza del lavoro, cit., p. 192).
Un breve cenno deve essere fatto,per capire i segni di continuità o di rottura18
con la nuova disciplina: il D. lgs. 626/1994.
I profili di distinguo tra la nuova e la vecchia disciplina sono due: il primo si apprezza sulla base della predilezione verso una disciplina ispirata a forme di protezione di tipo soggettivo a discapito di quelle di tipo oggettivo; il secondo, invece, riguarda l' apparente ridimensionamento della concezione che vedeva nella sicurezza un valore assoluto a favore di un approccio che intende la medesima come finalità tendenziale e relativa.
Andando ad analizzare nel dettaglio il primo profilo si osserva come concorrono due fattori alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle relative malattie professionali: un primo di stampo oggettivo che riguarda l' affidabilità e la sicurezza dei luoghi di lavoro e un secondo, di tipo soggettivo che è relativo all' addestramento e preparazione professionale del lavoratore: tutto ciò che attiene al fattore umano19.
In particolar modo, con riferimento ai decreti emanati nel biennio 1955-‘56 si è osservato che il sistema tendeva a una «protezione tendenzialmente
cit., p. 18.
18 CULOTTA, Il sistema prevenzionale italiano e la normativa comunitaria in materia di
sicurezza sul lavoro, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1992, p. 1401.
19 In tal senso, CULOTTA-DI LECCE-COSTAGLIOLA, Prevenzione e sicurezza nei
oggettiva»20; infatti, il legislatore di quegli anni ha privilegiato la prescrizione
di cautele di tipo tecnico21, tralasciando una normativa, al contrario, che
regolasse le modalità d’impiego del fattore umano22.
Ma la nuova normativa, fa qualcosa in più; opera un mutamento di prospettiva. I decreti legislativi emanati in attuazione degli obblighi comunitari mostrano un interesse verso forme di protezione soggettiva, imponendo al datore di lavoro obblighi di formazione professionale e di coinvolgimento dei lavoratori sul tema della sicurezza ( come nel caso degli articoli 22 e 22 del d. lgs. 626/1994, concernenti il primo, l' obbligo di informazione dei lavoratori, mentre il secondo, l' obblighi di istruzione degli stessi)23.
20 PULITANÒ, Igiene e sicurezza del lavoro, cit., p. 111. L’Autore sostiene che «la prima e maggiore garanzia di sicurezza consiste nella predisposizione di un ambiente di lavoro obbiettivamente sicuro, e di strumenti di protezione non condizionati dalla maggiore o minore adeguatezza di contingenti comportamenti dell’uomo. Presupposto obiettivo fondamentale della sicurezza del lavoro (e non solo di questa!) è la sicurezza strutturale di impianti, macchinari, edifici e in genere delle opere destinate ad ambienti o posti di lavoro». 21 «Il legislatore del 1955-56 ha finito per accentuare e potenziare gli aspetti della
protezione oggettiva, offrendo così, in pratica, una risposta quasi esclusivamente tecnologica al problema della sicurezza» (CULOTTA-DI LECCE-COSTAGLIOLA, Prevenzione e
sicurezza nei luoghi di lavoro, cit., p. 29).
22 «Nessuna disposizione […], infatti, contempla, ad esempio il divieto di sottoporre i lavoratori a ritmi particolarmente intensi, così da determinare pericolose situazioni di affaticamento, o di adibire il personale ad attività complesse e delicate, senza preventivo congruo addestramento, con conseguente rischio di possibili manovre errate, gravemente pregiudizievoli per la sicurezza di tutti» (CULOTTA-DI LECCE-COSTAGLIOLA,
Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, cit., p. 28).
23 Art. 21 d.lgs. 626/1994 – «Informazione dei lavoratori» – «1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; b) i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le
Dalla dottrina è stato osservato che, in un’analisi comparativa tra vecchie e nuove norme, «rispetto al principio di protezione oggettiva, fondamento tradizionale del sistema di tutela della sicurezza, i nuovi principi additano una linea che non può ritenersi alternativa, bensì complementare»24.
Infatti è bene chiarire due punti, in questo senso: in primo luogo perché la normativa previgente non è abrogata da quella nuova, la quale rimane pertanto
normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15. – 2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3». Art. 22 d.lgs. 626/1994 – «Formazione dei lavoratori» – «1. Il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, ricevano una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. – 2. La formazione deve avvenire in occasione: a) dell’assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c)
dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. – 3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi. – 4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. – 5. Il lavoratore incaricato dell’attività di pronto soccorso, di lotta antincendio e di evacuazione dei lavoratori deve essere adeguatamente formato. – 6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori. – 7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese».
