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Analisi dell’andamento della variabile Analytic Thinking e della variabile Emotional Tone

4. ANALISI DEI RISULTAT

4.6 Analisi dell’andamento della variabile Analytic Thinking e della variabile Emotional Tone

In questo specifico grafico sono state considerate due variabili appartenenti alla dimensione generica LIWC “Summary Variable”, ovvero sia un insieme di specifiche variabili riguardanti lo stile di scrittura degli articoli considerati, inerenti alla tematica dell’olio di palma. La prima variabile studiata è la variabile “Analytic”, la quale indica il grado di analiticità utilizzato all’interno degli articoli redatti. La seconda variabile è la variabile “Tone”, indicante il grado di emotività presente, utilizzato

dagli autori degli articoli in questa tesi analizzati.

Dal grafico sopra esposto è possibile osservare una diminuzione della variabile “Analytic”, al trascorrere del tempo, la cui media scende, moderatamente, da un valore iniziale di 96,49 prima degli anni ‘90 - corrispondente cioè alla prima decade - a un valore finale di 93,9 nel periodo 2011-2017, corrispondente cioè alla quarta decade considerata. Quindi la variabile “Analytic” diminuisce in

maniera rilevante nel corso del tempo, ma non in modo eccessivo, perdendo infatti solo tre punti dal valore di partenza.

Analizzando poi l’andamento della variabile “Tone”, si può altresì osservare un aumento di essa e in particolare rispetto a quest’ultima si può notare graficamente un innalzamento rilevante a partire dagli

anni 90 - seconda decade nel grafico “91_00” -, raggiungendo il suo massimo dopo il 2010. Da un valore della media iniziale di 25 si raggiunge un valore finale di 40, segno evidente che la crescita, verificatasi progressivamente negli anni, è stata una crescita decisiva.

96,49 96,25 94,54 93,9 25 37 38 40 0 20 40 60 80 100 120 Before 90 91_00 01_10 11_17 Andamento Analytic e Tone

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Ciò che è possibile evincere dai due andamenti appena descritti, è che, con il passare degli anni, negli articoli riguardanti l’olio di palma, lo stile di scrittura si è fatto via via più descrittivo e di tipo

discorsivo e ha sostituito un tono analitico, al contrario caratteristico del periodo precedente alla crescita, cioè prima degli anni ‘90. Tale cambiamento nella modalità di scrittura e nello stile utilizzato, sta a significare che il pensiero si è fatto progressivamente più di tipo informale, meno logico e meno “gerarchico”; inoltre anche il tono utilizzato ha assunto una forma di tipo più emozionale dal

momento che il tono emozionale quasi raddoppia (da un valore iniziale della media di 25 a un valore finale di 40), ovvero sia il tono degli autori si fa più “positivo” e ottimista verso la tematica dell’olio

di palma e i suoi molteplici aspetti.

Il cambiamento nello stile e nel tono di scrittura utilizzato può essere spiegato dal fatto che gli autori abbiano voluto, in un successivo momento, cioè a partire dagli anni ’90 , rivolgersi a un pubblico più

ampio di soggetti cioè alle intere comunità ossia a ogni singolo cittadino, anziché limitarsi a coloro che si occupano professionalmente di tale problematica, spostando così l’attenzione dall’aspetto

puramente tecnico-produttivo riguardante l’olio di palma, ad altre tematiche che interessano qualunque comunità, tra cui l’aspetto ambientale e la tematica sociale o un macro tema come quello

della salute. Come afferma l’articolo “La lunga guerra sull’olio di palma” del quotidiano nazionale “Il foglio quotidiano” nell’edizione online – giugno 2016, la questione dell’olio di palma nacque

infatti tra il 1986 e il 1987 negli Usa come una vera e propria guerra commerciale tra i produttori di olio di semi di soia e di colza da un lato, e i produttori dei cosiddetti “oli tropicali” dall’altro, ovvero olio di cocco e olio di palma. L’inizio scatenante di tale guerra commerciale può essere attribuito alla campagna denigratoria apertamente portata avanti dall’American Soybean Association (Asa) - un’agenzia che si occupa di tutelare l’industria americana legata alla produzione di soia – contro l’olio

di palma proveniente dal Sud-Est Asiatico: la Tropical Grease Campaign. La Asa firmando una petizione all’U.S. Food and Drug per chiedere di introdurre etichette “No tropical oil” o “No palmo oil”, accusò l’olio di palma di provocare ogni sorta di malanno, dalle malattie cardiovascolari al cancro (oltre all’accusa di non “essere americano”). Questa guerra di fatto ebbe inizio poiché gli “oli

