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Cefalee Primarie, Ansia e Depressione

Uno degli strumenti più utilizzati per valutare la sintomatologia depressiva è il “Beck Depression Inventory” (Beck, 1967) (Beck, A.T., 1979) la cui prima pubblicazione risale al 1967 e la seconda al 1979. Secondo A.T. Beck la depressione è determinata da un modo di pensare viziato da una generale propensione a interpretare gli eventi in maniera negativa. Gli schemi negativi e le distorsioni cognitive conducono ad una “triade negativa” ovvero ad una visione non positiva di sé, del mondo e del futuro. Il BDI si basa appunto su questi assunti del cognitivismo clinico di stampo razionalista. La versione attuale (“Beck Depression Inventory-II”) (Beck, A.T.; Steer, R.A.; Brown, G.K., 2006) è uno strumento di autovalutazione composto da 21 item a scelta multipla che descrivono sintomi caratteristici della depressione. È un test adatto alla misurazione della gravità della depressione sia in adulti che in adolescenti che abbiano compiuto i 13 anni di età. La somministrazione prevede un tempo che varia fra i 5 e i 10 minuti; gli stimoli sono presentati o in versione cartacea o computerizzata. Il paziente deve leggere le affermazioni e barrare quella di ogni gruppo (4 opzioni) che descrive meglio come si è sentito nelle ultime due settimane. Per ogni gruppo, non è consentito scegliere un numero di affermazioni maggiore a uno. Al soggetto viene precisato che non esistono risposte giuste o sbagliate e viene consigliato di non soffermarsi troppo su ogni affermazione perché, solitamente, la prima risposta è quella più accurata. Dalla somministrazione del BDI-II si possono ricavare quattro tipi di informazioni sullo stato depressivo: un punteggio generale; un punteggio sulle manifestazioni somatico affettive (aspetti come l’alterazione del sonno, dell’appetito, il pianto); un punteggio

88 riguardante gli aspetti cognitivi (es. pessimismo; autostima); i punteggi dei singoli item, che da soli possono fornire informazioni utili al clinico.

Per la valutazione dell’ansia, uno dei test più comunemente usato è lo “State and Trait Anxiety Inventory-Y” (STAI- Y) (Spielberger & Luschene, 1970). Si tratta di uno strumento self-report destinato ad adolescenti e adulti. Il questionario è formato da 40 item; questi sono raggruppati in due scale che valutano rispettivamente ansia di stato e di tratto. Per ansia di stato si intende l’ansia percepita in modo transitorio nel momento presente in risposta a una situazione stimolo. Per ansia di tratto si intende la tendenza a rispondere con elevazioni dell’intensità dell’ansia di stato a situazioni percepite come minacciose. Per le 20 locuzioni attributive che compongono il questionario, il soggetto dovrà rispondere con quale intensità, al momento della somministrazione, avverte quel particolare stato emotivo descritto dall’item, esprimendo il suo giudizio su una scala che va da 1 (per nulla) a 4 (moltissimo).

Letteratura

Blanchard e collaboratori hanno utilizzato un campione formato da soggetti con cefalea cronica, giornaliera, ad alta intensità (Gruppo I: CDHIHA). Questi sono stati sottoposti a due studi. Il gruppo sperimentale è stato confrontato con due gruppi di controllo composti da soggetti che risultavano corrispondenti per età, durata e diagnosi. Il primo gruppo di controllo era composto da soggetti che riportavano essere liberi dalla cefalea per solo 1 o 2 giorni alla settimana (Gruppo II); l’altro era formato da soggetti che riportavano essere liberi dalla cefalea per 3-5 giorni alla settimana (Gruppo III). In questo paragrafo prenderemo in considerazione solo il secondo studio di Blanchard e coll.. Gli autori hanno confrontato i profili personologici di un campione più ampio di pazienti con CDHIHA e i controlli (Gruppo II; Gruppo III). I pazienti con CDHIHA mostrano maggiore ansia, isteria e maggiori disturbi somatici (che differiscono dalla cefalea) rispetto ai Gruppi II e III combinati (Blanchard, Appelbaum, Radnitz, Jaccard, & Dentinger, 1989).

