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Analisi longitudinale del dibattito internazionale relativo all'olio di palma sostenibile

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA &

MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

TESI DI LAUREA

“Analisi longitudinale del dibattito internazionale

relativo all’olio di palma sostenibile”

Relatore Candidato

Prof. Matteo Corciolani Kety Donati

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Indice

1. Introduzione

1.1. Origini olio di palma

pag. 1

1.2 Content analysis

pag. 4

2. Rassegna della letteratura

2.1 Cenni storici

pag. 6

2.2 Olio di palma sostenibile: studio di Hansen et al. 2015

pag. 8

2.3 Caso Tailandia: studio riguardo olio di palma sostenibile

di Saswattecha et al. 2016

pag. 18

2.4 Olio di palma sostenibile: prospettiva di reti e flussi globali

pag. 23

3. Metodologia della ricerca

3.1 Software statistico PSPP

pag. 30

3.2 Comunicazione e psicologia: il software LIWC

pag. 31

3.3 Contenuto Versus Style Words

pag. 33

3.4Avvertenze sull'analisi del testo del computer

pag. 33

4. Analisi dei risultati

pag. 34

Prima parte

4.1 Analisi dell’andamento della variabile “Biological Processes”

pag. 30

4.2 Analisi dell’andamento delle variabili Body, Health/illness e Ingesting

pag.

36 4.3 Analisi dell’andamento della variabile Work

pag. 38

4.4 Analisi dell’andamento della variabile Death

pag. 40

4.5 Analisi dell’andamento delle variabili Energy&Fuel, Environmental e

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3

Seconda parte

4.6 Analisi dell’andamento della variabile Analytic Thinking e

della variabile Emotional Tone

pag. 45

4.7 Analisi dell’andamento della variabile Authentic e della variabile Clout

pag. 49

4.8 Analisi dell’andamento della variabile Function Words

pag. 51

4.9 Analisi dell’andamento delle variabili Pronoun, Ppronoun e Ipron

pag. 52

4.10 Analisi dell’andamento delle variabili Auxverb, Adverb e Conj

pag. 53

4.11 Analisi dell’andamento della variabile Grammar other

pag. 54

4.12 Analisi dell’andamento della variabile Number e della variabile Quantifiers

pag. 55

Terza parte

4.13 Analisi dell’andamento variabile Positive emotion e

della variabile Negative emotion

pag. 56

4.14 Analisi dell’andamento della variabile Social Words

pag. 60

4.15 Analisi dell’andamento della variabile Cognitive Processes

pag. 61

4.16 Analisi andamento della variabile Insight, Cause e Tentatativeness

pag. 63

4.17 Analisi dell’andamento della variabile Certainty e

della variabile Differentiation

pag. 65

5. Conclusioni

5.1 Implicazioni teoriche

pag. 67

5.2 Implicazioni manageriali

pag. 68

5.3 Limiti e sviluppi futuri della ricerca

pag. 73

Bibliografia e sitografia

pag. 75

(4)

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1. INTRODUZIONE

1.1 Origini dell’olio di palma

La piattaforma online “European Palm Oil Alliance”, dedicata completamente all’analisi dell’olio di

palma in tutte le sue sfaccettature e alla spiegazione di ogni aspetto o problematica inerente a esso, afferma che l’olio estratto dal frutto della palma, comunemente conosciuto come olio di palma, è prodotto dalla polpa del frutto (Elaeis Guineensis). Si tratta di un frutto tropicale di colore rossastro, grazie all’elevato contenuto di beta-carotene, avente le dimensioni di una grande oliva contenente un unico seme o nocciolo, da cui si estrae l’olio di palmisto. Ogni frutto contiene circa il 30-35% di olio

(European Palm Oil Alliance). La palma da olio è un albero tropicale con foglie di circa 5 metri e cresce nelle regioni intorno all'equatore. Originariamente rinvenuta in Africa Occidentale, la palma da olio è oggi coltivata prevalentemente dai due maggiori produttori a livello mondiale di olio di palma, Indonesia e Malesia.

Le aree di coltivazione più adatte sono le aeree caratterizzate da un clima di tipo tropicale, tra i dieci gradi a nord e a sud dell’equatore anche se, negli ultimi anni, è stato registrato un aumento della produzione di olio di palma in nuove aree geografiche oltre la Malesia e l’Indonesia, tra cui l’America Centrale e l’America del Sud, la Thailandia e l’Africa Occidentale (European Palm Oil Alliance).

1.2 Content analysis

Questa ricerca è una ricerca di tipo quantitativo, basata su una content analysis di più di duemila articoli redatti tra l’anno 1979 e l’anno 2017 nell’area del Sud-Est Asiatico, relativi all’oggetto di

studio olio di palma. Tale content analysis è stata resa possibile attraverso l’analisi della varianza per mezzo del software statistico PSPP – quindi si tratta di un’analisi automatizzata – tra la variabile indipendente del tempo e una serie di variabili dipendenti che costituiscono alcune macro-categorie del software linguistico LIWC (vedi paragrafo “Metodologia”).