24 PULITANÒ, voce Igiene e sicurezza del lavoro (tutela penale) – Aggiornamento, in
operativa (si veda in proposito l’art. 98 del d.lgs. 626/1994, secondo il quale «restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto,le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro»); in secondo luogo, in perché, se è vero, che il legislatore innovando rispetto al passato, rafforza gli obblighi di informazione e formazione del personale, non per questo rinuncia a predisporre, con disciplina analitica e di dettaglio, nuove misure tecniche da adottare per prevenire infortuni sul lavoro e malattie professionali; misure che come tali sono perfettamente ascrivibili al modello di protezione c.d. oggettivo.
Concludendo sul punto: << Il datore di lavoro ha l’obbligo di promuovere nella sua azienda la cultura della sicurezza>>25.
Analizzando il secondo profilo, descritto all' inizio della trattazione, ancora una volta la nostra attenzione deve rivolgersi al decreto legislativo 626/1994. A proposito della normativa in questione è stato osservato che «il profilo che appare più immediatamente eccentrico […] è costituito dal nuovo baricentro teleologico delle misure di tutela». Mentre nella normativa più risalente «la
25 «La normativa comunitaria fin dall’inizio ha, dunque, perseguito lo scopo di sviluppare una vera cultura della prevenzione, sia al vertice che alla base, trasformando i lavoratori da semplici soggetti passivi, creditori di sicurezza, in protagonisti ed artefici della stessa ed assegnando naturalmente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori un ruolo fondamentale di promozione e organizzazione di tale cultura, imponendo loro di attivarsi per predisporre le strutture, i canali e i mezzi di diffusione delle conoscenze, in modo da rendere i precetti un patrimonio comune, appartenente all’intera comunità lavorativa» (CULOTTA-DI
sicurezza è concepita come interesse assoluto, necessariamente prevalente su ogni interesse contrapposto» e in tal guisa destinata a realizzarsi in forma pienamente garantita – e ne sono testimoni le regole cautelari ivi contenute, le quali sono ispirate ad una logica di certo impedimento del danno, al punto che per le attività nelle quali residua un margine ineliminabile di pericolo viene postulata l’astensione –, nella normativa più recente di derivazione comunitaria «l’abbattimento del rischio rappresenta […] una finalità tendenziale e relativa […] non un obiettivo assoluto»26.
Vengono richiamati, gli obblighi di riduzione del rischio e le clausole di compatibilità, cioè le norme che impongono l' adozione di misure e cautele in quanto << tecnicamente possibile>> o << concretamente attuabile>> o altre prestazioni simili.
Circa il primo punto, gli obblighi di riduzione del rischio, si possono citare tra «le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori» l’obbligo di «eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo», l’obbligo di «riduzione dei rischi alla fonte», l’obbligo di «sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso», l’obbligo di «limitazione al minimo del numero dei lavoratori che
26 PADOVANI, Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, in Riv. trim. dir. pen. Economia, 1996, p. 1161.
sono, o che possono essere, esposti al rischio» e l’obbligo di «utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro» (art. 3 co. 1 lett. b, c, e, h e i del d.lgs. 626/1994).
Invece, per quanto concerne invece le clausole c.d di compatibilità, possiamo prendere come esempio l’articolo 64 comma 1 lettera c) del d.lgs. 626/1994 che in tema di protezione da agenti cancerogeni o mutageni stabilisce che «il datore di lavoro […] progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale>>. Nello specifico l' art 4, comma 5, lettera n, afferma che <<Il datore di lavoro adotta le misure necessarie (...) per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare: prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno>>.
Ne consegue che il ricorso a tali clausole normative «sembra suggerire l’idea di un arretramento della tutela rispetto alla sua originaria rigidità»; e dunque «la sicurezza, da valore assoluto, sarebbe divenuto valore relativo, componibile e contemperabile con interessi ed esigenze diverse, rispetto ai
quali il suo primato risulterebbe ora soltanto tendenziale»27.
Si è osservato inoltre, che i decreti del biennio 1955-1956, mirano all' eliminazione del pericolo; mentre l' obiettivo delle direttive comunitarie, è quello del controllo del rischio28.
Pertanto, si potrebbe dire che l’attenzione rivolta verso la riduzione o il contenimento del rischio piuttosto che sulla eliminazione del pericolo «non costituisce […] abdicazione parziale della tutela, quanto piuttosto l’espressione della sua anticipazione teleologica»29.
Pertanto, alla luce delle considerazioni che si sono svolte possiamo concludere nel senso di <<una sostanziale continuità nei contenuti precettivi>> se pur con <<forti elementi di innovazione nella struttura e nell’ispirazione del sistema>> tra normativa precedente e quella dettata su sollecitazione comunitaria30.
Il 1994 è un anno di intensa produzione normativa in tema di sicurezza sul
27 PADOVANI, Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, cit., p. 1162.
28 Ai fini ed agli effetti delle disposizioni contenute nel d.lgs. 81/2008 per «pericolo» si intende «proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni» (art. 2 lett. r) e per «rischio» si intende «probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione» (art. 2 lett. s).
