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IL COMMISSARIAMENTO PER MAFIA E ALCUNE CONSIDERAZIONI

4. IL CASO DI BRESCELLO

4.2 IL COMMISSARIAMENTO PER MAFIA E ALCUNE CONSIDERAZIONI

Brescello, piccolo Comune di circa 6.000 abitanti è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica nel febbraio 2016, conseguentemente alle dimissioni presentate dall'allora Sindaco il 30 gennaio dello stesso anno. Qualche mese più tardi l'Ente viene anche commissariato per infiltrazioni mafiose: la notizia ha avuto notevole risonanza mediatica, sia perché Brescello è stato il primo Ente locale della regione Emilia Romagna ad essere commissariato per mafia, sia per il peso delle dichiarazioni rilasciate dal Sindaco su un esponente di una nota famiglia mafiosa106

residente nel suo Comune107.

Parlare di criminalità organizzata nell'area di Reggio Emilia significa, soprattutto, confrontarsi con uno dei gruppi riconducibili alla mafia calabrese108 che, con trent'anni di ininterrotta attività, può

ormai considerarsi una presenza «tradizionale»: con riflessi sulla vita economica, sociale e politica (Mete 2014; dalla Chiesa 2016). In particolare, secondo la Prefettura, alcuni esponenti della famiglia Grande Aracri109 sarebbero riusciti - grazie all'iniziale atteggiamento inconsapevole

dell'ambiente politico locale – ad assoggettare pezzi dell'Ente al proprio volere. Viceversa il Comune, nei confronti dei soggetti appartenenti alla cosca, sarebbe rimasto ingiustificatamente inerme (abusi edilizi, concessioni, assunzioni e varianti al PRG)» (Prefettura di Reggio Emilia 2016). A questo bisogna aggiungere la contiguità di interessi politici tra l'amministrazione comunale e soggetti riconducibili al gruppo mafioso; alcuni dei quali hanno svolto ruoli attivi dentro l'Ente; dalle indagini svolte dalla Prefettura, sembra si tratti almeno di due consiglieri comunali: uno membro della Commissione permanente urbanistica, un altro di quella “affari generali ed istituzionali” (Prefettura di Reggio Emilia 2016). Le esternazioni pubbliche fatte dal Sindaco, dunque, hanno provocato dure polemiche: sia interne all'amministrazione, con la presentazione di una mozione di sfiducia in Consiglio comunale, respinta il 29 settembre 2014, e sia nell'opinione pubblica con l'avvio di un ampio dibattito mediatico, consolidatosi in una manifestazione pubblica a cui presero parte anche diversi soggetti ritenuti vicini alla locale cosca (Prefettura di Reggio Emilia 2016).

Nonostante tutto questo, dalla lettura del materiale a disposizione, in particolare della sintesi della relazione conclusiva depositata dalla Commissione d'accesso redatta dal prefetto, emergono alcuni passaggi controversi. Il primo riguarda la considerazione della Commissione d'accesso del contesto locale di Brescello composto, secondo quanto scrive l'organismo deputato all'indagine, da un corpo civile sostanzialmente sano, “stravolto” dall'arrivo di un confinato per mafia: Antonio Dragone110. Per la Commissione Brescello è da considerarsi «[...] il tipico paese della bassa

106 Il riferimento va all'intervista rilasciata dall'allora Sindaco Marcello Coffrini ad alcuni giovani di una associazione antimafia reggiana. https://www.youtube.com/watch?time_continue=9&v=QYXt277d6dY

107 Dalla relazione del Prefetto di Reggio Emilia, «la presenza della criminalità organizzata sul territorio, l'attribuzione da parte del Comune di lavori a ditte poi risultate destinatarie di provvedimenti prefettizi interdittivi, le minacce perpetrate ai danni di alcuni amministratori comunali, nonché la continuità nel governo dell'ente da parte di alcuni amministratori eletti nelle ultime consiliature, sono stati i segnali di allarme che hanno indotto [...], nel giugno 2015, a disporre una mirata attività di accesso [...]» (Prefettura di Reggio Emilia 2016).

108 Si rimanda al contributo di Vittorio Mete (2014).

109 La presenza della cosca Grande Aracri – Nicoscia, nell'area reggiana, risale agli inizi degli anni '80 e, come osservava il Comando provinciale CC di Reggio Emilia, avevano interessi economici nell'edilizia, nella gestione di locali notturni, nel traffico di droga, nelle estorsioni. Molti appartenenti erano titolari di imprese operanti nella costruzioni di immobili ad uso abitativo e nel movimento terra, e propri le attività edili rappresentavano il principale interesse formalmente lecito, con una gestione degli affari esercitata secondo i classici metodi mafiosi di intimidazione e tentativi di controllo di altre ditte per accaparrarsi i numerosi appalti esistenti in Emilia (DNA 2010).

