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I L TRATTATO FAO ART.6: USO SOSTENIBILE DELLE RISORSE GENETICHE VEGETAL

1.4 Interpretazione economica dei diritti degli agricoltor

1.4.3 Un approccio alternativo alla gestione dei diritti degli agricoltor

L’analisi delle opzioni proposte per l’attuazione dei diritti degli agricoltori ha mostrato i diversi limiti di entrambi gli approcci sia per la compensazione degli agricoltori tradizionali e sia per la gestione degli incentivi nell’attività di conservazione

60 Falcon, W., Fowler, C., 2002. Carving up the commons: the emergence of a new regime for germplasm

in situ. La proposta alternativa di alcuni autori, come Benkler61 (2004) e Bertacchini

(2008), parte dalla prospettiva di riconoscere il ruolo dei sistemi tradizionali di coltivazione nel mantenimento e nella promozione della variabilità genetica in situ (Almekinder e Louwaars62, 1999). I sistemi di sementi locali e informali, diversamente

dai modelli di produzione e distribuzione di sementi ufficiali delle istituzioni pubbliche o delle aziende private di sementi, sono caratterizzati da prassi di gestione delle sementi consuetudinarie che hanno a lungo sostenuto l’agrobiodiversità.

Gli agricoltori tradizionali solitamente non ottengono il loro fabbisogno di semi da fonti esterne, ma dalla conservazione diretta. Alcune stime tengono conto del fatto che nei paesi in via di sviluppo l’uso di varietà tradizionali varia dal 20% al 50% secondo il tipo di coltura, e in molte parti dell’Africa e dell’Asia, oltre l’80% del fabbisogno di sementi degli agricoltori avviene al di fuori del settore formale (Byerlee63, 1996; Ten

Kate e Laird64, 1999).

Inoltre, gli agricoltori possono svolgere autonomamente le attività di selezione varietale, con l’obiettivo di sperimentare e adattare le varietà agli ecosistemi locali. A livello locale, il miglioramento varietale degli agricoltori è spesso uno sforzo collettivo. Gli agricoltori che sperimentano nuove varietà forniscono il materiale genetico all’interno delle loro comunità, e spesso è necessario il coinvolgimento collettivo degli agricoltori confinanti in quanto non dispongono della terra necessaria e il tempo sufficiente a gestire le prove. Una volta distribuiti, i materiali sono monitorati e controllati e le linee con un pedigree interessante potrebbero essere ridistribuite nella fase successiva alla sperimentazione (Louwaars et al65., 2007).

Il miglioramento genetico effettuato dai contadini avviene anche attraverso lo scambio di semi all’interno delle comunità rurali, che non si realizza solo mediante transazioni di mercato orientate al profitto. Al contrario, i sistemi tradizionali delle sementi si affidano ancora a rapporti sociali e familiari si fondano su relazioni dinamiche e complesse basate sull’interdipendenza e la fiducia reciproca. La conservazione e lo scambio di semi all’interno della comunità sono quindi gli elementi chiave per introdurre e adeguare le varietà alle condizioni locali e per preservare la vitalità dei raccolti di generazione in generazione (Louette66, 1999). Questo è vero sia

per le varietà locali che per le varietà migliorate a fini commerciali. Infatti, quest’ultime sono soggette all’interazione con le condizioni ecologiche dei campi in cui vengono seminate, dopodiché, durante la fase di selezione alcune varietà sono ripiantate e, in

61 Benkler, Y., 2004. Sharing nicely: on shareable goods and the emergence of sharing as a modality of economic

production. Yale Law Journal 114 (2), 273–358.

62 Almekinder, C., Louwaars, N.P., 1999. Farmers' seed production. New Approaches and Practices. IT

Publications, London.

63 Byerlee, D., 1996. Modern varieties, productivity and sustainability: recent experiences and emerging

challenges. World Development 24 (4), 697–718.

64 Ten Kate, L., Laird, S.A., 1999. The Commercial Use of Biodiversity: Access to Genetic Resources and Benefit-

Sharing. Earthscan, London.

65 Louwaars, N.P., Salazar, R., Visser, B., 2007. Protecting farmers' new varieties: new approaches to rights on

collective innovations in plant genetic resources. World Development 35 (9), 1515–1528.

66 Louette, D., 1999. Traditional management of seed and genetic diversity: what is a landrace? In: Brush, S.B. (Ed.), Genes in the Field: On-Farm Conservation of Crop Diversity. IPGRI, Rome, Italy.

alcuni casi, gli agricoltori procedono all’ibridazione con le varietà locali. Questa attività produce varietà con un pedigree più eterogeneo rispetto alle linee parentali, che contribuisce ad una maggiore vigoria delle varietà migliorate, grazie al cosiddetto fenomeno dell’eterosi (Bellon et al67., 2006).

