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Revisione della letteratura: aspetti psicologici delle cefalee primarie

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Academic year: 2021

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Psicologia Clinica e della Salute

Presidente Prof. Angelo Gemignani

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Revisione della Letteratura: Aspetti Psicologici delle

Cefalee Primarie

Relatore

Dott. Antonio Puleggio

Candidato

Mirella Baldi

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Sommario

Introduzione

... ………1

Cosa sono le Cefalee Primarie

... 3

1.1 . Le pri n ci pa li f orm e di Cefa le a Pri m ari a ... 4

1. 2. Fi s i o pa to lo gi a de l le Ce fale e Pri m ari e ... 8

1.3 . Ezi o lo gi a d el l ’E mi cra ni a ... 11

1. 4. Cli ni ca de l le Cef al ee P ri mari e ... 12

1.4.1. Cefalee Primarie e ICHD-III versione beta ... 14

1. 5 . Di a g nos i e tra t ta me nt o de l le Cefa le e Pri m ari e ... 25

Cenni storici: Cefalee Primarie e Psicologia

... 33

2. 1. Le Cefa le e Pri mari e e l a pros p et ti va di S. Fre u d ... 34

2. 2 . Le Cefa le e Pri mari e e l a pros p et ti va psi co an a l i ti c a ... 37

2. 3. Cefa le e Pri m ari e e pers on ali tà : H . G . Wo lff e O. Sa c ks ... 40

Revisione della letteratura: aspetti psicologici delle Cefalee Primarie

... 47

3.1 . In t ro du zi o ne ... 47

3. 2. Ri s ul t ati ... 48

3.2.1. Cefalee Primarie e Personalità ... 49

3.2.2. Cefalee Primarie e Alessitimia ... 61

3.2.3. Cefalee Primarie e Stress ... 65

3.2.4. Cefalee Primarie e Gestione della Rabbia ... 80

3.2.5. Cefalee Primarie, Ansia e Depressione ... 87

3.2.6. Altri Risultati: Trattamenti non Farmacologici ... 109

3.2.7. Altri risultati: Studi Aggiuntivi ... 117

3.3 . Di s cu s s i o ne... 126 3.3.1. Limiti e Prospettive ... 132

Conclusioni

... 134

Appendice

... 137 Ta be ll e ri as s u n ti v e d el la le t ter at ur a ... 137

Bibliografia e Sitografia

... 150

Ringraziamenti

... 180

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(4)

Introduzione

1

Introduzione

Le cefalee primarie sono disturbi dolorosi non sostenuti da condizioni organiche sottostanti; la loro eziologia non è del tutto nota ma presumibilmente coinvolge sia fattori di natura biologica e genetica che di tipo ambientale e psicologico. Sono patologie molto diffuse nella popolazione generale tanto da costituire un problema sia individuale che di natura sociale, determinando ingenti costi sia di tipo diretto che indiretto, ma anche intangibili di natura psichica, imputabili al dolore, alle comorbidità psichiatriche, all’impatto emotivo che la malattia provoca nell’individuo affetto e nei suoi familiari. L’accezione comune è quella di considerare il mal di testa come un disturbo trascurabile, tanto da non necessitare neppure una consultazione medica, quasi costituisse una condizione normale per la vita dell’individuo. Ma anche nei casi altamente invalidanti, per cui il soggetto desidera farsi curare, talvolta la mancanza di collaborazione e la scarsa validazione della propria esperienza di malattia attraverso la locuzione “è un banale mal di testa” in sede di assistenza primaria, può spingere il soggetto ad abbandonare l’idea di farsi curare. Può quindi capitare che il paziente finisca per occuparsi da solo della sua salute, intraprendendo autonomamente esami diagnostici costosi ed inutili, alle volte abusando di analgesici, rischiando la cronicizzazione degli attacchi. Sebbene la cefalea (idiopatica) non abbia alcuna implicazione sull’aspettativa di vita, può compromettere in maniera significativa la qualità della vita (QoL) di chi ne soffre, in particolare l’emicrania, collocata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al diciannovesimo posto (al dodicesimo posto per le donne) nella classifica delle malattie più invalidanti. Ma il mancato riconoscimento dell’esperienza di malattia del soggetto, il ridotto funzionamento in termini lavorativi, la possibilità di sviluppare comorbidità psichiatriche secondarie, le implicazioni sociali, non sono altro che aspetti di una delle due facce della medaglia. Così come la biologia ha implicazioni sul piano psichico e sociale, anche gli aspetti psichici possono intervenire nella genesi e nell’evoluzione di una malattia. Le cefalee primarie per definizione non sono la conseguenza sintomatica di altre patologie e non avendo un’eziologia del tutto nota, sono condizioni in cui il vissuto emotivo di che ne soffre probabilmente è amplificato. Da qui l’idea di esplorare quelli che potrebbero essere alcuni degli aspetti psicologici correlati alle cefalee primarie, con l’auspicio che in futuro i contributi della psicologia possano condurre, assieme alla medicina, ad una maggiore conoscenza di questa condizione per una migliore gestione del paziente cefalalgico nella sua complessità.

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2 Il primo capitolo di questo lavoro ha l’obiettivo di fornire una breve descrizione delle principali forme di cefalea primaria, ovvero: le emicranie, che sembrerebbero la forma di cefalea che più delle altre comprometterebbe la qualità della vita; le cefalee tensive, che sarebbero quelle a più alta prevalenza e nella cui eziopatogenesi sembrerebbero implicati, più che nelle altre forme, fattori di tipo psico-sociale; le cefalee a grappolo, eccezionalmente a più elevata prevalenza nella popolazione maschile. Ci siamo dunque occupati della fisiopatologia, dell’eziologia, della clinica, in particolare dell’”International Classification of Headache Disorder” (ICHD), oltre che della diagnosi e del trattamento delle forme cefalalgiche sopra citate. Il secondo capitolo è un breve excursus storico nell’ambito della psicologia, da S. Freud, il quale non adottò mai alcun trattamento analitico con i pazienti affetti da mal di testa, agli psicoanalisti che consideravano la patogenesi delle cefalee primarie come psicogena; per concludere poi con G.H.Woolf, che fu fra i primi a occuparsi dello studio dei tratti di personalità del cefalalgico utilizzando metodi suscettibili di verifiche empiriche e con O.Sacks, noto neurologo e scrittore inglese, autore di una famosa monografia sull’emicrania: “Migraine”. Nel terzo capitolo abbiamo riportato la letteratura risultante dalle seguenti ricerche, effettuate sulla banca dati di PubMed: “primary headache AND personality”; “primary headache AND alexithymia”; “primary headache AND temperament”; “primary headache AND temperamental”; “primary headache AND anger”; “primary headache AND hostility”; “primary headache AND stress”; “primary headache AND depression”; “primary headache AND anxiety”. Gli studi ricavati sono stati suddivisi in base all’argomento trattato: personalità; alessitimia; stress; gestione della rabbia; ansia e depressione; altri risultati (trattamenti non farmacologici; studi residui). Ogni argomento viene introdotto da una breve descrizione del costrutto in questione e dei principali strumenti standardizzati utilizzati per misurarlo.

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Cosa sono le Cefalee Primarie