110 Bisogna sottolineare che, in realtà, Antonio Dragone non viene mandato in soggiorno obbligato a Brescello bensì a Quattro Castella (Mete 2014).

emiliana, terra, tradizionalmente, di gente semplice ma leale e di forte spirito solidaristico. […] dove a seguito del provvedimento di “soggiorno obbligato” a Reggio Emilia a carico dell'allora capo cosca della 'ndrangheta cutrese ...omississ.111 […] si è registrata una ininterrotta “importazione” sul

territorio di soggetti al medesimo contigui, [...]» (Prefettura di Reggio Emilia 2016). Sembra, dunque, prendere forma la fuorviante «metafora del contagio» (Sciarrone 2009; 2014) secondo la quale si potrebbe considerare la diffusione della mafia una conseguenza inattesa di fatti demografici, come l'immigrazione di meridionali o il “soggiorno obbligato”. In modo opposto, invece, in diverse situazioni di infiltrazione mafiosa riscontrate al Centro-Nord, i gruppi criminali riescono ad ottenere un certo consenso a livello locale, il tessuto economico-sociale si rivela tutt'altro che sano ed il sistema politico appare facilmente permeabile (Sciarrone 2014). Inoltre è stato ampiamente dimostrato che «il soggiorno obbligato non può essere considerato una causa determinante dei processi di espansione mafiosa, al più esso può essere stato un fattore che in combinazione con altri ha potuto creare condizioni favorevoli per il loro sviluppo e, soprattutto, il loro consolidamento» (Sciarrone 2014: 20).

In aggiunta, grazie all'analisi condotta da Vittorio Mete proprio sul caso della mafia nel territorio preso in considerazione, è possibile contestualizzare meglio la vicenda di Antonio Dragone; «sebbene al soggiorno obbligato di Dragone sia comunemente imputata l'origine della presenza criminale cutrese nel reggiano, almeno sette o otto anni prima alcuni criminali dello stesso gruppo erano stati inviati al soggiorno obbligato a Rubiera, 15 chilometri da Reggio Emilia e 25 da Quattro Castella» (Mete 2014: 270). E ancora, «indipendentemente dai provvedimenti di soggiorno obbligato, già qualche anno prima dell'arrivo di Dragone in Emilia erano attivi nel Reggiano altri criminali di origine cutrese, dapprima nel campo delle estorsioni, poi in quello del traffico di stupefacenti» (Mete 2014: 270-271). Dunque, si può affermare che «Dragone è inviato al soggiorno obbligato in un contesto che, direttamente o indirettamente, conosce già abbastanza bene e nel quale ci sono (state) presenza criminali a lui strettamente legate» (Mete 2014: 271). Insieme a questa vicenda, per spiegare la diffusione della mafia in Emilia Romagna, l'analisi della Commissione d'accesso sottolinea l'importanza dei consistenti flussi migratori partiti dalla Calabria, specificatamente dalla zona di Cutro, che hanno portato «a partire dagli anni '80 dello scorso secolo al radicamento di una numerosissima comunità calabrese (si calcolano attualmente circa 1.700 cittadini originari della Calabria su una popolazione di circa 5.500 abitanti)», i quali avrebbero obiettivamente modificato la composizione sociale di Brescello oltre che, con l'evolversi dei tempi, gli usi, le abitudini e gli stili di vita» (Prefettura di Reggio Emilia 2016).

Eppure, grazie ai dati forniti dal Comune è stato possibile risalire all'effettivo numero dei residenti nati nella regione Calabria e di quelli di origine calabrese nati però in regioni diverse dalla Calabria: a settembre 2014 erano presenti a Brescello 119 nuclei famigliari di origine calabrese, per un totale di 391 soggetti (Comune di Brescello 2017), donne, uomini, maggiorenni e minorenni, il 6,91% della popolazione totale che, in quel periodo, si attestava a 5.655 unità. Mentre, in una rilevazione fatta successivamente, il 15 maggio del 2016, risultavano residenti a Brescello 497 individui nati in Calabria o semplicemente originari della regione. Di conseguenza è possibile affermare che, nonostante la popolazione di origine calabrese a Brescello rappresenti un gruppo abbastanza significativo, nella sintesi della relazione prefettizia viene riportata una errata sovrastima della presenza di cittadini provenienti da quella Regione. Questo anche rispetto alla popolazione totale del paese e, quindi, dell'ipotetico “peso elettorale” che questa comunità avrebbe potuto effettivamente esercitare nelle elezioni locali.

4.3 TRASFERIMENTO DI VOLUMETRIA RESIDENZIALE IN VIA PIRANDELLO: LA VARIANTE