Storia politica tardo visigota ed asturleonese (672-999)
1. Alfonso IV il Monaco (926-931)
Figlio di Ordoño II, Alfonso IV fu titolare di un breve regno caratterizzato, nei suoi ultimi mesi di permanenza sul trono, da crescenti lotte intestine per il controllo della corona, al pari di quanto già accaduto prima della sua stessa ascesa.
Inizialmente, il suo dominio dovette essere circoscritto ad un’area molto più ridotta rispetto all’effettiva estensione del reame, con le Asturie ancora sotto il controllo di Alfonso Froilaz ed i fratelli Sancho e Ramiro assestatisi rispettivamente in Galizia ed in Portogallo: di Ramiro riparleremo tra poco, mentre Ordoño morì probabilmente già nel 929, restando così tagliato fuori dai futuri scontri interni tra i due superstiti.
Sampiro parla di questo sovrano molto brevemente, e quasi soltanto attraverso la narrazione degli eventi che ne portarono alla caduta; di come
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giunse invece ad assumere la dignità regale, invece, non viene detto nulla se non che adeptus est sceptra paterna589.
Nel 931, dopo aver ceduto il regno al fratello Ramiro, che all’epoca si trovava a Viseu (probabilmente centro dei suoi domini portoghesi)590, si ritirò a Sahagún (monastero posto a metà strada tra Palencia e León lungo il Camino di Santiago, strettamente legato alla monarchia leonese per gran parte della sua storia) fatto che gli valse l’attributo di el Monje, “il Monaco”. Né Sampiro né le fonti a cristiane a lui successive (e men che meno quelle musulmane) parlano di tale decisione come di un’imposizione al sovrano, ma i fatti seguenti, narrati dagli stessi testi appena menzionati, contraddicono la visione dell’abdicazione volontaria di Alfonso IV, il cui ritorno è difficile motivare come frutto di un ripensamento591.
Mentre Ramiro si trovava a Zamora, infatti, ebbe notizia del tentativo di restaurazione del regno da parte del fratello; tornato indietro rapidamente, cinse d’assedio León (che, dunque, dovette essere rimasta fedele al suo avversario), ed una volta ripresala fece prigioniero Alfonso592.
Nello stesso periodo si è supposto un tentativo di creazione, da parte dei figli di Fruela II, di un reame autonomo tra i monti delle Asturie, soffocato da Ramiro sul nascere con l’accecamento di ognuno di loro (Alfonso Froilaz, Ordoño e Ramiro) e del suddetto Alfonso IV593, del quale, da questo punto in avanti, si perdono le tracce sul piano cronistico. La Chronica Naierense menziona il matrimonio con Onega, figlia di Sancho II Garcés Abarca, re di
589
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), cit., p. 320. 590
Chronica Naierense, cit., II, 51. 591
Lo stesso RISCO 1792, cit., p. 188 esprime perplessità a riguardo, ma senza tentare di darvi una spiegazione.
592
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), cit., p. 321. 593
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Pamplona594, dal quale nacque probabilmente (la questione è ancora, in base al poco affermato a questo proposito dalle cronache, avvolta dal mistero) il futuro Ordoño IV; secondo Risco, la regina morì nel 931, ed il suo corpo venne traslato presso San Julián del Ruiforco595, dove poco dopo venne sepolto anche Alfonso, rinchiusovi sino alla fine dei suoi giorni (che, a quanto pare, non furono molti in seguito alla detronizzazione definitiva ad opera di Ramiro II)596.
Sul piano dell’amministrazione interna, è degna di nota la presenza di alcuni documenti, attualmente conservati presso l’Archivio della Cattedrale leonese, che menzionano Alfonso IV come regnante al tempo: è il caso ad esempio di una donazione del 12 maggio 929597 e di un diploma, datato 29 gennaio 931, nel quale lo stesso sovrano stabilì i confini dell’abitato di Manzaneda dopo che gli abitanti di quest’ultima località, assieme a quelli della limitrofa Garrafe, ebbero accusato i monaci del vicino monastero di San Julián de Ruiforco (che, come abbiamo appena visto, parrebbe essere stato legato al monarca) di essersi impadroniti di alcune terre appartenenti ai popolani598; la riapparizione del vescovo Frunimio nelle sottoscrizioni del tempo potrebbe inoltre significare la sua riabilitazione ad opera dello stesso re, dopo che Fruela II ne aveva sancito l’allontanamento599.