3

Cosa sono le Cefalee Primarie

Con il termine cefalea si definisce un dolore a localizzazione prevalentemente neurocranica la cui topografia non coincide necessariamente con il territorio di distribuzione di singoli tronchi nervosi1 (Alessandri, M.; Fanciullacci, M, 2003). Si tratta di un disturbo doloroso,

ricorrente o cronico che può essere secondario a patologie intracraniche, sistemiche e neurologiche, o di tipo primario; condizione quest’ultima decisamente più frequente. Le cefalee primarie sono caratterizzate da stati dolorosi (acuti o cronici) a livello cranico non dipendenti da nessuna causa evidente e rappresentano le patologie più frequenti del sistema nervoso presentandosi più comunemente nella forma di: cefalea tensiva, emicrania e cefalea a grappolo (AIC-onlus, s.d.). La cefalea non può essere identificata esclusivamente con il dolore, poiché questo è sempre accompagnato da un certo grado di disabilità2; di

conseguenza, nonostante la sostanziale benignità in termini prognostici, la cefalea ha sempre un forte impatto sulla qualità della vita dei soggetti affetti, riducendo il loro funzionamento sia in termini lavorativi che sociali (Stovner, L.J., 2006). Ciò nonostante, le conseguenze della cefalea non si limitano alla riduzione del funzionamento del soggetto affetto, poiché i problemi che ne derivano interessano anche la sfera economica: si stima che in Europa l’emicrania comporti costi pari a 27 miliardi di euro l’anno tra ridotta produttività e giorni di lavoro persi (AIC-onlus, s.d.). Tale disturbo è molto diffuso nella popolazione generale, ed è stato calcolato che il 90% degli individui lamenti un attacco di dolore al capo almeno una volta nella vita (De Simone, R., 2008). Anche restringendo l’osservazione alle forme ad elevata frequenza di presentazione la prevalenza delle cefalee resta molto alta: il 15% della popolazione ha dolore almeno una volta al mese; il 4% per almeno 15 giorni al mese e l’1-2% quotidianamente (De Simone, R., 2008). A livello europeo, nella popolazione adulta il 46% della popolazione ha una cefalea primaria, il 42% una cefalea di tipo tensivo, l’11% emicrania, e il 3% una cefalea cronica (Stovner, et al., 2007). Per quanto concerne le differenze di genere si è visto che le cefalee tensive sono poco più frequenti nel sesso femminile rispetto a quello maschile, con un rapporto di 5:4; le maggiori differenze si osservano per le emicranie, con un rapporto di 2-3:1, soltanto nel periodo post-puberale (Stovner, et al., 2007). A differenza dell’emicrania e della cefalea tensiva, la cefalea a

1

Tale definizione intende separare la cefalea dalla nevralgia cranica; in quest’ultimo caso il dolore si sovrappone al territorio di distribuzione dei nervi cranici o spinali.

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4 grappolo colpisce invece con una netta prevalenza il sesso maschile, e in maniera ancora più evidente nella forma cronica, registrando un rapporto uomo/donna di 3:1 (Torelli, Beghi, & Manzoni, 2005). Per quanto riguarda l’incidenza, il tasso riportato è pari a 24 nuovi casi l’anno su 1000 abitanti nelle femmine e 6 nuovi casi su 1000 abitanti l’anno per gli uomini (Breslau, Chilcoat, & Andreski, 1996). Anche nell’età evolutiva è molto frequente soffrire di cefalee; numerose anche in questo caso sono le cause e le forme. Nell’età evolutiva l’incidenza del disturbo è del 2,5%, generalmente compare prima dei 4-5 anni di vita e non vi è una differenza significativa fra i sessi; si ammette comunque una predisposizione familiare al disturbo (Moretti & Grossi, 2007). Interessante poi, il rapporto fra cefalea ed epilessia: è stato visto che il 20% degli epilettici soffre di crisi cefalalgiche e in alcuni casi la crisi cefalalgica è un equivalente epilettico (Moretti & Grossi, 2007). Per quanto riguarda il versante psichiatrico esiste una forte associazione fra cefalee primarie e disturbi d’ansia (Marchesi, et al., 1989), così come fra cefalee primarie e disturbi dell’umore (Carolei, Di Perri, Magaudda, & Verri, 2000). Nonostante il mal di testa sia una delle patologie che si riscontra più frequentemente, spesso è misconosciuta dal paziente, mal diagnosticata dal medico e conseguentemente, non debitamente curata (Barbanti, P., s.d.). La diagnosi esatta del tipo di cefalea di cui soffre il soggetto è essenziale innanzitutto ad escludere un’eziologia secondaria riconducibile a condizioni più o meno gravi e in via generale a definire una terapia corretta. La diagnosi è puramente clinica: dopo che il paziente è stato sottoposto a un esame medico di tipo generale e ad un esame neurologico, solo il colloquio attento e approfondito consentirà di ricostruire le caratteristiche specifiche di quel tipo di cefalea. Nonostante la semplicità della diagnosi, spesso i pazienti intraprendono per proprio conto esami diagnostici costosi alla ricerca della causa della propria cefalea, che si riveleranno inutili proprio perché per definizione per le cefalee primarie non esiste un correlato anatomo-funzionale rilevabile con le metodiche attualmente a disposizione.

1.1.

Le principali forme di Cefalea Primaria

Emicrania

L’emicrania è una cefalea primaria caratterizzata da attacchi cefalalgici di intensità moderata o forte, contraddistinta da dolore “pulsante” generalmente a localizzazione unilaterale; questa viene aggravata dai movimenti ed è associata a nausea e a fotofobia e meno frequentemente al vomito (Brabdes, 2008). L’emicrania può assumere un andamento “evolutivo” e divenire quasi quotidiana; in questi casi si parla di emicrania cronica (Manack,

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Cosa sono le Cefalee Primarie

5 Buse, & Lipton, 2011). Esistono due principali forme di questo disturbo: “l’emicrania con aura”, in cui la cefalea è preceduta da sintomi neurologici transitori e reversibili e “l’emicrania senza aura” in cui tali sintomi sono assenti. Entrambe le forme possono essere preannunciate da vaghi segni, quali variazioni dell’umore o modificazioni dell’appetito. L’emicrania con “aura” è caratterizzata da un chiaro disturbo nervoso, molto spesso di tipo visivo, che esauritosi nel giro di pochi minuti, lascia spazio a un’emicrania generalmente accompagnata da nausea; solitamente la durata varia da due ore a due giorni. L’emicrania senza aura è, invece, caratterizzata da un esordio inatteso. Negli intervalli liberi dagli attacchi, il paziente è asintomatico. Esistono poi altre forme di emicrania, ma queste sono più rare. E’ molto frequente che gli attacchi emicranici si presentino per la prima volta nell’adolescenza, nel periodo della pubertà, ma non è infrequente che si riscontrino anche nel bambino. In quest’ultimo caso la sintomatologia può essere equiparata a quella dell’adulto o presentarsi attraverso i c.d. “equivalenti emicranici” (es. vomito frequente; mal d’auto; episodi confusionali acuti) (Cambier, Masson, Masson, & Dehen, 2012). L’emicrania tende ad attenuarsi con l’età (intensità e frequenza), e nelle donne soprattutto dopo la menopausa. Tale patologia ha un notevole impatto sulla vita sociale, lavorativa ed economica dei soggetti affetti, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) colloca l’emicrania al diciannovesimo posto (al dodicesimo posto per le donne) nella classifica delle malattie più invalidanti (Stovner, et al., 2007). La patologia colpisce 1 persona su 8 (Brandes, 2009) con una prevalenza che oscilla fra il 15% e il 18% nel sesso femminile e fra il 6% e il 12% nel sesso maschile, con un rapporto pari a 2-3:1 fra femmine e maschi. I fattori ormonali sono da considerarsi i principali fattori responsabili di tale rapporto (Bigal, M.E.; Lipton, R.B., 2009); tant’è che l’aumento della prevalenza nel sesso femminile coincide con l’epoca del menarca, che nei paesi industrializzati si verifica all’età media di 12 anni (Abu-Arafeh, I; Razak, S.; Sivaraman, B.; Graham, C., 2010) e tende a decrescere con l’avanzare dell’età, restando comunque prevalente nel sesso femminile (Bigal, M.E.; Liberman, J.N.; Lipton, R.B., 2006) (Victor, Hu, Campbell, Buse, & Litpon, 2010). La prevalenza dell’emicrania senza aura (6-9%) è superiore a quella dell’emicrania con aura (4%) (Lay & Broner, 2009). Su un campione di soggetti con età compresa fra i 25 e i 64 anni, l’incidenza di questa condizione è risultata essere dell’8,1 per 1000 persone/anno, con un rapporto F:M di 6,2:1 (Lyngberg, Rasmussen, Jorgensen, & Jensen, 2005). . La prevalenza dell’emicrania appare associata anche ad alcune variabili socio-demografiche, risultando maggiore nei soggetti con un livello socio-economico inferiore (Stewart, Lipton, Celentano, & Reed, 1992).

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6 Considerato il forte impatto negativo dell’emicrania sulla qualità della vita e i dispendiosi costi sociali che comporta, si raccomanda un inquadramento precoce, che coinvolga primariamente i medici di medicina generale e poi i centri specialistici, poiché grazie alle più recenti acquisizioni patogenetiche, è possibile intervenire in maniera più specifica che nel passato (Diamond, Wenzel, & Nissan, 2006) (Stovner, et al., 2007).

