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La contumacia del reo nel codice di procedura penale del 1913.

P REMESSE STORICO SISTEMATICHE

LA CONTUMACIA DELL’IMPUTATO DAGLI ORDINAMENTI DELL’ITALIA LIBERALE ALLE SCELTE DEL CODICE ROCCO

2. La contumacia del reo nel codice di procedura penale del 1913.

La necessità di pervenire alla riforma del codice di procedura penale del 1865 fu avvertita, ancora prima che questo entrasse in vigore, dallo stesso ministro Cortese nella relazione al re del 26 novembre 1865, con la quale presentava alla firma il decreto (promulgato poi con il R.D. numero 2598 del 26 novembre 1865) attraverso cui si rendeva uniforme in tutto il regno il procedimento penale.

L’illustrazione delle principali modifiche rispetto al codice precedente, infatti, si concludeva con il riconoscere come anche la compilazione del nuovo «codice non possa sottrarsi al giudizio che molti voti della scienza siano rimasti insoddisfatti»; ciò, però, veniva giustificato con il «notare che il mandato del governo non si spingeva fino alla completa redazione di legge nuova, sicché gli intenti pratici dovevano essere considerati come i più urgenti in questa occasione»201.

Per quanto concerne più specificamente la materia oggetto del presente lavoro, essa richiedeva che fossero colmate le lacune e risolte almeno le incertezze applicative più gravi poste in luce nel paragrafo precedente, specie con riferimento al rito contumaciale, e sul quale ci si concentrerà in questa sede, data la maggiore rilevanza tanto dogmatica quanto pratica, ad una più chiara sistemazione dell’intera normativa.

D’altro canto, vi erano numerosi fautori di un nuovo approccio risolutivo al problema aperto dalla contumacia dell’imputato, i quali reputavano ormai giunto il momento di abbandonare una costruzione del giudizio contumaciale legata alla previsione di limitazioni delle garanzie difensive e dei poteri probatori dell’imputato. E tra questi, si dividevano a loro interno due grandi correnti.

La prima di esse, seguendo in un certo senso l’evoluzione dell’istituto contumaciale in Francia ed in Italia, propugnava una sostanziale equiparazione nei diritti processuali tra imputato contumace e imputato presente. Il procedimento contumaciale dunque si sarebbe dovuto svolgere in contraddittorio garantendosi l’intervento del difensore dell’accusato non comparso202 e «l’esperimento della difesa in tutta la sua ampiezza»203, la corte d’assise avrebbe

dovuto giudicare sempre con l’intervento dei giurati204, si sarebbero dovute eliminare

l’opposizione e la purgazione della contumacia, togliendosi quindi «la anomalia di un cittadino

201 Le citazioni riportate nel testo sono tratte dalla RELAZIONA MINISTERIALE AL RE SUL CODICE DI PROCEDURA PENALE, in AQUARONE,A., L’unificazione legislativa dei codici del 1865, Milano, Giuffrè, 1904, p. 473.

202 MANZINI,V., Manuale di procedura penale italiana, cit., p. 394. 203 CIVOLI,C., Della contumacia nel giudizio, cit., p. 131.

che viene giudicato senza difesa e di una sentenza che, per disposizione della stessa legge, è destinata a non avere mai efficacia ove se ne eccettuino alcune conseguenze accessorie»205.

Il secondo indirizzo, che più risolutamente recedeva i legami con il codice di procedura penale francese, si ispirava con maggiore coraggio, alla disciplina germanica della contumacia, secondo la quale «non s’istituiscono, per regola generale, giudizi contumaciale», procedendosi solo a «raccogliere le prove, affinché non abbiano ad andar disperse»206. La proposta era già

allora quella di sospendere207, almeno in determinati casi, il procedimento penale affinché non

fosse possibile ottenere la presenza processuale dell’imputato. Quindi, a tutela degli interessi privati, si sarebbe lasciato libero corso in sede civile all’azione risarcitoria.

2.1. Segue: a) il giudizio contumaciale.

Riguardo ai presupposti per la dichiarazione di contumacia, l’art. 471 del codice di procedura penale del 1913 procedette sia a dei chiarimenti sia a delle innovazioni vere e proprie rispetto al passato.

Nella prima direzione operò tanto la specificazione relativa all’impossibilità a comparire, che si chiese che fosse causata da un «legittimo o grave impedimento»208, quanto la

statuizione espressa che l’obbligo di sospensione209 o rinvio del dibattimento in tale ipotesi

concerneva pure l’imputato detenuto.

Nel secondo ambito di interventi si collocò la previsione di un ulteriore caso di divieto di prosecuzione del giudizio, attinente al reo infermo di mente e incapace di provvedere alla propria difesa210, applicandosi esplicitamente tale norma anche all’imputato detenuto. Stando

così le cose, quest’ultimo non poteva mai essere dichiarato contumace.

Rispetto alle forme conseguenti al giudizio, l’art. 473 comma 1 non solo impediva alla difesa di «presentare prove a discolpa», ma vietava anche al giudice di disporre d’ufficio l’assunzione di testimonianze relative a nuove circostanze emergenti durante il dibattimento, arrecando così un evidente pregiudizio alla difesa del contumace. In tale modo, era necessario

205 BORSARI,G.;CASORATI,L., Codice di procedura penale italiano, v. VII, cit., p. 36. 206 CIVOLI,C., Della contumacia nel giudizio, cit., p. 116.