29 PADOVANI, Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, cit., p. 1165.
30 PULITANÒ, Igiene e sicurezza del lavoro – Aggiornamento, cit., p. 389. L’Autore ritiene di individuare l’obiettivo di fondo del d.lgs. 626/1994 nel «delineare e rendere vincolante un approccio sistematico alla prevenzione: un modello organico di gestione del “problema sicurezza”, fondato sulla programmazione degli interventi, la procedimentalizzazione delle varie fasi, l’istituzionalizzazione delle strutture ritenute a ciò indispensabili».
lavoro; veniva emanato il 19 dicembre 1994 un altro provvedimento: il decreto legislativo n. 758, «Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro»31, in ossequio alla legge di delega 6 dicembre 1993, n. 49932.
Tale decreto, dal punto di vista strutturale si articola in tre capi: il capo I, relativo alla trasformazione di taluni reati in materia di lavoro in illeciti amministrativi; il capo II, invece, istituisce un peculiare meccanismo premiale valido per la maggior parte degli illeciti penali in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, in particolare quelli puniti alternativamente con la pena dell’arresto o dell’ammenda.
Il capo III, ha previsto l’inasprimento del trattamento sanzionatorio di alcune delle contravvenzioni previste dalla normativa speciale in materia di lavoro. A conclusione dell’iter evolutivo della normativa italiana in materia di tutela della sicurezza del lavoro, di cui abbiamo cercato di tracciare le linee essenziali, è possibile individuare un terzo e cruciale step legislativo (il primo, si rammenta, è rappresentato dai provvedimenti che abbiamo definito essere i «pilastri» del sistema prevenzionistico italiano, risalenti alla seconda metà degli anni ‘50, ed il secondo da quelli che per brevità – ma ci si intende – possiamo chiamare decreti «comunitari»), segnato dall’emanazione, in virtù
31 In Suppl. ordinario n. 9 alla Gazz. Uff. 26 gennaio 1995, n. 21. 32 In Gazz. Uff. 6 dicembre 1993, n. 286.
della delega contenuta nella legge 3 agosto 2007, n. 12333, del d.lgs. 9 aprile
2008, n. 81, noto come Testo Unico delle leggi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d’ora in avanti T.U.)34.
Il d.lgs. 81/2008, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 1 della legge delega cit., ha «riordinato», «coordinato» e «riformato» in un unico testo normativo le norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro35.
Sarebbe sbagliato ritenere che la portata innovativa del T.U. si esaurisca nel riordino e nel coordinamento delle disposizioni legislative già in vigore; non mancano, infatti, sul piano contenutistico, sostanziali profili di novità: si pensi al caso della previsione di un’apposita disciplina dell’istituto della delega di funzioni; ancora all’inclusione nel novero dei reati presupposto per la responsabilità dell’ente da reato ex d.lgs. 231/2001 dell’omicidio colposo e delle lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro; la riformulazione dell’apparato sanzionatorio con la previsione di meccanismi premiali estintivi o di attenuazione della sanzione.
33 In Gazz. Uff. 10 agosto 2007, n. 185.
34 In Suppl. ordinario n. 108 alla Gazz. Uff. 30 aprile 2008, n. 101. 35 Cfr. art. 1 d.lgs. 81/2008.
In base alla medesima legge delega 123/ 200736 è stato emanato il d.lgs. 3
agosto 2009, n. 10637, «Disposizioni integrative e correttive del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», che ha sensibilmente corretto, specie sul piano sanzionatorio, l’impianto originario del T.U.
1.4 La normativa costituzionale in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro. In materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32, 35 e 41) prevede la tutela della persona umana nella sua integrità psico-fisica come principio assoluto ai fini della predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubri.
Partendo da tali principi costituzionali la giurisprudenza ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre.
Una rilevante novità è costituita dal D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
36 Cfr. art. 1 co. 6 legge 123/2007. «Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal presente articolo, il Governo può adottare […] disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi».
Tale decreto legislativo, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, in realtà nella sostanza opera il riassetto e il coordinamento in un unico testo normativo della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Pertanto vengono abrogati i previgenti provvedimenti le cui disposizioni sono “confluite” nel decreto legislativo in questione. Come accennato in precedenza, in attuazione della medesima legge di delega è stato successivamente emanato il d. lgs. 106/2009, correttivo del d. lgs. 81/2008. Tornando al nostro punto di partenza, si osserva come, in materia di igiene e sicurezza del lavoro, la Costituzione (artt. 238, 3239, 3540 e 4141 Cost.) afferma
38 Art. 2. Cost: “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
39 Art. 32.Cost: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
40 Art. 35. Cost: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.”
41 Art. 41. Cost : “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”
la salvaguardia della persona umana e della sua integrità psico-fisica come principio assoluto e incondizionato, senza ammettere condizionamenti quali quelli derivanti dalla ineluttabilità, dalla fatalità, oppure dalla fattibilità economica e dalla convenienza produttiva circa la scelta e la predisposizione di condizioni ambientali e di lavoro sicure e salubri.Gli articoli citati, trovano una loro specifica applicazione nell’art. 2087 del codice civile che stabilisce l’“obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile” a carico dello stesso garante della sicurezza del lavoratore, semplicemente il datore di lavoro.