Cefalea Tensiva

La cefalea tensiva è la più comune forma di mal di testa (Ropper & Brown, 2006); questa è caratterizzata da ricorrenti episodi di dolore di intensità variabile che oscilla da lieve a moderato. A differenza dell’emicrania, non si aggrava con l’attività fisica e si manifesta solamente con pochi o con nessun sintomo in accompagnamento. Il dolore che la caratterizza, viene generalmente descritto come gravativo, costrittivo, a fascia e “a casco” (Pini & Prudenzano, 2010); solitamente bilaterale, spesso a prevalenza occipito-nucale, temporale o frontale, oppure esteso in maniera diffusa al vertice del cranio. Tratto distintivo per eccellenza di questo tipo di cefalea è la sua durata; di norma tende a manifestarsi in maniera continua per lunghi periodi di tempo. Ha un esordio più graduale dell’emicrania, ma una volta insorta può persistere con modeste fluttuazioni per settimane, mesi o anni; non disturba il sonno e si presenta ogni mattina appena svegli (Ropper & Brown, 2006). La frequenza delle crisi è altamente variabile fra gli individui ma anche nello stesso individuo in periodi diversi, ed è proprio la frequenza ad essere considerata uno dei parametri più importanti per valutarne l’impatto sulla vita sociale e lavorativa (Russell, Levi, Saltyte-Benth, & Penger, 2006). La cefalea tensiva, più delle altre sembra essere associata ad altre condizioni psicopatologiche e soprattutto ad ansia e depressione e tale comorbidità è un parametro fondamentale nella scelta del trattamento (Rasmussen & Lipton, 2000). Per questo tipo di cefalea è raro l’esordio in età evolutiva, comunemente riscontrabile invece intorno alla mezza età. I dati sull’epidemiologia della cefalea tensiva risultano discordanti per due motivi. La prima causa è attribuibile al fatto che in passato non esisteva omogeneità nel descrivere i criteri diagnostici di questa entità clinica; l’altro motivo è riconducibile al fatto che gli studi epidemiologici sulle cefalee tensive abbiano talvolta incluso, ed altre volte escluso dallo studio, le cefalee tensive a bassa frequenza (Rasmussen & Lipton, 2000). In ogni caso, la forma tensiva risulta essere la forma più frequente di cefalea (Russell, Levi, Saltyte-Benth, & Penger, 2006). Circa l’86% degli individui della popolazione generale soffre di questa condizione e anche in questo caso la prevalenza risulta più elevata nel sesso

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Cosa sono le Cefalee Primarie

7 femminile (92,5%) rispetto a quello maschile (78,9%). Sia la forma episodica frequente che quella cronica sono più ricorrenti nel sesso femminile. La prevalenza annuale di cefalea episodica sporadica è del 63,5%; quella della cefalea episodica frequente del 21,6% e quella di tipo cronico dello 0,9%. La comorbidità con l’emicrania investe una percentuale variabile di soggetti: fra il 7-16% degli uomini e l’8,2-31% delle donne (Russell, Levi, Saltyte-Benth, & Penger, 2006). Considerata la tendenza alla cronicizzazione e la frequente comorbidità di questa entità clinica con le patologie somatiche e/o psichiche, nonché la possibilità che vi sia un coinvolgimento dei fenomeni di sensibilizzazione periferica e centrale nella sua patogenesi, è raccomandato un intervento tempestivo che contrasti tali fenomeni (Pini & Prudenzano, 2010).

Cefalea a Grappolo

Per indicare tale entità clinica, in italiano si parla di “cefalea a grappolo” perché tale termine deriva dalla traduzione letterale di “cluster headache” introdotta nel 1952 da Kunkle (Kunkle et al., 1952). Gli attacchi sono caratterizzati da dolore intenso, costantemente monolaterale, orbitario, sovra-orbitario e temporale, o in varie combinazioni di queste sedi. Il dolore viene avvertito in profondità, attorno all’occhio, è di norma intenso e non pulsante e spesso si irradia alla fronte, alla tempia, alla guancia e meno frequentemente all’orecchio, all’occipite e al collo. Gli attacchi hanno una durata che può variare dai 15 ai 180 minuti e si manifestano con una frequenza variabile, che può oscillare da una volta ogni due giorni fino a otto volte al giorno; può insorgere anche di notte. Il termine degli attacchi può essere repentino così come l’insorgenza, oppure graduale. La cefalea a grappolo tende a manifestarsi con regolarità, alla stessa ora, tutti i giorni, generalmente per un periodo che può variare dalle 6 alle 12 settimane, dopodiché per diversi mesi o anni si assiste alla completa remissione degli attacchi. Questi si possono associare ad altri segni omolaterali al dolore, quali: l’iniezione congiuntivale, la lacrimazione, la congestione nasale, la rinorrea, la sudorazione della fronte e del volto, miosi, ptosi ed edema delle palpebre. Molti pazienti inoltre mostrano irrequietezza o agitazione durante l’attacco. I dati sulla prevalenza riportano un interessamento dello 0,1-0,3% della popolazione generale (Ekbom, Ahlborg, & Schele, 1978) (Broner & Cohen, 2009). Il rapporto tra forma episodica e cronica è di circa 6:1 (Fischera, Marziniak, Gralow, & Evers, 2008). La cefalea a grappolo ha una prevalenza maggiore negli uomini che nelle donne con un rapporto M:F di 3:1 (Manzoni & Stovner, Epidemiology of headache, 2010), manifestandosi soprattutto nei giovani adulti maschi fra i 20 e i 50 anni di

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8 età. L’età media di esordio di questa patologia si aggira intorno ai 29-30 anni di età, anche se non è da escludere un esordio nell’infanzia o dopo i 50 anni (Sjaastad, 1992) (Lampl, 2002).

1.2. Fisiopatologia delle Cefalee Primarie

La cefalea può originare da molte strutture craniche, innervate principalmente da fibre nocicettive di pertinenza del nervo trigemino, ma anche del nervo facciale, vago, glossofaringeo, secondo e terzo cervicale. La via del dolore trigeminale è costituita da tre neuroni il cui corpo cellulare è localizzato nel ganglio di Gasser, nel nucleo trigeminale caudale e nel nucleo postero laterale del talamo. Vi è poi, una modulazione delle afferenze nocicettive, in senso inibitorio, da parte di circuiti neuronali discendenti.

Nel nervo trigemino si possono distinguere tre branche periferiche: la branca oftalmica3

(sensitiva); la branca mascellare4 (sensitiva); la branca mandibolare5 (sensitiva e motoria).

La cefalea implica l’attivazione delle fibre dolorifiche che innervano le strutture algogene intra6 e/o extracraniche7. In genere il dolore che origina dalla fossa cranica anteriore e media

è in gran parte trasmesso dalla branca oftalmica del nervo trigemino ed è riferito principalmente all’occhio e alle regioni frontoparietali, mentre il dolore originante dalla fossa cranica posteriore viene percepito posteriormente rispetto ad una linea ideale che collega le orecchie. La cefalea, come ogni altra sensazione dolorosa, origina dalla complessa interazione di fattori neurofisiologici e psichici. Questo evento doloroso va oltre il semplice fenomeno percettivo, acquisendo la connotazione di una vera e propria esperienza emozionale e cognitiva. Solo il soggetto colpito da cefalea può definire il grado di sofferenza generatosi, dipendendo strettamente dalla peculiare struttura di personalità dello stesso.

3 La branca oftalmica con i rami terminali nosociliare, frontale e lacrimale si distribuisce al vertice, alla fronte, alla palpebra superiore, alla cornea, alla congiuntiva, al dorso del naso, alla mucosa dei seni frontale, etmoidale e sfenoidale, alla parte superiore della fossa nasale.

4 Innerva la cute dalla parte anteriore della regione temporale, della palpebra inferiore, della guancia, dell’ala del naso e del labbro superiore; innerva poi la mucosa del seno mascellare, della parte inferiore della fossa nasale, della volta del palato, della gengiva e dell’arcata dentaria superiore.

5 Si distribuisce alla cute della parte posteriore della regione temporale, alla parte anteriore della membrana timpanica, alla cute della regione inferiore della guancia, del labbro inferiore e del mento, all’arcata dentaria inferiore, alla gengiva e ai muscoli masticatori.

6 Strutture intracraniche: seni venosi; arterie della dura madre; arterie della base cranica; una parte della dura madre, dell’aracnoide e della pia madre della base cranica

7 Strutture extracraniche: occhio; cuoio capelluto; muscoli della testa; periostio; mucose del naso e dei seni paranasali; arterie; orecchio medio ed esterno; denti.