Lo studio di Marchesi et al. aveva come scopo quello di valutare la prevalenza delle cefalee primarie in una popolazione di 160 soggetti con depressione. E’ stata constata la presenza della cefalea in 83 soggetti (51,9%). Non sono state riscontrate differenze significative nella prevalenza della cefalea primaria nelle sottocategorie della depressione (depressione maggiore; disturbo bipolare; distimia) (Marchesi et al., 1989).

Secondo Stewart e colleghi, l’emicrania e gli attacchi di panico sono due condizioni frequentemente associate e sembrano avere numerose anomalie fisiologiche comuni.

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89 Avvalendosi di un sondaggio telefonico, gli autori hanno intervistato 10000 soggetti di età compresa fra i 12 e i 29 anni. In tale sede, è stata valutata la prevalenza del disturbo di panico utilizzando una versione abbreviata del “Diagnostic Interview Survey”. I soggetti con disturbo di panico, a differenza dei soggetti che non hanno attacchi di panico, hanno riportato avere una maggiore occorrenza del mal di testa durante la settimana precedente al panico, unitamente a un più lunga durata delle crisi cefalalgiche; le caratteristiche della cefalea erano per lo più assimilabili all’emicrania. Il 5,5% degli uomini e il 9,5% delle donne con disturbo di panico rappresentano il 25% di tutti i soggetti che hanno riportato attacchi di emicrania al follow-up (Stewart, W.F.; Linet, M.S.; Celentano, D.D., 1989).

Anche Chung e Kraybill si sono occupati della prevalenza della depressione nelle cefalee primarie. Tali autori hanno riscontrato che il 63% dei soggetti cefalalgici osservati (“Zung Self-Rating Depression Scale - SDS) presentava anche sintomi depressivi. È stata rilevata una relazione statisticamente significativa tra la frequenza della cefalea (p = .03) e il livello di depressione. Infatti, il 74% dei pazienti con cefalee quotidiane aveva una depressione di rilevanza clinica. Il punteggio dell’SDS correla con la durata della cefalea (p <.05). L’analisi dei singoli item relativi alla depressione rivela che quattro domande rappresentavano il 93% della varianza; da tale analisi emerge che queste domande potrebbero bastare per uno screening da parte del clinico. La cefalea è un’importante marker di depressione nell’assistenza primaria; in clinica potrebbe rivelarsi utile concentrarsi di più sul trattamento della depressione che sul trattamento della sintomatologia cefalalgica (Chung & Kraybill, 1990).

Uno studio del 1992 ha cercato di individuare le relazioni tra espressione della rabbia, depressione e disabilità riferita in un campione di soggetti con cefalea cronica. I risultati hanno mostrato una relazione positiva tra depressione e disabilità percepita. L’espressione della rabbia non correla in maniera significativa con la disabilità riferita. La rabbia risulta correlare fortemente e positivamente con la depressione. Sebbene la direzione causale delle relazioni non possa essere confermata con certezza, la soppressione della rabbia sembra essere una variabile che amplifica l’esperienza depressiva nel cefalalgico cronico (Tschannen, Duckro, Margolis, & Tomazic, 1992).

De Benedittis & Lorenzetti hanno esaminato la relazione fra problemi di vita quotidiani e patterns di personalità. Sono stati osservati 83 soggetti con cefalea primaria. Il confronto fra i sottogruppi del campione indica che i soggetti con mal di testa tensivo hanno più probabilità degli emicranici di aver fatto esperienza di microstressor quotidiani. I pazienti affetti da mal di testa tensivo, rispetto agli emicranici, hanno riportato punteggi più elevati

90 nelle scale dell’ipocondria, dell’isteria, della psicoastenia, ma non nella depressione (MMPI- 2). I soggetti che avevano fatto esperienza di molti fastidi quotidiani sembravano essere più depressi e ansiosi (valori alti nella depressione e nella psicastenia all’MMPI-2) rispetto agli altri cefalalgici. Dato che non ci sono state differenze significative per sesso, età, storia e status sociale, eccetto che per la densità del mal di testa (gravità x frequenza), è più probabile che alti livelli di stress quotidiano conducano verso sindromi cefalalgiche ad alta densità piuttosto che a lievi. Gli autori supportano l’ipotesi per cui l’umore depresso e l’ansia potrebbero essere variabili intervenienti nella relazione tra stress e cefalee croniche (De Benedittis, G.; Lorenzetti, A., 1992).

