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Lo studio delle alterazioni cognitive nelle sindromi psichiatriche era di primario interesse già ai tempi di Kraepelin e Bleuler (Cutting, 1985). La psicopatologia classica, nell’interpretazione della malattia mentale, si è evoluta proprio con una particolare attenzione verso le anomalie delle funzioni cognitive. Con il tempo, però, si è affermata la convinzione di poter distinguere, con diagnosi differenziali, disturbi “organici” e disturbi “funzionali”, ovvero di origine psicogena (Anselmetti, Cavallaro e Cappa in Bianchi, 2008). Spesso la valutazione neuropsicologica in ambito psichiatrico è stata sostenuta da questo approccio sostanzialmente dualistico. La situazione ha conosciuto una rivoluzione negli ultimi vent’anni. Nel mondo scientifico, si è rafforzata l’esigenza di superare definitivamente il dualismo mente-corpo, alla luce delle evidenze ottenute dagli studi di brain imaging e grazie al rinnovato interesse della psicologia per l’interpretazione delle anomalie cognitive come fondanti

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la malattia mentale. La collaborazione tra le due impostazioni ha prodotto l’approccio neurocognitivo, citato precedentemente, che sancisce la coessenza tra mente e cervello. Esemplare è la frase della filosofa Patricia Churchland: “ogni stato o processo mentale è uno stato o processo del sistema nervoso, […] ma quello psicologico è un livello di spiegazione autonomo” (Churchland, 1988, in David e Cutting, 1994, pag. 270). Come ho detto, il tentativo di spiegare le caratteristiche delle malattie mentali tramite le alterazioni peculiari delle funzioni cognitive è un approccio estremamente vantaggioso, irrinunciabile nella prospettiva di una riabilitazione cognitiva della malattia mentale. Questa ha mostrato risultati molto incoraggianti, soprattutto nella schizofrenia: è il caso della Cognitive Remediation

Therapy (CRT) (Wykes e Reeder, 2005).

Prenderò in considerazione le singole funzioni cognitive, passando in rassegna gli studi su di esse nell’ambito della schizofrenia, nel tentativo di interpretare il loro ruolo nella determinazione dei sintomi schizofrenici.

L’attenzione

Lo studio dell’attenzione nella schizofrenia è stato a lungo relegato in secondo piano. Le alterazioni dell’attenzione sono state considerate secondarie alle altre manifestazioni dai tempi di Kraepelin e Bleuler fino agli albori della psicologia cognitiva. Lo psicologo Donald Broadbent, alla fine degli anni 1950, elaborò un modello che ispirò molti altri ricercatori a ricercare nell’attenzione la disfunzione principale della schizofrenia. Si tratta del Modello del filtro dell‟attenzione (Broadbent, 1958). In questo modello fu introdotto il concetto di filtro, un meccanismo di controllo predisposto a scartare l’informazione ambientale irrilevante, a fronte della capacità limitata dei canali attentivi biologici (Broadbent, 1958). Molti psicologi furono attratti dall’idea che nella schizofrenia vi sia un primario disturbo dell’attenzione (Cutting, 1985), considerando sintomi comuni che ne denotano un’alterazione. Questi sono le difficoltà di concentrare l’attenzione, in termini di attenzione sostenuta e attenzione divisa, la distraibilità e la perseverazione (Cutting, 1985). Molte condizioni patologiche sono associate agli stessi disturbi dell’attenzione, coerentemente con l’ipotesi della natura neurocognitiva della schizofrenia. Freedman e Chapman (1973) condussero una serie di studi in cui chiedevano a soggetti schizofrenici di redigere testimonianze autobiografiche sulle loro esperienze soggettive. In un tentativo di codifica di queste esperienze, gli autori videro che molte di queste riguardavano un

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disturbo dell’attenzione: l’affaticamento mentale, l’incapacità di concentrare l’attenzione e una percezione uditiva più acuta. Un’alterazione dell’attenzione sembra essere tipica dello stadio iniziale delle malattia. McGhie e Chapman (1961) hanno condotto interviste su soggetti schizofrenici allo stadio iniziale, ottenendo vivide testimonianze di mutamenti dell’attenzione, come quelle descritte da due di questi pazienti:

“Succede che non riesco a concentrarmi sulle questioni più importanti. Mi confondo perché mi interesso di ogni minimo particolare e perdo gli aspetti salienti del quadro. Mi capita di prestare attenzione a ogni genere di inezia invece di dedicarmi alle cose che dovrei fare. Devo concentrarmi per cose semplici come camminare, andare in bicicletta e anche parlare.”

