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Segue: il rito contumaciale: a) requisiti per il suo instaurarsi.

P REMESSE STORICO SISTEMATICHE

LA CONTUMACIA DELL’IMPUTATO DAGLI ORDINAMENTI DELL’ITALIA LIBERALE ALLE SCELTE DEL CODICE ROCCO

1. La contumacia dell’imputato nel codice di procedura penale del 1865.

1.4. Segue: il rito contumaciale: a) requisiti per il suo instaurarsi.

Affrontando ora espressamente il procedimento contumaciale, sembra quasi superfluo chiarire che lo stesso era riservato, dal codice di procedura penale del 1865, ai soli imputati liberi. Per il detenuto, secondo quanto si è già avuto occasione di esporre, era prevista una particolare disciplina, in conseguenza della quale, anche per la puntuale comunicazione del verbale relativo a ciascuna udienza e per la presenza dibattimentale del difensore, si riteneva che egli fosse «moralmente presente al giudizio che a suo carico si dibatteva»180.

Inoltre, pare utile ricordare che i presupposti per procedersi a giudizio contumaciale, comunque desunti dalle disposizioni del codice del 1865181, venivano individuati, oltre che

nella mancata comparizione dell’imputato (e, nei casi consentiti, anche del suo rappresentante secondo quanto stabilito all’art. 271), nella regolarità della citazione e della sua notifica182 e

nella mancata allegazione di un legittimo impedimento a presentarsi.

1.4.1 Segue: b) in prima istanza e in appello.

Per espressa disposizione dell’art. 388 comma 1, il giudizio contumaciale avanti al tribunale avveniva nelle stesse forme di quello svolgentesi in pretura. Per tale motivo, nel presente paragrafo si tratterà insieme dei due procedimenti, avvertendosi solo, come indicazione dell’unica differenza tra le due procedure, che le modalità di notifica all’imputato della sentenza contumaciale183 erano «più rigorose per quella emessa dal tribunale rispetto a

quella pronunciata dal pretore».

179 BORSARI,G.;CASORATI,L., Codice di procedura penale italiano, v. IV, cit., p. 192. 180 BORSARI,G.;CASORATI,L., Codice di procedura penale italiano, v. VII, cit., p. 26.

181 Esegeticamente infatti si discuteva se le disposizioni più precisamente destinate a delineare i suddetti

presupposti fossero, più in generale, quelle ex artt. 272 e 279 o, più esattamente, quelle di cui all’art. 347 per la pretura ed all’art. 388 per il tribunale, tenendo anche in considerazione il combinato disposto degli artt. 279, 347 e 388.

182 BORSARI,G.;CASORATI,L., Codice di procedura penale italiano, v. IV, cit., p. 229 e v. VII, cit., p. 33/34,

68/69; MANZINI, V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 665/666, 670 e 672; CIVOLI, C., Della contumacia nel giudizio, cit., p. 135/136.

183 Sul punto, che per essere sufficientemente esaurienti costringerebbe ad un troppo lungo e (ai nostri fini)

inutile excursus sul sistema delle notificazioni del codice di procedura penale del 1865, v., per una breve sintesi: UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 24 s., da dove è tratta la citazione successiva nel testo.

Allora, davanti al tribunale ed al pretore, una volta accertata l’esistenza dei requisiti indicati nel precedente paragrafo, doveva procedersi in contumacia dell’imputato.

Una volta instaurato il giudizio contumaciale, non poteva intervenire al dibattimento alcun difensore dell’imputato né in primo grado né in grado di appello (artt. 347 e 368 comma 1)184. Inoltre, nonostante il giudice fosse tenuto a valutare anche gli elementi favorevoli al

contumace eventualmente emergenti dal processo185, era fatto divieto di «sentirsi i testimoni o

i periti, o riceversi le istanze o i documenti, che venissero presentati a nome dell’imputato»186.

Tuttavia, la mancata presenza dell’imputato in sede di appello non implicava la presunzione di rinuncia al gravame: il magistrato d’appello perciò aveva comunque l’obbligo di esaminare i motivi dell’impugnazione e di pronunciarsi nel merito187.

Una lacuna era rappresentata dalla mancata disciplina dell’ipotesi di comparizione tardiva del contumace. Si poneva allora la questione se ed a quali condizioni l’imputato contumace dovesse essere ammesso a partecipare al giudizio nei propri confronti188.

Generalmente, si riconosceva la possibilità di ammettere a tale comparizione «l’effetto di garantire il contraddittorio nel prosieguo del giudizio, concedendosi conseguentemente l’intervento del difensore dell’imputato, soprattutto per motivi di equità»189. Si diceva tuttavia

che l’imputato dovesse accettare il dibattimento nello stato in cui era, «senza avere diritto ad essere informato di quanto avvenuto in sua assenza»190.

1.4.2. Segue: c) in corte d’assise.

Considerata la gravità dei delitti di competenza della corte d’assise, il codice del 1985 disciplinava in un capo a parte del titolo III del libro secondo la procedura contumaciale avanti

184 In realtà, la mancanza del difensore era stabilita espressamente solo per l’appello contro le sentenze dei

pretori (art. 368 comma 1) ma generalmente si riteneva che la stessa conseguenza si avesse anche in appello avverso le sentenze del tribunale (v. MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 737/738).

185 UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 25/26.

186 Così, l’art. 348 comma 1 del codice di procedura penale del 1865. 187 UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 26.

