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Il ruolo della conoscenza e dei processi di innovazione nella conservazione, valorizzazione e uso delle risorse genetiche

3.2 Altri modelli per i processi di conoscenza

Nel corso degli anni Settanta, molti studi, sia teorici che empirici, hanno sottolineato la necessità di individuare nuovi modelli per i processi di conoscenza che avessero come finalità il raggiungimento di obiettivi di sviluppo più ampi rispetto al solo obiettivo produttivistico (Hunter, 1970). Diventava sempre più evidente l’importanza di rendere più efficace il processo di diffusione delle innovazioni tecnologiche e la condivisione dei risultati con gli agricoltori, con l’obiettivo principale di rivalutare le conoscenze locali e le priorità specifiche delle diverse categorie di agricoltori.

Le scienze sociali hanno messo in risalto che sia la conoscenza scientifica ufficiale (Hull136, 1988), che le conoscenze indigene o locali (Medin e Atran137, 1999),

sono costituite da una combinazione complessa di intuizioni, empirismo e modelli teorici, che derivano dalla verificabilità dell’osservazione oggettiva, nonché dalle costruzioni sociali, e possono quindi essere simili come pure differenti (Agrawal138,

1995).

Nell’ambito del miglioramento genetico, la conoscenza scientifica si considera oggettiva perché studia le relazioni tra gli elementi del mondo reale, a prescindere dal soggetto che le studia; inoltre, rappresentando l’insieme di tutte queste relazioni, la scienza non può dipendere da fattori soggettivi o ideologici, né può essere assimilata ad altre forme di conoscenze, da cui deriva la netta separazione con la conoscenza locale o indigena tramandata nei secoli dagli agricoltori, che si presume essere intuitiva, empirica e integrata localmente ai contesti sociali e biofisici. La crescente tendenza a escludere il sapere delle comunità indigene, delle donne, dei contadini, degli anziani e i punti di vista dei giovani sta impoverendo intellettualmente l’umanità rendendola più vulnerabile a minacce di vario tipo.

La visione del mondo meccanicistica ha preso il sopravvento sulle concezioni ecologiste e sui sistemi di conoscenza delle comunità locali. Il sapere tradizionale è stato falsamente identificato con la mancanza di analisi sistematica, verifica, evoluzione dinamica, e innovazione che ha portato a identificarlo con la stagnazione e l’arretratezza. Sulla base di questo pregiudizio, il sapere scientifico riduzionista ha progressivamente preso il posto del sapere tradizionale, sopravvissuto per secoli come parte dei sistemi di conoscenza dinamici, i quali interagiscono intimamente con gli ecosistemi e sono caratterizzati per l’elevata capacità di adattamento. Il riduzionismo ha portato a una superspecializzazione nei processi cognitivi e nelle organizzazioni che trasferiscono il sapere al mondo della produzione. Questo modello ha creato gerarchie operando una divisione di fatto tra persone normali ed esperti, tra le diverse parti dei sistemi di conoscenza e tra le stesse discipline. L’imposizione di un modello meccanicistico e del metodo riduzionista ha ridotto la capacità dei popoli indigeni di far evolvere continuamente il loro sapere tradizionale nel contesto di un mondo in continuo cambiamento.

Generalmente i sistemi di conoscenza tradizionali si sono costantemente arricchiti dell’interazione dinamica tra comunità e ambiente e per lungo tempo sono stati alla base di una co-evoluzione virtuosa dell’uomo e della natura. Anche oggi, in molte parti del mondo, il sapere tradizionale è l’unico mezzo che i popoli indigeni hanno per affrontare le sfide della sopravvivenza nella modernità (C. Kalafatic, Cornell University, 2006/2008).

In alcuni casi abbiamo già perso per sempre un tesoro di conoscenze materialmente racchiuso nella biodiversità e in varie tradizioni culturali. Il predominio

136 Hull, D. L. (1988). Science as a Process: An Evolutionary Account of the Social and Conceptual Development of Science. Chicago:The University of Chicago Press.

