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Altri risultati: Studi Aggiuntivi

Letteratura

Demjen e Bakal hanno esaminato la natura delle cognizioni esperite da un campione di cefalalgici (n= 44) nei momenti precedenti e durante l’insorgenza di un attacco di cefalea. I risultati dimostrano che le cognizioni esperite possono essere raggruppate in due categorie: cognizioni riguardanti lo stress e le cause dell’attacco; cognizioni riguardanti la sintomatologia cefalalgica. I risultati sembrano indicare inoltre che i soggetti che tendono a concentrarsi sulla sintomatologia riportano indici di gravità dell’attacco, di intensità e qualità del dolore e di insorgenza mattutina peggiori rispetto ai soggetti che si concentrano sulla situazione stressante. Un dato concordante, evidenzia la tendenza dei soggetti cefalalgici a concentrati sui sintomi, a negare i problemi e lo stress quotidiano. Gli autori avvalorano quindi l’ipotesi per cui i pazienti cefalalgici più gravi tendano ad effettuare uno spostamento cognitivo dallo stress interpersonale e situazionale al distress causato dal disturbo cefalalgico (Demjen & Bakal, 1986).

Crenca e collaboratori hanno confrontato la prevalenza dei disturbi del sonno fra bambini non cefalalgici (dati ricavati dalla letteratura) e quella dei bambini cefalalgici studiati. Il campione era formato da 1876 bambini cefalalgici con età compresa fra i 3 e i 14 anni; di questi 1073 (60,4%) presentano disturbi del sonno. Secondo gli autori, la prevalenza dei disturbi del sonno riscontrata nei bambini cefalalgici (60,4%) si discosta di molto dalla prevalenza riscontrata in letteratura per i bambini non cefalalgici (prevalenza del 25%) (Crenca, et al., 1999).

Aromaa et al. si sono occupati della sensibilità al dolore in bambini con cefalea primaria e nei loro genitori; ma anche della prevalenza dei dolori ricorrenti, della vita psicosociale e ambiente familiare dei bambini cefalalgici. Sono stati studiati 96 bambini con cefalea primaria di 6 anni; questi sono stati confrontati con 96 bambini non cefalalgici. I resoconti dei genitori dei bambini cefalalgici riportano nei loro figli un’estrema sensibilità al dolore, una forte agitazione riguardo agli esami fisici, crisi di pianto durante i prelievi e i vaccini, evitamento di giochi per paura di farsi del male e ricorrenti dolori addominali; i genitori dei bambini non cefalalgici non evidenziano queste tendenze nei loro figli. Secondo questo studio i padri dei bambini cefalalgici sono più sensibili al dolore rispetto ai padri dell’altro

118 gruppo. I bambini con cefalea, rispetto ai controlli, tendono a reagire alle situazioni stressanti con un maggior numero di sintomi somatici (dolore o disturbi intestinali), sentendosi più stanchi e riportando un maggior numero di fantasie di morte. Rispetto ai controlli, questi bambini hanno meno hobbies e sono meno autonomi nella propria cura quotidiana. Le madri dei bambini con cefalea tensiva risultano più sensibili al dolore rispetto alle madri dei bambini con emicrania; nelle famiglie dei bambini con cefalea tensiva, rispetto alle famiglie dei bambini emicranici si riscontra un’ambiente più povero, più infelice e relazioni più distanti fra i genitori (Aromaa, Sillanpaa, Rautava, & Helenius, 2000). Ochs e collaboratori hanno osservato 39 famiglie con un bambino o un adolescente affetto da emicrania o cefalea tensiva. Questi sono stati confrontati con famiglie in cui non vi erano bambini/adolescenti affetti da cefalea. Utilizzando questionari familiari è stata indagata la visione del proprio corpo e l’attribuzione causale della cefalea. I pazienti sperimentali assieme ai loro genitori valutano il proprio corpo meno positivamente e mostrano una più bassa consapevolezza verso la costituzione ed il funzionamento del proprio corpo. I pazienti clinici e i loro genitori tendono ad avere attribuzioni simili relative alla cefalea. Secondo gli autori l’esplorazione dei concetti legati al corpo e alla cefalea possono essere utili nel trattamento della cefalea in soggetti pediatrici (Ochs, Seemann, Franck, Verres, & Schweitzer, 2002).

