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L’ ALTRA FACCIA DELLA MILITIA PISTOIESE

La componente signorile non esaurisce tuttavia – abbastanza ovviamente – il complesso della militia pistoiese di fine XII secolo. Pur costituendone, come credo sia stato dimostrato a sufficienza nelle pagine precedenti, il cuore e il nerbo, essa non arriva mai, almeno durante il XII secolo, a monopolizzarne il vertice, o peggio che mai a esaurirne la complessità sociale. Vi sono infatti testimonianze chiare della presenza ai massimi livelli della scena politica e istituzionale cittadina di famiglie di milites che hanno trovato nel commercio o nel credito la chiave per la propria promozione politica e sociale, o che comunque devono principalmente a tali fattori la propria ascesa al vertice della società e delle istituzioni cittadine.

Riprendiamo a questo punto la norma del Breve dei consoli relativa all’elezione del collegio consolare, da cui abbiamo preso spunto per avviare la nostra riflessione sulla

militia174. Alla luce di quanto siamo venuti finora argomentando credo di aver dimostrato la plausibilità dell’ipotesi che identifica nel gruppo delle famiglie di origine ‘signorile’ l’insieme di quei «maiores» che avrebbero dominato il vertice istituzionale del Comune nel corso almeno dei primi tre quarti del XII secolo. Tale supposta identificazione ci indirizza quindi in una precisa direzione per quanto riguarda la definizione di quei «populares» che la norma ci mostra in competizione con essi.

Essi sono espressione, a mio avviso, di quelle famiglie della militia estranee alle clientele comitali ed ecclesiastiche (o comunque, specie per quanto riguarda il rapporto con gli enti ecclesiastici, coinvolte a un livello decisamente più basso), che traggono dal semplice possesso fondiario (con modalità simili a quelle delle famiglie signorili, anche se mediamente su scala minore), piuttosto che da attività creditizie o commerciali, o dalla stessa attività militare, le proprie risorse; un gruppo composito, per estrazione sociale, tradizione familiare, struttura economica, eppure facente parte a pieno titolo della militia cittadina, per scelta politica e per mentalità.

Non si tratta ovviamente di una semplice (e semplicistica) identificazione e contrario, basata sulla pura opposizione alle caratteristiche del gruppo delle famiglie signorili. Essa poggia invece sull’analisi complessiva delle fonti, relativamente scarne anche in questo caso eppure – anche in questo caso – sostanzialmente concordi nel delineare un quadro (certo più animato e variegato ma) coerente.

Nel corso della riflessione condotta in relazione al tentativo di definizione della classe dirigente cittadina abbiamo sottolineato come gli esponenti delle famiglie signorili costituiscano la parte qualitativamente (se non quantitativamente) più rilevante del ceto dirigente pistoiese nel primo secolo di vita del Comune. Cerchiamo adesso di definire ulteriormente il senso di quella espressione, e il significato che essa assume se rapportata alle scelte e alle vicende sociali e politiche delle famiglie per così dire di ‘semplici’ milites. Niente paura. Non si tratta di sconfessare dopo poche pagine quanto affermato in precedenza. Lo scopo principale è invece quello di definire le coordinate generali di quella supremazia, e soprattutto, in questo contesto specifico, di analizzare l’incidenza che essa ha avuto in relazione alla gestione complessiva del Comune, e quindi di gettare un primo sguardo agli spazi politici percorsi dalla componente non signorile della militia.

Torniamo alle considerazioni avanzate in merito alla composizione del collegio consolare, e alla citata supremazia della componente signorile che emerge dallo spoglio sistematico delle liste di magistrati a noi pervenute. Fra i consoli documentati durante i quattro decenni di passaggio fra XII e XIII secolo che non appartengono a famiglie del gruppo signorile vi sono numerosi nomi – accanto a personaggi altrimenti sconosciuti175 – di membri di famiglie che possono vantare una qualche frequentazione delle istituzioni e del vertice della società comunale176. Riguardo a tali famiglie e alle loro caratteristiche sociali ed economiche, pur mantenendo una relativa prudenza dovuta alla quantità (e qualità) comunque esigua dei riferimenti, possiamo avanzare alcune considerazioni di indole generale.