(Cutting, 1985, pag.205)

“Mi sembra che ogni cosa attiri la mia attenzione, anche se nulla mi interessa davvero. Proprio in questo momento, mentre le sto parlando, sento dei rumori vicino alla porta. Per me è difficile non tenerne conto, e questo aumenta la mia difficoltà a concentrarmi su quello che sto dicendo”

(Cutting, 1985, pag.237)

Attenzione sostenuta

Nei primi anni 1960, Shakow (1963) condusse molti studi volti ad indagare i tempi di reazione degli schizofrenici. I soggetti dovevano premere un pulsante ogni volta che sentivano suonare un campanello, mentre dovevano sollevare il dito dal pulsante quando si accendeva una lampadina. L’intervallo preparatorio, ovvero il tempo che intercorreva tra il suono del campanello e l’accensione della lampadina, veniva manipolato sperimentalmente in modo che fosse a volte regolare, a volte irregolare. Shakow scoprì che gli schizofrenici erano più lenti dei soggetti normali con intervalli preparatori sia regolari che irregolari (Cutting, 1985). Trovò poi che, come nei soggetti normali, la rapidità di risposta degli schizofrenici era maggiore con intervalli regolari se questi duravano meno di 6 secondi. Però gli schizofrenici, sorprendentemente, mostravano una rapidità maggiore di risposta agli intervalli irregolari se quelli regolari duravano più di 6 secondi, contrariamente ai soggetti normali (Cutting, 1985). Shakow interpretò questi risultati affermando che “uno schizofrenico reagisce a vecchie situazioni come se fossero nuove e a situazioni

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nuove come se fossero vecchie; risponde eccessivamente a piccoli cambiamenti e non risponde a grandi cambiamenti” (Cutting, 1985, pag.65).

Più recentemente, anche nella schizofrenia è stato usato il reattivo psicometrico più efficace per la misurazione specifica dell’attenzione sostenuta, ovvero il Continuous

Performance Task (CPT). Molti studi hanno trovato che i soggetti schizofrenici

mostrano una ridotta sensibilità agli stimoli target del CPT (Krabbendam e Jolles, 2002). Il deficit è particolarmente pronunciato quando la presentazione degli stimoli è rapida oppure quando i soggetti devono ricordare stimoli precedenti per poter rispondere correttamente a stimoli successivi (Krabbendam e Jolles, 2002). Gli schizofrenici commettono anche molti più errori rispetto ai controlli, in termini di omissioni, falsi positivi ecc. (Wykes e Reeder, 2005). Le scarse performance al CPT sono state ampiamente dimostrate, ma non c’è un consenso sul motivo per cui gli schizofrenici abbiano questa difficoltà (Krabbendam e Jolles, 2002). A tal proposito, Cohen e Servan-Schreiber (1993) hanno ipotizzato che il deficit centrale della schizofrenia consista in “un’incapacità nel mantenere nel tempo l’informazione contestuale e nell’utilizzarla per inibire le risposte inappropriate” (Krabbendam e Jolles, 2002, pag.632). Ulteriori studi con il CPT hanno suggerito l’implicazione di particolari difficoltà di codifica delle informazioni, causa di scarse performance con stimoli presentati rapidamente (Krabbendam e Jolles, 2002).

Attenzione selettiva

Già da un’osservazione comportamentale si può evincere come le persone schizofreniche siano molto facilmente distraibili. Gli studi che hanno usato il test di Stroop per la valutazione dell’attenzione selettiva degli schizofrenici hanno riportato performance generalmente più scarse rispetto ai controlli. Nel test di Stroop, l’incongruenza tra il nome del colore e il colore della parola crea un’interferenza che deve essere inibita. Questo processo è una misura della capacità di concentrare selettivamente l’attenzione. I pazienti schizofrenici presentano un’aumentata sensibilità all’interferenza, aspetto che si riflette nella maggiore distraibilità nella vita quotidiana (Henik e Salo, 2004). In particolare, l’integrità dell’attenzione selettiva è fondamentale per l’inibizione di risposte automatiche e per la capacità di ignorare stimoli irrilevanti (Ladavas e Berti, 1995). Risulta quindi opposta all’attenzione automatica, cioè quell’attenzione guidata dall’ambiente, involontaria, orientata semplicemente perché sono cambiate alcune caratteristiche degli stimoli esterni o

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perché se ne sono presentati di nuovi (Ladavas e Berti, 1995). Anche questo è coerente con le manifestazioni comportamentali degli schizofrenici, che risultano facilmente distraibili e orientati senza controllo verso stimoli irrilevanti, con una spiccata sensibilità ai rumori di fondo ecc.