L’obiettivo di Vazquez-Delgado et al. è stato quello di investigare le caratteristiche psicologiche e del sonno in due gruppi di pazienti: il primo con cefalea cronica quotidiana (CDH) e il secondo con disturbi temporo-mandibolari (TMD). 67 pazienti CDH sono stati appaiati per sesso ed età con 67 soggetti con dolore miofasciale (MP) e 67 soggetti con diagnosi di dolore intracapsulare (IC). Il gruppo CDH era composto da: emicranici cronici (n =35), cefalalgici tensivi cronici (n= 26) e soggetti con altra cefalea (n=6). Tutti i pazienti hanno completato una batteria di questionari psicologici e sulla qualità del sonno. Tutti i soggetti dei sottogruppi CDH mostrano profili psicologici e di qualità del sonno simili. Il gruppo CDH e quello MP riportano un livello di distress maggiore rispetto al gruppo IC su quasi tutti i domini psicologici; inoltre, i risultati del gruppo MP circa il distress (in tutti i domini psicologici) tendono ad essere più elevati rispetto al gruppo CDH. Non ci sono differenze significative tra i tre gruppi per quanto riguarda i sintomi da PTSD. La qualità del sonno è risultata essere significativamente peggiore nel gruppo MP rispetto agli altri due gruppi (Vazquez-Delgado, Schmidt, Carison, DeLeeuw, & Okeson, 2004).

L’obiettivo di Anttila et al. è stato quello di esaminare la correlazione fra sintomi psichiatrici ed emicrania e fra sintomi psichiatrici e cefalea tensiva nei bambini. Sono stati osservati 59

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119 bambini con emicrania, 65 con cefalea tensiva e 59 sani. I genitori hanno compilato la “Child Behavior Checklist” e la “General Functioning Scale of the McMaster Family Assessment Device”; i figli, il “Children’s Depression Inventory”. Dai risultati si evince che i bambini con emicrania, rispetto ai bambini sani, mostrano un numero significativamente maggiore di sintomi totali, ma anche un maggior numero di sintomi internalizzanti e somatici, di problemi familiari e sociali. Inoltre, i bambini con emicrania mostrano un numero significativamente superiore di sintomi somatici rispetto ai bambini con cefalea tensiva. I cefalalgici tensivi mostrano un numero significativamente maggiore di sintomi somatici e problemi familiari rispetto ai bambini sani (Anttila, et al., 2004).

Lo studio di Maizels e Burchette mira ad indagare la comorbidità tra sintomi somatici e cefalea. 289 pazienti cefalalgici sono stati sottoposti ad uno screening psichiatrico attraverso il “Primary Care Evaluation of Mental Disorders” (PRIME-MD). La prevalenza dei sintomi somatici è stata confrontata con la diagnosi, la frequenza e l’intensità della cefalea e con la diagnosi psichiatrica. Dallo studio risulta che i sintomi somatici sono statisticamente più frequenti: nei pazienti con emicrania cronica e cefalea cronica quotidiana rispetto a ai pazienti con emicrania episodica; nei soggetti con mal di testa grave per almeno 3 giorni alla settimana rispetto ai soggetti con cefalea grave per un numero di giorni pari o inferiore a 2 alla settimana; nei pazienti con diagnosi clinica di ansia e depressione, o entrambe, rispetto a soggetti che non hanno una diagnosi di depressione o ansia. I sintomi più comuni sono: stanchezza (73%), problemi di sonno (60%) e nausea ed indigestione (55%). Rispetto ad un campione di soggetti che si sono rivolti al medico di base, i pazienti con cefalea grave (> 2 giorni alla settimana) presentano un numero maggiore di sintomi somatici (P = .01) (Maizels & Burchette, 2004).