Focalizzando la nostra attenzione su tali nomi possiamo innanzitutto osservare come essi identifichino degli esponenti della militia cittadina che vediamo comparire spesso (e altrettanto di frequente i loro familiari) in posizione di rilievo fra i maggiorenti del Comune, così come all’interno delle clientele degli enti ecclesiastici della città e del

175 È il caso ad esempio di «Ventura Iaconi», e di «Traiectus», consoli in carica per il 1201. 176

Così, «Tancredus quondam Strinati», giudice, console per l’anno 1200, compare varie volte come testimone alla stesura di documenti privati (coinvolgenti in molti casi importanti esponenti del ceto dirigente cittadino) o relativi a diversi enti ecclesiastici cittadini, così come di atti riguardanti il Comune. Cfr.

Vescovado, 1183 febbraio 26; Ivi, 1202 marzo 31; Ivi, 1202 giugno 25; Ivi, 1204 gennaio 10; Comune, 1207

gennaio 20; Vescovado, 1212 maggio 1; Ivi, 1219 gennaio 8. Vedi anche Liber Censuum, n. 24, 1212 luglio 30; e n. 43, 1214 novembre 27.

territorio. Pur presenti sulla scena molto spesso come semplici ‘boni homines’ o testimoni in occasione di atti ufficiali mostrano in qualche caso una frequentazione degli ambienti del potere superiore ad alcuni singoli esponenti dei lignaggi signorili più in vista177.

Diversamente da quanto avviene per le famiglie signorili invece il legame con le istituzioni ecclesiastiche appare nel complesso meno pervasivo. Esso soprattutto tende a caratterizzarsi in senso prettamente economico, laddove risultano quasi del tutto assenti quelle caratterizzazioni in senso personale che abbiamo visto qualificare i rapporti del gruppo signorile. Vi sono anche in questo caso alcune eccezioni, o comunque situazioni di difficile interpretazione, ma la sostanza non cambia178. Radicalmente diverso risulta poi il rapporto con le stirpi comitali. Alla mancanza di riferimenti espliciti circa la presenza di legami di tipo personale si aggiunge nel complesso la sensazione di una sostanziale estraneità di rapporti.

Se allarghiamo quindi il raggio della nostra riflessione a comprendere gli aspetti relativi alla struttura familiare vediamo ampliarsi ulteriormente lo spettro delle differenze. Rispetto alla complessa articolazione che abbiamo visto contraddistinguere i lignaggi di origine signorile le famiglie di ‘semplici’ milites presentano mediamente una struttura familiare più snella, meno articolata. Tale dato rappresenta, anche più degli aspetti economici o politici, uno dei principali punti di contatto fra le famiglie di questo gruppo, che marcano in questo senso le distanze dal gruppo signorile179. Più in generale sembrano essere patrimonio comune delle famiglie della militia, di qualsiasi estrazione o caratterizzazione esse siano, quelle attitudini militari, quei rituali, e più in generale quella cultura politica che ha nel possesso delle torri una delle proprie concretizzazioni più appariscenti.

