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Il rischio in agricoltura

4.2 La relazione tra diversità e produttività

Gli scienziati naturali sono da tempo preoccupati per gli effetti di una diffusa adozione di varietà geneticamente uniformi sulla produttività e la stabilità dei rendimenti. E’ stato pubblicato una serie di studi sulla valutazione della diversità - ipotesi della produttività e della diversità - ipotesi di stabilità.

L'erosione della biodiversità varietale aumenta la vulnerabilità delle colture agli stress biotici e abiotici. Per esempio, si è scoperto che la riduzione della biodiversità promuove la formazione di parassiti e di elementi patogeni sulle popolazioni (Abalu, 1976, Singh, 1981, Sumner, 1981, Walker, 1983). Pertanto, l’aumento della diversità tra o all'interno delle specie, permetterà una maggiore tolleranza ai parassiti. Questo perché gli elementi patogeni hanno una maggiore capacità di diffusione attraverso i raccolti con la stessa base genetica (Sumner, 1981, Gleissman, 1986, Altieri e Lieberman, 1986,, Trenbath 1986; Heisey et al, 1998).

Inoltre, le prestazioni di diverse specie varia a seconda delle condizioni naturali ed agro-ecologiche in cui avviene la produzione. L'agroecosistema è soggetto a stress a causa di precipitazioni piovose e umidità del suolo insufficienti, la casualità della temperatura, l’evaporazione potenziale, tutte variabili che incidono sullo sviluppo varietale (Loss e Siddique, 1994, Pecetti et al., 1992).

Piante funzionalmente simili che rispondono in modo diverso alla casualità delle variabili climatiche contribuisce alla resilienza e assicura che

”whatever the environmental conditions there will be plants of a given functional type that thrive under those conditions‛ (Heal, 2000).

Questo permette dell'agroecosistema di garantire una produzione su un'ampia gamma di condizioni (Tilman et al. 1994, 1996, Naeem et al., 1995, Bellon, 1996). Quindi,

la biodiversità varietale conferisce una potenziale resistenza alla siccità e ad altri stress ambientali, mentre il costo di uniformità genetica può essere potenzialmente elevato. Pertanto, l’agrobiodiversità riveste un’importanza economica nei sistemi produttivi, a prescindere se le popolazioni sono caratterizzate prevalentemente da varietà tradizionali, moderne o locali (Meng et al.).

In concomitanza con gli studiosi di scienze naturali, nella letteratura economica sull’agricoltura sono stati pubblicati una serie di studi sulle determinanti dell’erosione genetica (Brush, Heisey, Smale, Meng, Van Dusen, Birol). L’integrazione dei mercati, le condizioni agro-ecologiche, l'adozione di nuove varietà ad alta resa, e gli atteggiamenti degli agricoltori nei confronti del rischio sono risultati essere fattori determinanti della gestione della biodiversità varietalenei campi.

Sorprendentemente, meno attenzione è stata dedicata all'analisi empirica delle relazioni esistenti tra diversità e produttività e tra diversità e stabilità. Gli studi a riguardo, fino ad oggi forniscono prove piuttosto contrastanti. Questi studi sono limitati a Smale e Widawsky. Per esempio, Smale et al., 1997, hanno stimato gli effetti sulla produttività delle diversità tra le varietà moderne in una funzione di produzione stocastica (Just e Pope, 1977) utilizzando i dati dai distretti del Punjab del Pakistan. Questo studio ha trovato che la diversità è positiva rispetto alla media dei rendimenti e negativamente correlata con la varianza dei rendimenti nelle zone rainfed. Tuttavia, l'analisi diventa statisticamente più debole quando la relazione viene testato nelle zone irrigue. Widawsky e Rozelle (1998), utilizzando i dati provenienti dalle regioni della Cina, hanno testato l'impatto della diversità varietale di riso sulla media e la varianza dei rendimenti. L’analisi mette in evidenza che il numero di varietà coltivate riduce sia la media e la varianza dei rendimenti, anche se le stime della varianza non sono statisticamente significative. Inoltre, la scelta varietale degli agricoltori è connessa con la gestione del rischio.

Mantenere diverse varietà è un modo semplice di copertura contro il rischio ambientale. Questo è particolarmente vero quando la produzione avviene in aree remote dove non c'è grande progresso tecnologico e la variabilità delle condizioni climatiche riveste un ruolo importante è presente. In tali circostanze l'adattamento locale è di fondamentale importanza.

Il presente documento contribuisce al dibattito in corso sulla biodiversità delle colture sotto un duplice aspetto. In primo luogo, presenta una valutazione del ruolo della biodiversità delle colture sulla produttività agricola e la gestione delle aziende agricole di rischio ambientale. A tal fine vengono utilizzati i dati provenienti dalle aziende agricole che producono orzo in Siria coinvolte nei programmi di miglioramento genetico convenzionale e partecipativo, gestiti rispettivamente dal Ministero dell’Agricoltura siriano e dall’Icarda. Il documento procede come di seguito. La prossima sezione fornisce il background concettuale. Nella sezione successiva viene presentata l’analisi empirica.