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Cosa sono le Cefalee Primarie

9 Emicrania

Tra le molte teorie che si sono susseguite negli anni sulla fisiopatologia dell’emicrania, merita di essere ricordata “la teoria vascolare”, che deriva dalle evidenze sull’efficienza dell’ergotomina dimostrate da John Graham e Wolff nel 1938. Secondo questa ipotesi la causa dell’emicrania può essere ricondotta ad un’alterazione dell’attività dei vasi cerebrali, che, attraverso un processo di costrizione-dilatazione, produce il classico dolore pulsante dell’emicrania. La teoria vascolare dell’emicrania resterà a lungo quella più accreditata e solo nei primi anni ’80 cederà il posto a quella “neuro-vascolare”, tutt’ora considerata la più avvalorata. Secondo la teoria neuro-vascolare, la crisi emicranica comporterebbe un’alterazione funzionale transitoria a carico di tre strutture, che sarebbero: l’ipotalamo, la corteccia cerebrale e il tronco dell’encefalo. Le alterazioni della vigilanza, dell’appetito e del tono dell’umore, quali manifestazioni prodromiche dell’attacco, sarebbero assoggettabili a una disfunzione ipotalamica. L’aura emicranica sarebbe invece dovuta ad una depressione corticale invalidante (spreading depression di Leao); questo fenomeno elettrico comporta inizialmente una breve fase di eccitazione neuronale e subito dopo un’inibizione che si estende lentamente nella corteccia. A livello corticale è presente anche un’ipoperfusione estesa e più duratura della spreading depression. Questo processo può essere accompagnato da alterazioni biochimiche locali, fra cui un aumento del potassio extracellulare che andrebbe a stimolare le terminazioni nocicettive trigeminali della meninge sovrastante. E’ ipotesi condivisa che la spreading depression sia un processo sotteso anche alle forme emicraniche senza aura; tale fenomeno non sarebbe responsabile solamente della manifestazione clinica dell’aura ma anche dell’attivazione delle terminazioni nocicettive. Si ipotizza che le anomalie dei canali ionici, evidenti nelle emicranie emiplegiche familiari, siano chiamate in causa nell’insorgenza del fenomeno della spreading depression. Una disfunzione a carico di alcuni nuclei del tronco dell’encefalo, in particolare l’attivazione del locus coeruleus e a carico della sostanza grigia periacqueduttale potrebbe essere l’evento primitivo responsabile della spreading depression, dell’ipofunzione corticale e della sensibilizzazione delle afferenze, in particolare di quelle nocicettive trigeminali. Questo meccanismo potrebbe spiegare i sintomi sensitivo-sensoriali tipici dell’emicrania quali, fotofobia e fonofobia, nonché allodinia (Cambier, Masson, Masson, & Dehen, 2012).

Cefalea Tensiva

I meccanismi fisiopatologici della cefalea tensiva sono meno conosciuti rispetto a quelli che sottendono l’emicrania, tuttavia sono state sviluppate due ipotesi, una “periferica” e una

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10 “centrale”. Secondo l’ipotesi periferica l’origine del dolore sarebbe localizzabile nei muscoli e nelle aponeurosi pericraniche. Alcuni autori, che condividono quest’idea, attribuiscono un ruolo centrale a determinati fattori locali come le lesioni degenerative del rachide cervicale. L’ipotesi centrale è invece quella più comunemente accettata. Secondo questa posizione, il principale fattore favorente lo scatenamento e l’aggravamento della cefalea tensiva sarebbe lo stress psicosociale. Nonostante il ruolo fondamentale attribuito allo stress e al fatto che spesso la cefalea tensiva sia in comorbidità con depressione e ansia, non si tratta di una cefalea di tipo psicogeno. I meccanismi che la sottendono sono dovuti a un deficit del controllo centrale della nocicezione, i cui neuromediatori sono implicati anche in ansia e depressione (Cambier, Masson, Masson, & Dehen, 2012). Secondo questa recente accezione, la cefalea di tipo tensivo sarebbe la manifestazione di un’alterazione a carico dei meccanismi di facilitazione/inibizione del dolore. Nelle forme croniche si ipotizza vi sia un’ipersensibilità a livello trigeminale conseguente a prolungate stimolazioni nocicettive provenienti dalla periferia che determinano allodinia; si avrà quindi l’attivazione di recettori che normalmente non mediano stimoli dolorifici. L’aumentata stimolazione afferente al talamo e alla corteccia potrebbe indurre un ridotto controllo inibitorio nella trasmissione dolorosa sovraspinale e a questo livello il mediatore coinvolto sarebbe la serotonina. Oltre all’allodinia, quale causa del dolore tensivo, si può quindi ipotizzare anche la presenza di un’alterazione del sistema inibitorio discendente del dolore di origine limbica e della corteccia motoria. Attraverso questa ipotesi e il coinvolgimento delle aree limbiche sarebbe possibile spiegare il ruolo dei fattori psicologici ed emozionali nello sviluppo della cefalea tensiva. Inoltre il coinvolgimento della corteccia motoria spiegherebbe l’aumentata contrattura muscolare. I meccanismi periferici potrebbero essere prevalenti nelle forme episodiche (aumento della contrattura muscolare), mentre le modificazioni funzionali (alterazioni della facilitazione/inibizione del dolore) a livello del sistema nervoso, potrebbero avere un ruolo più importante nella forma cronica.

Cefalea a Grappolo

Le manifestazioni cliniche della cefalea a grappolo derivano da un coinvolgimento del sistema parasimpatico cranico e per questo anche la cefalea a grappolo viene considerata una cefalgia autonomico-trigeminale. A causa di un riflesso trigemino-parasimpatico fisiologico si andrebbero a generare una serie di fenomeni secondari e tra questi un deficit nel sistema simpatico, responsabile dei segni della cefalea a grappolo (Rozen, 2009) (Goadsby, P.J.; Cittadini, E.; Cohen, A.S., 2010)

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Cosa sono le Cefalee Primarie

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1.3. Eziologia dell’Emicrania

Gli studi sull’eziologia delle cefalee primarie riguardano soprattutto l’emicrania. Si ritiene che l’emicrania sia una condizione clinica complessa, che si manifesta in soggetti predisposti su base poligenetica, a seguito dell’intervento di variabili multifattoriali interagenti sia di tipo genetico che ambientale (Zanchin & Maggioni, 2015). L’interazione fra predisposizione genetica e fattori ambientali è variabile; si possono avere condizioni in cui ad una scarsa rilevanza dei fattori ambientali si associa un’alta predisposizione genetica che determina l’attacco e condizioni in cui a una bassa predisposizione genetica si associano uno o più fattori ambientali scatenanti. La predisposizione genetica, quale causa di emicrania, è suffragata sia dall’insorgenza precoce, sia dalla forte familiarità osservata8 con un’alta

concordanza nei gemelli monozigoti. Ulteriore dato a supporto della predisposizione genetica di questo disturbo è il riscontro di una sicura trasmissione ereditaria, autosomica dominante a penetranza incompleta, in un sottotipo di emicrania con aura, l’emicrania emiplegica familiare (FHM). Per questa si è mappato il locus genico sul cromosoma 19p12: la mutazione altera il gene CACNA1A che codifica per i canali neuronali del calcio P/Q. L’emicrania emiplegica familiare di tipo 2 (FHM2) è legata invece alla mutazione del gene

ATP1A2 sul cromosoma 1q21-23 codificante per una 𝑁𝑎+/𝐾+ ATPasi che modifica l’attività

della pompa sodio-potassio. L’emicrania emiplegica familiare di tipo 3 (FHM3) è caratterizzata infine da una mutazione del gene SCN1A sul cromosoma 2q24 che codifica per una subunità dei canali del sodio voltaggio dipendenti. Anche se queste mutazioni non si sono riscontrate nell’emicrania senza aura, la loro importanza nelle FHM induce a pensare che l’emicrania possa far parte delle c.d. canalopatie geneticamente correlate.