188 In termini più specifici di questi v. CIVOLI,C., Della contumacia nel giudizio, cit., p. 133, secondo cui, per

evitare una disparità di trattamento con la parte civile, che poteva costituirsi «in qualunque stato della causa, prima però che [fosse] terminato il dibattimento, e non vi [sarebbe stata] più ammessa nel giudizio di appello» (art.110 comma 2) si dovesse rispondere affermativamente al quesito. Diversamente, MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 665, riconosceva al giudice «la facoltà, nell’assenza di un espresso divieto di legge, di

regolarsi nel modo che crede[sse] più equo, quando ciò non turb[asse] eccessivamente l’ordine del procedimento in corso».

189 UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 27. 190 Ancora UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 27.

a tale organo giudicante, stabilendo particolari modalità anche per la chiamata in causa del reo.

L’imputato non comparso davanti il presidente della corte, poiché latitante191 o evaso o

a piede libero, doveva essere intimato a presentarsi nel termine di dieci giorni192, attraverso

l’ordinanza presidenziale di ingiunzione di cui all’art. 524, contenente le indicazioni di cui all’art. 525 e notificata nelle forme stabilite dall’art. 527193: il tutto a pena di nullità, secondo

quanto stabilito espressamente dall’art. 528. Decorso inutilmente tale termine, si procedeva al giudizio contumaciale, nel quale non poteva intervenire alcun difensore per il contumace (art. 529 comma 2); quest’ultimo poteva, per mezzo di procuratore speciale o amici o parenti (art. 531), fare presentare soltanto «l’atto di sua nascita o altro documento equivalente, per comprovare la sua minore età» (art. 529 comma 3)194 e richiedere una proroga del termine

stabilito nell’ordinanza.

Decorsi inutilmente tali termini, spettava al cancelliere redigere il relativo verbale, da comunicarsi al pubblico ministero (art. 532).

La corte si riuniva il giorno fissato per il procedimento «in pubblica udienza senza intervento di giurati» (art. 536), in un processo che per sua struttura non rispettava i principi né dell’oralità né del contraddittorio195.

Ad ogni modo, il processo si articolava in due fasi. La prima, pubblica, era di fatto destinata alla verifica dell’osservanza delle formalità prescritte per la procedura in contumacia, ivi compreso l’eventuale esame sulla minore età dell’accusato e sulla legittimità del suo impedimento a comparire, concludendosi, pertanto, o con l’annullamento degli atti invalidi e l’ordine della loro rinnovazione o con il differimento del giudizio o con la formale dichiarazione di contumacia (art. 537). La seconda, per disposizione contrastante sia con i principi di pubblicità e di oralità del dibattimento196, sia con la stessa procedura contumaciale prevista in

pretura, in tribunale ed in corte d’appello, si svolgeva in camera di consiglio, alla presenza del pubblico ministero ma non dell’eventuale parte civile; essa era dedicata alla lettura dei verbali, dei documenti e delle deposizioni scritte dei testimoni; successivamente, la corte deliberava sul

191 Cfr. BARONE,L., Il processo in assenza e le notifiche al latitante detenuto all’estero, in Cass. Pen. – Supplemento, 2015, 4, p. 172 s.

192 Cfr. MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 673. 193 V. MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 672. 194 V. inoltre UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 30.

195 Informazioni più dettagliate si trovano anche in UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 30 s. 196 In questa stessa direzione UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 30 s.

merito della causa e pronunciava a sentenza (art. 538), che doveva essere notificata con le forme e nel termine, peraltro ordinatorio197, di quindici giorni (art. 539).

1.4.3. Segue: la purgazione della contumacia.

Il codice del 1865 prevedeva a favore del contumace condannato ad una pena criminale e presentatosi volontariamente o costituito in carcere o pervenuto in potere della giustizia anteriormente alla prescrizione della pena198 (art. 543 comma 1), un particolare «rimedio cui

l’orribile gergo giudiziario ha assegnato il nome pretesco o farmaceutico di ‘purgazione’ […]. Esso era disposto nel pubblico interesse di assicurare la coscienza sociale e di tranquillizzare il senso collettivo di giustizia in rapporto alle condanne contumaciali più gravi»199.

Peraltro, con la purgazione della contumacia si conservavano gli effetti della sentenza di rinvio e dell’atto di accusa200, ma con essa si considerava non avvenuta la sentenza

contumaciale, procedendosi dunque ad un nuovo giudizio nelle forme ordinarie avanti alla corte d’assise, con l’intervento dei giurati.

1.4.4. Segue: l’opposizione contumaciale.

Se il procedimento in contumacia aveva la funzione di consentire comunque l’esplicazione giurisdizionale penale contro chi non comparisse in dibattimento, era però sempre concesso al condannato il diritto di chiedere una verifica nel merito della decisione resa in contumacia, al fine di potersi difendere personalmente e di fare valere le proprie ragioni.

Si trattava, cioè, di un istituto di chiusura del sistema e pertanto era consentito il rimedio della opposizione contro le sentenze contumaciali di condanna emesse in primo grado e non altrimenti riesaminabili. L’unica condizione era che, per le decisioni del pretore (art. 349 comma 1) e del tribunale (art. 389 comma 1), non fosse ammesso l’appello e, per quelle della corte d’assise, fossero state irrogate «pene solamente correzionali o di polizia» (art. 545 comma 1), per le quali, non era prevista la possibilità di purgazione.

197 MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 676. 198 CIVOLI,C., Della contumacia nel giudizio, cit., p. 122.

199 MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 752.

A differenza di quest’ultima, per procedersi al nuovo giudizio non era necessaria un’espressa manifestazione di volontà del contumace, anche se, poi, una volta presentato l’atto di opposizione, non era ammissibile alcuna discussione nel merito.