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Per ottenere risultati concretamente utili, un’indagine in materia risulta favorita se non si limiti ad un’analisi del diritto positivo, ma tenga nel dovuto conto gli insegnamenti dell’esperienza storica.

Esulerebbe, però, dalla natura e dagli scopi del presente studio, la cui attenzione è essenzialmente rivolta all’odierno processo penale ed alle sue ormai ben note riforme164, un

esame dettagliato dei procedimenti contemplati dai più remoti ordinamenti per risolvere i problemi connessi alla mancata presenza dell’imputato nel processo165.

Del resto, proprio con particolare riguardo all’istituto più importante tra quelli gravitanti nell’orbita del discorso cui è dedicata questa ricerca, appare ormai senza dubbio superata la fase storica nella quale la contumacia e l’assenza dell’imputato si trovavano ad essere regolate con la pena del “disprezzo del giudice”, la confisca e la tortura166.

CARO, A., Processo in absentia e sospensione. Una primissima lettura della legge n. 67 del 2014, in

<www.archiviopenale.it>, p. 2 e NEGRI,D., Il processo nei confronti dell’imputato “assente”, cit., p. 200/201,

esplicito nel paventare che «il proclamato tramonto della figura del contumace si riduc[e] al solo profilo nominale; nel sostituirgli quella dell’assente, resa più prestabile dalla qualificazione neutra».

160 UBERTIS,G., “Truffa delle etichette” nel processo penale, cit., in Cass. Pen., 2015, p. 93 s. 161 Ancora NEGRI,D., Il processo nei confronti dell’imputato “assente”, cit., p. 201.

162 Cfr. § 1 del capitolo IV infra.

163 Cfr. capitolo III infra e § 1 del capitolo I supra.

164 Ci si riferisce, in particolare, alla legge n. 67 del 2014 e, da ultimo, alla legge n. 103 del 2017, sulle quali,

come si è già avuto occasione di ricordare, si ritornerà ampiamente infra.

165 Pertanto, si passeranno soltanto brevemente in rassegna i principi vigenti sia nel diritto romano (ove, come

è noto, vigeva il divieto di erogare pene forti agli assenti e si considerava l’assenza come mera situazione di fatto che eventualmente poteva evolversi in una situazione di diritto), sia nell’ordinamento penale medioevale della Chiesa (che identificava la contumacia con la prova della colpevolezza e con il sospetto). Indicazioni storiche e comparatistiche sono reperibili nelle monografie specificamente dedicate all’argomento da BORTOLOTTO,G., La

contumacia, cit.; MOSCARINI,P., La contumacia dell’imputato, cit.; PANSINI,G., La contumacia nel diritto, cit.;

UBERTIS,G.,Dibattimento senza imputato, cit. NEGRI,D., L’imputato, cit. Cfr. inoltre nota n. 166.

166 Come si ricorderà, per il diritto comune romano, se, dopo le citazioni di rito (tre, ma anche due secondo

alcuni statuti: Perugia 1279; Spoleto 1347), l’accusato restasse assente, non era possibile emanare una sentenza di condanna: questo secondo tanto il diritto penale quanto il diritto canonico. Neanche si poteva ricevere le deposizioni dei testimoni. Invero, il diritto romano prevedeva che i beni di colui che non rispondesse alla chiamata nel termine previsto fossero confiscati. Se l’assente si presentasse entro un anno, era ammesso a difendersi e, se

Per verificare, quindi, la fecondità di tale dimensione dell’indagine, il presente studio procederà, dapprima, con l’inquadramento storico-sistematico dell’istituto della contumacia, partendo con l’analisi del codice di procedura penale del 1865 e illustrandone la relativa disciplina. Il lavoro continuerà, poi, con un analogo esame del codice di rito del 1913, del 1930, del 1988 e successive modificazioni, avendo così definitivamente conseguito la conoscenza delle premesse storiche della legislazione attuale.

Di quest’ultima verrà offerta una esposizione critico-ricostruttiva, con particolare focus sull’insoddisfacente riforma del rito contumaciale attuata con la legge numero 67 del 2014 e, da ultimo, con la legge numero 103 del 2017167 in materia di rescissione del giudicato ex art.

629-bis.