I fattori psichici maggiormente implicati nell’esacerbazione e nell’aggravamento dell’emicrania sono gli stati di tensione, i conflitti, gli stati ansiosi e quelli depressivi; la manifestazione degli attacchi, tuttavia, non si verificherebbe in un momento di tensione ma piuttosto in un momento successivo di rilassamento, così come succede nelle emicranie del fine settimana. Oltre gli alcolici (soprattutto il vino rosso) anche determinati alimenti possono essere coinvolti nell’eziologia dell’emicrania. I cibi che generalmente scatenano l’emicrania hanno un elevato tasso di tiramina, come ad esempio la cioccolata, il formaggio, il pomodoro, le cipolle, i cibi grassi e le arance; tale sostanza è in grado di esacerbare gli

8Un familiare di primo o secondo grado ha una probabilità di circa 1,5 volte superiore rispetto alla popolazione generale di presentare emicrania senza aura; probabilità che arriva ad essere 4 volte superiore per l’emicrania con aura.

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12 attacchi proprio perché è in grado di influire sulla vasomotilità delle arterie cefaliche. Altro meccanismo legato al cibo che può scatenare un’emicrania è quello di tipo allergico. In alcuni soggetti le emicranie insorgono dopo un’esposizione alla luce viva, all’esposizione ad altri stimoli sensitivi intensi o a causa di forti variazioni della pressione atmosferica.

1.4. Clinica delle Cefalee Primarie

Nel tempo sono stati adottati diversi sistemi classificativi per le cefalee. Un primo tentativo di classificazione risale al 1948 quando Enrico Greppi, medico in Firenze, in occasione del 49° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna, tenne una relazione dal titolo “Le cefalee a relativa autonomia clinica” (Alessandri, M.; Fanciullacci, M, 2003). Fra i diversi tentativi di classificazione delle cefalee merita di essere ricordata quella della “Ad Hoc Committee on Classification of Headache” (Ad Hoc Committee on Classification of Headache, 1962); si tratta di una di quelle che in passato ha avuto maggiore diffusione, soprattutto negli USA e in svariati paesi occidentali. Uno dei difetti principali della classificazione del 1962 riguarda la suddivisione dei diversi gruppi di cefalea in base a meccanismi patogenetici ipotetici, che fra l’altro hanno portato alla discutibile denominazione di alcuni tipi di cefalea9. Fra le altre, nella definizione delle entità cliniche

vengono utilizzati termini che richiedono un’interpretazione soggettiva, per cui le diagnosi formulate da medici diversi non sono confrontabili (Manzoni, G.C.; Torelli, P., 2008). A causa di questi limiti, l’International Headache Society (IHS) ha messo a punto un nuovo sistema classificativo: “La classificazione delle cefalee, nevralgie craniche ed algie facciali” (Headache Classification Committee of the International Headache Society, 1988). Tale sistema è stato sostituito nel 2004 dalla nuova edizione: l’“International Classification of Headache Disorder” (ICHD-II) (Headache Classification Committee of the International Headache Society, 2004) (Manzoni, G.C.; Torelli, P., 2008). La classificazione dell’IHS è stata accettata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); è utilizzata in ogni nazione e anche dalla “World Federation of Neurology” (Alessandri, M.; Fanciullacci, M, 2003). L’ICHD è destinata ad essere applicata sia nel campo della ricerca che della pratica clinica. La seconda edizione di questa classificazione (ICHD-II) conferma i principi diagnostici fondamentali adottati nella prima edizione e come questa adotta una struttura di tipo gerarchico, in cui tutti i disordini cefalalgici vengono distribuiti in gruppi principali (primo

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Cosa sono le Cefalee Primarie

13 livello) a loro volta suddivisi in livelli successivi fra tipi, sottotipi e sottoforme di cefalea. Generalmente al medico di base viene richiesta una risoluzione diagnostica che si limiti al primo livello, mentre in presenza di una sintomatologia più complessa e non trascurabile spetterà al neurologo o al cefalologo occuparsi di problematiche di diagnostica differenziale ed effettuare così una diagnosi minuziosa fino al terzo livello. Rispetto alla versione precedente l’ICDH-II non solo introduce nuove etichette diagnostiche e nuovi capitoli, ma riporta anche il fattore eziologico delle cefalee secondarie, precedentemente “associate” a una condizione patologica ma non “attribuite” ad essa. Uno dei nuovi capitoli riguarda la “Cefalea attribuita a disturbo psichiatrico”, molto breve a causa delle ridotte evidenze scientifiche disponibili sull’argomento. Un’ulteriore modifica ha riguardato l’introduzione del codice della Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (’”International Classification of Disease”/ ICD-10NA) accanto a quello dell’ICDH-II; a causa della mancata corrispondenza fra i due sistemi classificativi e il largo impiego dell’ICD-10NA nella pratica clinica, attraverso questa introduzione il clinico potrà accedere all’ICDH-II in maniera più semplice per approfondire il caso in questione.

La classificazione Internazionale delle Cefalee adotta criteri diagnostici eziologici per quanto riguarda le cefalee secondarie e descrittivi per le forme primarie. Per fare diagnosi i criteri devono essere soddisfatti almeno in parte; questi sono sia di inclusione che di esclusione. I criteri di inclusione sono quelli che si riferiscono ai requisiti necessari per l’inquadramento della cefalea in esame in una precisa entità nosografica. I criteri di esclusione si applicano solamente alla diagnosi delle cefalee primarie. Qualora, infatti, un quadro clinico soddisfi i criteri di inclusione per una cefalea primaria, questa diagnosi verrà posta solo se i criteri diagnostici di esclusione avranno fugato la possibilità che si tratti di una cefalea secondaria (Alessandri, M.; Fanciullacci, M, 2003). Per le cefalee primarie non è stata presa in considerazione l’evoluzione della malattia nel tempo poiché non si dispone di una quantità tale di dati da permettere lo svolgimento di studi predittivi. Questa classificazione inquadra i pazienti sulla base della fenomenologia delle crisi: nella pratica clinica, così come per i trial farmacologici e negli studi di fisiopatologia, questo significa che l’osservazione anamnestica riguarderà gli ultimi dodici mesi; in altri campi di impiego, così come in quello della genetica, l’attenzione sarà invece posta sull’anamnesi relativa a tutta la vita del paziente. Questa classificazione ha dimostrato di possedere un alto grado di affidabilità e validità (International Headache Society, 2003); ciononostante una terza versione dell’ICHD è ormai vicina ad essere conclusa. Attualmente è infatti stata pubblicata una versione beta dell’ICHD-III, versione sostenuta da evidenze empiriche più forti rispetto

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14 a quelle precedenti. Con la nuova classificazione lo scopo diventa quello di far coincidere l’ICHD-III (beta) con la prossima edizione dell’”International Classification of Disease” (ICD-11). Entrambe le classificazioni sono quindi in una fase di sperimentazione sul campo che consentirà di individuare e correggere eventuali errori ma, presumibilmente, non si discosteranno di molto dalla stesura attuale (Olesen, 2013).

1.4.1. Cefalee Primarie e ICHD-III versione beta

La nuova classificazione delle cefalee ICHD-III beta è stata presentata il 27 giugno 2013 dal Professor Jes Olesen dell’Università di Copenaghen al Congresso Internazionale delle Cefalee. Seppur in versione beta, è stato consigliato di utilizzare questa nuova edizione dell’ICHD sin da subito considerato l’alto valore scientifico che questa annovera rispetto alle precedenti versioni (Viana, 2013). La pubblicazione on-line della classificazione è volta a facilitare la pratica clinica nei casi di diagnosi incerta. L’ICHD-III beta è consultabile on-line in lingua inglese all’indirizzo https://www.ichd-3.org. La traduzione italiana è

consultabile in formato pdf all’indirizzo

https://www.ichd-3.org/wp-content/uploads/2016/08/2128_versione-italiana-ichd-3-beta.pdf. La classificazione ICHD-III beta è così strutturata: Elenco dei codici ICHD-ICHD-III beta; cap 1-4: cefalee primarie; cap 5-14: cefalee secondarie; appendice. Si tratta di una classificazione di tipo gerarchico per cui si possono avere diagnosi che vanno dal primo al quinto livello. A seconda dello scopo della diagnosi l’anamnesi sarà diversa. Ogni tipo, sottotipo e sottomodulo di cefalea deve essere diagnosticata e codificata separatamente tanto che alcuni pazienti possono ricevere più diagnosi. Quando il paziente quindi riceverà più di una diagnosi queste andranno elencate secondo l’ordine di importanza che il paziente stesso gli attribuisce. Se la cefalea di un paziente soddisfa i criteri di due entità nosografiche distinte, per una corretta scelta diagnostica dovrebbero essere ricavate più informazioni fra cui: la storia longitudinale del mal di testa (come ha avuto inizio), la storia familiare, l’uso di sostanze, le relazioni con il ciclo mestruale, l’età, il genere ed altre caratteristiche. Per ogni etichetta diagnostica, si richiede siano soddisfatti sia i requisiti quantitativi (numero degli attacchi/giorni con cefalea), sia altri requisiti: questi ultimi vengono descritti in voci separate (A, B, C etc). Alcune intestazioni sono monotetiche ed esprimono quindi un unico requisito; altre sono politetiche, e richiedono per esempio due delle quattro caratteristiche elencate. L’ICHD-III non prevede la possibilità di codificare la frequenza e la gravità degli attacchi, ma raccomanda che frequenza e gravità vengano specificate nel testo libero. Quando un nuovo mal di testa si verifica per la prima volta in stretta relazione temporale con un altro disturbo