Lo studio di Harpole e colleghi ha avuto come obiettivo quello di valutare le problematiche legate alla gestione delle cefalee quali: disabilità, depressione e ansia, soddisfazione nelle cure, preoccupazioni per il mal di testa e utilizzazione dei servizi di cura. Dei 789 soggetti contattati, 385 hanno risposto al sondaggio. Questi pazienti riportano problemi significativi legati alla gestione della cefalea quali disabilità, dolore, preoccupazioni e insoddisfazione nelle cure. I pazienti che hanno descritto più invalidante la propria cefalea hanno riportato problematiche significativamente maggiori nelle aree sopracitate rispetto a quelli con una cefalea meno grave (Harpole, et al., 2005).

Lo scopo di uno studio del 2006 stato è quello di valutare il livello di alcuni aspetti del funzionamento cognitivo e intellettivo di bambini e adolescenti con cefalea tensiva ed emicrania. Il gruppo dei pazienti con emicrania era formato da 90 ragazzi, mentre quello

120 con cefalea tensiva da 35 ragazzi. I gruppi sono stati appaiati per sesso, età, età di comparsa della cefalea e durata della cefalea. I metodi utilizzati sono stati: le “Raven’s Progressive Matrices” per valutare l’intelligenza, il “Benton Visual Retention Test” (form: C; D method A) per valutare la memoria a breve termine visuo-spaziale, una versione abbreviata del “Rey Auditory Learning Test” (RAVLT), per misurare i processi di apprendimento e di memoria e due test per valutare l’integrazione visuo-motoria e visuo-percettiva che sarebbero il “Loretta Bender Gestalt Test” e il “Bender-Koppitz Test”. I bambini con emicrania, specialmente quelli senza aura, rispetto ai coetanei con cefalea tensiva, hanno ottenuto risultati migliori nel test di Raven, mostrando un maggior livello di intelligenza. I bambini con emicrania hanno risultati peggiori al test di Benton (memoria a breve termine visuo- spaziale) rispetto ai bambini con cefalea tensiva. L’integrazione visuo-motoria è risultata inferiore nei soggetti emicranici rispetto ai cefalalgici tensivi. I pazienti emicranici, soprattutto quelli con aura, hanno ottenuto punteggi inferiori al “RAVLT” (apprendimento e memoria) rispetto agli emicranici tensivi (Zgorzalewicz & Mojs, 2006).

Mclntyre et al. hanno studiato la prevalenza dell’emicrania nei soggetti con disturbo bipolare. Attraverso un sondaggio rivolto a 36984 soggetti della popolazione canadese è stata rilevata una prevalenza del 2,4% di soggetti con disturbo bipolare. Le persone con disturbo bipolare hanno riportato una prevalenza per l’emicrania maggiore rispetto alla popolazione generale (24,8% vs 10,3%; p < .05). Un’analisi dei dati, sesso specifica, ha evidenziato che la prevalenza della comorbidità dell’emicrania nei soggetti con disturbo bipolare è del 34,7% nelle femmine e del 14,9% nei maschi. Nei soggetti con disturbo bipolare di sesso maschile emicranici c’è una maggiore prevalenza di comorbidità con i disturbi d’ansia nell’arco della vita rispetto alla popolazione generale (Mclntyre, et al., 2006). Boardman e colleghi si sono prefissati di indagare quali fattori possano essere predittori di nuovi episodi di cefalea e quali fattori possano essere implicati nel recupero dagli attacchi. È stato condotto uno studio di coorte, avvalendosi di un sondaggio postale che ha riguardato un campione casuale di adulti con un’età pari o superiore ai 18 anni. Sono stati così creati due gruppi: il primo composto da soggetti che recentemente non avevano avuto attacchi di cefalea; il secondo composto da soggetti che presentavano attacchi recenti di cefalea. I dati raccolti alla base-line sui fattori di rischio, sono stati comparati con lo status della cefalea durante un follow-up di un anno. Negli intervistati che alla base-line non hanno riferito attacchi cefalalgici recenti si è visto che: le cefalee precedenti, la presenza di altri dolori, gravi problemi di sonno, l’assunzione di caffeina aumentano il rischio di sviluppare un nuovo episodio di cefalea. Negli intervistati che presentavano attacchi recenti alla base-line

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121 si è visto che: una cefalea meno severa, l’assenza di ansia e di problemi del sonno erano predittori di un prossimo recupero (Boardman, Thomas, Millson, & Croft, 2006).