Spring et al. (1989) hanno proposto che la distraibilità, nei termini di deficit di attenzione selettiva, potrebbe rappresentare un marker di vulnerabilità per la schizofrenia. Gli autori hanno confrontato le performance in compiti di attenzione selettiva tra pazienti schizofrenici ricoverati, pazienti esterni dimessi e in remissione stabile, parenti di primo grado di pazienti schizofrenici, persone con elementi schizotipici e controlli. Sia i pazienti schizofrenici che i soggetti schizotipici non psicotici mostravano infatti un numero maggiore di errori nel riconoscimento selettivo di fonemi (Spring et al., 1989).

Attenzione divisa

L’attenzione divisa può essere analizzata attraverso compiti in cui è necessario controllare contemporaneamente due stimoli concorrenti, i cosiddetti paradigmi dual-

task (Wykes e Reeder, 2005). Il test che risponde meglio a questa necessità è il Trail Making Test (TMT). In uno studio di Mahurin et al. (2006) sono state confrontate le

prestazioni al TMT di pazienti schizofrenici, pazienti depressi e controlli. È stato trovato che i pazienti schizofrenici commettevano una quantità di errori significativamente maggiore rispetto agli altri gruppi (Mahurin et al, 2006). Le prestazioni sono state poi confrontate con il rendimento ad altri test, in particolare il

Token Test. Gli errori commessi dagli schizofrenici al TMT risultavano congruenti con

gli errori al Token Test. Questo dato suggerisce un’associazione tra danneggiamento dell’attenzione divisa e della working memory uditivo-verbale e visuo-spaziale (Mahurin et al., 2006). Coerentemente, Wölwer e Gaebel (2002) hanno trovato che le scarse performance al TMT negli schizofrenici dipendono da specifici deficit di sequenziamento delle azioni e di planning strategico.

Molti studi hanno evidenziato le particolari difficoltà mostrate dai pazienti schizofrenici nell’elaborazione di stimoli contemporanei (Wykes e Reeder, 2005).

Attenzione e controllo esecutivo

Nello studio delle sue alterazioni, l’attenzione deve essere considerata come un insieme di risorse aspecifiche che permettono di indirizzare le funzioni cognitive

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volontariamente -tramite l’intervento dei sistemi di controllo esecutivo- oppure automaticamente -in risposta a stimoli ambientali- (Wykes e Reeder, 2005). Questa duplice funzionalità del sistema attenzionale è stata descritta nel Modello anatomo- funzionale dell’attenzione di Posner e Petersen (1990). Gli autori descrivono un

Sistema Attenzionale Anteriore e un Sistema Attenzionale Posteriore che

interagiscono. In particolare, il Sistema Attenzionale Anteriore è un canale attentivo che presiede al controllo esecutivo, al monitoraggio del comportamento e all’elaborazione consapevole dell’esperienza (Vallar e Papagno, 2007). Questo sistema sembra essere coordinato dall’attività della corteccia prefrontale mediale, inclusa la corteccia cingolata anteriore e la corteccia supplementare motoria (Vallar e Papagno, 2007).

L’attenzione è una funzione inscindibile dai sistemi di controllo di pertinenza delle funzioni esecutive. Pazienti cerebrolesi o con malattie neurodegenerative mostrano di norma disturbi dell’attenzione. Le condizioni patologiche in cui è implicato un danneggiamento dell’area prefrontale sono accompagnate infatti da deficit di attenzione sostenuta, selettiva e divisa. I disturbi mostrati da questi pazienti sono molto simili a quelli manifestati dagli schizofrenici, dato che suggerisce un’implicazione comune delle stesse alterazioni neurocognitive. La corteccia cingolata anteriore è specificamente responsabile dell’inibizione di stimoli irrilevanti e distraenti e dell’orientamento verso stimoli rilevanti (Orr e Weismann, 2009). In uno studio PET, è stato trovato che, nei pazienti schizofrenici, le scarse performance al test di Stroop erano associate con una ridotta attivazione metabolica del cingolo anteriore (Cameron et al., 1997). L’attenzione divisa può essere considerata come interfaccia dei sistemi esecutivo-centrali. Potrebbe riflettere la funzione del Sistema Attentivo Supervisore descritto da Norman e Shallice nel 1986, che riprenderemo in seguito (Serino e Di Santantonio, in Bianchi, 2008). Secondo Baddeley, poi, il Sistema Attentivo Supervisore e l’Esecutivo Centrale della working memory coinciderebbero. Queste ipotesi sono tutte coerenti con le compresenti alterazioni funzionali a carico del controllo esecutivo e dell’attenzione, riscontrabili nei pazienti schizofrenici e in altre condizioni.