207 Cfr. DI MASI,V., Dal contumace all’assente: il processo si sospende, Annali 2014 – anno II, reperibile in

<www.annalidipartimentojonico.org>, 31.12.2014.

208 MANZINI,V., Trattato di diritto processuale penale italiano, VI ed. aggiornata da CONSO,G. E PISAPIA,G.,

D., v. IV, Torino, Unione tipografico, 1972, p. 370.

209 Cfr. BONINI,V., La revoca del procedimento di sospensione: presupposti e cadenze, in Legisl. Pen., 2014,

4, p. 592 s.

confidare negli strumenti ermeneutici apprestati dagli interpreti al fine di aggirare l’ostacolo normativo e di favorire l’introduzione in dibattimento di prove vantaggiose per la posizione dell’imputato. Tuttavia, come è facile intuire, si era di fronte ad un forte sospetto di legittimità costituzionale.

Una novità invece interessante ed opportuna fu rappresentata dalla esplicita disciplina della cosiddetta comparizione tardiva211, cui fu dedicato l’intero articolo 474 del codice di

procedura penale del 1913. Secondo tale disposizione, il presidente del tribunale o della corte d’appello o il pretore erano tenuti ad informare sommariamente il giudicabile di quanto avvenuto in sua assenza212, nonché ad invitarlo a discolparsi (art. 474 comma 1). Qualora la

comparizione fosse avvenuta prima dell’inizio delle arringhe conclusive, l’imputato, sulla base dell’art. 474 comma 2, era abilitato a «presentare documenti e indicare altre prove a sua difesa. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e le altre parti presenti, [poteva] valersi rispetto alla prova testimoniale e alla perizia delle facoltà disposte nell’art. 400»213, restando quindi la loro

ammissione nell’ambito del potere discrezionale del magistrato. Se però, l’imputato tardivamente comparso avesse dimostrato l’impossibilità di presentarsi prima, godeva della titolarità per «chiedere la restituzione nel termine (disciplinata dagli artt. 126-127 c.p.p.) ed il conseguente differimento del giudizio»214.

Diversamente, in corte d’assise, perché si doveva tenere conto della diversa composizione del collegio giudicante, costituito dal presidente e da dieci giurati nel giudizio ordinario e dal presidente e due assessori nel giudizio contumaciale, non si applicavano le stesse norme sulla comparizione tardiva215. L’art. 474 comma 3 pertanto disponeva che «la

comparizione dell’imputato contumace […] purché avvenga prima della chiusura del dibattimento, determina la rinnovazione di questo nelle forme ordinarie», sebbene non necessariamente un rinvio a nuovo ruolo, essendo sufficiente un «differimento al giorno successivo»216.

Qualora invece il giudizio si svolgesse nei confronti di altri coimputati presenti, si applicavano le regole stabilite nei già citati commi 1 e 2 dell’art. 474, alle condizioni che il contumace fosse comparso volontariamente, fosse assistito da un difensore di fiducia e non chiedesse la sospensione o il rinvio del dibattimento (art. 474 comma 4).

211 V. supra § 1 di questo capitolo.

212 Cfr. per esempio BORTOLOTTO,G., La contumacia, cit., p. 262/263. 213 UBERTIS,G., Dibattimento, cit., p. 60/61.

214 BORTOLOTTO,G., La contumacia, cit., p. 264/265.

215 Cfr. MANZINI,V., Trattato di diritto processuale penale, cit., p. 387. 216 BORTOLOTTO,G., La contumacia, cit., p. 267.

2.2. Segue: b) purgazione ed opposizione contumaciale.

Anche il codice del 1913 prevedeva gli istituti della purgazione e della opposizione contumaciale.

Riguardo alla prima, si può affermare che la il giudizio di purgazione veniva celebrato

ex novo, senza alcuna limitazione derivante dall’anteriore procedimento contumaciale217.

L’ultimo comma dell’art. 475, poi, sanciva espressamente il divieto di doppia contumacia, riconoscendo peraltro al «condannato presentatosi volontariamente, e non arrestato» la possibilità di giustificare «uno dei motivi indicati nell’art. 471» per la sua mancata comparizione. Altrimenti, la corte, senza intervento dei giurati, avrebbe ordinato «l’esecuzione della condanna, con sentenza soggetta solamente a ricorso per cassazione»218

Se la sentenza contumaciale fosse inappellabile e non purgabile, era mantenuta per il condannato, entro tre giorni dalla sua notifica (art. 130 comma 1), la possibilità di farvi opposizione (art. 497), riguardo alla quale si dibatteva se sussistesse l’onere della presentazione dei motivi219.

E poiché il codice nulla disponeva a riguardo, si riteneva che l’opponente comparso al nuovo giudizio non sarebbe mai potuto essere condannato alle spese cagionate dalla contumacia220.

3. Il rilievo assunto dal codice Rocco in materia di contumacia e la scomparsa