Tale obbligo preventivo di carattere generale esige dal datore di lavoro il positivo apprestamento dei mezzi idonei ai fini della sicurezza. In tal senso, “i valori espressi dall’art. 41 della Costituzione” giustificano “una valutazione negativa, da parte del legislatore, dei comportamenti dell’imprenditore che, per imprudenza, negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente sanzionati, per ridurre l’esposizione al rischio dei propri dipendenti”.42
Dunque la tutela della salute del lavoratore, della sua integrità psico-fisica assurge al rango di diritto fondamentale che non tollera alcun tipo di
condizionamento, e si presenta come sovraordinato a tutti gli altri diritti previsti dalla Costituzione.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 399 del 1996 ha sottolineato con forza che “la salute é un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato. La tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell’individuo a condizioni (di vita, di ambiente e) di lavoro che non pongano a rischio questo suo bene essenziale”.
Conseguentemente non sono soltanto le norme costituzionali (artt. 32 e 41) ad imporre ai datori di lavoro la massima attenzione per la protezione della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori.
In tal senso la Cassazione ha affermato che “non vi può essere dubbio che il lavoratore, ove effettivamente emergano situazioni pregiudizievoli per la sua salute o per la sua incolumità, possa legittimamente astenersi dalle prestazioni che lo espongono ai relativi pericoli, in quanto è coinvolto un diritto fondamentale, espressamente previsto dall’art. 32 della Costituzione, che può e deve essere tutelato in via preventiva, come peraltro attesta anche la norma specifica di cui all’art. 2087 cod. civ.”43
43 Cass. Sez. Lavoro, sent. Del 9 maggio 2005, n. 9576, cfr. altresì' Cass. Sez. Lavoro, 30 agosto 2004, n. 17314, 30 luglio 2003, n. 11704.
Infatti se voltiamo lo sguardo alle diverse norme codicistiche, quella che a noi interessa maggiormente all' interno della trattazione è l' ultima citata, cioè l' articolo 2087 codice civile.
Sul punto la stessa giurisprudenza non ha tardato a far sentire la propria voce, specialmente se tale norma viene posta in relazione con altre contenute non solo del codice civile ma anche all' interno dello stesso T.U.S.
Infatti si è osservato, come, l' articolo 2087 è una norma fondamentale di carattere generale, cardine di tutto il sistema, che impone la verifica continua dell' organizzazione del lavoro e dell' aggiornamento costante delle misure adottate o da adottare, secondo il principio della “ massima sicurezza tecnologicamente fattibile”.
Tutto ciò si basa sulla particolarità del lavoro, in base alla quale devono essere individuati i rischi e le nocività specifiche; sull' esperienza, alla base della quale devono essere previste le conseguenze dannose e la tecnica, circa le nuove conoscenze in materia di salute e sicurezza messe a disposizione del progresso tecnico-scientifico.
La Corte di Cassazione è costantemente orientata nel ritenere che la sicurezza non può essere subordinata a criteri di fattibilità economica o produttiva: la tutela dell’integrità fisica del lavoratore (art. 32 Cost. e art. 2087 c.c.) 44non
44 “L’art. 2087, per le sue caratteristiche di norma aperta, vale a supplire alle lacune di una normativa che non può prevedere ogni fattore di rischio, ed ha una funzione,sussidiaria
tollera quindi alcun condizionamento economico.
2. I limiti all' iniziativa economica privata.
A questo punto della trattazione, è opportuno analizzare sotto il profilo della giurisprudenza, il tema dei limiti all' iniziativa economica privata, volgendo uno sguardo critico all' art. 41 Cost, e come questo non sia stato esente da critiche da parte della Suprema corte nel corso degli anni.
Naturalmente tale tema non può essere scisso con quello della sicurezza dei lavoratori all' interno dell' ambiente produttivo.
All' interno di esso la Corte, nell' ambito di una giurisprudenza che non ha mai dato spazio alla tesi espositiva della diretta operatività dei limiti di cui all' art. 41 comma 2 Cost45, ai sensi del quale l' iniziativa economica privata non può
svolgersi in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, ha affermato che la cogenza dei principi costituzionali espressi dalla norma è tale da fornire fondamento alle norme con cui il legislatore valuta sfavorevolmente i comportamenti dell' imprenditore che non si adopera, per contenere al massimo l' esposizione dei propri lavoratori al rischio.
rispetto a quest’ultima, di adeguamento di essa al caso concreto”; Corte di Cassazione, sentenza del 20 aprile 1998, n. 4012.