Hatch et al. hanno condotto una ricerca che ha coinvolto 34 soggetti con diagnosi di cefalea tensiva episodica e 42 soggetti che raramente hanno avuto attacchi di mal di testa. Questi soggetti sono stati sottoposti alle seguenti misurazioni fisiologiche: attività elettromiografica cefalica (EMG); conduttività cutanea (GSR); frequenza cardiaca (HR); temperatura delle dita (FT). Sono stati somministrati specifici compiti. È stato rilevato che i cefalalgici hanno un’attività EMG significativamente più alterata rispetto ai controlli sia alla base-line che durante i compiti stressanti. Durante il rilassamento, entrambi i gruppi hanno mostrato una riduzione dell’attività EMG rispetto alla base-line. Non sono state riscontrate differenze significative dell’attività EMG durante il rilassamento. I soggetti con cefalea hanno riportato livelli più elevati di ansia, depressione, rabbia, stress e percezione del dolore rispetto ai controlli. (Hatch, et al., 1992).

Lo studio di Lewis ha visto il coinvolgimento di 100 ragazzi (età compresa fra i 3 e i 17 anni) che si sono rivolti al loro pediatra per problematiche legate alla cefalea, che presentavano una sintomatologia cefalalgica da almeno 3 mesi. Sono state indagate la forma e le caratteristiche associate alla cefalea oltre alla ragione per cui richiedevano il consulto. Successivamente, è stato chiesto ai ragazzi di disegnare un immagine che potesse descrivere le sensazioni esperite durante gli attacchi al fine di valutare le loro percezioni non verbali. Oltre il 90% delle cefalee si configuravano come emicranie. Nel 33% delle illustrazioni sono stati rivelati tratti depressivi, quali: la sensazione di non poter essere aiutati; la frustrazione e la rabbia. Oltre il 20% degli adolescenti si è rappresentato come morto, morente o prossimo dall’essere ucciso dal loro mal di testa (Lewis, et al., 1996).

Lo scopo primario della ricerca di Asmundson et al. è stato quello di osservare l’ “Anxiety Sensitivity” (AS) in 72 soggetti con cefalea ricorrente. Per misurare tale costrutto è stato somministrato “l’Anxiety Sensitivity Index” (ASI). Nel gruppo osservato, il punteggio medio dell’ASI è risultato molto alto. Quando i soggetti sono stati classificati sulla base del

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91 punteggio ottenuto all’ASI si è visto che: 20 (28%) soggetti avevano ottenuto punteggi alti; 41 (57%) medi e 11 (15%) bassi. L’analisi multivariata della varianza conferma che questi gruppi differiscono su specifici aspetti dei loro profili cognitivi, affettivi e comportamentali. I 20 pazienti che hanno ottenuto punteggi elevati all’”Anxiety Sensitivity Index” hanno riportato valori maggiori per depressione, ansia di tratto, comportamenti di evitamento correlati al dolore e paura acquisita del dolore rispetto ai pazienti con punteggi medi e bassi all’ASI. I pazienti con punteggi più elevati all’ASI, hanno poi, mostrato una maggiore perturbazione cobgnitiva in risposta al dolore rispetto ai soggetti con basso punteggio alla ASI. I gruppi non differivano per la gravità della cefalea, per la reattività fisiologica, nei cambiamenti dello stile di vita, per i sentimenti di rabbia e neanche per l’assunzione o l’abuso di analgesici. L’analisi della regressione multipla ha identificato l’”Anxiety Sensitivity”, la perturbazione cognitiva correlata al dolore e l’esperienza sensoriale del dolore come predittori significativi della paura del dolore. I comportamenti di evitamento, l’ansia cognitiva e fisiologica e la gravità del mal di testa sono predittori dei cambiamenti nello stile di vita dovuti al mal di testa. Gli autori sostengono un’associazione fra AS e risposte dovute alla paura, nei pazienti con sindrome da dolore cronico (Asmundson, Norton, & Veloso, 1999).

