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Il concetto della trasformazione e le Story Maps

“CONDIVIDERE LA PROPRIA STORIA”

7. Colonna sonora: ovviamente, la musica resta un elemento importante per

2.5 Il concetto della trasformazione e le Story Maps

Ohler usa un modo colorato ma anche accurato per esprimere la natura narrativa del concetto di trasformazione, la definisce: “un cambiamento

sotto steroidi”, sottolineando che non è la grandezza del cambiamento a

determinare una trasformazione significativa, è la profondità e la risonanza che definisce quando un cambiamento è così fondamentale da determinare una trasformazione dentro di noi.

La trasformazione è un procedimento narrativo che ogni storia possiede come punto di demarcazione, come giro di boa. L’abbiamo giustamente definita un adattamento di atteggiamento, e questo adattamento è necessario quando – mettendo in collegamento la prima e la seconda delle tre macrosezioni di una storia – viene mostrato il cosiddetto “difetto dell’eroe”. Quel difetto, quell’imperfezione è una caratteristica che deve cambiare se vuole riuscire a vincere nella sua lotta, completare la sua ricerca, ottenere il risultato.

Per comprendere la natura positiva ed il legame con la crescita personale della trasformazione, citiamo con Ohler le tassonomie dei processi cognitivi di Bloom42, che ci serviranno per capire in che modo nella narrazione un personaggio si evolve rendendo le sue fatiche universalistiche e concedendoci di identificarci in lui e saper narrare ed insegnare a narrare storie che abbiano un significato davvero formativo.

Ohler ci ricorda che queste tassonomie erano state sviluppate per classificare i modi in cui noi impariamo, ma che sono utili per classificare anche i modi in cui cambiamo: essenzialmente Bloom ha sviluppato una gerarchia della

trasformazione.

42

Bloom B.S., “Taxonomy of educational objectives”,”Book 1: The cognitive domain”, Longman, New York (NY), 1964.

I livelli di cambiamento indicati per i personaggi di una storia sono identificati coi seguenti:

• fisico/cinestesico (un cambiamento sul piano fisico);

• forza interiore (superamento di un limite, di una debolezza);

• emotivo; morale (sviluppo di una coscienza prima sopita o assente); • psicologico (intuizioni, scoperte personali);

• sociale (accettazione di nuove responsabilità nei confronti di gruppi di individui);

• intellettuale/creativo (acquisizione di nuove capacità nel superamento di un ostacolo);

• spirituale (risveglio interiore che fa cambiare prospettiva su tutto).

Noi ci limiteremmo al termine “classificazione di cambiamenti”, perché i cambiamenti nei personaggi sono sì collegati uno all’altro, ma il termine “gerarchia” suggerisce che essi siano presentati in un ordine di importanza, quando invece possono avvenire cambiamenti ugualmente importanti a molti livelli diversi senza che la diversità implichi una differenza sostanziale di valore, in più i cambiamenti possono avvenire anche su più di un livello contemporaneamente.

Bloom parla anche di categorie di trasformazione cognitiva, che rendono ancora più esplicito il concetto di crescita attraverso la trasformazione e sono di sei tipi diversi:

• conoscenza (acquisizione di una nozione);

• comprensione (interpretazione corretta o previsione);

• applicazione (costruzione di qualcosa, applicazione di conoscenze); • analisi (confronto e distinzione di elementi, decostruzione di un

problema);

• sintesi (combinazione di elementi per capire nuove verità);

• valutazione (il personaggio valuta una situazione, critica/prende una posizione).

Giunti ora all’aspetto delle trasformazioni cognitive, Bloom ragiona anche sui procedimenti emotivi messi in atto da queste trasformazioni, e ci presenta anche una tassonomia delle trasformazioni affettive:

• ricezione fenomeni (ascolto rispettoso degli altri);

• risposta a fenomeni (partecipazione nelle soluzioni, coinvolgimento in lavoro di squadra);

• valorizzazione (dimostrazione del personaggio di credere in un sistema di valori e di dare valore anche alle differenze);

• organizzazione (stabilire priorità tra i valori del sistema di riferimento, fare scelte difficili, risoluzione di conflitti, bilanciare libertà personale e necessità stringenti del sistema valoriale);

• interiorizzazione di valori (acquisizione di una posizione morale ben definita, non solo in relazione agli altri ma in prima persona).