4.3 Background

L’orzo è una di quelle antiche colture che ha avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana, sia per l’alto valore nutrizionale che per la sua

capacità di adattarsi a cambiamenti climatici sottoposti a stress ambientali e, quindi, in grado di garantire una produzione significativa anche in condizioni di modesta fertilità del terreno. Diversi studi archeologici hanno messo inevidenza la presenza dell’orzo in molte zone del Medio Oriente e dell’Asia già dal 6000 A.C., per il suo stretto legame con le esigenze alimentari di queste antiche civiltà. Era impiegato per la produzione di farina per la panificazione, per la preparazione di minestre o decotti.

Non va dimenticato che, come altre colture ‚minori‛, l’orzo è spesso una specie scelta nei sistemi agricoli differenziati, caratterizzati da un basso utilizzo di input esterni, da una diversificazione del sistema produttivo solitamente di piccole dimensione. Tutto ciò rende l’orzo un’interessante opportunità economica che rientra perfettamente nelle strategie di conservazione on farm delle risorse genetiche di specie e varietà autoctone in un determinato contesto territoriale.

Le caratteristiche di facile adattabilità che lo contraddistinguono, rendono l’orzo compatibile con la ricerca sul miglioramento genetico indirizzata a beneficiare principalmente i contadini con risorse limitate che operano in territori con particolari condizioni agro-climatiche. Attraverso il Participatory Plant Breeding i contadini hanno la possibilità di decidere quali varietà si adattano meglio alle loro necessità. La partecipazione degli agricoltori permette inoltre di accrescere il tasso di adozione delle varietà selezionate, aumentando così l’efficacia e l’efficienza del programma di miglioramento partecipativo (Ceccarelli and Grando 2002).

La produzione di orzo in Siria è indirizzata principalmente all’alimentazione ovina, uno dei principali settori economici del paese. L’orzo viene coltivato in oltre 2 milioni di ettari su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, nonostante l’ampia presenza nei campi, i programmi di miglioramento hanno puntato in modo limitato sul miglioramento varietale dell’orzo, privilegiando la ricerca su grano, duro e tenero, e cotone perchè rappresentano i principali prodotti da esportazione del Paese.

La coltivazione dell’orzo avviene in diversi contesti ambientali, caratterizzati da precipitazioni annuali che vanno dai 200 ai 350mm. La resa media nazionale è piuttosto bassa, corrispondente a 0.65 t ha-1. Gran parte dell’orzo, infatti, è cresciuto in aree

marginali a basso utilizzo di input esterni e in zone marginali, solitamente pre- desertiche. Le prove sul campo avvengono solitamente in 25 villaggi che corrispondono alle diverse condizioni agro-climatiche della Siria.

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha fatto un uso sempre più crescente degli approcci partecipativi nella ricerca per cercare di individuare tecnologie più appropriate alle necessità dei sistemi agricoli differenziati. Un articolo di N. Lilja e Aw- Hassan stima i benefici e costi del miglioramento genetico partecipativo dell’ICARDA rispetto all’approccio convezionale sui contadini. L’analisi dei due autori evidenzia un più alto tasso di adozione delle varietà provenienti dal programma di miglioramento partecipativo rispetto ai tassi di adozione del programma convenzionale.

I risultati mostrano che, grazie all’approccio partecipativo, l’agricoltura ha goduto di significativi incrementi produttivi. Il passaggio dal miglioramento convenzionale a quello partecipativo influenza l’allocazione dei costi. In particolare, il cambiamento principale è dovuto alla decentralizzazione del processo di selezione, dai

campi sperimentali alle aziende agricole. Inoltre, la partecipazione permette l’accrescimento delle competenze e capacità dei contadini

L’ICARDA ha implementato progetti di miglioramento partecipativo in Siria già dal 1996. Il programma di miglioramento partecipativo è iniziato con il coinvolgimento dei contadini nella coltivazione di 208 varietà di orzo in 9 villaggi della Siria. Secondo l’approccio attuale, il programma di miglioramento partecipativo testa nei campi dei contadini di diverse località oltre 200 linee di orzo in quelli che sono chiamati i Farmer

Initial Trials (FIT). Queste linee sono un campione casuale delle linee d’orzo

rappresentanti lo stage iniziale del processo di selezione, che nel programma di miglioramento convenzionale avviene nelle stazioni di ricerca. Le linee rappresentano i tipi di germoplasma più differenti, e in cui rientrano varietà da 2 e 6 fila di cariossidi, varietà moderne e tradizionali, linee uniformi e popolazioni segreganti, o varietà di colore nero o bianco.

I materiali selezionati dai contadini nel FIT, l’anno successivo vengono piantati anche nei campi dei contadini ospiti (host) di ciascuna località per un confronto delle varietà sotto condizioni agroclimatiche differenti. Tali prove sono chiamate Farmer

Advance Trials (FAT). I materiali selezionati dai FAT vanno a far parte dei Farmer Elite Trials (FET), che costituiscono le prove del terzo anno. Il ruolo dei ricercatori è quello

di effettuare gli incroci iniziali, testare il materiale nelle stazioni di ricerca, fornire il materiale genetico da testare nei trials e registrare le selezioni effettuate. I ricercatori e gli agricoltori lavorano quindi insieme decidendo quali materiali reputano più opportuno selezionare durante le diverse fasi.