594
Chronica Naierense, cit., II, 51. 595
Il monastero, oggi scomparso, si trovava sulle sponde del fiume Torío, a sedici chilometri da León; Risco ne fa risalire la fondazione ai tempi di Alfonso III, per mano di un certo Rumforco (la cui forma corrotta del nome, Ruiforco, sarebbe poi rimasta ad indicarne la località) menzionando la diceria secondo la quale fu lo stesso Ramiro II a crearlo per darvi asilo al fratello; eventualità che però viene smentita, come vedremo, dalla stessa documentazione (cfr. RISCO 1792, pp. 189-190).
596
RISCO 1792, cit., p. 193: su cuerpo se cree fue trasladado á San Julián de Ruiforco, donde fue también enterrado el del Rey su marido, que vivió muy poco tiempo, después de su inclusión en este monasterio. 597
G. DEL SER QUIJANO, Documentación de la catedral de León (siglos IX-X), Salamanca, 1981, n. 71. 598
Id., n. 74. 599
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Il suo regno durò secondo Sampiro sette anni e sette mesi600.
2. Ramiro II (931-951)
Ramiro II fu, sin dai primi mesi seguenti al suo ritorno definitivo sul trono, un sovrano impegnato su di un duplice fronte, politico e militare, allo scopo di mantenere (ed eventualmente espandere) le frontiere meridionali del proprio reame sia attraverso la ripopolazione della regione attorno al fiume Duero, sia con una mirata azione di disturbo interna ad al-Andalus, fomentando qualsiasi fazione separatista o di dissenso formatasi nei confronti del potere centrale di Cordova601.
I due centri più utili in questo senso furono senz’altro Toledo e Saragozza: la prima città venne soccorsa invano dalle truppe leonesi nel suo tentativo di ribellione ad Abd al-Rahman III, che ne provocò l’assedio (durato dal 930 al 932) prima della caduta nelle mani del califfo602; l’odierna capitale aragonese, retta all’epoca da Muhammad ibn Hashim603, fu invece aiutata da Ramiro tra il 934 ed il 937, a tal punto da indurre i Cordovesi a chiedere una tregua al re cristiano, misura che venne peraltro respinta. La sollevazione venne tuttavia soffocata definitivamente dall’intervento diretto dell’esercito califfale604. Un altro ribelle, assestatosi nella città portoghese di Santarém, venne peraltro assistito dai Leonesi sino alla sua eliminazione, ad opera dei lealisti musulmani, nel gennaio del 939: fu l’ultima intrusione cristiana negli affari
600
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), cit., p. 322. 601
COLLINS 1999, cit., p. 676. 602
Ibid. 603
Sampiro chiama il capo della sedizione di Saragozza Abohahia; IBN HAYYAN, al-Muqtabis V, cit., pp. 283- 285, afferma: nel Ramadan di quell’anno [ossia tra il 23 luglio ed il 21 agosto del 936], il tiranno Ramiro, che sia maledetto da Dio, figlio di Ordoño signore di Yilliqiyya [nome arabo con cui si designava l’area soggetta ai re di León], violò la pace correndo in aiuto del ribelle Muhammad bin Hashim, signore di Saragozza (traduzione dal castigliano dell’Autore).
604
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interni ad al-Andalus che Abd al-Rahman III poté tollerare, nonché la causa scatenante di una massiccia offensiva occorsa nell’estate dello stesso anno, la quale portò, nella parole di Roger Collins, to one of the relatively few large-
scale battles between the two parties605, combattutasi a Simancas, sulle rive del fiume Pisuerga, l’8 agosto, registrata anche dagli Annales Castellani
Recentiores606.
Lo scontro ebbe un esito ritenuto sorprendente dallo studioso britannico: il califfo e la sua armata vennero infatti duramente sconfitti607, e la tenda e la copia personale del Corano del regnante vennero catturate dalle schiere di Ramiro II, salvo poi essere restituite, assieme allo stesso Muhammad ibn Hashim, che nel frattempo era tornato leale ad Abd al-Rahman III, in occasione di una pace siglata nell’ottobre del 941608. Fu probabilmente lo scontro di Simancas a spingere le due parti alla tregua, ed il suo effetto nell’animo del sovrano musulmano fu talmente forte da dissuaderlo, a quanto sembra, dal condurre personalmente il proprio esercito in azione per il resto dei suoi giorni.
