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L’amministrazione veronese e l’Adige »

Nel documento La pianura veronese nel medioevo (pagine 57-59)

Parte II. La bonifica e il controllo dei fium

21. L’amministrazione veronese e l’Adige »

Compito primo dell’amministrazione nella manutenzione degli argini e nella rego- lamentazione delle acque dell’Adige e dei corsi d’acqua minori era la difesa delle campagne. Ciò appare a volte dagli atti del Consiglio cittadino (355), [101] dalle let- tere ducali (356), dalle richieste che le comunità rurali rivolgevano all’amministrazione veronese (357) o al governo veneto (358), da altri documenti concernenti opere idrauliche da compiere o comp

parleremo - si proponevano i proprietari di grandi possedimenti posti nella bassa pianura veronese, che si rivolgessero al Consiglio cittadino o che cercassero di prov- vedere direttamente alla bonifica dei loro fondi.

Altre finalità erano presenti; ne accenniamo, pur esulando dal tema che ci siamo proposti. L’Adige, da tempo immemorabile, ha svolto una funzione di primaria im- portanza nell’ambito delle comunicazioni umane e del commercio, soprattutto in età altomedioevale, quando lo stato delle strade, se pur c’erano, era pessimo. Anche i

comunale e postcomunale, pur migliorando di molto le comunicazioni terrestri, le vie d’acqua, come del resto fino al secolo scorso, quando avvenne l’introduzione del- la ferrovia, rimasero fondamentali e per le comunicazioni e per il commercio (359).

Tutto questo era particolarmente importante per la repubblica veneta, per la quale la libera fruibilità dei fiumi padani aveva sempre costituito un obiettivo politico fon- damentale. Molti interventi del governo veneto e dell’amministrazione veronese era- no rivolti ad assicurare la navigabilità dell’Adige, particolarmente quelli a Castagna- ro. Verona qui operava malvolentieri, costrettavi da Venezia, che esigeva che l’Adige fosse reso sicuramente e comodamente navigabile

zione di una fossa collaterale, sulla sinistra, la «fovea nova», appunto presso Be- gosso, che tante occasioni di lite suscitava con i Padovani, pure obbligati alla manu- tenzione del tratto che correva nel loro territorio.

Come mai questa riluttanza dal momento che il disordine idrografico fra Begosso e Castagnaro contribuiva all’allagamento delle campagne e impediva la regolare na- vigazione? Le acque, che per il cattivo stato dell’alveo, inondavano periodicamente le campagne circostanti, interessavano una superficie relativamente ristretta del Verone- se; sulla destra, poi, esse non potevano sommergere più di qualche striscia di terra, già stretta tra il fiume e le paludi del Tartaro. Quello che regolarmente veniva som-

353 A.S.Vr., Archivio del comune, Atti del consiglio, reg. n. 60, c. 172r, 1454 aprile 15. 354 Ibidem, reg. n. 61, c. 42v, 1457 gennaio 21.

355 Ibidem, reg. n. 63, c. 241r, 1481 giugno 8.

356 A.S.Vr., Archivio del comune, Lettere ducali, reg. n. 52, 1422 luglio 29.

357 Cfr. avanti, testo corrispondente alla note 416-418, 425-428, 429-432, 433-437.

358 Cfr. sopra, testo corrispondente alle note 336-337 (Castagnaro); avanti, testo corrispondente alle note 421-423 (Alpone).

merso era il territorio del Polesine e di Padova. I Padovani premevano perché gli ar- gini dell’Adige, nell’estremo suo corso veronese, fossero opportunamente mantenuti in e

cerne Verona si trattava, come vedremo, di un atteggiamento non dis

ovenivano gli attacchi dei nemici: Padovani, Estensi, Ferraresi, Veneziani stes

ville erano dispersi in più località: «hi

del territorio concorressero materialmente alla manutenzione degli argini: il fiume - si dichiarava - era da considerarsi difesa naturale non solo di Vero- na, ma anche delle altre città dello stato veneto; per tale motivo doveva essere mante- e; qualora per deficienza di acque, aumentato il livello del fondo, divenisse facilmente transitabile, sarebbe divenuto, oltre che innavigabile, an- che

fficienza; non ottenendo, non diciamo risposte, ché anzi di queste ne ricevevano anche troppe, ma l’impegno concreto dei Veronesi, erano costretti a rivolgersi conti- nuamente al governo veneto. Questo, non invischiato dai particolarismi municipali e fortemente interessato a salvaguardare la navigabilità del fiume, interveniva solleci- tando o decisamente imponendo l’esecuzione dei lavori.

Per quanto con

simile, qui applicato su scala più vasta, da quello che la portava a disinteressarsi, per quanto possibile, della manutenzione degli argini nelle zone a settentrione di Le- gnago e di Porto, dal momento che le inondazioni danneggiavano soprattutto il terri- torio delle due ville, per i primi quattro decenni del secolo separate amministrativa- mente dalla città.

[102] Infine l’Adige era considerato un baluardo difensivo dello stato veneto. La difesa, tuttavia, non era più come nel passato rivolta prevalentemente verso oriente, donde pr

si, attacchi che portavano all’invasione delle terre del distretto del Fiume Nuovo, e l’Adige, con l’Alpone, diveniva la difesa naturale della città e del distretto della Zo- sana. Ora il fiume doveva costituire un baluardo verso occidente, contro gli assalti provenienti da Mantova e diretti, oltre che verso Verona, anche verso Legnago lungo le valli.

All’inizio del 1484 il Consiglio constatava che non era possibile chiudere le rotte sulla destra dell’Adige in quanto gli uomini delle

c atque illuc dispersi»; ma dagli atti del mese successivo appare chiaro che inon- dazione e dispersione degli abitanti erano dovute alla rottura degli argini presso Le- gnago, effettuata per assicurare la difesa del castello dagli assalti nemici: «cum rupte predicte non acciderint impetu fluminis, sed facte fuerunt iussu prelibati (scil. di Ve- nezia) dominii pro tutela castelli Leniaci» (360).

All’Adige la funzione difensiva era già attribuita in una lettera ducale del 1422 (361), con un’ampia argomentazione, ripresa quarant’anni dopo dal Consiglio citta- dino (362), in occasione di una richiesta rivolta al governo veneto affinché concedes- se che tutte le ville

nuto sempre ricco d’acqu meno sicuro.

360 A.S.Vr., Archivio dal comune, Atti del consiglio, reg. n. 64, c. 26v, 1484 gennaio 11; c. 27v

bre 16. , 1484 febbraio 8.

361 Doc. citato sopra, nota 356.

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