177

Uno di essi, «Martinus Inastiati», che viene menzionato fra l’altro nello stesso testamento di Attamai del fu Paris, risulta senz’altro fra i più attivi del gruppo. Partecipa come testimone ad alcuni atti relativi allo Spedale di Osnello (Olivetani, 1214 gennaio 17) e di Prato del Vescovo (Comune, 1215 gennaio 31), ma soprattutto compare con grande frequenza come testimone agli atti del Comune: vedi Liber Censuum, n. 23, 1212 febbraio 8; Ivi, n. 184, 1223 maggio 24; Ivi, n. 187, 1223 agosto 11; Risulta proprietario di un pezzo di terra posto a Pacciana, che confinava con un pezzo di proprietà di Attamai (San Bartolomeo, 1228 settembre 14). Residente nel quartiere di Porta Sant’Andrea (cfr. l’actum di Liber Censuum, n. 117, 1221 gennaio 22: «parum a longe a domo Martini Inastiati») gli è uno dei primissimi nomi nel giuramento di pace del 1219. Vedi anche RCP, Forcole, n. 158, 1227 novembre 15.

178 In alcuni casi, del resto, permane il dubbio circa l’attribuzione di questo o quel personaggio a una data famiglia; o di questa o quella famiglia al dato ‘gruppo’. Per un esempio in tal senso si veda il contributo di Giampaolo Francesconi, di prossima uscita sul «Bullettino Storico Pistoiese», Paradigmi sociali di fine

secolo XII. Un giudice fra fedeltà signorili e radicamento cittadino:alcune note e documenti su Guidone del fu Burnetto, dedicato appunto a tale personaggio, membro di rilievo del ceto dirigente cittadino a cavallo fra i

due secoli. Ringrazio l’autore per la segnalazione.

179 Non mancano in ogni caso le eccezioni, o comunque i casi di lignaggi che vediamo strutturarsi secondo un modello più simile a quello dei lignaggi signorili, con la divisione della famiglia in numerosi rami paralleli. È questo ad esempio il caso della famiglia Ranghiatici, su cui torneremo nel corso del Capitolo Terzo.

Spostando la nostra attenzione sugli aspetti più propriamente economici del quadro tornano invece a farsi sentire gli elementi di distinzione, sia in riferimento al gruppo delle famiglie signorili che in riferimento al complesso delle famiglie dei semplici milites. Emergono in particolare alcune differenze sostanziali a livello di struttura economica delle famiglie, con alcune che – sulla scia delle stirpi signorili, anche se in molti casi su scala ridotta – si mostrano pienamente e convintamente dedite alla terra, e altre che invece lasciano intravedere una maggiore articolazione patrimoniale, se non addirittura una vera e propria propensione per le attività del commercio e del credito.

Nel complesso, affiora una realtà relativamente composita, ricca di sfumature e di gradazioni che in un caso o nell’altro paiono avvicinare o distanziare grandemente le nostre famiglie dal modello signorile. Alcuni esempi specifici, indicativi delle tendenze più generali, potranno forse aiutarci a comprendere meglio le dinamiche interne al gruppo.

Il primo caso, che possiamo assumere come esemplicativo di quell’insieme di famiglie che più si avvicinano – per tradizione familiare, struttura economica, rapporti di clientela – alle famiglie signorili, è quello relativo al giudice Deotifeci. Personaggio di assoluto rilievo nella vita della Pistoia di fine XII secolo, autore di numerose pergamene conservate nei fondi diplomatici pistoiesi180, Deotifeci ci appare come membro di una consorteria in ascesa dal punto di vista politico e sociale. Lo vediamo infatti impegnato, nel corso degli ultimi due decenni del XII secolo, nell’acquisto e nel successivo miglioramento della «turris Cenatica», posta nel borgo di San Bartolomeo, assieme ai propri cugini e consorti181. Non possediamo purtroppo alcuna informazione sul padre, «Lanfranckus», né disponiamo di riferimenti apprezzabili circa l’identità degli altri consorti, che vediamo comunque organizzati in una struttura familiare relativamente ampia182. Proprio l’assenza di elementi specifici sulla connotazione sociale, unitamente all’evento stesso dell’acquisto della torre, ci testimonia tuttavia chiaramente – a mio avviso – dell’origine per così dire ‘recente’ della famiglia, o meglio della sua graduale ascesa all’interno della società cittadina fino appunto al coronamento rappresentato dal possesso della torre183.