137 Medin,D.L. and S.Atran. (1999). Folkbiology. Cambridge, MIT Press.

138 Agrawal, A. 1995. Dismantling the divide between indigenous and scientific knowledge. Development

di questi stereotipi significa che conoscenza scientifica e conoscenza tradizionale sono spesso considerati incompatibili, o addirittura la conoscenza tradizionale è considerata una versione inferiore rispetto alla conoscenza scientifica. Come risultato, la maggior parte dei progetti di sviluppo agricolo che coinvolgono la conoscenza degli agricoltori non hanno considerato la possibilità di collaborazione degli agricoltori e degli scienziati sulla base delle complementarietà esistenti tra le loro conoscenze teoriche.

Il miglioramento genetico formale, che include la scelta e la selezione delle popolazioni e delle linee varietali, necessita della comprensione delle piante, degli ecosistemi e l’interazione esistente tra le due componenti (Cleveland at al.139, 2000).

Tuttavia, i principi guida sono ben stabiliti e universalmente accettati dai ricercatori. In particolare è ampiamente accettato che:

• i fenotipi sono il risultato di genotipo e ambiente;

• il livello in cui un tratto è ereditabile dipende dal grado in cui essa è influenzata dall’interazione tra genotipo e ambiente;

• la variazione genetica in una popolazione dovuta alla selezione dipende dalla percentuale di piante selezionate e dall’ereditarietà del carattere selezionato.

Nella realtà, la comprensione di queste relazioni di base è difficile, perché entrano in gioco una serie di variabili non direttamente identificabili, e la previsione dei risultati di scelta e di selezione è ostacolata dalla mancanza dei necessari dati sperimentali, nonché delle tecnologie e delle risorse necessarie per raccoglierle e analizzarle. Inoltre, i ricercatori delle scienze naturali riconoscono i limiti di una conoscenza parziale di tutte le componenti della biosfera (importanti per la comprensione della teoria della relazione esistente tra genotipo e ambiente), a cui fanno fronte affidandosi all’intuizione e l’empirismo (Simmonds140, 1979; Duvick141, 1996).

La teoria biologica su cui si basa il miglioramento genetico è indipendente da dove avviene la coltivazione e selezione delle piante. Tuttavia, la biofisica, le variabili economiche e socio-culturali possono essere molto diverse, per esempio, tra i campi degli agricoltori in ambienti marginali e le stazioni di ricerca; o tra le priorità nazionali di politica agricola finalizzate alla produttività su larga scala e la necessità degli agricoltori di ridurre il rischio e ottimizzare la produzione agricola come parte di una strategia di sopravvivenza. L’implementazione delle politiche agricole in situazioni specifiche può portare a un’interpretazione della teoria che viene poi generalizzata e ampiamente applicata, senza dover investire le implicazioni di tali interpretazioni in ogni circostanza. Il coinvolgimento degli agricoltori necessita di riesaminare le modalità con cui il miglioramento genetico convenzionale testa le ipotesi (biologiche, ambientali, economiche e socio-culturali) su cui si basa la costituzione di nuove varietà.

139 Cleveland, D. A., D. Soleri and S. E. Smith. 2000. A biological framework for understanding farmers’ plant breeding. Economic Botany 54: 377–394.

140 Simmonds,N.W. 1979. Principles of Crop Improvement. London: Longman Group Ltd. 141 Duvick, D. N. 1996. Plant breeding: An evolutionary concept. Crop Science 36: 539–548.

I risultati di questi test avranno implicazioni sia per l’interpretazione della teoria, nonché sui metodi e le pratiche adottate.

La conoscenza dei genetisti è basata sull’esperienza realizzata in ciascuno degli ambienti e delle specie vegetali su cui lavorano; si possono quindi incontrare difficoltà nel generalizzare i risultati a causa della conoscenza pre-esistente acquisita nel contesto sociale da cui proviene il ricercatore. Questo significa che la difformità di visioni esistente tra gli scienziati naturali non è dovuta ai principi basilari della genetica e della statistica, ma è probabilmente legata all’esperienza personale e al contesto ambientale (Soleri e Cleveland142, 2001).