45 Si nota, C. Esposito, I tre commi dell' art. 41 della Costituzione, in Giur. Cost., 1962, 33 ss; ancora, Niro, art. 41, in Bifulco, Celotto, Olivetti ( a cura di), Commentario alla Costituzione, I, Torino, 2006.
Ulteriore pronuncia che merita di essere richiamata è C. cost., 25.7.1996, n. 312, in cui la Corte costituzionale giunge a configurare un vero e proprio dovere di protezione del lavoratore, gravante sull' imprenditore quale manifestazione concreta del bilanciamento, cui la Costituzione obbliga il legislatore, tra libertà d' impresa e sicurezza della persona46.
A proposito di tale tema, cioè le fattispecie incriminatrici di condotte datoriali lesive della sicurezza, la Corte si era già espressa dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale dell' art. 24 d.P.R. 19.3.1956, n. 303,censurando per violazione del principio di determinatezza della norma penale, il quale prescriveva, nelle lavorazione che producono scuotimenti, vibrazioni o rumori dannosi ai lavoratori, l' adozione di provvedimenti << consigliati dalla tecnica per diminuirne l' intensità>>, affermando che si deve ritenere consentito al legislatore penale far riferimento a nozioni che hanno la loro fonte in altri settori dello scibile, restando, in questi casi, la fattispecie penale sufficientemente determinata47.
La sentenza in questione ha messo in rilievo in vincolo per il legislatore,
46 Buonocore, L' art. 41 della Costituzione: libertà e limiti dell' iniziativa economica privata, in ID. ( a cura di), Iniziativa economica e impresa nella giurisprudenza costituzionale, Collana << Cinquanta anni della Corte costituzionale della Repubblica italiana>>, Napoli, 2006.
47 C. cost., 27.4.1988, n. 475, in Giur.cost., 1988, I, 2144 ss. Con nota di Pittaro, Principio di tassavità ed elmenti normativi extra-giuridici della fattispecie penale, in Giur.cost., 1988, I, 2152.
secondo il quale quando parla di misure << concretamente attuabili>>, si riferisce alle misure che , nei diversi settori e nelle diverse lavorazioni, << corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti, sicché penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell' imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto e al momento, delle diverse attività produttive>>48.
Ulteriore tema da analizzare, per chiudere la quadratura del cerchio, è rappresentato dall' accentuazione della tutela risarcitoria contro le violazioni da parte del datore dell' obbligo di sicurezza.
Anche in questo caso la giurisprudenza costituzionale non ha tardato a far sentire la sua voce, la quale ha fortemente risentito degli sviluppi del diritto vivente in materia di tutela della persona nei rapporti di lavoro ed ha finito per costruire quello che si potrebbe definire come uno << statuto costituzionale della persona nei rapporti di lavoro>>, all' interno del quale il trinomio << sicurezza-libertà-dignità>> rileva come unico complesso valoriale che funge da limite alla potestà d' impresa. Tale opera è stata avvalorata anche dalla dottrina, la quale ha contribuito a diffondere l' idea che il legislatore ben può vietare le attività economiche che si pongono in contrasto con i valori sopra
ricordati49.
Ne è derivato che la sensibilità della giurisprudenza costituzionale si è orientata sempre di più verso una concezione della sicurezza nei rapporti di lavoro che travalica i confini dell' obbligo di protezione fisica del lavoratore e si estende al valore << persona>>, ricomprendendo l' onere datoriale di tenere immune il lavoratore anche da danni ulteriori rispetto a quelli che interessano l' integrità fisica del corpo.
Pertanto ricordiamo l' obbligo del datore di lavoro di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto ( art. 2103 c.c), dalla quale violazione possono derivare << danni a quel complesso di capacità e di attitudini che viene definito con il termine di professionalità, con conseguente [… ]danni alla persona ed alla sua dignità […]>>50.
Inoltre, si assiste all' ampliamento della nozione di sicurezza del lavoro da parte della Corte, riguarda il fenomeno del c.d. Mobbig51.
E come ultimo tema, le limitazioni alla libertà d' impresa dettate dall' esigenza di tutela ambientale. Infatti la Corte costituzionale ha affermato che la legge
49 Del Punta, Il diritto del lavoro fra due secoli: dal protocollo Giugni al decreto Biagi, in Ichino (a cura di), Il diritto del lavoro nell' Italia Repubblicana. Teorie e vicende dei giuslavoristi dalla Liberazione al nuovo secolo, Milano, 2008. si osserva inoltre, Pace, Problematica delle libertà costituzionali. Parte speciale, Milano, 1992, 463.
50 C. cost. 6.4.2004, n. 313, in Giur.cost., 2004, 1167 ss.
51 C. cost., 19.2.2003, n. 359, in Giur.cost., 2003, 3709 ss; C. cost., 27.1.2006, n. 22, ivi, 2006, 177 ss.
può prescrivere a carico di tutti coloro che espletano una determinata attività imprenditoriale obblighi non legati alla pretesa punitiva di comunicazione della stessa attività o delle modalità d' esercizio52.