In questo contesto, le sementi scambiate dagli agricoltori tendono ad operare in un sistema decentrato, e non di mercato, che può essere definito come una forma di condivisione sociale delle sementi (Benkler, 2004). La rete di relazioni degli agricoltori e la condivisione sociale delle sementi rende il miglioramento varietale degli agricoltori simile ad un sistema condiviso di produzione e distribuzione del germoplasma. Secondo Benkler68 (2002), la produzione congiunta si basa sulla condivisione di risorse,

su risultati ampiamente distribuiti, e sulla libera cooperazione tra individui che operano all’interno di una piattaforma condivisa, collaborativa, decentrata e senza l’implementazione di un regime di diritti di proprietà.

Spesso, un’organizzazione di tipo partecipativo che viene portata ad esempio è il modello open-source del settore informatico. Gli stessi argomenti utilizzati per dimostrare la realizzabilità dei modelli open-source nell’economia digitale potrebbero essere adattati ai tradizionali sistemi di produzione agricola (Srinivas69, 2006). Il

materiale genetico insito nelle sementi può essere considerato infatti un set informativo. Gli agricoltori che migliorano e adattano le nuove varietà possono quindi essere visti come dei produttori di germoplasma che condividono i loro risultati nella rete delle comunità locali. Inoltre, la caratteristica comune di una gestione alla pari nell’organizzazione degli agricoltori deriva dal fatto che lo scambio delle sementi è sostanzialmente libero, senza alcuna limitazione in termini di accesso e distribuzione.

Benkler (2002) mette in evidenza alcune condizioni di base che rende la produzione ‚paritetica‛ economicamente realizzabile: primo, il sistema di produzione si basa sulla condivisione di informazioni su input e output, in secondo luogo, i costi della produzione di informazioni devono essere relativamente bassi, in terzo luogo, gli input di capitale umano devono essere molto variabili dentro la rete. Anche se tali condizioni si applicano ai sistemi delle reti digitali, in cui gli individui, utilizzando l’interconnessione tra PC, condividono e producono informazioni, non è difficile trovare analogie con il materiale informativo rappresentato dal patrimonio genetico insito nelle sementi.

L’attività di selezione varietale degli agricoltori rappresenta un sistema di produzione il cui primo input è il germoplasma esistente e l’output finale è la creazione di un nuovo set informativo in termini di materiale genetico. Inoltre, i costi di produzione del nuovo germoplasma sembrano essere bassi nelle situazioni in cui gli agricoltori selezionano le risorse genetiche in base al fenotipo i cui tratti desiderati si adattano alle condizioni agro-climatiche. Nei casi in cui l’adattamento varietale risulta

67 Bellon, M.R., Adato, M., Becerril, J., Mindek, D., 2006. Poor farmers' perceived benefits from different types

of maize germplasm: the case of creolization in lowland tropical Mexico. World Development 34 (1), 113–129.

68 Benkler, Y., 2002. Coase's penguin or Linux and the nature of the firm. Yale Law Journal 112 (3), 369–448. 69 Srinivas, K.R., 2006. Intellectual property rights and bio commons: open source and beyond. International

molto variabile rispetto all’ecosistema locale, la conoscenza degli agricoltori può essere usata per selezionare i tratti fisici desiderati. Infine, poiché i semi si possono trasferire e replicare, il costo derivante dallo scambio del germoplasma è piuttosto basso. Il processo di miglioramento genetico nelle comunità locali può essere diffuso tra i campi degli agricoltori mentre lo scambio di sementi consente di integrare le varie iniziative di selezione varietale.

E’ importante tenere presente che gli incentivi alle attività di organizzazione partecipata possono divergere dai vantaggi economici standard legati principalmente al profitto e alla produttività del raccolto. In questo contesto, tra i principali fattori determinanti la partecipazione collettiva rientrano una serie di benefici indiretti e di incentivi sociali. I benefici indiretti, come i guadagni edonici o la reputazione sociale, possono migliorare piuttosto che ridurre le performance individuali (Lerner e Tirole70,

2002). Per quanto riguarda gli incentivi sociali, la letteratura nel campo della psicologia sociale e dell’antropologia sottolinea che la reputazione all’interno della comunità è una funzione preminente dei valori culturali associati alle azioni (Hann71, 1998; Fehr e

Falk72, 2002, ad esempio). I fattori economici non sono le uniche forze che determinano i

benefici e i costi delle azioni. Al contrario, sono le norme sociali che contribuiscono a formare i costi e benefici delle azioni individuali. Come risultato, l’organizzazione delle attività svolte nei diversi contesti culturali potrebbero non seguire lo stesso set di incentivi economici e sociali.