Dopo la disamina delle tendenze dottrinali e degli orientamenti ricavabili dall’evoluzione dei rapporti inter-ordinamentali riguardo al diritto di presenza dell’imputato nel giudizio che lo riguarda, e aver compreso i difetti della vigente disciplina, sarà possibile allora, individuare i lineamenti del necessario adeguamento della normativa italiana in materia, al fine,

venisse assolto, i beni gli erano restituiti. Se si presentasse dopo un anno, i beni rimanevano invece al fisco. V. CUCCURU, A., Profili storici della contumacia nel diritto processuale penale: dal diritto romano al “caso Sejdovic”, in Dir. Pen. e Proc., 2005, 5, p. 644/655.

Tuttavia, nel medioevo in Italia, la consuetudine era ben diversa e così pure differente è il regime degli statuti. Contro il contumace, infatti, il giudice poteva emettere immediatamente una sentenza di bando con alternativa di condanna (nel caso il bandito fosse catturato o trovato entro i confini) in relazione al reato di cui era accusato, senza bisogno di ulteriori indizi: la contumacia equivaleva infatti ad una confessione presunta. Non era necessario che il giudice disponesse di prove effettive della colpevolezza dell’inquisito. Gli effetti del bando erano gravissimi: (a) perdita della capacità processuale; (b) perdita della capacità di ricoprire incarichi pubblici; (c) perdita del diritto all’integrità fisica e financo della vita (nel diritto milanese e lombardo: 
solo se il delitto è punito con pena capitale) o all’integrità dei suoi beni; (d) confisca dei beni (solo per determinati reati: nel diritto milanese e lombardo è prevista per il crimine di lesa maestà, la ribellione, l’omicidio, la falsa moneta).

Questa condanna, in base ad alcuni statuti cittadini, poteva essere definitiva e quindi, oltre che inappellabile, immediatamente esecutiva e perciò da eseguirsi, non appena il bandito era catturato (quando perviene in fortia

communis), senza che gli fossero concesse le difese (autorizzando, anzi, la sua tortura, per scoprire i complici o

altri delitti da lui commessi). V. CIVOLI,C., Della contumacia nel giudizio penale, in Riv. Pen., 1892, vol. XXXVI,

p. 107 s.

Per altri statuti la condanna era revocabile: se il bandito veniva catturato o si costituiva, iniziava un nuovo procedimento che poteva portare all’assoluzione o alla condanna definitiva: così, ad esempio, se il reato era punito con pena non di sangue, avveniva a Milano, secondo gli statuti trecenteschi, e poi in altre città lombarde che seguivano questo modello.

Il bando fu un provvedimento caratteristico del processo penale anche per tutta l’età moderna. Con il suo rifiuto a comparire in giudizio, colui che era citato si poneva fuori dalla comunità, in uno stato di inimicizia, alla stregua di un nemico.

Gli statuti, inoltre, miravano a fare il vuoto intorno al bandito, punendo qualsiasi comportamento di favoreggiamento. Erano ipotesi delittuose che non mancavano mai: era punito chi prestasse aiuto o consiglio ai banditi, chi li accogliesse nella propria casa, veniva financo punita la comunità che offrisse ricetto ai banditi, tollerando che in essi dimorassero o soggiornassero (conversatio). Si comandava inoltre agli abitanti dei borghi e dei villaggi di adoperarsi affinché i banditi fossero consegnati alla giustizia. V. ZENO, R.,Il procedimento di bando e forgiudico nel regno di Napoli e Sicilia, in Riv. Pen., 1910, v. LXXII, p. 5 s. e BORTOLOTTO,G., La contumacia nel giudizio penale, Roma, Tipografia della camera dei deputati, 1924, p. 11 s.

167 Cfr. D’ANGELO,N.;DI TULIO DELISIIS,A., Riforma penale – Guida commentata alla legge 103/2017,

da un lato, di renderla consona alla Costituzione e agli impegni assunti in sede sovranazionale, e dall’altro, di fornire nuovi suggerimenti, idonei al superamento dei problemi che ancora suscita l’applicazione del codice vigente sull’argomento.

Le considerazioni fin qui svolte permettono, a questo punto, di affermare che, soprattutto in tempi come questi di spazio giuridico europeo, sistema multilivello dei diritti e comunitarizzazione dei principi e dei processi, il miglior approccio metodologico per avvicinarsi a questo tipo di ricerca sembra essere quello che includa non solo un’attenta analisi dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, ma anche un accurato studio del diritto comparato. Del diritto di ieri e di oggi, di quello nostro e di quello degli altri, perché, anche nel diritto, spesso è necessario guardare indietro per capire “come sono fatte le cose” per poi proseguire.