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tropicali” rappresentano delle alternative a basso costo, viste così, in quel frangente, una minaccia per l’economia locale. L’associazione malaysiana dei produttori di olio di palma rispose all’attacco con

degli studi che difendevano la salubrità del prodotto ma, nel 1987, il rappresentante del Kansas Dan Glickman e il senatore della lowa Tom Arkins (notoriamente legati alle lobby agricole), presentarono la proposta di legge per l’etichettatura, mentre l’Asa distribuì ai suoi aderenti il kit di propaganda “Fat fighter kit”, secondo cui “gli oli tropicali come cocco e palma possono ucciderti perché contengono grassi saturi più del lardo”. “Cerca cibo confezionato con olio di soia perché è a basso contenuto di grassi, è il cibo americano leggero per eccellenza” e “L’olio vegetale del Sud-Est Asiatico sta derubando il nostro mercato” erano alcuni degli slogan circolanti, insieme a vignette riportanti la scritta “Occhio all’olio di cocco” in cui la noce di cocco era rappresentata come una

bomba ad orologeria. La Malaysia rispose allora commisurando dei nuovi studi, facendo dei contro- spot e minacciando rappresaglie diplomatiche. L’amministrazione Reagan si chiamò fuori e il governo filippino, a sua volta, fece presente che un quarto dei suoi cittadini dipendeva dall’industria dell’olio di cocco, mentre i danesi della United International Enterprises Ltd mandarono una lettera

aperta ai produttori alimentari in cui accusarono i produttori di soia di volersi accaparrare il 50 per cento del mercato degli oli. Il 1989 fu l’anno decisivo poiché venne raggiunto una sorta di armistizio che rappresentò quindi una “pace”, anche se provvisoria (Il Foglio, edizione online 2016).

In questo tipo di contesto - guerre commerciali tra aziende - il linguaggio analitico utilizzato per una qualunque notizia o articolo che viene redatto, tende a dominare, nel senso che vi è una particolare cura nello scrivere in modo rigoroso e molto dettagliato ogni singolo fatto e/o accaduto.

A partire dagli anni ’90 il focus della questione olio di palma si sposta su altre tematiche tra cui ad esempio l’aspetto ambientale e uno dei periodi significativi in questo senso è quello tra l’anno 2004 e l’anno 2011. Leggendo l’articolo “Senza olio di palma: genesi e sviluppo di un problema sociale” – un articolo redatto nel novembre 2017 sulla rivista “Europae”, in questo arco di tempo (2004-2011

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numerosi dossier di denuncia e organizzano proteste contro governi e multinazionali (rivista online Europae, novembre 2017).

Recentemente, in particolare negli ultimi due anni, una tematica ambientale che si è sviluppata arrivando a rappresentare una sfera di interesse a livello internazionale, riguarda la deforestazione massiccia e gli incendi verificatisi nel Sud-Est Asiatico. Come racconta l’articolo “L’altra faccia dell’olio di pama: il dramma degli oranghi non è finito”, un articolo redatto sulla rivista online Green Me nell’ottobre 2016, si sta mostrando una profonda preoccupazione per la salvaguardia delle specie animali, di cui il simbolo è l’orango, animale tipico di quelle aeree geografiche. (rivista online Green

Me, ottobre 2016)

L’articolo “I produttori di olio di palma alimentano gli incendi del Borneo” del quotidiano online “la Repubblica.it” – novembre 2015 - cita per l’appunto la denuncia attivata dall’associazione Greenpeace accusando i produttori di olio di palma nel territorio indonesiano di attuare pratiche di deforestazione e di sfruttamento ambientale (la Repubblica.it, novembre 2015).

In risposta a ciò, alcune aziende produttrici di oli di palma si sono riunite nella cosiddetta RSPO (Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile), ossia un’organizzazione agricola che nasce a livello

internazionale, tesa alla promozione di attività sostenibili per la produzione dell’olio di palma attraverso standard globali credibili e il coinvolgimento dei soggetti interessati (“Olio di Palma Sostenibile”, “European Palm Oil Alliance”).

Per queste nuove prospettive di analisi, lo stile di scrittura è divenuto progressivamente più narrativo e discorsivo, probabilmente per un maggior coinvolgimento degli autori di tali articoli rispetto a tematiche tra cui la salute, e questo perché un tema quale quello della salute è un aspetto che sta a cuore a ogni singolo individuo. Di conseguenza, una tipologia di contenuto del genere dovrebbe essere alla portata di tutti ovvero dovrebbe essere comprensibile da chiunque: ecco che lo stile si fa più narrativo, di impronta discorsiva e sempre meno analitico e rigoroso.

Il linguaggio utilizzato, come precedentemente detto, si è fatto inoltre più emozionale. Questo mutamento avviene perché sul finire degli anni ’80 termina la battaglia commerciale contro l’olio di

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palma (almeno temporaneamente), poiché viene smentita ogni accusa affermata dal boicottaggio iniziale. Al contrario, quando scoppia la guerra commerciale tra oli vegetali e oli tropicali, il tono utilizzato in quegli anni (anni 1986-1987) è un tono più “negativo” e “ansioso”, perché è in questo periodo che scoppia per la prima volta la questione olio di palma.