Nel caso di miglioramento varietale tradizionale, gli agricoltori ottengono soprattutto benefici economici indiretti dalla coltivazione delle varietà che hanno sviluppato e adattato. Poiché, molto spesso, gli agricoltori tradizionali utilizzano direttamente il prodotto dei loro esperimenti, essi hanno incentivi a trovare soluzioni specifiche per sviluppare varietà che si adattano alle condizioni ecologiche dei loro campi. Allo stesso tempo, il riconoscimento sociale dell’organizzazione partecipata all’interno della comunità di agricoltori può anche rappresentare un meccanismo di incentivo (Badstue et al73., 2007). I sistemi tradizionali di produzione agricola sono

anche propensi ad esprimere un quadro istituzionale e un contesto culturale in cui le gratificazioni socio-psicologiche hanno un ruolo preminente rispetto alla mera remunerazione economica. In questo caso, la condivisione e la cooperazione tra i membri della comunità sono diffuse e, spesso, le istituzioni locali sono disponibili nel sostenere un sistema di condivisione delle sementi (Dennis et al74., 2007).

70 Lerner, J., Tirole, J., 2002. Some simple economics of open source. Journal of Industrial Economics 50 (2),

197–234.

71 Hann, C.M. (Ed.), 1998. Property Relations: Renewing the Anthropological Tradition. Cambridge University

Press, Cambridge.

72 Fehr, E., Falk, A., 2002. Psychological foundations of incentives. European Economic Review 46, 687–724. 73 Badstue, L.B., Bellon, M.R., Berthaud, J., Ramirez, A., Flores, D., Juarez, X., 2007. The dynamics of

farmers' maize seed supply practices in the central valleys of Oaxaca, Mexico. World Development 35 (9), 1579–

1593.

74 Dennis, E., Ilyasov, J., Van Dusen, E., Treshkin, S., Lee, M., Eyzaguirre, P., 2007. Local institutions and

plant genetic conservation: exchange of plant genetic resources in rural Uzbekistan and some theoretical implications. World Development 35 (9), 1564–1578.

- la mancata valorizzazione dei sistemi informali

L’analisi dei sistemi tradizionali di coltivazione e il confronto alla condivisione sociale dei semi fornisce un utile punto di partenza per discutere delle nuove opzioni in tema di diritti. Sia gli approcci legati alla teoria di Coase che quelli Pigouviani si concentrano sulle strategie da adottare per affrontare il dilemma del bene pubblico riguardante l’erosione dell’agro-biodiversità e assumono implicitamente che l’offerta di diversità genetica presente nei campi degli agricoltori riguarda la necessità di un paradigma specifico in merito allo sviluppo delle colture. Questo paradigma si basa su un settore specializzato del miglioramento genetico che sviluppa e offre nuove varietà secondo un approccio basato sulla remunerazione economica, in cui gli agricoltori andrebbero compensati o sovvenzionati per le risorse genetiche conservate nelle loro campi. Di conseguenza, il rischio è quello non comprendere in pieno i gli ecosistemi ricchi di agrobiodiversità, considerandoli, invece, come aree passive utili solo ai fini dello sfruttamento futuro da parte dei costitutori moderni delle varietà vegetali.

Al contrario, considerare i sistemi informali come una forma di condivisione sociale, mette in evidenza la funzione dinamica degli agricoltori tradizionali nel processo di conservazione, evoluzione e miglioramento dell’agrobiodiversità. Le proposte sulla base delle teorie di Coase e Pigou incontrano dei limiti nella misura in cui considerano il mantenimento dell’ecosistema come un’esternalità non remunerata. Probabilmente, non riescono a prendere in considerazione la valorizzazione dell’agrobiodiversità come risultato delle pratiche degli agricoltori e non affrontano il tema degli incentivi degli agricoltori risultanti dalla conservazione e scambio di semi.

Gli approcci alla Coase scommettono sui mercati, su meccanismi di prezzo decentralizzati nello scambio degli agricoltori e compensano gli agricoltori per la loro attività di conservazione. Le soluzioni alla Pigou, a sua volta, si basa su una visione centralizzata secondo cui la conservazione è sovvenzionata attraverso un sistema di tassazione. Una terza forma di interazione, proposta da Bertacchini (2008), propone di valorizzare il ruolo dei sistemi informali delle sementi nella conservazione in situ. Sotto questa modalità la condivisione sociale si presenta un’organizzazione paritetica e partecipativa finalizzata alla produzione di risorse genetiche vegetali e caratterizzata da meccanismi di cooperazione e scambio reciproco.

Inoltre, poiché gli approcci convenzionali sono più orientati a forme di incentivi monetari per la conservazione delle agrobiodiversità, c’è il rischio che le modalità di remunerazione monetaria possano manomettere gli incentivi socio-psicologici che gli agricoltori tradizionali esprimono nel sistema di condivisione sociale. Il rischio è rilevante nella misura in cui gli incentivi sociali e quelli economici sono correlati negativamente (Frey e Oberholzegi75, 1997).