Materazzo e collaboratori hanno osservato un campione composto da 16 soggetti con cefalea tensiva cronica, 28 con emicrania e 38 controlli. La valutazione ha riguardato rabbia, depressione e strategie di coping. I risultati mostrano che i soggetti con emicrania adottano strategie di coping meno efficaci rispetto ai controlli e ai soggetti con cefalea tensiva cronica. I pazienti con cefalea tensiva cronica hanno mostrato livelli più alti nella depressione e nelle scale che misurano la rabbia rispetto ai controlli e ai soggetti con emicrania. È stata rilevata una relazione positiva fra la repressione della rabbia e la depressione nei soggetti con emicrania e tra livelli di rabbia e depressione nei soggetti con cefalea tensiva cronica. La rabbia e il coping inefficace risultano essere predittori degli attacchi (emicrania e cefalea tensiva cronica) nelle due settimane successive. La depressione e il coping, inadeguato, insieme, modificano “l’attività” dell’emicrania e della cefalea tensiva cronica (Materazzo, Cathcart, & Pritchard, 2000).

Lo studio di Lipton e colleghi aveva come obiettivo quello di valutare l’influenza dell’emicrania e della depressione (in comorbidità) sulla qualità della vita (HRQoL) in un campione rappresentativo della popolazione di soggetti americani e inglesi. Sono stati composti due gruppi: emicranici (n = 389; 246 USA e 143 UK) e non emicranici (n = 379; 242 USA e 137 UK). Tali soggetti hanno completato la “Short Form-12” (SF-12) e il “Primary Care

92 Evaluation of Mental Disorders” (PRIME-MD). Sia negli USA che in UK, i soggetti con emicrania mostrano punteggi significativamente più bassi sia all’MCS-12 (SF-12: salute mentale) che al PCS-12 (SF-12: salute fisica) rispetto ai non emicranici. Differenze che si sono mantenute significative anche dopo aver controllato genere, età ed educazione. L’emicrania e la depressione risultano altamente associate. Anche dopo aver controllato genere, età e istruzione, sia la depressione che l’emicrania restano significativamente e singolarmente correlate con i bassi punteggi all’MCS-12 e al PCS-12. La qualità della vita correla in maniera significativa con la frequenza degli attacchi cefalalgici e con la disabilità (Lipton, Hamelsky, Kolodner, Steiner, & Stewart, 2000).

Per verificare l’ipotesi per cui ansia e depressione possano essere associate alla gravità e alla disabilità legata alla cefalea hanno osservato 127 pazienti affetti da cefalea. Sono stati somministrati i seguenti strumenti: “BDI”; “STAI”; “Headache specific locus of control” (HA LOC); “Medical Outcomes Study Short Form Healt Survey” (SF-36); “Quality of life score”. La depressione e l’ansia sono risultano essere significativamente superiori nei soggetti con mal di testa frequenti (> di 4 giorni alla settimana) e con disabilità associata (> di 3 giorni a settimana). I soggetti con frequenti crisi di cefalea associate a disabilità mostrano una significativa riduzione della qualità della vita, del funzionamento fisico e sociale e del livello generale di salute e vitalità. Gli autori concludono suggerendo che nei casi in cui vi siano gravi cefalee o disabilità in associazione i soggetti debbano essere sottoposti ad una valutazione psicologica (Marcus, 2000).

Lo studio di Venable, Carlson e Wilson ha come obiettivo quello di esplorare il ruolo della rabbia nel mal di testa e di esaminare il suo rapporto con l’ansia, la depressione e lo stress quotidiano. Sono state osservate 65 donne con età compresa fra 18 e 28 anni; tra queste, 29 con cefalea tensiva, 11 con emicrania e 25 con cefalea mista. Nei soggetti cefalalgici è stata riscontrata sia una relazione significativa tra repressione della rabbia e depressione che fra espressione della rabbia e ansia. L’utilizzo del “Mood and Anxiety Symptoms Questionnaire” ha permesso di sperare l’analisi dei sintomi generali di distress da quelli più specifici di ansia e depressione. I risultati mostrano che i soggetti con cefalea hanno sintomi di distress generale che non sono equiparabili a specifici sintomi di ansia e depressione. (Venable, Carlson, & Wilson, 2001).