180 Cfr. RCP, Canonica, p. LII. 181

Cfr. Comune, 1197 agosto.

182 Confrontando le informazioni ricavabili dal documento, è possibile infatti individuare in almeno sette – distinti in tre rami diversi – i nuclei familiari impegnati quali «consortes turris Cenatice». Purtroppo la documentazione non ci permette di seguire le vicende di tutti i consorti, la gran parte dei quali esiste per noi solo in virtù di questo documento. Sulle problematiche relative a tale tipo di fonte e di contesto confronta VENDITTELLI, Note sulla famiglia.

183 E al conseguente ingresso nella militia. Cfr. G.M. VARANINI, Torri e casetorri in età comunale: assetto

urbano e classe dirigente, in Paesaggi urbani dell’Italia padana nei secoli VIII-XIV, Cappelli, Bologna,

1988, pp. 173-249. A rigore non possediamo informazioni certe che ci permettano di collegare tutti e sette i nuclei familiari coinvolti in un medesimo. Ma vedi ancora VENDITTELLI, Note sulla famiglia..

I dati che possiamo raccogliere sulla condizione economica della famiglia si limitano ai pochi riferibili allo stesso Deotifeci. A prescindere dai guadagni derivanti dalla sua professione di notaio184, gli unici suoi cespiti di entrata sembrano essere quelle derivanti dal possesso di alcuni appezzamenti fondiari. Del tutto inesistenti i riferimenti ad attività commerciali o creditizie. Particolarmente stretto, per converso, risulta essere il legame di Deotifeci con il monastero cittadino di San Bartolomeo in Pantano, e con l’Opera da esso dipendente. Oltre a rogare numerosi atti relativi al monastero (tra cui alcuni relativamente importanti), egli compare anche come agente dello stesso monastero e dell’Opera185. Allo stesso modo mostra di avere un rapporto particolarmente stretto con lo Spedale di Osnello, per cui roga una serie importante di atti186.

Senza dubbio favorito nella conduzione dei suoi rapporti con le famiglie dell’élite dalla sua qualifica di giudice e notaio, Deotifeci sembra in ogni caso capace di sfruttare gli spazi di ascesa che gli si offrono, pur senza riuscire a raggiungere il vertice delle istituzioni comunali. La sua parabola non sembra tuttavia coinvolgere i suoi consorti: solo il figlio «Palathese», notaio anch’egli, può vantare qualche presenza fra i notabili cittadini187.

Vi è poi il gruppo che possiamo definire come intermedio tra coloro che più si avvicinano al modello signorile e coloro che più se ne allontanano. Uno dei casi più indicativi in tal senso è quello rappresentato dalla famiglia del famoso ‘crociato’ Attamai del fu Paris188. Dal suo testamento, redatto come è noto, prima di partire per la quinta crociata, è possibile ricavare una serie consistente di informazioni sulle scelte politiche e sulle vicende economiche di Attamai e della famiglia, che ci consentono di approfondire alcuni aspetti e situazioni della società pistoiese altrimenti di difficile lettura.

La sfera economica innanzitutto. Attamai, che lascia alcuni legati espressamente destinati al pagamento di eventuali «usure» commesse, ci appare infatti come un mercante- banchiere, o quantomeno come un personaggio direttamente impegnato nella sfera del credito. Personalmente non condivido l’identificazione di Attamai con quella di un

184

Si noti come dopo l’acquisto della torre l’actum degli atti da lui rogati in città richiami quasi sempre la detta torre o le sue vicinanze.

185 Cfr. ASF, Pistoia, San Bartolomeo, 1216 aprile 27. Tale legame sembra, almeno in un primo tempo, trasmettersi anche al figlio «Palathese», anch’egli giudice e notaio: negli anni dieci del Duecento roga infatti ben 19 atti per il monastero. Cfr. a titolo d’esempio San Bartolomeo, 1214 gennaio 9.