Le funzioni esecutive

Con il termine funzioni esecutive intendiamo il generico insieme delle abilità di programmazione e controllo della cognizione e del comportamento (Vallar e

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Papagno, 2007). Le specifiche funzioni sottese da questi domini sono molteplici. Come ho già detto, il disturbo delle funzioni esecutive è l’interfaccia naturale della maggior parte delle condizioni psicopatologiche. Alla luce di una perfetta coessenza tra mente e cervello, non possiamo considerare le manifestazioni psicopatologiche indipendenti da meccanismi di programmazione e controllo della cognizione e del comportamento. Durante il periodo di tirocinio nel Laboratorio di Neuropsicologia del dott.Timpano ho maturato la consapevolezza che alla maggior parte dei pazienti che presentavano una qualche forma di psicopatologia (depressione, disturbo d’ansia, schizofrenia ecc.) veniva fatta una diagnosi neuropsicologica riguardante le funzioni esecutive (ipoefficienza esecutiva, disturbi del planning strategico ecc.). A diversi pazienti schizofrenici cronici, giunti alla clinica neuropsicologica, è stata fatta diagnosi di sindrome disesecutiva (a carico prevalentemente della corteccia dorsolaterale e del cingolo anteriore).

Le funzioni esecutive sono di pertinenza selettiva delle regioni prefrontali. Il ruolo prevalente svolto da ciascuna area frontale, nell’ambito delle specifiche abilità esecutive, costituisce una possibile suddivisione tra le funzioni esecutive, come vuole la scuola europea di Baddeley e Shallice (tripartizione della funzionalità esecutiva, mediata dalle cortecce mediale, dorsolaterale e orbitofrontale).

Corteccia mediale

La corteccia prefrontale mediale, inclusa la corteccia del cingolo anteriore, è coinvolta nel mantenimento dell’attenzione, nell’inibizione di risposte automatiche e nel controllo dell’interferenza attentiva (Vallar e Papagno, 2007). È inoltre implicata nel decision making, nella risoluzione di conflitti e nella rilevazione di errori (Grossi e Trojano, 2005). Parte della corteccia mediale include anche la corteccia prefrontale ventromediale, implicata nel riconoscimento dei marker somatici e nel controllo del comportamento (Damasio, 1994). La corteccia del cingolo anteriore è connessa al lobo limbico ed è implicata nella motivazione poiché parte del circuito motivazionale, mediato dal sistema dopaminergico (Vallar e Papagno, 2007). Abbiamo già visto come disturbi a carico della corteccia mediale siano coinvolti nei deficit attentivi riscontrabili nella schizofrenia (tramite la valutazione con CPT, test di Stroop e TMT). In prove di apprendimento motorio invertito, di tipo go no-go, gli schizofrenici mostrano prestazioni leggermente inferiori o uguali ai controlli (Woolard et al., 2010) (Nishimura et al., 2011). Nell’esecuzione di questi compiti però si registrano, nei

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pazienti schizofrenici, delle anomalie a carico del processamento neurale, come alcune asimmetrie rilevabili con i potenziali evento-correlati (Weisbrod et al., 2000) e un’anomala attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale (non presente nei controlli) (Nishimura et al., 2011).

Anomalie a carico della corteccia cingolata sembrano essere responsabili anche di altri sintomi tipicamente schizofrenici, come i quadri di apatia e anedonia pervasive che caratterizzano i quadri negativi. Roth et al. (2004) hanno trovato una riduzione del volume corticale prefrontale in pazienti schizofrenici marcatamente apatici.

