• Non ci sono risultati.

La villa di Palù insediamento rurale

Nel documento La pianura veronese nel medioevo (pagine 39-41)

Parte II. La bonifica e il controllo dei fium

14. La villa di Palù insediamento rurale

che alla delimitazione del terreno su cui doveva sorgere la villa di Palù, abitata, lo ri- cordiamo, non da cittadini, ma dai rustici cui i primi avranno affidato i poderi.

La villa era di superficie rettangolare, delimitata da ogni parte da fossati, di m. 492 per m. 718, equivalente a 35 ettari e mezzo, attraversata da cinque vie, quattro ampie otto pertiche (m. 16,32), una centrale di dodici pertiche (m. 24,48). Ai lati delle vie erano disposti duecento terreni per abitazione, «sedimina», assegnati ciascuno a

229 Gli statuti veronesi cit., libro I, posta CCXIII. 230 Ibidem, libro IV, posta CCII.

231 Biblioteca Civica di Verona, ms. 3036, Vetrina n. 52 b, libro IV, posta CXLIX.

232 Biblioteca Civica di Verona, ms. n. 2008, Vetrina n. 20, libro IV, posta CXXV (CXXXI). 233 Statutorum magnificae civitatis Veronae libri quinque, Venetiis, MDCCXLVII, libro V, cap. XXIX.

234 Ibidem, libro V, cap. XXV. 235 Ibidem, libro V, cap. XXVIII.

236 Il provvedimento risaliva al 1407: A.S.Vr., Archivio del comune, Atti del consiglio, reg. n. 56, c. 85r, 1407 marzo 10.

due consorti, di pertiche dodici e due piedi per pertiche trenta, della superficie di mq. 1542, di poco superiore a mezzo campo. Al centro della villa, quasi a metà della terza strada centrale, era, ed è, situata la chiesa, dotata di quattro «sedimina». A sud di Palù altri appezzamenti, intensamente frazionati, erano adibiti a colture orticole.

Si tratta di un impianto che gli storici dell’insediamento definiscono a «schema ortogonale» (237), solitamente impiegato in epoca bassomedioevale per la costruzio- ne di centri fortificati, come lo fu in effetti per Villafranca (238).

A Palù la difesa era assicurata dai fossati e - lo aggiungiamo noi, pur se ci manca la descrizione - da ponti, siepi e palizzate, sulle quali si aprivano porte di legno.

Possiamo integrare la descrizione attraverso quella coeva di un altro villaggio. Nel 1228 (239) i monasteri di San Zeno e di San Benedetto di Polirone si accordarono per dividere i loro possedimenti a sud di Tione, presso l’odierna Poletto, località ora in comune di Roncoferraro, al confine con quello di [82] Sustinente. Entrambi gli enti furono autorizzati a procedere alla costruzione di una villa sulla proprietà loro spet- tante; per evitare discordie, gli arbitri fissarono rigorosamente le modalità. Non dove- vano essere edificate né «castrum» né «motta» né casatorre né alcun altro edificio atto alla difesa e all’offesa. Il fossato intorno alla villa non avrebbe superato i quattro me- tri; poteva essere rinforzato da una siepe e da due porte di legno, cingenti l’abitato. La chiesa e le abitazioni all’interno, se in muratura - eventualità difficilmente verificabile per le abitazioni dei rustici -, non dovevano superare i quattro «puncti» in altezza, cioè sedici piedi, equivalenti a quasi cinque metri e mezzo; i muri non dovevano esse- re più spessi di tre mattoni, «quadrelli», il campanile non avrebbe superato i cinque «puncti», equivalenti a quasi sette metri, con limitazioni nell’ampiezza della base e nello spessore delle pareti. Tutto ciò affinché nessuna delle due ville, nel caso fosse anche parzialmente fortificata, minacciasse l’altra.

A Palù come a Poletto e in tutti i villaggi del tempo le case dei contadini erano molto modeste. Pur non disponendo di descrizioni dettagliate, alcuni indizi sono tut- tavia ben significativi. Negli statuti dati dai Crescenzi agli abitanti della «villa Run- chorum» presso Albaredo, due anni dopo la fondazione, nel 1211 (240), fu prevista la possibilità che essi si allontanassero di loro volontà, nel qual caso dovevano lasciare la casa; se cacciati, potevano invece portare via gli edifici da loro costruiti. Parimenti ad Orti, nello stesso periodo, il priore di San Giorgio voleva impedire che un suo af- fittuario, allontanandosi dal villaggio, portasse con sé la sua abitazione (241). Erano dunque «case» di legno, terra e paglia. Ciò spiega anche la mobilità dei contadini dell’epoca medioevale, ché le abitazioni in muratura, con il tetto di tegole, solaio, portico, fienile, forno, pozzo, cominciarono ad apparire con una certa frequenza - per proprietari o affittuari non modestissimi - solo nel secolo XV. Diviene facile la com- prensione dell’effettiva portata dell’ordine impartito da Cangrande agli abitanti sulla

237 P. M. Lugli, Storia e cultura della città italiana, Bari, 1967, pp. 137 ss. 238 E. Sereni, Storia dal paesaggio agrario italiano, Bari, 1962, pp. 76-78. 239 A.S.Vr., Ospitale civico, perg. n. 573, 1228 novembre 28.

240 Archivio segreto vaticano, Fondo veneto, I, perg. n. 8199 c, 1211 aprile 8.

241 C. Biscaro, Attraverso le carte di San Giorgio in Braida di Verona. Note storiche, «Atti del reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti», XCIV, 2 (1934-1935), pp. 636-638.

sinistra dell’Alpone, da Villanova a Cavalpone, di trasportare le loro abitazioni sulla destra del fiume (242).

Le case dei contadini contrastavano fortemente con la dimora signorile, pur se non fortificata. Di una di queste, nella bassa pianura, rimane una descrizione della prima metà del secolo XIV. A San Pietro in Valle, villaggio soggetto giurisdizionalmente all’abbazia di San Zeno, situato in una zona povera, ricca solo di ... paludi, ove sap- piamo che la maggion parte delle case contadine era coperta di paglia (243), l’abate nel 1329 (244) locò per dieci anni alla comunità locale diritti e beni terrieri, fra i quali ultimi si trovava la casa signorile, che venne pure affittata con l’obbligo di mantener- la in buono stato per poter eventualmente ospitare l’abate ed il suo seguito: all’occorrenza essa doveva essere liberata, «sbrigata» e «spaçata». Si trattava di un appezzamento di venticinque campi, lambito da più parti dalle acque del Tione, pres- so la chiesa locale, con sopra di sé un grande edificio in muratura, a due piani, con il tetto di «copi», due portici, un forno e la cucina pure in muratura ed il tetto ricoperto di tegole; ed ancora un grande fienile, «teçia [83] magna nova», da poco costruito, con tetto di paglia, poggiante su quindici pilastri di mattoni e dodici di legno, nonché con un portico sostenuto da cinque colonne di mattoni e quattro di legno, con un poz- zo infine ed un orto.

Nel documento La pianura veronese nel medioevo (pagine 39-41)