Farsi un’idea precisa dei tipi di trasformazioni che possono operare su un personaggio in una narrazione, su quali strati psicologici una storia vada a toccare e come essi interagiscano con eventi più mondani, concetti meno astratti, ci consente di capire il tipo di movimento narrativo che vogliamo anche riuscire ad insegnare.

L’obbiettivo dovrebbe essere far prendere coscienza del fatto che una narrazione non è solo lo spostamento da un punto A ad un punto B, ma piuttosto un viaggio del Sé che si può muovere contemporaneamente su più piani dell’esistenza.

Ragionare su come una trasformazione fisica (es. una commutazione di luogo), un’interazione tra personaggi (un confronto inaspettato) o un cambiamento interiore sostanziale (affrontare una situazione negativa senza avere i mezzi per superarla), può essere utile per far capire la forza rappresentativa di una storia e come più di un significato possa essere comunicato usando le trasformazioni come punti di transizione tra un’immagine che si vuole comunicare ed una successiva, dando un valore formativo alle componenti della nostra storia.

Per comprendere questo tipo di movimento Ohler fa uso dell’utile metafora della “mappa” definendo delle vere e proprie mappe delle storie, cercando di

dare forme grafiche ed identificare ancora una volta degli standard narrativi che possano essere insegnati per comprendere il potenziale della narrazione. La prima story map che ci presenta è quella definita da Aristotele, niente meno, che nella sua “Poetica”, già ci presentava gli elementi basilari di una buona storia.

La forma basilare è quella di una montagna, che rappresenta contemporaneamente il viaggio del protagonista ed anche la difficoltà della trasformazione: il pinnacolo di questa montagna, costituito da conflitto e risoluzione è identificato con un nodo da sciogliere, e la trasformazione è dovuta ad un rivolgimento della sorte alla cima della montagna.

Figura 3. La story map di Aristotele

La story map di Campbell ha invece una forma circolare, e rispecchia la visione dell’autore per cui tutti i tipi di bisogni sociali, emotivi e psicologici nelle storie, miti e leggende dei popoli rispondono universalmente ad uno schema a cerchio.

Questo è lo schema di una storia senza una fine e del ritorno a casa: la fine del viaggio corrisponde al ripristino della situazione di partenza, ma portando con sé i cambiamenti che si sono attraversati, per ricominciare a vivere in un mondo che solo esteriormente è uguale a quello di partenza, ed invece è diverso perché sono i personaggi ad essere diversi.

Figura 4. La story map dell’Eroe-dai-Mille-Volti di Campbell

Ciò che Ohler nel suo testo chiama “Visual Portrait of a Story (VPS)” altro non è che la sua personale story map. Rappresenta due diverse vette, due punti di crisi narrativa, invece che una sola, ovvero la presentazione del problema e la soluzione e, tra le due, posiziona la crescita come risposta ad un

ineliminabile conflitto, il motore della trasformazione.

È una rappresentazione utile perché articola in modo molto intuitivo le tre parti principali di una storia, di seguito ne diamo, come per gli altri due, una

trasposizione sintetica ed interpretazione in italiano.

Ohler fa una mappatura molto più completa e variegata dei possibili approcci alla struttura di una trama, esistono strutture più complesse ma ricondurre tutte le possibilità a queste rappresentazioni di mappe narrative, ci può dare un punto di vista utile per trarre alcune conclusioni.

La narrazione è un mezzo comunicativo dalla grande forza universalizzante ed ogni storia condivide certi punti-chiave, almeno, quelle che hanno davvero qualcosa di utile da raccontare.

Conoscere le regole fondamentali della costruzione di una trama è la chiave per la costruzione di percorsi formativi basati sull’espressione del Sé che siano davvero efficaci.

Spronare gli alunni delle scuole ad esprimersi attraverso una storia è possibile solo una volta che avranno chiari nella mente i concetti ed i motori principali che una narrazione veicola, o almeno – in estrema sintesi – del fondamentale concetto della trasformazione, che è il motivo stesso per cui una storia viene narrata: raccontare un percorso di cambiamento ci aiuta a codificare i valori che sono importanti per noi, attraverso percorsi conoscitivi che vadano da una situazione dove è necessario applicare le proprie capacità per risolvere un problema, ed una maturazione che ci consenta di costruire soluzioni, per arrivare ad essere persone migliori.