Corteccia dorsolaterale

La corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) è il sostrato neurale da cui dipende l’insieme di capacità di programmazione e di controllo della cognizione e del comportamento (Vallar e Papagno, 2007). Queste includono la pianificazione delle azioni tramite l’adozione di strategie funzionali e il corretto sequenziamento dei comportamenti, il mantenimento della rappresentazione dell’obiettivo da raggiungere, le capacità di astrazione e la capacità di flessibilità cognitiva e comportamentale (opposta alla perseverazione nel compiere un’azione non appropriata e della rigidità del pensiero) che consente di attuare comportamenti adeguati a seconda del contesto ed eventualmente modificarli (Grossi e Trojano, 2005). È inoltre coinvolta nella rilevazione delle regole e degli schemi che governano le interazioni tra gli oggetti (Krabbendam e Jolles, 2002). Non meno importante è il ruolo che questa regione cerebrale riveste nel dare inizio alle azioni e nel portarle a termine al momento opportuno (Vallar e Papagno, 2007). Vi è un’implicazione specifica della DLPFC nell’esecutivo centrale della working memory, ovvero quel sistema in grado di regolare e controllare i processi cognitivi in atto, i sistemi subordinati della working memory (loop fonologico, taccuino visuospaziale e buffer episodico) (Baddeley, Eysenck e Anderson, 2009), l’attenzione selettiva, la pianificazione strategica e l’esecuzione contemporanea di due compiti (Papagno, 2010). Anche la memoria strategica, ovvero quel tipo di memoria che richiede una strategia di pianificazione per l’esecuzione di un compito di memoria (come il richiamo strategico), dipende dalla DLPFC (Papagno, 2010). La DLPFC, attraverso la working memory, è infine coinvolta in processi di controllo attenzionale sullo svolgimento di un compito tramite la modulazione dell’attività delle aree corticali posteriori (Grossi e Trojano, 2005), come la regione parietale.

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I test più celebri per la misurazione di queste capacità sono il test delle Torri di

Londra (TOL), il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) e la parte B del TMT. Negli

schizofrenici, le performance alle TOL possono essere relativamente preservate, anche se è stata registrata una tendenza a completare gli item con un numero di mosse superiore a quello minimo, e spesso con un tempo di esecuzione superiore ai range normali (Krabbendam e Jolles, 2002). Questo è indicativo di un primario disturbo della pianificazione strategica e del problem-solving. Zhu et al. (2010) hanno misurato l’attività cerebrale in soggetti schizofrenici sottoposti alle TOL, trovando una significativa riduzione dell’attività della corteccia prefrontale laterale in associazione a scarse performance al test. La particolarità era che questa riduzione è stata trovata anche in pazienti schizofrenici al loro primo episodio psicotico (Zhu et al., 2010). Anche questa anomalia potrebbe rappresentare un marker di vulnerabilità per lo sviluppo di schizofrenia. Le performance degli schizofrenici al WCST sembrano invece essere nettamente inferiori rispetto ai controlli (Krabbendam e Jolles, 2002). Le performance sembrano essere compromesse in grado variabile, con una flessione da media a grave, dato suggestivo di un impegno globale dell’intero spettro esecutivo (Timpano Sportiello, in Bianchi, 2008). Il WCST, infatti, misura in modo congiunto la flessibilità cognitiva e di adozione di strategie, le capacità astrattive e l’impiego di criteri di problem-solving sempre nuovi (Krabbendam e Jolles, 2002). Gli schizofrenici mostrano performance simili ai pazienti con lesioni dorsolaterali. Essi commettono soprattutto errori perseverativi e sono in grado di concepire pochi criteri di classificazione (Krabbendam e Jolles, 2002). Un test molto sensibile alle capacità di flessibilità cognitiva è il Brixton test , parte del più ampio Hayling-Brixton test. L’uso di questo test nella ricerca sulla schizofrenia non è molto presente, ma in uno studio di Marczewski, van der Linden e Larøi (2001) sono stati evidenziati scarsi risultati rispetto ai controlli. La globale compromissione di tutto lo spettro esecutivo nella schizofrenia si riscontra anche con l’utilizzo della Frontal Assessment Battery (FAB) e nel Test dell‟orologio. Gli studi che hanno utilizzato questi strumenti hanno riportato punteggi bassi nelle prestazioni degli schizofrenici sia alla FAB (Spyridi et al., 2007) che al test dell’orologio (Bozikas et al., 2004).

