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1. Rime Amorose

1.4 Amore per una vedova

Nelle Rime del ’21 una corona di quattro sonetti raccontava il probabile amore illecito del poeta per una vedova, un tempo legata in matrimonio con un amico dello scrittore: XXI (Vedova), XXII (Contra ʼl sospetto che s’era dato della onestà d’una donna), XXXIV (Alla donna amata da un suo amico, il quale essendo morto ricorda egli a quella l’obligo dell’amore, come a se stesso dell’amicizia), XLVII (Vedova amante che solea venir meno nel letto del già suo sposo). Nel ʼ26 c’è qualche ritocco formale e l’aggiunta, nella seconda parte delle Rime, di un ulteriore sonetto, il XXVI (Velo)63.

Nel primo sonetto il poeta loda la bellezza della donna nonostante il suo essere vestita a lutto: il pallore derivato dalla sofferenza provata le «rende il volto adorno» e lo fa risaltare, in contrasto con la «nera veste», simbolo non solo di decoro, ma soprattutto della fedeltà coniugale anche dopo la morte del consorte: «Vano fôra il piacer se tra gli amanti / morte bastasse ad introdur l’oblio»64.

63 Cfr. S. S. Nigro, Lezione sull’ombra, p. XVI.

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Letto nella sua singolarità, questo sonetto mette in luce l’onestà della vedeva, che si strugge per la perdita dell’amato e soffre nel ripensare al piacere di averlo avuto accanto come «fido compagno»:

Voi di fido compagno alto disio soffrite, in ripensar tra doglie e pianti

come nel vostro amor visse e morio. 14

Lo stesso componimento però, letto come introduzione a un “racconto” che si svolge nelle successive poesie, appare l’inizio di «una discesa cieca nelle nebbie e nelle ombre, tra pallori eccitanti sotto il crespo, sguardi elusi e parole ostruite»65. Nel sonetto XXII, infatti, il poeta è costretto a difendere la vedova – e se stesso – dalle maldicenze e dalle insinuazioni che si erano fatte sul loro conto. Sembrava ad alcuni che il loro rapporto non fosse solo amicale, ma che un sentimento diverso fosse nato. Il poeta specifica come la vedova fosse solo «amica» e bisognosa di conforto e ascolto, dopo la perdita del marito.

Di dogliosa bellezza il volto ornato e con voci soavi, amica e sola,

quella che l’alme con lo sguardo invola,

m’espose del suo cor l’amaro stato. 4

La loro vicinanza desta sospetti nelle malelingue e il «vulgo infido»66 è responsabile di quel «fallace grido», rumoroso ma – sostiene il poeta – non veritiero, che rischia di rovinare la reputazione alla vedova, mettendo in dubbio la sua onestà.

Non tolsi il fior ch’è a l’onestà più grato, fallace grido a lei contrario vola:

non fu pensier tra noi, non fu parola

ch’abbia a la mente il bel candor turbato. 8

Il ruolo che l’amico-poeta ha svolto è quello del confidente, ma nel sottolineare questo non manca di ribadire la bellezza della donna, «dogliosa» nel volto candido (vv. 1 e 8) e attraverso la quale Amore si manifesta (v. 10); è chiaro il fascino che questa presenza femminile suscita: il sentimento invade il poeta come «viva face», ma la pietà verso la vedova e l’amico morto e il «senso», la ragionevolezza, gli impediscono di dichiarare

65 S. S. Nigro, Lezione sull’ombra, p. XVI

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apertamente ciò che prova. Il rispetto vuole che non si possa approfittare della sofferenza altrui, della debolezza momentanea per procurarsi «diletto».

Ella d’affanni, io di verace aita seco trattai, ben v’intervenne Amore

che da le sue bellezze ebbe l’uscita. 11 Con viva face mi volò nel core

in cui vide pietà, ch’al senso unita

non vuol diletto ne l’altrui dolore. 14

Eppure «sul volto dell’amante murato»67 forse un qualche indizio d’amore era trasparso, se qualcuno rimproverò il loro atteggiamento ambiguo. E indice di un possibile fondo veritiero sta anche nel fatto che il poeta si sentì in dovere di ricordare alla vedova il legame di eterna fedeltà con il marito e a se stesso quello di limpida amicizia. Il racconto continua con il ricordo della grave perdita subita da entrambi e l’incoraggiamento a mantenere le promesse fatte: l’amico-poeta deve serbare in cuore il defunto, continuando a lodarlo per essere stato «degli amici il più costante»; la donna deve perseverare nel rispetto della memoria del marito, fuggendo la possibilità di dedicarsi ad un «novell’amor».

