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Alcune considerazioni sulla stampa di settore e la critica nel campo videoludico

3 LA NARRAZIONE NEL GAMING

3.3 Alcune considerazioni sulla stampa di settore e la critica nel campo videoludico

Non tutti i giochi riescono a comunicare contenuti tematici profondi con una narrazione all’altezza, ma ci sono casi che fanno ben sperare.

Il gaming ha un potenziale narrativo ed artistico molto alto, quando

l’approccio degli sviluppatori non si ferma soltanto a soddisfare i bisogni economici di grandi multinazionali da un giro d’affari stratosferico.

Spesso, una buona idea di gioco viene premiata da un grande successo commerciale e le software house si accontentano di una “dose sufficiente” di contenuto, spremendo l’idea di successo in infiniti seguiti, DLC (DownLoadable Content) a pagamento per sfruttare la coda lunga del marketing su periodi di tempo estesi, e così via.

Il lato positivo dell’aumento del volume di affari attorno al gaming è che ha consentito anche un aumento dell’awareness nei riguardi del videogame

come mezzo espressivo, aumentando anche la consapevolezza degli

sviluppatori delle diverse fasce di pubblico, ciascuna con bisogni diversi. Un altro corollario è, dunque, che il successo commerciale diventa sempre più dipendente anche da un successo di critica: non solo esistono da sempre testate giornalistiche che valutano ogni gioco in uscita, ma persino la stampa generalista nell’ultimo decennio ha dedicato spazi a questo medium, suscitando interesse ed anche, in una certa misura, educando il senso critico di una parte di pubblico che è diventata più esigente.

Ci sono stati anche casi poco edificanti che hanno messo in luce un problema sottovalutato nella stampa specialistica, ovvero la sua probabile poca indipendenza.

Essendo effettivamente quella del gaming un’industria particolarmente

“economo centrica”, non stupisce molto che ci siano legami neanche troppo

impliciti tra le grandi software house – che investono cifre ingenti nello sviluppo e promozione di giochi che saranno poi venduti in tutto il mondo – e chi ne diffonde recensioni e valutazioni. In più, per restare informati o per

dirigere meglio i propri acquisti, molti giocatori fanno affidamento sui voti di riviste del settore.

I giornalisti di settore spesso sono gli unici a poter accedere a fiere e meeting internazionali dove vengono presentati i titoli delle prossime stagioni in anteprima, con demo e versioni parziali di giochi in fasi ancora arretrate di sviluppo. Di ritorno da questi eventi, ancora da prima che esistessero controparti di riviste cartacee sul web, questi pubblicavano report, impressioni e cronache per seguire lo sviluppo dei giochi in uscita.

Negli anni, però, è invalsa una pratica poco virtuosa, dipendente anche da altre poco edificanti di reposting o riciclo di informazioni su certi siti che riproducevano informazioni ricavate di seconda mano.

La pratica, pericolosa nell’ottica dell’onestà nel campo della critica video ludica, è che molte delle testate che trattano di gaming e forniscono anteprime e recensioni, sono ovviamente finanziate dalla pubblicità.

Ci sono redazioni intere, soprattutto di riviste online, anche quelle dove scrivono gli stessi giornalisti invitati a showroom, fiere e conferenze dagli stessi publisher dei titoli, finanziate quasi esclusivamente da advertising specifico. Non è raro, spesso si potrebbe quasi dire che invece è la regola, che le pagine su cui un utente legge recensioni siano costellate di banner pubblicitari degli sviluppatori di quegli stessi giochi che vengono recensiti. Pensiamo poi che, di fatto, è difficile vedere giochi di tripla A stroncati

davvero dalla critica, vedere recensioni che, oltre ad essere severe con i difetti

dei titoli, diano valutazioni numeriche effettivamente negative, ed è improbabile che il motivo sia che tutti i giochi da altissimi budget siano perfetti. Sicuramente, alti investimenti garantiscono professionalità ed una certa misura di qualità, ma tutto questo alimenta il sospetto che quelli che recensiscono i giochi abbiano spesso lo stipendio pagato dagli stessi che mettono sul mercato quei titoli.

Parte di questa “economia secondaria”, spesso taciuta, è venuta a galla con il caso di Jeff Gerstmann.

Gerstmann era un membro di alto grado del team giornalistico di una delle testate di maggior rilievo, GameSpot (parte di CBS Interactive), e fu

licenziato poco dopo aver rilasciato una recensione negativa sul gioco

“Kane & Lynch: Dead Men”, titolo di azione ad ambientazione criminale, effettivamente povero di narrazione e mediocre, rilasciato nel 2007 dalla Eidos (ora acquistata dalla giapponese Square-Enix).

La testata non rese pubblici i motivi del licenziamento e, dopo che alcuni rumors indicarono delle pressioni per il licenziamento da parte del publisher del gioco, il giornale rilasciò dichiarazioni che negavano che il motivo fosse quello55.

A distanza di tempo la verità venne a galla e fece di questa una delle pagine più tristi riguardo alla critica video ludica. Cinque anni dopo fu confermato ufficialmente che il motivo del licenziamento furono delle pressioni del publisher a causa di una recensione che avrebbe potuto ridurre gli introiti per l’uscita del titolo in questione, anche se le responsabilità furono adeguatamente rimescolate tra publisher ed esecutivi a diversi livelli della catena di potere di GameSpot (gli sviluppatori, IO Interactive, non furono comunque mai coinvolti), indicando altri casi simili per titoli di Sony, lasciando effettivamente l’amaro in bocca per tutta la questione56.

Un caso come questo, fa capire come il positivo contenuto artistico e le possibilità narrative dentro al gaming in generale, soffrano molto il suo risvolto economico e che anche questo possa minare molto il valore intrinseco dei videogiochi che hanno l’immenso ed innegabile potenziale di essere la sintesi giusta di arte e tecnologia, veicolo di narrazioni potenti e davvero efficaci.

55

Articolo del novembre 2007 da un blog che racconta ciò che successe a Gerstmann a poca distanza dai fatti: http://legendarygamersoapbox.blogspot.it/2007/11/kane-lynch-gamespot- scandal.html

56

Articolo del 2012 dalla nota testata di gaming culture “Kotaku” che fa una retrospettiva sul caso-Gerstmann: http://kotaku.com/5893785/yes-a-games-writer-was-fired-over-review-scores

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