2.1 Tutela della vita, della salute e della sicurezza come limite all' iniziativa economica privata.
Per comprendere meglio il tema , è opportuno, cogliere a pieno il tema della tutela della vita e della salute nell' ambito dei rapporti di lavoro.
E' importante sottolineare che la tutela << della integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro>> risultava già dall' art. 2086 del codice civile del 1942; cosi' come una prima tutela penale contro la rimozione o la omissione “ dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro era prevista dall' art. 437 del codice penale del 1930”53.
E' evidente, che in questo contesto, in un regime totalitario e corporativo che caratterizzava l' Italia degli anni '30, i limiti alla libertà di impresa che derivavano da queste norme non sollevavano nessun problema di conflitto tra autorità e libertà.
Di fronte a queste norme ed alla tutela che da esse derivava a favore della
52 Si veda, C. cost., ord. 31.5.1996, n. 186.in Giurd. Cost., 1996, 1719 ss.
53 “Reati contro la salute e la dignità del lavoratore”, a cura di Beniamino Deidda e Alberto Gargani; Giappichelli editore , Torino 2012 ,pag 13.
sicurezza e della salute dei lavoratori, i costituenti vollero invece, e consapevolmente54, definire la salute come un diritto fondamentale dell'
individuo e interesse della collettività.
La qualificazione dei questo diritto come “ fondamentale” ha la conseguenza di renderlo direttamente precettivo ed immediatamente applicabile55, ma
altrettanto importante appaiono anche le conseguenze ulteriori che derivano dalla formulazione dell' art. 32 della Costituzione.
Definire il diritto alla salute come “ diritto dell' individuo” significa, infatti, ed anzitutto riconoscere quel diritto a tutti, cittadini e non cittadini, residenti e non residenti sul territorio nazionale; mentre la dizione << interesse della collettività>> qualifica il “ diritto in questione con un attributo che lo pone in una situazione di perfetto equilibrio fra l' interesse dell' individuo al proprio benessere fisico e psichico”56.
L' assolutezza del diritto alla vita e alla salute, come delineati in Costituzione, non potevano presentarsi in modo diverso rispetto all' impostazione propria degli articoli 2087 codice civile e articolo 437 codice penale, i quali, come è
54 Cfr. il dibattito del 24 aprile 1947 in Assemble acostituente e l' aggiunta del termine << fondamentale>> al più generico “ diritto alla salute” presente nel progetto di
Costituzione, in Luciani, Diritto alla salute, in Enc. Giur., XVII, Roma, 1991,4. 55 Già c. cost., 23.7.1974., n. 247, in Giur. Cost., 1974, 2371 ss.
56 “Reati contro la salute e la dignità del lavoratore”, a cura di Beniamino Deidda e Alberto Gargani; Giappichelli editore , Torino 2012 ,pag 13.
stato più ricordato, tutelavano l' integrità fisica e psichica dei << prestatori di lavoro>> all' interno di un rapporto sinallagmatico- contrattuale, che era, da un lato ben lontano dal considerare il rilievo assoluto di quella tutela, e che dall' altro, legava invece, questo per quanto concerne la tutela penale,legava invece la prevenzione dei << disastri e degli infortuni del lavoro>> alla situazione esistente nei luoghi di lavoro.
Ciò nonostante, << il diritto alla salute (fu) ridotto per molti, troppi anni nei limiti angusti di un problema assicurativo>> e la tutela della sicurezza sul lavoro fini' per essere “ attratta” nell' orbita dell' articolo 38 della Costituzione57.
Il riflesso di questa impostazione, fu un grande ritardo, prima della giurisprudenza ordinaria e poi di quella costituzionale, a prendere atto del fatto che il diritto alla salute di cui all' articolo 32 Costituzione assicurava anche il diritto al risarcimento del danno biologico, oltre che quello derivante dalle ridotte capacità di lavoro in caso di infortunio58.
Punto di arrivo fondamentale, perché la Corte costituzionale interpretando, in
57 Montuschi, Art. 32 Cost., in Branca, Commentario alla Costituzione, Bologna, 1975, 13. 58 Luciani, Diritto alla salute, in Enc. Giur., XVII, Roma, 1991, 4; che sottolinea il percorso
conpiuto dalla giurisprudenza e l' anticipo con il quale la giurisprudenza della Corte di cassazione giunse ad affermare ( a partire dal 1981) l' esistenza di quel diritto, rispetto alla giurisprudenza della Corte costituzionale; Corte che, fra passi in avanti e passi indietro, affermò definitivamente quel diritto solo a partire dalla sentenza n. 184/1986.
maniera corretta l' ampiezza del diritto contenuto nell' articolo 32 Cost., vi comprese non solo la salute fisica strettamente intesa, ma anche quella capacità di compiere tutte le << attività realizzatrici della persona umana>> che non possono non essere tutelate da un tipico diritto della persona quale risulta essere quello in questione59.