Sampiro, prima di Simancas, menziona altre due sortite del re leonese verso sud: una ai danni della fortezza di Madrid (Mayrit), all’epoca semplice piazzaforte parte della cintura difensiva di Toledo, le cui mura vennero abbattute, ed una, unitasi al seguito di Fernando González nei pressi di Osma,
605
Id., p. 677. 606
Annales Castellani Recentiores, cit., p. 216. 607
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), cit., pp. 226-227, afferma che l’esercito di Ramiro insegu¡ l’armata musulmana in rotta sino ad una località chiamata Alhandega, dove i superstiti vennero massacrati delle schiere cristiane. Solo Abd al-Rahman riuscì a scappare, gravemente ferito. IBN HAYYAN, al-Muqtabis V, cit., pp. 323-327, riporta la versione della battaglia dapprima secondo al-Razi, ed in seguito a sua detta.
608
COLLINS 1999, cit., p. 677; IBN HAYYAN, al-Muqtabis V, cit., pp. 344-345; alle pp. 356-357 si parla invece del recupero della copia del Corano appartenente al califfo.
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che ebbe come esito una grande vittoria e la presa di numerosi prigionieri609; gli Annales Castellani Recentiores menzionano inoltre, per quegli anni, il ripopolamento di Sedpublica (940) per mano di Fernando González610.
Pare tuttavia, a detta di Ibn Hayyan, che Ramiro avesse rotto poco dopo il patto del 941 compiendo alcune scorrerie in territorio musulmano, ma si potrebbe essere trattato di iniziative prese in maniera indipendente dai conti delle aree di frontiera del Regno di León al puro scopo di ricavarne bottino611. Sampiro menziona, verso la fine della sua relazione concernente il regno di Ramiro, il ripopolamento di Salamanca, Ledesma, Ripas, Baños, Albandegua
et alia plurima castella, quod longum esset prenotare612, ed un tentativo di rovesciamento progettato da Fernando González e Diego Muñoz conte di Saldaña, per il quale i due cospiratori vennero catturati, l’uno a León e l’altro a Gordón, ed imprigionati; senonchè, multo quidem tempore transacto,
iuramento regi dato exierunt de ergastulo613 ed Urraca, figlia di Fernando, venne persino data in sposa ad Ordoño, figlio di Ramiro, come vedremo nelle prossime pagine.
Gli eventi narrati dal quinto libro dell’al-Muqtabis si chiudono con il 942, creando così un ampio vuoto sugli avvenimenti successivi a causa della perdita completa del volume che ne proseguiva il discorso: solo grazie a Sampiro, sappiamo come nel 950 ebbe luogo un vittorioso raid ai danni di Talavera, nel quale vennero, sempre secondo il Chronicon del prelato asturicense, uccisi dodicimila uomini, mentre settemila furono i prigionieri; dopo tale sortita, ci viene detto come il re si fosse recato ad Oviedo ove, ammalatosi gravemente, decise di fare ritorno nella capitale e ricevere la
609
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), p. 323. 610
Gli Annales Castellani Antiquiores (cit., p. 208) datano l’avvenimento al 946. 611
COLLINS 1999, cit., p. 677; IBN HAYYAN, al-Muqtabis V, cit., pp. 363-364. 612
SAMPIRO, Chronicon (Sil.), cit., p. 327. 613
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penitenza614,fatto che come abbiamo visto nel caso di Wamba presupponeva la cessazione delle prerogative regie.
La sua rinuncia al trono ebbe luogo probabilmente il 5 gennaio del 951 nel monastero di San Salvador de Palat del Rey, da lui stesso fatto costruire, a fianco del suo palazzo, per la figlia Elvira (assieme a due ulteriori cenobi, intitolati rispettivamente a San Andrés e San Cristobal615) con le parole, riprese da Sampiro: Nudus egressus sum de utero matris mee, nudus reperta
illuc. Dominus adiutor meus, non timebo quid faciat michi homo616.
Secondo il vescovo di Astorga, il suo regno durò diciannove anni, due mesi e venticinque giorni617.