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Cosa sono le Cefalee Primarie

15 che è noto per causare mal di testa, o soddisfi altri criteri di causalità con questo disturbo, il nuovo mal di testa è codificato come una cefalea secondaria attribuita a condizione causale. E questo rimane vero anche quando il mal di testa ha le caratteristiche di una cefalea primaria. Quando una cefalea primaria preesistente diventa cronica a seguito della comparsa di un agente causativo si mantiene la diagnosi di cefalea primaria e si aggiunge quella secondaria. Quando una cefalea primaria preesistente peggiora significativamente (aumento di due volte o più in frequenza e/o gravità) in corrispondenza della comparsa di un agente causativo si mantiene la diagnosi di cefalea primaria e si aggiunge quella secondaria, a condizione che ci siano prove che l’aggravamento della cefalea sia dovuto a quel determinato agente. Per ogni disturbo l’ultimo criterio diagnostico è sempre lo stesso e pone l’accento sull’analisi differenziale (questa condizione non è meglio attribuibile ad un'altra diagnosi ICHD-III). Molti pazienti cefalalgici soddisfano una serie di criteri diagnostici ma non altri perché sono in trattamento, perché incapaci di ricordare esattamente i sintomi o per altri motivi. È quindi opportuno chiedere al paziente di descrivere un attacco tipico sia nella condizione di non trattamento sia in quella di trattamento senza successo e accertarsi che ci siano stati abbastanza attacchi da sostenere la diagnosi. Nella descrizione della frequenza degli attacchi vanno inclusi quelli meno tipici. Quando si sospetta che un paziente abbia più di un tipo di mal di testa (o sottotipo), si raccomanda che questo compili un diario annotando le caratteristiche degli episodi di cefalea. È stato dimostrato, appunto, che lo strumento del diario migliora l’accuratezza diagnostica oltre a fornire al clinico indicazioni più precise sul consumo di farmaci. Si insegnerà poi al paziente come distinguere i diversi tipi di mal di testa (International Headache Society, 2016). Vediamo ora i cambiamenti che l’ICHD-III beta ha introdotto rispetto alle cefalee primarie. La regola basilare per cui è necessario porre diagnosi per ogni tipo di cefalea che presenta un paziente è riconfermata, per cui un soggetto potrà ricevere anche due o tre diagnosi differenti di cefalea. L’”emicrania cronica” (1.3) ha acquisito una sua dignità autonoma, prima classificata fra le “complicanze dell’emicrania”. L’emicrania con aura viene suddivisa in “emicrania con aura tipica” (a sua volta suddivisa in “aura non seguita da cefalea” e “aura seguita da cefalea” – non vi è più la distinzione tra cefalea emicranica e non) e in altre forme meno tipiche come l’emicrania emiplegica, basilare e da ora anche quella retinica (precedentemente entità a parte). Il codice 1.6 “sindromi periodiche dell’infanzia come possibili precursori dell’emicrania” è stato ridefinito come “sindromi episodiche che possono essere associate all’emicrania”, sostenendo implicitamente la possibilità di manifestarsi anche nell’età adulta; in appendice è stata

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16 infatti aggiunta l’emicrania vestibolare. Al punto 1.6 è stata aggiunta un’altra categoria: il “torcicollo parossistico benigno”. Per quanto riguarda invece le cefalee autonomico-trigeminali (TACs), la maggiore novità concerne lo spostamento in questo capitolo dell’”emicrania continua” (in precedenza nel capitolo 4). Anche i criteri diagnostici della cefalea a grappolo hanno subito delle variazioni: per la formulazione di questa diagnosi viene stabilito che, oltre al dolore tipico (invariato per fenotipo e presentazione temporale), devono presentarsi in associazione i tipici sintomi autonomici locali e/o irrequietezza/agitazione. Per cui teoricamente se ad un dolore tipico del grappolo si associa solamente l’irrequietezza in assenza dei sintomi autonomici locali, la diagnosi può comunque essere formulata. Anche nel capitolo dedicato alle “altre cefalee primarie” abbiamo delle novità. Per la cefalea associata ad attività sessuale sono stati eliminati i sottotipi preorgasmico e orgasmico. Nella cefalea a rombo di tuono è stato introdotto che il dolore deve durare almeno cinque minuti mentre è stato eliminato il criterio per cui la cefalea non si sarebbe dovuta ripresentare in maniera regolare nelle settimane/mesi successivi. Per la cefalea ipnica sono stati tolti i criteri riguardanti il limite di insorgenza dei 50 anni e la qualità “sorda del dolore” mentre è stato aggiunto il limite massimo di durata, stabilito di 4 ore. Nella New Daily Persistent Headache sono state eliminate le caratteristiche fenotipiche della cefalee. Viene enfatizzato il fatto che questa cefalea ha un giorno di esordio distinto che deve essere ricordato con chiarezza. Per questo capitolo, in appendice viene aggiunta l’epicrania fugax. (Viana, 2013). L’appendice è uno strumento utile alla ricerca: aiuta a studiare quelle entità cliniche che sono state escluse dalla classificazione principale. La maggior parte delle diagnosi che si trovano in questa sezione sono diagnosi nuove o alternative a quelle del corpo principale, altre sono vecchie entità non ancora sufficientemente convalidate che potrebbero essere eliminate nella prossima revisione dell’ICHD qualora non venissero prodotte evidenze in loro sostegno (International Headache Society, 2016). Di seguito riporteremo i codici dell’ICHD-III beta per tutte le cefalee primarie. Successivamente ci limiteremo alla descrizione delle forme cefalalgiche primarie più comuni (AIC-onlus, s.d.) riportando fedelmente i criteri diagnostici estratti dalla traduzione italiana dell’ICHD-3 beta (Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS), 2013) (Gruppo di Interesse Linguistico Italiano della International Headache Society, 2014).

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Cosa sono le Cefalee Primarie

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Codici dell’ICHD-III BETA per le cefalee primarie Codice Diagnosi

1. Emicrania

1.1. Emicrania senza aura

1.2. Emicrania con aura

1.2.1 Emicrania con aura tipica 1.2.1.1 Aura tipica con cefalea 1.2.1.2 Aura tipica senza cefalea

1.2.2 Emicrania con aura troncoencefalica 1.2.3 Emicrania emiplegica

1.2.3.1 Emicrania emiplegica familiare (FHM) 1.2.3.1.1 Emicrania emiplegica familiare tipo 1 (FHM1) 1.2.3.1.2 Emicrania emiplegica familiare tipo 2 (FHM2) 1.2.3.1.3 Emicrania emiplegica familiare tipo 3 (FHM3) 1.2.3.1.4 Emicrania emiplegica familiare, altri loci 1.2.3.2 Emicrania emiplegica sporadica 1.2.4 Emicrania retinica

1.3 Emicrania cronica

1.4 Complicanze dell’emicrania 1.4.1 Stato emicranico

1.4.2 Aura persistente senza infarto 1.4.3 Infarto emicranico

1.4.4 Epilessia indotta dall’emicrania

1.5 Probabile emicrania

1.5.1 Probabile emicrania senza aura 1.5.2 Probabile emicrania con aura

1.6 Sindromi episodiche che possono essere associate all’emicrania 1.6.1 Disturbo gastrointestinale ricorrente

1.6.1.1 Sindrome del vomito ciclico 1.6.1.2 Emicrania addominale 1.6.2 Vertigine parossistica benigna 1.6.3 Torcicollo parossistico benigno

2. Cefalea di tipo tensivo

2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica

2.1.1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici

2.1.2 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici

2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente

2.2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente associata a dolorabilità dei muscoli pericranici