Waldie e Poulton hanno condotto uno studio longitudinale su una coorte di nuovi nati che ha avuto una durata di 26 anni. A 26 anni dall’inizio dello studio (“Dunedin Multidisciplinary Health and Development Study” - DMHDS) è stato valutato lo stato del mal di testa dei partecipanti usando i criteri dell’”International Headache Society”. Sono

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93 state valutate la storia della cefalea e le potenziali correlazioni fisiche e psicologiche legate al mal di testa. Questi fattori includono: problemi perinatali; infortuni subiti fino ai 26 anni di età; disordini comportamentali, di personalità e psichiatrici diagnosticati tra i 5 e i 21 anni. Nell’arco dell’anno in cui i partecipanti hanno raggiunto i 26 anni, le rispettive prevalenze per emicrania, cefalea tensiva e cefalee miste sono state del 7,2%, dell’11,1% e del 4,3%. L’emicrania dei partecipanti è risultata correlata alla presenza dell’emicrania nella madre, ai sintomi di ansia nell’infanzia, ai disturbi d’ansia durante l’adolescenza e l’età adulta, alle caratteristiche di personalità e alla reattività allo stress all’età di 18 anni. La cefalea tensiva risulta associata agli infortuni del collo o della schiena nell’infanzia (prima dei 13 anni). Le cefalee miste correlano con la cefalea materna e con la presenza di disturbi d’ansia a 18 e a 21 anni, ma solo per le donne che nell’infanzia hanno presentato sintomi cefalalgici. La presenza dell’emicrania all’età di 26 anni non correla con la presenza di complicazioni perinatali, disturbi neurologici o traumi cranici di entità moderata. Gli autori concludono affermando che emicrania e cefalea tensiva presentano una storia clinica differente nel corso dello sviluppo (Waldie, K.E.; Poulton, R., 2002).

Mattsson e Ekselius hanno esaminato le associazioni fra emicrania e depressione maggiore, attacchi di panico e tratti di personalità in un campione di formato da 728 donne con età compresa fra i 40 e i 74 anni. E’ stata rilevata una debole associazione fra la prevalenza di emicrania “lifetime” e disturbi psichiatrici; nelle donne più anziane (60-74 anni) è stata riscontrata una correlazione significativa tra emicrania e una storia di depressione maggiore, ansia somatica e livelli elevati di suscettibilità allo stress. Tuttavia nelle donne più anziane, alti livelli di suscettibilità allo stress e di ansia somatica sono associati a scarse capacità adattive di coping nella gestione del dolore associato all’emicrania. I risultati suggeriscono che: certi aspetti del nevroticismo sono importanti correlati della capacità delle donne anziane di sopportare il dolore dato dalla cefalea (Mattsson & Ekselius, 2002).

Una ricerca del 2003 ha avuto come scopo quello di studiare l’associazione tra tratti di personalità, depressione ed emicrania nel lungo periodo attraverso uno studio longitudinale. Sono state esaminate 56 donne con emicrania. È stata valutata la presenza di depressione maggiore; attraverso l’”MMPI” e la “STAI” sono stati valutati i tratti di personalità, l’ansia di stato e di tratto. Le misurazioni sono state effettuate sia alla baseline (T0), sia dopo 6 anni (T1) che dopo 7 anni (T2). Al T0, al T1 e al T2 sono state registrate frequenza, gravità e durata dell’emicrania; tali valori sono stati confrontati con la prevalenza della depressione e i risultati ottenuti all’MMPI e alla STAI (ANOVA; Student’s t-test: chi2 analysis; multiple regression analysis). Fra T0 e T1 i soggetti sono stati sottoposti a un