L’obiettivo di Schur e colleghi era quello di esaminare l’interrelazione fra 9 condizioni mediche (le cui cause non sono perfettamente note) e psichiatriche: cefalea tensiva cronica; sindrome della fatica cronica; sindrome dell’intestino irritabile; fibromialgia; dolore lombare; dolore temporo-mandibolare; depressione maggiore; attacchi di panico; disturbo post traumatico da stress. I dati sono stati recuperati attraverso un sondaggio che ha coinvolto 3982 gemelli. 31 delle 36 correlazioni risultano significative. L’analisi delle classi latenti ha prodotto 4 classi: la prima (2% di prevalenza) presenta alte frequenze di ciascuna delle 9 condizioni; la seconda (8% di prevalenza) presenta un’alta percentuale di comorbidità fra condzioni psichiatriche; la terza (17% di prevalenza) mostra un’elevata correlazione fra depressione, dolore lombare e cefalea; la quarta (73% di prevalenza), è composta da soggetti generalmente sani. Secondo gli autori, i risultati suggeriscono che le condizioni mediche con cause non perfettamente note potrebbero condividere un eziologia comune (Schur, et al., 2007).

L’obiettivo di Afari et al. è stato quello di indagare la relazione fra disturbo post-traumatico da stess, ferite di guerra e mal di testa nei veterani di guerra dell’”Operation Iraqi Freedom” e dell’”Operation Enduring Freedom”. Ai 308 veterani dello studio è stato somministrata la “Davidson Trauma Scale”, al fine di valutare i sintomi post-traumatici; i soggetti hanno segnalato le loro ferite di guerra. La presenza del mal di testa è stata valutata attraverso una checklist self-report e tramite diagnosi medica. Il 40% dei veterani osservati soddisfa i criteri per un disturbo post-traumatico da stress. Il 40% dei partecipanti riporta una sintomatologia cefalalgica attuale; il 10% riporta una diagnosi di emicrania; il 12% riporta una diagnosi di cefalea tensiva; il 6% sia di emicrania che di cefalea tensiva. I risultati della regressione logistica mostrano che le ferite di guerra e il disturbo post-traumatico da stress, sono, indipendentemente l’uno dall’altro, predittori del mal di testa. Il disturbo post traumatico da stress risulta maggiormente correlato alla presenza di cefalea tensiva associata ad emicrania; le ferite di guerra sono maggiormente correlate all’emicrania (Afari, et al., 2009).

Lo studio Odegard e collaboratori si è occupato del rapporto fra disturbi del sonno e cefalee primarie. Il campione è stato selezionato casualmente tra i soggetti che hanno riportato disturbi del sonno al “Third Nord-Trondelag Health Survey”. A questi soggetti sono stati somministrati due strumenti per valutare i disturbi del sonno, che sono: il “Karolinska Sleep Questionnaire” (KSQ); la “Epworth Sleepiness Scale” (ESS). Tutti i soggetti sono stati

122 sottoposti a un’intervista semistrutturata per rilevare la presenza di cefalee primarie. Tra i 297 partecipanti, 77 non erano cefalalgici, 135 sono risultati essere cefalalgici tensivi, 51 sono risultati emicranici e 34 hanno riportato altre diagnosi di cefalea. Attraverso l’analisi multivariata con regressione logistica, è emerso che: negli emicranici l’eccessiva sonnolenza diurna è tre volte più frequente rispetto ai soggetti non cefalalgici. Gli emicranici presentano, con una frequenza cinque volte superiore rispetto ai controlli, disturbi severi del sonno; i soggetti con cefalea tensiva presentavano, con una frequenza tre volte superiore ai controlli, disturbi severi del sonno (Odegard, et al., 2010).

Lo studio svolto da Nazari, Safavi e Mahmudi ha esaminato la relazione tra emicrania e stile di vita in un campione di 170 donne che si sono rivolte a cliniche neurologiche o a centri di salute per problematiche cefalalgiche. E’ stato creato un gruppo di controllo composto da donne senza cefalea la cui condizione di vita era simile al gruppo sperimentale e che vivevano nella stessa zona. I dati sono stati ricavati da un questionario e da un’intervista. I risultati mostrano una relazione significativa tra abitudini alimentari, abitudini di riposo, di addormentamento, di assunzione di farmaci e l’emicrania. Non sono risultate significative le relazioni tra emicrania e fumo, esercizio e livelli di stress (Nazari, Safavi, & Mahmudi, 2010).