186 Che vedono come protagonisti, fra gli altri, anche membri di primissimo piano della consorteria dei Visconti. Cfr. a titolo d’esempio Olivetani, 1185 febbraio 26; e Ivi, 1207 aprile 24.

187 Deotifeci risulta già morto nel 1221. Cfr. Liber Censuum, n. 124, 1221 aprile 30. Nello stesso atto il figlio Palathese testimonia alla nomina del procuratore del Comune nella causa contro il vescovo Soffredo. Egli compare anche fra i primi posti nella lista dei giuranti la pace con Bologna del 1219. Di un altro figlio, «Paramentus», abbiamo notizia da un paio di documenti di poco posteriori (vedi San Bartolomeo, 1232 giugno 17).

188

Su Attamai vedi N. RAUTY, Il testamento di un crociato pistoiese, BSP, LXXXII, 1980, pp. 15-51. In appendice il testo completo del testamento.

membro di una grande famiglia mercantile, come proposto da Rauty: le cifre che compaiono nel documento – oltre che qualificare più propriamente il nostro come banchiere, o appunto come mercante-banchiere189 – mi appaiono infatti non troppo elevate190. Ciò non toglie che siano più che sufficienti a qualificarne il profilo e quindi l’appartenenza al gruppo di quei milites impegnati a vario titolo in attività creditizie e commerciali.

Sulla partecipazione di Attamai alla militia pistoiese non vi possono infatti essere dubbi. Oltre alla stessa adesione alla crociata lo testimoniano la lista delle sue proprietà e il riferimento ad alcune sue azioni. Egli è innanzitutto proprietario, assieme ai propri consorti, di una torre, con ogni probabilità posta nelle immediate adiacenze della propria abitazione, nelle pertinenze di Porta Guidi. Egli appare inoltre coinvolto in un conflitto familiare dai contorni assai nebulosi, eppure sufficienti a mostrarcelo pienamente inserito all’interno della società cittadina del tempo, con i suoi conflitti ed i suoi codici culturali e di comportamento191.

Anche sull’origine della famiglia di Attamai non sono molte le informazioni che possiamo ricavare dalla lettura delle fonti192. È invece possibile rinvenire maggiori spunti sull’attività politica dei fratelli, in particolare di «Dacchilindone», che nel corso degli anni dieci del Duecento vediamo presente fra i consiglieri del Comune, e più in generale fra i notabili cittadini193.

189

Come Rauty stesso giustamente rileva.

190 La cifra di 200 lire che Attamai stanzia come fondo di rimborso per i propri debitori corrisponde infatti alla cifra che abbiamo visto essere concessa in dote a monna Torrigiana e a monna Allocinga (vedi supra, i riferimenti alle nota 157 e 158). Ancora più basse – rispettivamente di 75 lire con «Berta filia Belneri»; di 50 con «Ormannus Altori»; e infine di 53 con «Martinus Inastiati» – sono le quote che egli dichiara di avere investito in alcune «societates» che possiamo qualificare senz’altro come commerciali (per un raffronto con le cifre documentate per le società pistoiesi della prima metà del Duecento vedi DINI, I successi). Per quanto riguarda infine il riferimento a un prestito (per cui Attamai stanzia 20 lire) operato a vantaggio del Comune di Pistoia mi pare che esso documenti, più che la «notevole ricchezza» del personaggio, l’importanza politica dello stesso. Pure se col beneficio dubbio, stante la povertà delle testimonianze per il periodo, sarei più propenso a collocare la ‘potenza’ commerciale di Attamai e la sua ricchezza in una fascia intermedia.

191 Cfr. RAUTY, Il testamento, pp. 46-51. Nel testamento Attamai richiama infatti la possibilità che i «consortes Bonifatii» edifichino una torre per combattere con i suoi. Sulla mentalità e la cultura dei milites vedi MAIRE VIGUEUR, Cavalieri e cittadini, pp. 359-387.

