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ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLO SVILUPPO EDILIZIO DI LEINÍ

5. IL CASO DI LEINI'

5.6 ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLO SVILUPPO EDILIZIO DI LEINÍ

L'amministrazione di Leinì dal dopoguerra e per molti anni a seguire non è riuscita a dotarsi di uno strumento urbanistico generale, similmente sono state molte le amministrazioni dell'area del Canavse che hanno vissuto una situazione simile. «Ancora nei primi anni '90, in uno studio sulle possibilità di riconversione del sistema economico-produttivo canavesano, Arnaldo Bagnasco poneva al centro delle sue riflessioni la questione della regolazione e sottolineava quanto fosse indispensabile “porsi in modo più deciso il problema di come immaginare l'organizzazione spaziale del Piemonte Nord-ovest lasciandola meno all'azione di forze spontanee” [Bagnasco 1990: 18]» (Sciarrone, Donatiello e Moiso 2014: 184).

Leinì, bisogna ricordarlo, figurava anche tra le 23 municipalità202 incluse nel progetto di «Piano

Regolatore Intercomunale Torinese» che si sarebbe dovuto occupare dell'organizzazione dell'area metropolitana di Torino203; uno strumento di pianificazione e regolazione del territorio, avviato nel

202 I Comuni, inseriti dal Piano Regolatore Intercomunale Torinese, nella prima cintura metropolitana erano: Alpignano, Baldissero, Beinasco, Borgaro, Cambiano, Caselle, Chieri, Collegno, Druento, Grugliasco, Leinì, Moncalieri, Nichelino, Orbassano, Pecetto, Pianezza, Pino Torinese, Rivalta, Rivoli, San Mauro Torinese, Settimo Torinese, Trofarello e Venaria Reale.

203 Tra gli anni '50 e gli anni '60, il problema più urgente per la città di Torino era stato riuscire a gestire la massiccia immigrazione proveniente dal Sud e da altre parti d'Italia. Nel periodo 51 – 65 la popolazione torinese era aumentata del 54% e, nei comuni limitrofi la situazione era ben peggiore. All'inizio degli anni '60 venne promossa la costituzione di un consorzio destinato a facilitare la requisizione di aree di edilizia popolare tra i 23 comuni della periferia e il capoluogo, cogliendo almeno nelle intenzioni le opportunità aperte nel 1962 dalla “Legge Ripamonti”. Il provvedimento prevedeva, nel caso di comuni minori limitrofi al capoluogo, l'opportunità di formare un consorzio per la stesura di un unico «Piano regolatore intercomunale». L'impostazione data al progetto, presentato sotto l'etichetta della “grande Torino”, si scontrò immediatamente con la difesa delle autonomie locali, condotta dalle forze politiche dell'opposizione del tempo che, seppur disposte ad appoggiare la nascita del consorzio, temevano che attraverso tale

1954 ed adottato dal Consiglio comunale di Torino nel 1964, ma mai reso operativo perché ancora in attesa di analoga adozione dalla maggior parte dei Comuni inclusi nel Piano stesso. Una riflessione di questo tipo conduce a considerare le dinamiche - sociali e territoriali - che hanno investito il Comune di Leinì, non esclusivamente convergenti verso i processi intervenuti nell'area del Canavese204; la città, infatti, è in una posizione di cerniera tra Torino e l'area canavesana.

Dunque, per questo motivo, se si vuole formulare alcune considerazioni sul tema dello sviluppo edilizio avvenuto nel Comune oggetto di questa analisi – elemento da più parti considerato come uno di quelli che più di altri avrebbe favorito le attenzioni dei gruppi mafiosi già localizzati tra Torino ed il Canavese – vanno certamente presi in esame dati che permettano una lettura binaria. D'altro canto la stessa Commissione di indagine aveva sottolineato che, in un territorio connotato da una forte percentuale di residenti di origine calabrese, inserito in un contesto provinciale più vasto in cui la presenza della 'ndrangheta era fortemente radicata e dove si era deciso di operare un imponente sviluppo edilizio, poteva essere alto il rischio che soggetti politici - per acquisire e consolidare il proprio potere – potessero scendere a compromessi con ambienti legati alla criminalità (Prefettura di Torino 2012).

Il confronto dei dati ricavati dall'ISTAT dimostra, riguardo “l'imponente sviluppo edilizio” di Leinì, una situazione in parte diversa; per questo territorio, infatti, non è del tutto corretto parlare di un “boom” edilizio grazie al quale, secondo molti, le mafie sarebbero riuscite a crescere e prosperare, anche se non localizzate direttamente in questo Comune ma comunque qui operanti. Ad esempio, se confrontiamo il numero di edifici residenziali costruiti a Leinì con quello di alcuni Comuni del Canavese205: Chivasso, Cirié, Cuorgné, San Giusto Canavese, Volpiano, Rivarolo Canavese, San

Maurizio Canavese, l'immagine che si ottiene non riflette un territorio segnato da una espansione edilizia imponente, o almeno, si potrebbe parlare di un territorio con dinamiche edilizie tutto sommato in linea con il contesto di riferimento. Su otto Enti presi in esame Leinì si posiziona solo al quinto posto, con 2.127 edifici realizzati in totale al 2011206; dunque in posizione più bassa

rispetto a Chivasso, Cirié, Volpiano e Cuorgné.

organismo si volesse far passare una modifica dei confini comunali a tutto svantaggio dei comuni minori. Il progetto del «piano regolatore intercomunale» fu ripreso con nuovo vigore nel 1965 e avrebbe costituito il tentativo più organico compiuto dall'amministrazione torinese per coordinare lo sviluppo caotico e senza regole che aveva sino ad allora caratterizzatola crescita dell'area metropolitana; ma anche questo secondo tentativo era comunque destinato a fallire. La politica delle singole amministrazioni portò infatti ad attriti e a insanabili conflitti di interesse (Castagnoli 1995).