Lo studio di Tietjen et al. si pone come obiettivo quello di valutare in una popolazione di soggetti cefalalgici la relazione tra gli abusi infantili ed il relativo “neglect” con le caratteristiche della cefalea (tipo, frequenza, disabilità, allodinia ed età di insorgenza). Il campione di partecipanti è stato composto da 1348 soggetti con diagnosi di cefalea (88% femmine; età media 41 anni); di questi, il 40% soffriva di emicrania con aura, il 34% di cefalea cronica (≥ 15 gg/mese). Il passaggio da cefalea episodica a cronica è stata riportato nel 26% dei casi. La diagnosi di cefalea è stata posta in medicina di base; in questa sede si è annotata la frequenza mensile del mal di testa ed è stato chiesto se la propria cefalea avesse subito una trasformazione da episodica a cronica. Attraverso l’uso di questionari sono state ricavate informazioni riguardanti i fattori demografici, la storia sociale, l’età di insorgenza della cefalea e l’allodinia. Sono stati somministrati i seguenti questionari: “The Headache Impact Test-6” (disabilità associata alla cefalea); “Patient Health Questionnaire-9” (depressione attuale); “Beck Anxiety Inventory” (ansia); “Childhood Trauma Questionnaire” (storia e gravità degli abusi infantili e “neglect”). La prevalenza degli abusi è la seguente: il 21% dei partecipanti ha subito abusi fisici; il 25% abusi sessuali; il 38% abusi emotivi; il 22% mostra “neglect” fisico; il 38% “neglect” emotivo. Dall’analisi univariata risulta che gli abusi fisici ed emotivi ed il “neglect” correlano in maniera significativa con la cefalea cronica e con la

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123 cefalea cronica-ex episodica. Gli abusi emotivi correlano con la cefalea cronica quotidiana, con una grave disabilità cefalea dipendente e con l’allodinia. Anche dopo aver corretto i dati per i fattori sociodemografici e per ansia e depressione, i risultati rimangono i medesimi. La presenza di abusi emotivi correla con un età d’insorgenza più precoce della sintomatologia cefalalgica (Tietjen, G.E. et al., 2010).

Riva e collaboratori hanno confrontato 62 bambini con mal di testa (14 emicranici con aura; 29 emicranici senza aura; 19 cefalalgici tensivi) e 52 controlli non cefalalgici, i gruppi sono stati appaiati per età, sesso e intelligenza. Per verificare se nei soggetti cefalalgici vi fossero maggiori disfunzioni dell’attenzione, è stato somministrato il “Conner’s Continuous Performance Test”. I tre gruppi clinici non differivano fra loro nei livelli di attenzione. I soggetti con mal di testa sono caduti in un singolo compito; hanno mostrato tempi di reazione medi significativamente diversi rispetto ai controlli. In conclusione, lo studio conferma un’associazione fra problemi attenzionali e mal di testa. Il fatto che i tre gruppi clinici non abbiano mostrato differenze significative, supporta l’ipotesi per cui emicrania e la cefalea tensiva condividerebbero gli stessi meccanismi patofisiologici; tali ipotesi sono discusse alla luce di altri studi che si sono occupati del substrato psicofisiologico delle cefalee. (Riva, et al., 2011).