Chiuse i lumi soavi il fido amante, ch’ogni riposo nel suo sen prendea; morte spietata, insidiosa e rea

tolse a me degli amici il più costante. 4 A te bagnar di lagrime il sembiante

dee la beltà che ’n lui tuo cor traea, a me quel vero ben, ch'egli rendea

con pietosi consigli a l’alma errante. 8 Di memoria e di lode a lui prometto

mio debito osservar quanto più lice

a mortal vita, a torbido intelletto. 11 Tu di novell’amor fuggi l’affetto

e del suo cener freddo ed infelice

arda, com’arse, in vive fiamme il petto68. 14

La corona di sonetti del 1621 ha come epilogo il componimento XLVII, dedicato alla «vedova amante», in cui il focus è sulla solitudine della donna privata del suo amore. Al calare delle tenebre in terra, «quand’il ciel mostra il suo stellato aspetto», la nostalgia

67 S. S. Nigro, Lezione sull’ombra, p. XVI.

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dell’amato si fa più viva e la vedova non riesce a prendere sonno nel suo letto solitario: «e col proprio pensier parla e rivela / le pene c’ha rinchiuse in mezo al petto». Nel dormiveglia, il corpo rimane pesante nel letto, ma l’anima si innalza con Amore al cielo di Venere, dove può finalmente trovare sollievo:

là ricercando le bellezze vere

del suo (qui spento) Sole, ha per costume di tornar lieta da l’eterne spere.

Nell’edizione definitiva del 1638 questa vicenda si dissolve e i possibili legami con la biografia del poeta diventano molto più rarefatti. Da lettori possiamo solo fare delle supposizioni, sicuramente rese più interessanti dal fatto che due dei quattro sonetti citati – XXXIV e XLVII, i più compromettenti – verranno eliminati dalle Rime del ʼ38 e che gli altri due saranno – a partire dai titoli – modificati, assumendo un carattere meno autobiografico e più generico. Il sonetto XXI, Vedova, non viene posto nella sezione amorosa, ma confinato nelle Rime varie, per di più con un cambio del titolo: Vedova costante nel suo dolore, che ne precisa l’intenzione.

I sonetti XXII e XXVI (comparso nella seconda parte dell’edizione intermedia) entrano nella schiera delle Rime amorose, come 93 e 45. Il primo viene mascherato da un nuovo titolo: Contra il sospetto per aver parlato con la sua donna e il verso 4 da «m’espose del suo cor l’amaro stato» passa ad un più distaccato «m’espose di sua sorte il duro stato»; il secondo non cambia, perché scevro da ogni riferimento palese ad una possibile amicizia del poeta con la persona morta.

Secondo Nigro, la volontà dell’autore fu quella di dissimulare l’intero racconto: se il poeta-amante non era riuscito a celare totalmente il suo amore, tradito dalla passione che gli si leggeva in volto, trova il modo di farlo nella sua opera poetica, calando un velo d’inchiostro sulla vicenda. La dissimula, ma non la elimina totalmente, come avrebbe potuto fare, perché l’esperienza personale poteva diventare esempio e monito universali se liberata da compromissioni individuali.

D’altra parte, come sostiene Scotti, non serve soffermarsi troppo sulla concretezza o meno della vicenda e pensarla come necessaria traccia dissimulata di vita reale; è più interessante notare come le modifiche che segnano il passaggio da un’edizione all’altra si inseriscano perfettamente «nella parabola della spiritualità e del gusto che segna il

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passaggio dalla poesia giovanile alla raccolta del ʼ38»69. Nella revisione del canzoniere opera quindi una spinta moraleggiante approfonditasi nel tempo e il distacco da qualunque indizio di legame autobiografico ravvisabile nei componimenti.

La corona di sonetti dedicata alla donna vedova testimonia l’attenzione di Accetto nei confronti del contesto letterario e culturale a lui contemporaneo, e l’apertura delle sue liriche a nuovi temi non tradizionali che testimoniano la sua «finezza spirituale». La schiettezza delle situazioni rappresentate e la quotidianità in cui è inserita la figura femminile, sia che siano strettamente legate al vissuto dello scrittore, sia che siano ridimensionate o inventate, ci avvicinano alla prospettiva da cui Accetto guardava il suo tempo.

Il conflitto fra amore e dovere, fedeltà al proprio egoistico impulso e rispetto dei sentimenti altrui […], le riflessioni sul dissidio fra bellezza e onestà […], fascino femminile e dissipazione interiore che può derivarne ci conducono nel cuore della umanità accettiana e insieme verso i momenti più suggestivi della sua poesia70.