La gestione delle risorse genetiche vegetal
2.7 Opportunità per una visione complementare sul miglioramento genetico
In futuro il miglioramento genetico internazionale verrà notevolmente rafforzato se sarà possibile combinare i nuovi approcci emergenti a livello locale con gli attuali approcci tradizionali che governano il sistema mondiale, in modo da sfruttare i vantaggi di entrambi gli approcci, e rispondere concretamente alle necessità e preferenze degli agricoltori. Per raggiungere una visione complementare tra i due approcci, andranno affrontate tre livelli di sfida: tecnica, economica e istituzionale.
Sfide tecniche: Affinché l’approccio partecipativo al miglioramento genetico goda di
un riconoscimento generale, sarà necessario valutare su vasta scala i risultati generati da questo approccio. Molte delle metodologie attualmente in fase di sperimentazione nel PPB sono ancora in evoluzione, e i dati provenienti da questi metodi vengono spesso considerati poco credibili dall’establishment scientifico tradizionale. I ricercatori che lavorano nel miglioramento genetico convenzionale sostengono che i risultati del metodo partecipativo non provengono da una rigorosa analisi statistica. A prescindere dalla discussione sulla fondatezza della critica, tali atteggiamenti possono agire come un disincentivo all’adozione della ricerca partecipativa. Purtroppo, il problema di affidabilità non ha niente a che fare con la professionalità dei responsabili del miglioramento genetico partecipativo. In molti paesi, le autorità addette alla registrazione delle nuove varietà non sono ancora disposte a prendere in considerazione le varietà che derivano dal lavoro di selezione varietale del processo partecipativo. Inoltre, i rappresentanti della società sementiere possono anche essere riluttanti a rilasciare varietà di mercato generate dal PPB, soprattutto per le diseconomie di scala che caratterizzano gli ambienti molto eterogenei. D’altra parte, uno dei principali vantaggi del PPB è quello di fornire uno strumento di valutazione dei tratti varietali richiesti dagli agricoltori stessi. Tra questi rientrano il gusto, l’aroma, l’aspetto, la consistenza, e tutte quelle caratteristiche che determinano l’idoneità di una varietà particolare all’uso finale. Queste caratteristiche sono difficili da misurare quantitativamente, perché sono una funzione delle percezioni umane. Ciò pone un
grave problema per le nuove varietà vegetali, perché prima di poter essere selezionate, la caratteristica desiderata deve essere ben identificata e oggetto di valutazione. L’individuazione e valutazione degli attributi qualitativi o soggettivi richiede una stretta collaborazione tra ricercatori, scienziati sociali, e agricoltori. Le scienze sociali hanno tradizionalmente svolto un ruolo minore nella selezione varietale, ma, quando si tratta di individuare gli attributi soggettivi, il loro contributo diviene fondamentale perché si specializzano nello studio delle percezioni e delle preferenze umane.
Sfide economiche: Date le risorse disponibili sempre più limitate, anche la ricerca
risponde al requisito di efficacia in termini di costi-opportunità. I responsabili dei programmi di miglioramento varietale devono determinare in che modo gli approcci, sia globali che locali, possono essere combinati dal punto di vista economico. E’ sempre più diffusa l’idea che non sarebbe efficiente scegliere a livello globale un solo modello di miglioramento genetico, composto esclusivamente o dai programmi di riproduzione convenzionale o solo dai programmi di miglioramento partecipativo; anzi, se ragioniamo in termini di efficienza, sembra auspicabile che si scelga per l’adozione di una combinazione dei due modelli, i quali andrebbero considerati complementari piuttosto che in completa antitesi. Si pone dunque il quesito sulle modalità di allocazione delle risorse tra i rispettivi modelli di miglioramento varietale. Anche se si adottasse un criterio di scelta basato esclusivamente su un’impostazione economica al problema, la sfida rimane comunque ambiziosa, perché si tratta di allocare le risorse in modo tale che i programmi di miglioramento genetico convenzionale e partecipativo possano generare benefici marginali pressoché simili. Tuttavia, le difficoltà sorgono perché la valutazione dei programmi di miglioramento genetico tende ad essere legata ad alcune variabili che sono legate alle caratteristiche del progetto, quali le località in cui il progetto è realizzato, le caratteristiche delle materie prime, il ruolo delle istituzioni che implementano il progetto, le condizioni agro climatiche, le scelte e le preferenze degli agricoltori che collaborano nel processo di selezione, etc.