204 Il rapporto di Leinì con l'area del Canavese è parte integrante del contributo «La 'ndrangheta in Piemonte. Affari e politica nel Canavese» pubblicato nel volume «Mafie del Nord» (2014: 175-215); gli obiettivi primari di quella pubblicazione sono differenti da quelli che hanno guidato questo lavoro di ricerca.

205 In quattro di questi, a Chivasso, a Volpiano, a San Giusto Canavese e a Cuorgné sono state segnalate altrettante locali di 'ndrangheta (Sciarrone, Donatiello e Moiso 2014).

206 A Chivasso risultano in totale 3.833 edifici, a Cirié 2.774, a Volpiano 2.404, a Cuorgné 2.275, a San Maurizio Canavese 1.839, a Rivarolo Canavese 1.686 e a San Giusto Canavese 1.029 (ISTAT 2011).

Fig.9 Dati ISTAT (inizio '900 - 2011) sulla produzione di edifici residenziali nei Comuni di Leinì, Cirié, Chivasso, Cuorgnè, Rivarolo Canavese, San Giusto Canavese, San Maurizio Canavese e Volpiano.

Similmente, se confrontiamo lo stesso dato con alcuni centri della prima “cintura” metropolitana Nord torinese: Settimo torinese, Caselle torinese, Borgaro torinese, San Mauro torinese, Venaria Reale, Druento e Collegno; Leinì si posiziona al quarto posto: sotto Collegno, Settimo torinese e San Mauro207, anche in questo caso, dunque, in linea con le dinamiche del territorio circostante.

Fig.10 Dati ISTAT (inizio '900 - 2011) sulla produzione di edifici residenziali nei Comuni di Leinì, Borgaro torinese, Caselle torinese, Collegno, Druento, San Mauro torinese e Settimo torinese e Venaria reale.

Ad ogni modo un elevato picco nella produzione edilizia avviene a Leinì tra il 1971 ed il 1980, con 622 edifici residenziali costruiti in appena dieci anni, il numero maggiore sia in rapporto con il gruppo dei centri del Canavese e sia con il gruppo dell'area metropolitana torinese: in quel decennio nessun Comune edifica come Leinì. Dunque se si vuol parlare di un periodo di “boom edilizio”, si deve per forza guardare indietro a più di dieci anni prima dell'affermarsi di Nevio Coral. 207 A Settimo torinese in totale risultano 761 edifici residenziali, 1.903 a Caselle torinese, 2.240 a San Mauro torinese, 4.343 a Settimo torinese, 1.546 a Venaria Reale, 1.156 a Druento e 4.412 a Collegno (ISTAT 2011).

Fig.11 Licenze edilizie rilasciate a Leinì dal 1990 al 2008 (Ufficio tecnico Comune di Leinì).

Il periodo in cui Nevio Coral ha governato Leinì è stato interpretato, a posteriori e da molti osservatori - con particolare riguardo verso l'attività edilizia – come un momento di “corsa al cemento”. Coral avrebbe permesso a Leinì di ripartire dopo un lungo sonno edilizio, caratterizzando il suo mandato con una sostanziale assenza di inibizioni rispetto, ad esempio, al numero di licenze edilizie concesse. Dunque, potrebbe essere di qualche interesse riuscire ad avere una lettura - seppur parziale - di tali aspetti, tentando di analizzare le licenze edilizie rilasciate dall'amministrazione comunale in rapporto agli eventi accaduti. È stato possibile risalire a questo dato per un lasso di tempo abbastanza consistente e comprensivo dell'intero periodo di governo di Nevio Coral. Dati alla mano, dunque, è possibile sostenere che certamente quello presieduto da Coral non sia stato un “periodo morto” per l'attività edilizia locale ma, e si nota chiaramente, anche in questo lasso di tempo si sono vissuti intervalli di segno positivo e negativo. Nel grafico si nota subito una brusca caduta, nel periodo appena precedente al governo Coral, dal 1991 al 1993, probabile conseguenza dello scandalo che spazzò via buona parte della Giunta comunale, accaduto proprio in quegli anni nel merito della formulazione dello strumento urbanistico. Una successiva forte crescita nel primo - seppur breve - mandato di Coral, dal 1994 al 1995, un ribasso di licenze in concomitanza con il periodo in cui decade la prima amministrazione Coral e, subito dopo, una costante crescita per quattro anni consecutivi - dal 1997 al 2000 – momento in cui viene, tra le altre cose, costituita la «Provana Spa» (1998), fino all'entrata in vigore del PRGC (2000). Subito dopo questo momento le licenze rilasciate subiranno un decremento consistente per poi - appena un anno dopo - toccare l'apice con 206 permessi concessi, dal 2002 il numero di licenze diminuisce in maniera costante fino alla fine del secondo mandato Coral208.

208 Non è stato possibile risalire ai nominativi delle imprese che, nel tempo, hanno ottenuto questi permessi, sarebbe stato utile per cercare di comprendere se e quanto le imprese, poi sospettate di essere in odor di mafia, effettivamente hanno operato sul territorio di Leinì.