192 Natale Rauty ipotizza, sulla base delle particolari forme onomastiche attestate nella famiglia e dell’identità mercantile attribuita ad Attamai, un’origine straniera – greca, o comunque orientale – della stessa. Cfr. RAUTY, Il testamento di un crociato, pp. 22-25. Si veda anche Breve dei Consoli, nota 83 pp. 164-165. 193 Egli è fra i testimoni della richiesta di sospensione della scomunica che i consoli in carica nel 1214 porgono al vescovo Soffredo, mentre nel 1219 risulta fra i consiglieri del Comune. Per i riferimenti documentari vedi RAUTY, Il testamento, pp. 23-24. Già nel maggio del 1212 era stato testimone alla lettura dell’arbitrato pronunciato a margine di una lite che vedeva protagonista il Vescovo Soffredo e alcuni coloni «de Castellina Lambardorum» (Vescovado, 1212 maggio 1); mentre nell’aprile del 1216 risulta come testimone di una sentenza pronunciata dagli «judices causarum Pistorii» (San Lorenzo, 1216 aprile 26). Non si hanno altre notizie su di lui: abbiamo nota di un «Dachilindone» proprietario di un appezzamento di terra posto «in Vergario» (Capitolo, 1219 luglio 31), ma l’assenza del patronimico non ci consente di effettuare con sicurezza l’identificazione.

Nel complesso la famiglia di Attamai ci appare come una stirpe in ascesa, dedita principalmente ad attività di tipo creditizio eppure partecipe dei valori della militia; certo non caratterizzata dal possesso di fortune economiche esorbitanti, né di eccessivi prestigio e potere politici, ma sufficientemente inserita all’interno dell’élite cittadina da poter prestare denaro al Comune e partecipare ai Consigli e alla vita politica pistoiese in una posizione di vertice.

L’esempio di Attamai può essere esteso a numerosi personaggi che vediamo in questi decenni sulla scena cittadina. Il caso più eclatante è in tal senso quello di «Buldro de Soldo», elemento di spicco del ceto dirigente pistoiese per tutto il primo quarto del Duecento. La sua prima attestazione documentaria è di quelle ‘col botto’, dal momento che compare nella lista dei consoli per l’anno 1200194. Da allora in poi è un susseguirsi di presenze ai vertici delle istituzioni comunali, oltre che, più in generale, nel gruppo dei più importanti maggiorenti cittadini195. Giudice, risulta più volte «judex causarum» del Comune196, consigliere197, ambasciatore e sindaco del Comune198; oltre che testimone in numerosi atti che coinvolgono a vario titolo membri dell’élite cittadina e alcuni degli enti ecclesiastici del territorio199. La sua qualifica di giudice, così come la sua partecipazione al consolato – e la stessa frequente presenza quale ambasciatore o sindaco sempre a fianco di esponenti di punta delle famiglie signorili – lo qualificano a mio avviso con sufficiente sicurezza come espressione del mondo della militia cittadina200.

Diversamente dai personaggi che abbiamo incontrato finora, tuttavia, Buldro sembra mantenere rapporti più stretti col mondo corporativo cittadino. Nell’atto relativo all’accordo commerciale stipulato con i fiorentini, e redatto nel palazzo comunale della

194 Cfr. Liber Censuum, n. 9, 1200 novembre 18. Stando a un atto tradito in ASP, S. Jacopo, 30, Nicchio

Rosso, c. 124r, egli sarebbe stato console anche nel 1214. Si noti tuttavia come i consoli componenti il

presunto collegio del 1214 siano esattamente gli stessi attestati per il 1200; e come l’indizione – quarta – riportata nel documento conservato nel fondo di San Jacopo sia errata se attribuita al 1214 che compare nella datazione. Il Rauty, Società, istituzioni, p. 27, nota 126, pensa a un errore di trascrizione per l’anno, e