La tutela della salute nei rapporti di lavoro, e la sua espansione, strettamente correlata al tema della protezione della sicurezza del lavoro, non potevano rimanere circoscritti all' interno delle varie pronunce della Corte di Cassazione da un lato e da quella Costituzionale dall' altro.
Per tali ragioni, varie normative in materia furono emanate; normative che andavano a razionalizzare quanto già aveva preso forma all' interno delle aule dei vari tribunali.
Tralasciando in questa sede ogni riferimento allo Statuto dei Lavoratori, nello specifico la legge 20.5.1970, n. 300, la nostra attenzione dovrà concentrarsi su di un altra normativa, oggetto di analisi: il T.U.S n. 81/2008.
Ma ancora una volta, occorre fare una breve digressione storica per comprenderne al meglio l' intervento innovativo della normativa in questione. Per molti decenni dopo l' entrata in vigore della Costituzione i doveri dell' imprenditore rispetto alla tutela della vita e della sicurezza fisica dei lavoratori
sono rimasti ancorati ai principi degli articoli 2086 codice civile e articolo 437 codice penale, come è stato specificato precedentemente.
Rispetto alle quali normative, la tutela dell' integrità fisica dei prestatori d' opera era doverosa ma nel quadro della “condizioni di lavoro che si presentavano come oggettivamente connesse alla tipologia della produzione che si svolgeva nel luogo di lavoro e senza che nascesse nell' imprenditore nessun obbligo di cambiare le modalità di organizzazione produttiva in considerazione della preminenza del bene della protezione rispetto al bene della produzione”60.
Già a partire dalla direttiva quadro CE/391/89 e dal d. lgs. 19.9.1994, n. 626, prende avvio , un mutamento essenziale della protezione della sicurezza dei lavoratori che è volta a far emergere una << concezione “ primaria” della prevenzione, intesa come la prevenzione che deve essere inglobata nelle stesse scelte organizzative imprenditoriali al fine, innanzitutto, di evitare e di eliminare i rischi che vi sono insiti e solo ove ciò non sia possibile di ridurli>>61.
Tuttavia, con il decreto legislativo 9.4.2008, n. 81, questa nuova concezione
60 Beniamino Deidda e Alberto Gargani, Reati contro la salute e la dignità del lavoroatore, Giappichelli editore, Torino, 2012, pag16.
61 Pascucci, La nuova disciplina della sicurezza sul lavoro: una rapsodia su novità e conferme, in Olympus, 1/2011.
incomincia a condizionare la libertà organizzativa dell' impresa. Attraverso la posizione di una serie di procedure e di obblighi positivi che inseriscono direttamente ex lege il bene “della protezione del lavoro fra le finalità che debbono essere obbligatoriamente perseguite dall' imprenditore e dalla sua organizzazione d' impresa in un costante bilanciamento con i fini imprenditoriali che non possono più prevalere naturalmente, in maniera <<oggettiva>> sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”62.
Questa nuova concezione trova esplicamento all' interno dell' articolo 28 d. lgs. 81/2008, in cui si prevede l' obbligo di una <<valutazione globale>> di tutti i rischi presenti nell' ambito della organizzazione di impresa nella quale essi prestano la loro attività.
Ragione per cui, tale valutazione non è connessa soltanto alla <<sistemazione dei luoghi di lavoro>>, ma anche alla scelta delle attrezzature, delle sostanze o dei preparati chimici impiegati e non delegabile dal datore di lavoro << proprio per sottolineare la stretta connessione fra il fine del raggiungimento della sicurezza e le generali finalità di impresa [...]>>63.
Si tratta in sintesi, dell' individuazione da parte della legge di un vero e proprio
62 Beniamino Deidda e Alberto Gargani, Reati contro la salute e la dignità del lavoroatore, Giappichelli editore, Torino, 2012, pag17.
sistema di prevenzione aziendale che si inserisce in profondità dell' organizzazione dell' impresa conformandola, per questi aspetti, in una vera e propria << organizzazione della prevenzione>> attraverso l' impostazione di <<procedure e comportamenti predeterminati dal legislatore […] di obblighi e di metodi obbligatori>>64.
Pertanto, la sicurezza, la libertà e la dignità umana cesserebbero di costituire un mero limite negativo alla libertà di impresa << per diventare un fine che si confronta alla pari con le finalità tipicamente imprenditoriali che costituiscono il nucleo essenziale di quella libertà che è tutelata dall' articolo 41 della Costituzione>>65.
3. Alcune classificazioni delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
La classificazione in materia di sicurezza sul lavoro è varia e disparata, pertanto proveremo a classificare la normativa in questione in vari gruppi, cercando per ognuno di darne una definizione e razionalizzazione più adeguata66.