2.2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici

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Codice Diagnosi

2.3 Cefalea di tipo tensivo cronica

2.3.1 Cefalea di tipo tensivo cronica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici 2.3.2 Cefalea di tipo tensivo cronica non associata a dolorabilità dei muscoli

pericranici

2.4 Probabile cefalea di tipo tensivo

2.4.1 Probabile cefalea di tipo tensivo episodica sporadica 2.4.2 Probabile cefalea di tipo tensivo episodica frequente 2.4.3 Probabile cefalea di tipo tensivo cronica

3. Cefalea a grappolo e altre cefalee autonomico-trigeminali

3.1 Cefalea a grappolo

3.1.1 Cefalea a grappolo episodica 3.1.2 Cefalea a grappolo cronica 3.2 Emicrania parossistica

3.2.1 Emicrania parossistica episodica 3.2.2 Emicrania parossistica cronica

3.3 Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks

3.3.1 Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks with Conjunctival injection and Tearing (SUNCT)

3.3.1.1 SUNCT episodica 3.3.1.2 SUNCT cronica

3.3.2 Short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks with cranial Autonomic symptoms (SUNA)

3.3.2.1 SUNA episodica

3.3.2.2 SUNA cronica

3.4 Emicrania continua

3.4.1 Emicrania continua, forma remittente 3.4.2 Emicrania continua, forma non remittente 3.5 Probabile cefalea autonomico-trigeminale 3.5.1 Probabile cefalea a grappolo

3.5.2 Probabile emicrania parossistica

3.5.3 Probabile SUNCT

3.5.4 Probabile emicrania continua

4. Altre cefalee primarie

4.1 Cefalea primaria da tosse

4.1.1 Probabile cefalea primaria da tosse 4.2 Cefalea primaria da attività fisica

4.2.1 Probabile cefalea primaria da attività fisica 4.3 Cefalea primaria associata ad attività sessuale

4.3.1 Probabile cefalea primaria associata ad attività sessuale 4.4 Cefalea primaria “a rombo di tuono”

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Cosa sono le Cefalee Primarie

19 Emicrania senza Aura

A. Almeno 5 attacchi (nota 1) che soddisfino i criteri B-D

B. La cefalea dura 4-72 ore (non trattata o trattata senza successo) (nota 2 e 3) C. La cefalea presenta almeno due delle seguenti caratteristiche:

1. Localizzazione unilaterale 2. Dolore di tipo pulsante

3. Dolore con intensità media o forte

4. Aggravata da o che limiti le attività fisiche di routine (per es., camminare, salire le scale)

D. Alla cefalea si associa almeno una delle seguenti condizioni: 1. Presenza di nausea e/o vomito

2. Presenza di fotofobia e fonofobia Codice Diagnosi

4.5.1 Cefalea attribuita all’applicazione esterna di stimolo freddo

4.5.2 Cefalea attribuita a ingestione di sostanze fredde o inalazione di aria fredda 4.5.3 Probabile cefalea da stimolo freddo

4.5.3.1 Cefalea probabilmente attribuita all’applicazione esterna di stimolo freddo 4.5.3.2 Cefalea probabilmente attribuita all’ingestione o all’inalazione di stimolo

freddo

4.6 Cefalea da pressione esterna 4.6.1 Cefalea da compressione esterna 4.6.2 Cefalea da trazione esterna

4.6.3 Probabile cefalea da pressione esterna 4.6.3.1 Probabile cefalea da compressione esterna 4.6.3.2 Probabile cefalea da trazione esterna 4.7 Cefalea primaria trafittiva

4.7.1 Probabile cefalea primaria trafittiva

4.8 Cefalea nummulare

4.8.1 Probabile cefalea nummulare

4.9 Cefalea ipnica

4.9.1 Probabile cefalea ipnica

4.10 New Daily Persistent Headache (NDPH) 4.10.1 Probabile New Daily Persistent Headache

(Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS), 2013) (Gruppo di Interesse Linguistico Italiano della International Headache Society, 2014)

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20 E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

Note:

- Nota 1. Uno o più attacchi emicranici possono non essere facilmente distinti da episodi di cefalea simil-emicranica sintomatica. Inoltre, la natura di un singolo attacco o di pochi attacchi può essere difficile da comprendere. Pertanto, è richiesta la presenza di almeno 5 attacchi. Pazienti che altrimenti soddisfano i criteri per 1.1.

Emicrania senza aura ma che abbiano presentato meno di cinque episodi debbono

essere codificati come 1.5.1. Probabile emicrania senza aura

- Nota 2. Se il paziente si addormenta durante un attacco e al risveglio non presenta cefalea, la durata dell’attacco deve essere calcolata fino al risveglio.

- Nota 3. Nei bambini e negli adolescenti (minori di 18 anni) gli attacchi possono durare 2-72 ore (non vi sono evidenze relative a durata inferiore alle 2 ore di attacchi non trattati).

Emicrania con Aura

A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B e C

B. Uno o più dei seguenti sintomi dell’aura completamente reversibili: 1. Visivi

2. Sensitivi

3. Parola/linguaggio 4. Motori

5. Del tronco encefalo 6. Retinici

C. Almeno due delle quattro seguenti caratteristiche:

1. Almeno un sintomo dell’aura si sviluppa gradualmente in ≥ 5 minuti e/o due o più sintomi si verificano in successione

2. Ogni singolo sintomo dura 5-60 minuti (nota 1) 3. Almeno un sintomo dell’aura è unilaterale (nota 2)

4. L’aura è accompagnata, o seguita entro 60 minuti, da cefalea

D. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta ed è stato escluso un attacco ischemico transitorio

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Cosa sono le Cefalee Primarie

21 Note:

- Nota 1. Qualora, ad esempio, si presentino tre sintomi durante un’aura, la durata massima accettabile è di 3x60 minuti. I sintomi minori possono durare fino a 72 ore. - Nota 2. L’afasia è da considerarsi sintomo unilaterale, mentre la disartria può esserlo

o no.

Emicrania Cronica (nota 1,2)

A. Cefalea (di tipo tensivo e/o emicranico) per  15 giorni/mese da > 3 mesi (nota 2) che soddisfi i criteri B e C

B. Cefalea che si manifesta in un paziente che abbia almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri B-D per 1.1. Emicrania senza aura e/o i criteri B e C per 1.2. Emicrania con aura C. Cefalea che soddisfi per  8 giorni/mese per > 3 mesi almeno uno dei seguenti criteri

(nota 3):

1. Criteri C e D per 1.1. Emicrania senza aura 2. Criteri B e C per 1.2. Emicrania con aura

3. Cefalea che il paziente ritenga di tipo emicranico al suo esordio e alleviata dal trattamento con triptano o un derivato dell’ergot

D. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

Note:

- Nota 1. La diagnosi di 1.3 Emicrania cronica esclude la diagnosi di 2. Cefalea di tipo

tensivo o dei suoi sottotipi poiché la cefalea con caratteristiche di tipo tensivo è

inclusa nei criteri diagnostici per 1.3. Emicrania cronica.

- Nota 2. La ragione per differenziare la forma cronica di emicrania da quella episodica consiste nel fatto che è impossibile distinguere episodi individuali di cefalea in pazienti con cefalee così frequenti o continue. In effetti la caratteristiche della cefalea possono variare non soltanto di giorno in giorno, ma persino nell’arco della medesima giornata. È estremamente difficile mantenere questi pazienti privi di trattamenti sintomatici allo scopo di osservare la storia naturale della loro cefalea. In questa situazione vengono considerati attacchi sia senza che con aura, come anche episodi di cefalea di tipo tensivo. La causa più comune di un quadro clinico suggestivo per emicrania cronica è l’uso eccessivo di farmaci sintomatici, come definito nel paragrafo 8.2. Cefalea da uso eccessivo di farmaci. Circa il 50% dei pazienti apparentemente affetti da 1.3. Emicrania cronica ritornano ad un sottotipo

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22 di emicrania episodica dopo la sospensione dell’abuso di farmaci sintomatici; tali pazienti sono in un certo senso erroneamente diagnosticati come 1.3. Emicrania

cronica. Allo stesso modo, molti pazienti che apparentemente abusano di

trattamenti sintomatici non migliorano dopo la sospensione nell’assunzione di analgesici e la diagnosi di 8.2. Cefalea da uso eccessivo di farmaci può in un certo senso essere inappropriata (presumendo la cronicità indotta dall’uso eccessivo di farmaci sintomatici sia sempre reversibile). Per queste ragioni e nel rispetto della regola generale, i pazienti che soddisfino i criteri diagnostici per 1.3. Emicrania

cronica e 8.2. Cefalea da uso eccessivo di farmaci dovrebbero ricevere entrambe le

diagnosi. Dopo la sospensione dell’uso eccessivo dei farmaci sintomatici o l’emicrania verrà riconvertita al sottotipo di Emicrania episodica oppure rimarrà cronica, e verrà quindi nuovamente diagnosticata in modo conseguente; nel secondo caso la diagnosi di 8.2. Cefalea da uso eccessivo di farmaci può essere annullata. In alcuni Paesi è pratica comune porre diagnosi di Cefalea da uso eccessivo di farmaci soltanto alla dimissione.