Inoltre, i primi lavori riguardanti l’analisi costi/benefici dei programmi di miglioramento partecipativo sono piuttosto recenti, è quindi difficile dare una valutazione generale dell’approccio. Sarà quindi importante approfondire il lato economico del miglioramento genetico - sia esso fondato sull’approccio convenzionale, sia sull’approccio partecipativo – affinché l’integrazione dell’approccio convenzionale con quello partecipativo possa basarsi su considerazioni di efficienza economica affidabili.
Gli aspetti di efficienza economica devono riguardare non solo gli aspetti più generali dei programmi di miglioramento genetico, ma merita un approfondimento anche il tema dei partecipanti al processo di miglioramento varietale. Per definizione, il PPB si fonda sulla partecipazione degli agricoltori. In molti casi, gli agricoltori che partecipano nel PPB devono contribuire con la propria terra, lavoro, e/o altri fattori di produzione, e può anche essere richiesto di incorrere in ulteriori rischi. Come minimo, devono contribuire in termini di ore di lavoro che avrebbero potuto essere impiegate in altre attività. L’idea di fondo al PPB è quella che, coinvolgendo gli agricoltori nel processo di miglioramento genetico, i programmi di selezione vegetale saranno in grado di produrre varietà più adatte alle esigenze degli agricoltori, e quindi con un tasso di
adozione più elevato, così da generare maggiori benefici a livello complessivo. E’ quindi importante comprendere come compensare gli agricoltori per il lavoro di selezione, il che vuol dire rispondere concretamente alle sfide istituzionali inerenti i regimi di proprietà intellettuale.
Le sfide istituzionali. Una terza serie di sfide che dovrà essere affrontata per
permettere l’integrazione dell’approccio convenzionale con la metodologia partecipativa riguarda il ruolo delle istituzioni. In questo caso, per istituzioni si intende non soltanto le autorità, ma anche le leggi, le normative e le procedure operative che attualmente regolano la gestione delle risorse genetiche vegetali a livello internazionale.
Come ampiamente dibattuto nel primo capitolo, la regolamentazione nazionale e internazionale attualmente esistente è molto stringente sulle modalità di valutazione, approvazione e rilascio delle nuove varietà vegetali. I paesi che hanno definito le procedure per il rilascio delle nuove varietà, hanno stabilito un iter tecnico e burocratico che rende particolarmente difficile l’approvazione di una nuova varietà vegetale (Tripp, 1997; Morris, 1998). Nella maggior parte dei paesi, le nuove varietà vegetali sono approvate solo se viene dimostrato che esse differiscono in modo significativo dalle varietà già presenti sul mercato, e se risultano essere stabili e uniformi. Le prove per registrare le nuove varietà consistono in valutazioni convenzionali condotte sotto la supervisione di un’autorità governativa. Tuttavia, I dati generati attraverso il PPB di solito non sono riconosciuti nelle linee guida di approvazione varietale. Le attuali procedure di regolamentazione dovrebbero quindi subire importanti revisioni per permettere alle varietà provenienti dal PPB di essere certificate.
Un’altra aspetto istituzionale che dovrà essere rivisto, sono le regole e le procedure per stabilire le modalità di compensazione e condividere i benefici derivanti dal miglioramento partecipativo. I regimi attualmente in vigore sul tema dei diritti di proprietà intellettuale stabiliscono che i benefici spettano al costitutore o direttamente al programma di miglioramento genetico che ha effettuato la selezione finale. Chiaramente, nei casi in cui sono gli agricoltori stessi che procedono alla selezione del materiale di incrocio e partecipano attivamente alle fasi di miglioramento, è indubbio che il loro contributo necessita di un riconoscimento formale, e quindi di una compensazione per il lavoro svolto.
Attualmente, non esiste a livello internazionale un sistema formale di riconoscimento dei diritti degli agricoltori in grado di compensare il ruolo svolto dagli agricoltori nella selezione varietale. Solo recentemente si è tentato di riconoscere il contributo degli agricoltori nel miglioramento delle varietà locali, ma finora non esistono esempi pratici che garantiscano uno strumento di compensazione formale. Le discussioni riguardano le difficoltà pratiche di determinare un livello equo di compensazione e il soggetto cui spetta ricevere concretamente il pagamento. La letteratura esistente sull’argomento sottolinea comunque l’inadeguatezza delle attuali leggi sulla proprietà intellettuale che potrà essere superata solo con una completa revisione degli attuali regimi di diritti di proprietà intellettuale, che tenga adeguatamente in considerazione il contributo degli
agricoltori alle fasi di conservazione, miglioramento e selezione varietale, anche all’interno di un approccio partecipativo.