Corteccia orbitofrontale

Ha un ruolo specifico nel controllo e nella regolazione dei processi decisionali e dei comportamenti finalizzati alla gratificazione personale in situazioni con possibili

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alternative (vantaggiose o meno), tra le quali si possono ottenere gratificazioni e rinforzi (Grossi e Trojano, 2005) (Ercolani e Pasquini, 2007). L’integrità della corteccia orbitofrontale permette di inibire l’impulsività, di rimandare la gratificazione, di non avere reazioni immediate e automatiche di fronte agli stimoli, di riconoscere i marker somatici e di controllare e inibire le reazioni emotive e i comportamenti socialmente e normativamente inappropriati (Damasio, 1994) (Kringelbach, 2005) (Vallar e Papagno, 2007). Insieme ai neuroni specchio, sembra essere responsabile delle capacità di teoria della mente, come vedremo nella sezione apposita (Damasio,

1994) (Rizzolatti e Sinigaglia, 2006). Ad un’osservazione comportamentale, le

disfunzioni a carico di quest’area sono più che evidenti, mentre sono difficilmente sondabili per via psicometrica (se escludiamo i test per la teoria della mente). Il test che risponde meglio a questa esigenza è l’Iowa Gambling Task. Gli studi che hanno utilizzato questo strumenti su pazienti schizofrenici hanno registrato performance nettamente inferiori rispetto ai controlli, come esposto nella revisione di Sevy et al. (2007). In particolare, gli schizofrenici mostravano una modalità di performance peculiare, diversa sia dai controlli sia dai pazienti con lesioni orbitofrontali (Shurman, Noran e Neuchterlein, 2004). I pazienti tendevano a selezionare le carte dai mazzi che avevano bassa frequenza e alto livello di punizione significativamente più spesso rispetto ai mazzi con alta frequenza e bassi livelli di punizioni (Shurman, Noran e Neuchterlein, 2004). Il successo alla prova era inversamente correlato con l’entità dei sintomi negativi, mentre non vi erano forti correlazioni né con i sintomi positivi né con le prestazioni a carico della DLPFC (Shurman, Noran e Neuchterlein, 2004). Hoptman et al. (2002), in uno studio con tensore di diffusione, hanno trovato che una ridotta anisotropia frazionale nel giro frontale inferiore (parte del quale forma la corteccia orbitofrontale) era correlata con impulsività comportamentale e passati episodi di aggressione in un campione di uomini schizofrenici. Per concludere, la corteccia orbitofrontale sembra essere implicata anche nella determinazione di comportamenti moriatici (infantilismo, euforia, fatuità, impulsività e disinibizione) (Mendez, 2005), tipici della schizofrenia cosiddetta “ebefrenica”.

Visione d‟insieme delle funzioni esecutive

Secondo la teoria degli psicologi Tim Shallice e Donald Norman del 1986, una componente del controllo esecutivo sulla cognizione e sul comportamento è il Sistema Attenzionale Superiore. Il SAS consente il controllo e il monitoraggio

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dell’azione complessa in situazioni non abituali e che richiedono la soppressione di risposte automatiche e stereotipate, ovvero in tutte quelle situazioni in cui è necessario distribuire strategicamente le risorse cognitive, correggere gli errori, eseguire azioni nuove ed effettuare un problem-solving (Vallar e Papagno, 2007). Alla luce dei dati riportati, gli schizofrenici mostrerebbero una compromissione esecutiva ad ampio spettro riguardante proprio il SAS (Marczewski, van der Linden e Larøi, 2001). Non è ancora possibile decifrare in che modo le alterazioni delle funzioni esecutive possano influire sulla sintomatologia schizofrenica. Considerando il fatto che le funzioni esecutive presiedono al controllo cosciente della cognizione e del comportamento, possiamo pensare che un’alterazione globale delle stesse possa produrre un dissesto cognitivo generale che si esprime in una molteplicità imprevedibile di modalità. La compromissione esecutiva generale si può riflettere in un’instabilità pervasiva nei processi di autocontrollo, di consapevolezza del sé, di autoverifica e di introspezione, in linea con quanto ipotizzato da Frith (1992) e Sass e Parnas (2003). Il lobo frontale è responsabile dell’unitarietà dell’esperienza cosciente, della sintesi di tutte le informazioni in un insieme dotato di senso e

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