Uno studio del 2012 ha coinvolto 1856 bambini di età compresa fra i 5 e gli 11 anni. L’obiettivo di tale studio era quello di indagare i sintomi comportamentali ed emotivi come conseguenza dello status e della frequenza del mal di testa. La cefalea è stata valutata usando un questionario validato; i sintomi emotivi sono stati valutati attraverso la “Child Behavior Checklist” (CBCL). I soggetti con emicrania, rispetto ai controlli, riportano maggior numero di anormalità nei seguenti domini della CBCL: “somatico”; “ansioso-depressivo”; “sociale”; “attentivo”; “internalizzante”; punteggio totale. I soggetti con cefalea tensiva differiscono significativamente dai controlli negli stessi domini, ma in maniera minore rispetto agli emicranici. Nei bambini con emicrania, le problematiche affettive e comportamentali variano significativamente in funzione della frequenza del mal di testa, della razza di appartenenza e del livello economico. Nei bambini con cefalea tensiva, il genere, l’età e la frequenza della cefalea sono correlate a punteggi anormali alla CBCL. L’emicrania e la cefalea tensiva risultano associate ai sintomi comportamentali in diversi domini e la frequenza del mal di testa influenza questa associazione. I sintomi internalizzanti sono comuni nei bambini con cefalea, mentre quelli esternalizzanti non sono risultati significativamente maggiori in questa popolazione rispetto ai controlli (Arruda & Bigal, 2012).

124 Lo studio trasversale di Kroner-Herwig e Gassmann ha coinvolto un campione, selezionato in maniera casuale, formato da bambini ed adolescenti (n= 3399; range età: 9-15 anni). Lo studio aveva come obiettivo quello di valutare le associazioni tra le variabili psicosociali e le cefalee primarie (cefalea tensiva ed emicrania). Un gruppo di soggetti senza cefalea è servito da controllo. Un questionario ha permesso di rilevare i dati relativi alle variabili psicologiche (es. sintomi internalizzanti), ai fattori comportamentali (es. attività fisica) e ai fattori socio- ambientali (es. eventi di vita). Con la regressione logistica sono state valutate le associazioni con l’emicrania, la cefalea tensiva e con i mal di testa altrimenti classificati. I tratti psicologici maladattivi sono correlati alle cefalee (in particolare all’emicrania) in misura maggiore rispetto ai fattori socio ambientali e comportamentali. (Kroner-Herwig & Gassmann, 2012). Lo scopo di uno studio del 2013 è stato quello di valutare se determinati fattori siano veramente rischiosi per lo sviluppo delle cefalee primarie: fumo; consumo di caffè; uso di alcolici; inattività fisica; dolori muscolari alla testa, alla schiena o alle spalle; stress cronico. 1260 studenti hanno compilato dei questionari riguardanti la cefalea, la dieta e lo stile di vita. Sono state valutate il tipo di cefalea e le lamentele riguardo alla salute, quali: vertigini, dolori addominali, dolori muscolo-scheletrici, sintomi di possibile sindrome da fatica cronica. Il 18% delle cefalee non mostrano in associazione gli altri sintomi elencati; il 78% di queste, erano cefalee tensive. È stata riscontrata un’associazione significativa fra quasi tutti i fattori di rischio e la cefalea, solo negli adolescenti che presentano anche altre lamentele sulla salute (Lehmann, Milde-Busch, Straube, von Kries, & Heiner, 2013).

L’obiettivo di un altro studio del 2013 è stato quello di indagare i fattori predittivi di una scarsa qualità del sonno negli emicranici. L’intensità della cefalea è stata valutata con la Scala Visuo-Analogica (VAS), la qualità del sonno con il “Pittsburgh Sleep Quality Index” (PSQI); l’ansia e la depressione sono state valutate con l’”Hospital Anxiety and Depression Scale” (HADS). I soggetti osservati erano 211 emicranici, dei quali 130 (61,61%) presentavano una scarsa qualità del sonno. Secondo gli autori i fattori predittivi primari per una scarsa qualità del sonno negli emicranici sono la storia dell’emicrania e la comorbidità con ansia e/o depressione (Zhu, et al., 2013).

L’obiettivo di Esposito e collaboratori è stato quello di valutare la prevalenza degli stili di attaccamento e la sua correlazione con le principali caratteristiche degli attacchi emicranici, in un campione di bambini in età scolastica affetti da emicrania senza aura (MoA). I gruppi osservati erano i seguenti: il primo gruppo era formato da 219 soggetti con MoA (103 maschi e 116 femmine; età tra i 6 e gli 11 anni); il gruppo di controllo era formato da 381 soggetti sani (174 maschi e 207 femmine; età tra i 6 e gli 11 anni). Entrambi i gruppi sono stati selezionati

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