64 Pascucci, Lanuova disciplina della sicurezza sul lavoro: una rapsodia su novità e conferme, in Olympus, 1/2011.
65 Cfr. vedi nota 17.
66 Secondo un autorevole insegnamento, è necessario innanzitutto distinguere gli obblighi di prevenzione antinfortunistica in comandi e divieti. I primi possono essere ulteriormente ripartiti in cinque categorie: «1. obblighi relativi all’assetto del luogo di lavoro; 2. obblighi relativi alla sussistenza o all’installazione di apparati o accorgimenti protettivi degli edifici,
A)La prima classificazione attiene agli obblighi che derivano dalle norme antinfortunistiche, pertanto possiamo distinguerli tra obblighi positivi, di fare ( comandi) e obblighi negativi, di non fare (divieti).
Dalla distinzione posta, ne deriva, come conseguenza, una diversa caratterizzazione della fattispecie contravvenzionale: nel caso di obblighi positivi, in termini di condotta omissiva, mentre, nel caso di obblighi negativi, siamo davanti a una condotta commissiva.
La distinzione posta precedentemente, assume rilievo anche in un' ulteriore circostanza: nel caso di verificazione di un infortunio o di un evento lesivo, rileva, l' utilizzo o meno di determinante sostanze o l'adozione di macchinari pericolosi; oppure, la mancata predisposizione di misure di sicurezza.
Nel primo caso, occorre verificare il legame causale tra l' impiego della sostanza nociva e la verificazione dell' evento lesivo; nel secondo invece, occorrerà verificare il legame eziologico tra la realizzazione dell' evento lesivo e la mancata osservazione del comando di fare.
B)Altra classificazione riguarda l' individuazione degli obblighi che derivano
degli impianti, delle macchine; 3. obblighi concernenti il controllo sul comportamento di altri soggetti; 4. obblighi relativi all’installazione di attrezzature di salvataggio o di soccorso in caso di disastro o infortuni; 5. obblighi di informazione sui pericoli insiti nell’uso di macchine o di attrezzature o nello svolgimento di lavorazioni». I secondi invece possono essere distinti in due gruppi: «1. divieti di installazione di apparecchiature o di impianti pericolosi; 2. divieti concernenti il comportamento da far assumere a determinati soggetti» (PADOVANI, Diritto penale del lavoro – Profili generali, cit., pp. 110 e sg.). Per una diversa classificazione cfr. FERRANTE, La tutela penale della sicurezza del lavoro, cit., pp. 248 e sgg.
dalle norme antinfortunistiche. Pertanto la distinzione che si configura riguarda le norme rigide, impositive di obblighi specifici, da un lato, e norme elastiche, dall' altro, impositive di obblighi il cui concreto contenuto risulta di volta in volta determinato dalle condizioni operative dell'attività lavorativa. Le prime si caratterizzano per la specificità delle misure a tutela della sicurezza del lavoro ivi previste e conseguentemente per il ridotto margine di discrezionalità lasciato al destinatario del precetto67.
Per le seconde, lasciando ampio margine alla discrezionalità del destinatario, la dottrina ne ha fortemente criticato la sua legittimità con il principio di determinatezza.
Due esempi di attrito con il principio di determinatezza è rappresentato dagli articoli 18, comma primo, lettera z), del T.U., ovvero dall’articolo 28, comma secondo, letta c), del T.U., che prevedono, rispettivamente, l’obbligo per il datore di lavoro di «aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
67 Si pensi, a titolo d’esempio, alle prescrizioni impartite dall’art. 113 co. 3 del T.U. in tema di scale semplici portatili (a mano): in primo luogo è stabilito che tali scale «devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell’insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso»; poi è prescritto che tali scale, se di legno, «devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro» e «i pioli devono essere privi di nodi» e «devono essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi»; inoltre si stabilisce che «nelle scale lunghe più di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio»; si dice infine che «è vietato l’uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti».
sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione», e l’obbligo di elaborare «il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza»68.
Naturalmente su questo profilo la Corte Costituzionale69, non poteva rimanere
inerte; infatti ha affermato che per «misure concretamente attuabili» debbono intendersi quelle che, «nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti, sicché penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell’imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto e al momento, delle diverse attività produttive»70.
In dottrina si trova affermato che «Il criterio “fattuale” del riferimento agli standard generalmente adottati nei diversi settori finisce per disperdere la
68 Per osservazioni critiche sulle disposizioni citate si veda VENEZIANI, I delitti contro la
vita e l’incolumità individuale, cit., pp. 384 e sgg.
69 È stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 41 co. 1 d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277 («il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall’esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte») per contrasto con l’art. 25 co. 2 della Costituzione.
70 Corte cost., 25 luglio 1996, n. 123. Aggiunge la Suprema Corte che il giudice dovrà, di volta in volta, chiedersi «non tanto se una determinata misura sia compresa nel patrimonio di conoscenze nei diversi settori, ma se essa sia accolta negli standard di produzione industriale, o specificamente prescritta».