- Nota 3. La caratterizzazione di una cefalea che ricorra frequentemente, in genere, richiede un diario della cefalea che riporti giorno dopo giorno per almeno un mese le informazioni circa il dolore e i sintomi associati.

Cefalea di tipo Tensivo Episodica Sporadica

A. Almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media < 1 giorno al mese (< 12 giorni all’anno) e che soddisfino i criteri B-D

B. Durata da 30 minuti a 7 giorni

C. Almeno due delle seguenti quattro caratteristiche: 1. Localizzazione bilaterale

2. Qualità gravativa o costrittiva (non pulsante) 3. Intensità lieve o media

4. Non aggravata dall’attività fisica di routine, come camminare o salire le scale D. Si verificano entrambe le seguenti condizioni:

1. Assenza di nausea e vomito

2. Può essere presente fotofobia oppure fonofobia, ma non entrambe E. Non è meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

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Cosa sono le Cefalee Primarie

23 Cefalea di tipo Tensivo Episodica Frequente

A. Almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media 1-14 giorni al mese per > 3 mesi ( 12 e < 180 giorni all’anno) e che soddisfino i criteri B-D

B. Durata da 30 minuti a 7 giorni

C. Almeno due delle seguenti quattro caratteristiche: 1. Localizzazione bilaterale

2. Qualità gravativa o costrittiva (non pulsante) 3. Intensità lieve o media

4. Non aggravata dall’attività fisica di routine, come camminare o salire le scale D. Si verificano entrambe le seguenti condizioni:

1. Assenza di nausea e vomito

2. Può essere presente fotofobia oppure fonofobia, ma non entrambe E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

Cefalea di tipo Tensivo Cronica

A. La cefalea è presente in media ≥15 giorni al mese per >3 mesi (≥180 giorni all’anno) e soddisfa i criteri B-D.

B. Durata da ore a giorni, o continua

C. Almeno due delle seguenti quattro caratteristiche: 1. Localizzazione bilaterale

2. Qualità gravativa o costrittiva (non pulsante) 3. Intensità lieve o media

4. Non aggravata dall’attività fisica di routine, come camminare o salire le scale D. Si verificano entrambe le seguenti condizioni:

1. Non più di uno tra i seguenti sintomi: fotofobia, fonofobia o lieve nausea 2. Assenza di nausea moderata o forte e di vomito

E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

Cefalea a Grappolo

A. Almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri B-D

B. Dolore di intensità severa o molto severa, unilaterale, in sede orbitaria, sovraorbitaria e/o temporale, della duraata di 15-180 minuti (senza trattamento) (Nota 1).

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24 1. Iniezione congiuntivale e/o lacrimazione

a. Congestione nasale e/o rinorrea b. Edema palpebrale

c. Sudorazione facciale e frontale d. Arrossamento facciale e frontale e. Sensazione di orecchio pieno

f. Miosi e/o ptosi

2. Sensazione di irrequietezza o agitazione

D. La frequenza degli attacchi è compresa tra 1 ogni due giorni e 8 al giorno per più della metà del periodo di tempo in cui la patologia è in fase attiva

E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-III beta

Note:

- Nota 1. Durante parte del decorso temporale della 3.1. Cefalea a grappolo (comunque per meno della metà della sua durata) gli attacchi possono essere di minore intensità e/o durata inferiore o superiore a quella indicata.

Commento:

Gli attacchi si manifestano in periodi attivi, denominati “grappoli” della durata di settimane o mesi e sono intervallati da fasi di remissione della durata di mesi o anni. Circa il 10-15% dei soggetti presenta la 3.1.2. Cefalea a grappolo cronica senza periodi di remissione. In un’ampia casistica sottoposta a un adeguato follow-up un quarto dei soggetti aveva presentato un solo periodo attivo. Questi individui devono essere classificati con il codice diagnostico 3.1. Cefalea a grappolo.

Il dolore della 3.1. Cefalea a grappolo raggiunge la massima intensità nella regione orbitaria, sovraorbitaria, temporale (o in più di una di queste sedi, in qualsiasi combinazione), ma può estendersi a interessare altre aree del capo. Negli attacchi più intensi il dolore diventa pressoché insopportabile. Il paziente di solito non riesce a stare disteso ed è tipico il camminare avanti e indietro. Il dolore tende a ripresentarsi dallo stesso lato nel periodo attivo. Durante i periodi attivi nella 3.1.1. Cefalea a grappolo episodica e in ogni momento della 3.1.2. Cefalea a grappolo cronica, gli attacchi si manifestano con regolarità e possono essere scatenati da alcool, istamina o nitroglicerina. L’età di esordio si colloca in genere tra i 20 e i 40 anni. Per motivi ancora sconosciuti la prevalenza è 3 volte maggiore negli uomini rispetto alle donne. Gli attacchi di cefalea a grappolo si associano a un’attivazione della sostanza grigia dell’ipotalamo posteriore. In circa il 5% dei casi la 3.1. Cefalea a grappolo

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Cosa sono le Cefalee Primarie

25 presenta una trasmissione ereditaria (autosomica dominante). Sono stati segnalati pazienti affetti da 3.1. Cefalea a grappolo e 13.1. Nevralgia trigeminale (talvolta definita come sindrome

cluster-tic). Questi pazienti vanno classificati con entrambe le diagnosi. L’importanza di

questa osservazione risiede nel fatto che entrambe le condizioni vadano trattate adeguatamente per poter essere efficaci sulla sintomatologia.

Cefalea a Grappolo: sottotipo Episodico e sottotipo Cronico.

Sia per la cefalea a grappolo episodica che per quella cronica devono essere soddisfatti i criteri per 3.1. Cefalea a grappolo.

Si diagnostica un sottotipo episodico quando si hanno almeno due “grappoli” che durano da 7 giorni a 1 anno (senza trattamento) e sono intervallati da periodi di remissione che durano un mese o più.

Si parla di cefalea a grappolo cronica quando gli attacchi non hanno fasi di remissione, o se i periodi di remissione durano un periodo inferiore al mese, per almeno un anno.

La cefalea a grappolo cronica 3.1.2. può esordire de novo o evolvere da 3.1.1 Cefalea a grappolo

episodica. Alcuni pazienti possono passare da una forma cronica a una forma episodica.

1.5. Diagnosi e trattamento delle Cefalee Primarie

Emicrania

L’esame obiettivo è il primo passo per giungere ad una diagnosi, ed include la rilevazione di alcuni parametri: pressione arteriosa, frequenza cardiaca e temperatura corporea. A questi si aggiunge l’esame di alcune strutture, come i seni paranasali, le arterie carotidi, lo scalpo, i muscoli paravertebrali cerebrali cervicali, le articolazioni temporo-mandibolari (Marks & Rapoport, 1997). Segue poi un esame neurologico obiettivo completo. Gli esami di Neuroimaging (TC; RM; angio-RM) non sono esami di routine, ma servono nei casi in cui vi siano segni neurologici o altre caratteristiche della cefalea che fanno sospettare la presenza di altre condizioni mediche. Anche l’EEG non è un esame di routine ed è raccomandato solo nei casi in cui si sospetti una crisi epilettica, ad esempio a causa della presenza di un’aura emicranica atipica. L’anamnesi va supportata attraverso l’uso di un diario attraverso il quale il paziente ha la possibilità di annotare le caratteristiche delle crisi. Attraverso il diario il clinico può inquadrare in maniera più precisa il tipo di cefalea presente, se sono compresenti più forme, e di conseguenza orientarsi nella scelta di un eventuale farmaco. L’anamnesi deve

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