94 trattamento per la cefalea. I parametri relativi al dolore sono migliorati in tutti i pazienti da T0 a T1. I soggetti il cui dolore emicranico è migliorato al T2, avevano ottenuto sia alla baseline che al secondo follow-up punteggi inferiori all’MMPI e alla STAI. L’analisi della regressione multipla ha mostrato una correlazione fra i punteggi della depressione rilevati con l’MMPI e l’ansia di stato e di tratto rilevata con la STAI alla baseline e con la frequenza della cefalea al secondo follow-up. Gli autori concludono affermando che l’insorgenza dell’emicrania, i cambiamenti nella personalità e la depressione nelle donne sembra influenzare i risultati del trattamento nel breve termine e influire sulla storia della cefalea nel lungo periodo (Mongini, et al., 2003).

Nello studio di Cassidy e colleghi sono stati esaminati 150 soggetti; fra questi vi erano emicranici e cefalalgici tensivi. I partecipanti sono stati osservati lungo un periodo di 9 mesi. È stato individuato il tipo di cefalea, nonché la frequenza la durata e la gravità della stessa. La disabilità sociale e professionale è stata quantificata usando il “Migraine Disability Assessment”. L’impatto psicologico è stato quantificato usando 28 item del “General Health Questionnaire”, il “Beck Depression Inventory” e lo “State-Trait Anxiety Inventory”. Attraverso le sottoscale del “nevroticismo dell’’”Eysenck Personality Inventory” è stato possibile quantificare la vulnerabilità agli eventi di vita stressanti. I pazienti con cefalea cronica hanno ottenuto un punteggio più elevato al “Migraine Disability Assessment” e maggiori punteggi al “Beck Depression Inventory” e al “General Health Questionnaire” rispetto ai cefalalgici di tipo episodico. Solo la frequenza del mal di testa (non il tipo di diagnosi, la severità del dolore e la durata) si è rivelato un predittore della disabilità (Migraine Disability Assessment) e della depressione (Beck Depression Inventory). Il nevroticismo si è rivelato un predittore della depressione ma non della disabilità (Cassidy, Tomkins, Hardiman, & O'Keane, 2003).

Wacogne et al., in uno studio del 2003, hanno esaminato l’intensità dello stress, dell’ansia e della depressione in un campione composto da 141 emicranici e un gruppo di controllo composto da 109 soggetti non emicranici; l’assegnazione ai gruppi ha tenuto conto dell’età e del sesso. Lo stress è stato misurato usando il “Perceived Stress Questionnaire”, mentre per l’ansia e la depressione è stata utilizzata la ”Hospital Anxiety and Depression Scale”. I risultati mostrano che lo stress e l’ansia sono significativamente più elevati nel gruppo con emicrania rispetto a quello di controllo e al di sopra del livello clinico. I punteggi di depressione sono rimasti bassi in entrambi i gruppi, al di sotto della soglia clinica (Wacogne, Lacoste, Guillibert, Hugues, & Le Jeunne, 2003).

Revisione della letteratura: aspetti psicologici delle Cefalee Primarie

95 Just et al. hanno condotto uno studio su bambini e adolescenti con cefalea primaria (n=128) e su 83 controlli abbinati per età (compresa fra 6 e 18 anni). Questi sono stati esaminati mediante un’ampia testistica: “Child Behavior Checklist”; “Depression Inventory for Children and Adolescents”; “Anxiety Questionnaire for Pupils”. I bambini e gli adolescenti con cefalea primaria hanno mostrato avere maggiori problematiche internalizzanti (depressione; ansia; somatizzazione) rispetto ai controlli sani. In 1/3 dei soggetti osservati, i problemi emozionali sono clinicamente rilevanti e richiedono una particolare terapia; i restanti 2/3 dei soggetti non mostrano una psicopatologia di rilevanza clinica e possono trarre vantaggio da interventi minimi. In conclusione, un bambino su tre ha bisogno di una terapia psichiatrica addizionale (Just, et al., 2003).

La proposta di Kowacs et al. è stata quella di indagare la depressione, l’ ansia e altri disturbi psichiatrici non specificati, in soggetti affetti da emicrania. Questi pazienti sono stati

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