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L’analisi quantitativa effettuata si è concentrata su tre aspetti distinti riguardanti le pubblicazioni

considerate, che corrispondono ai tre tipi di risultati ottenuti: analisi del contenuto, analisi dello stile di scrittura e analisi del livello emotivo. La prima tipologia di risultati ossia i risultati relativi all’analisi del contenuto permette di identificare quale tematica e/o tematiche sono state affrontate all’interno delle pubblicazioni, nel corso del tempo considerato. La seconda tipologia di risultati ossia i risultati relativi all’analisi dello stile di scrittura permette invece di capire quale modalità di scrittura

è stata utilizzata nel corso del tempo dagli autori degli articoli esaminati, a seconda del livello di formalità e analiticità più o meno usato. Infine, l’ultima tipologia di risultati ottenuta ossia i risultati relativi all’analisi del livello emotivo permette di identificare che tipo di emozionalità è prevalsa nel

corso del tempo all’interno degli articoli redatti, ossia se il “giudizio”/parere relativo all’olio di palma sia stato, nel complesso, positivo o negativo.

I risultati ottenuti sono stati poi tutti successivamente riportati graficamente attraverso una tipologia di grafici a linee per poter visualizzare la tendenza in relazione al tempo (variabile indipendente dell’analisi) ovvero l’andamento di più variabili quantitative contemporaneamente. Nello specifico, la variabile indipendente “tempo” riportata lungo l’asse delle ascisse, è stata suddivisa in quattro decadi distinte: “Before 90”, “91_00”, “01_10”, “11_17” (vedi paragrafo “Risultati”).

A livello di analisi di contenuto, i risultati di questa ricerca mostrano che la tematica prevalsa nel corso degli anni sia stata la tematica ambientale. A partire dagli anni 2000, infatti, l’aspetto salutare è venuto meno e ha iniziato a prevalere l’aspetto ambientale congiuntamente a una serie di aspetti

sociali. È a partire dai primi anni 2000 infatti che emergono le proteste di associazioni no profit, a livello anche internazionale, che espongono dossier di denuncia per la tutela ambientale e la violazione dei diritti umani.

A livello di stile di scrittura, i risultati mostrano che nel corso degli anni lo stile utilizzato dai vari autori sia divenuto progressivamente sempre più descrittivo e narrativo, sostituendo un tono più analitico e prettamente tecnico caratteristico degli anni ’80. Tale cambiamento è indice del fatto che

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il pensiero si sia fatto col tempo più informale, meno logico e abbia perso l’accentuata “gerarchia” di partenza.

A livello di tono emotivo, infine, i risultati mostrano che il tono utilizzato ha assunto una forma di tipo più emozionale dal momento che quest’ultimo numericamente quasi raddoppia nel corso del tempo. Ciò significa che il tono degli autori si fa con il tempo più “positivo” e ottimista nei confronti della tematica olio di palma e i suoi molteplici aspetti (vedi paragrafo “Conclusioni”).

Nei capitoli successivi per prima cosa sarà analizzata una parte sostanziale della letteratura dedicata alla problematica dell’olio di palma e a tutti gli aspetti e/o problemi annessi. La letteratura in questa

sede considerata è a livello internazionale in quanto sono stati analizzati sia studi e articoli provenienti dal nostro Paese, sia provenienti da aree extra-europee (capitolo “Letteratura”).

Successivamente sarà descritto il metodo di ricerca in questa tesi utilizzato ossia un metodo statistico incentrato sull’analisi della varianza di più variabili quantitative nel tempo, rispetto cioè alla variabile indipendente “tempo” - attraverso l’uso congiunto del software statistico PSPP e del software

linguistico LIWC – degli oltre duemila articoli circa, considerati. Tale metodo ha infatti lo scopo finale di analizzare l’andamento nel tempo delle diverse variabili scelte (come già detto, le variabili scelte sono state individuate tra le macro-categorie che costituiscono il dizionario del software LIWC e tali andamenti sono stati resi visibili attraverso delle rappresentazioni grafiche con l’uso di una tipologia di grafico a linee) (capitolo “Metodologia”).

A seguire, il quarto capitolo è incentrato sull’esposizione dei risultati della ricerca. Nello specifico, per ogni variabile è stato riportato l’andamento grafico e la spiegazione di tale andamento, con riferimento ai valori numerici e alle possibili cause di esso (capitolo “Risultati”).

Infine, il quinto capitolo è il capitolo dedicato alle conclusioni di tale ricerca quantitativa, suddiviso in “Implicazioni teoriche”, “Implicazioni manageriali” e “Limiti e sviluppi futuri della ricerca” (capitolo “Conclusioni”).

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2. RASSEGNA DELLA LETTERATURA

2.1 Cenni storici

La storia delle critiche rivolte all’olio di palma non ha un periodo preciso di inizio ma si possono collocare le sue origini, in linea molto generale, attorno agli anni ’80. È a cavallo tra il 1986 e il 1987

che negli Usa scoppia una vera e propria guerra commerciale tra i produttori di olio di soia e di colza da un lato, e i produttori dei cosiddetti “oli tropicali” dall’altro, ovvero olio di palma e olio di cocco. L’edizione online “Il Foglio” afferma in un articolo del 2016 intitolato “La lunga guerra dell’olio di palma” che la questione viene aperta espressamente e portata avanti dall’Asa (American Soybean

Association) attraverso una campagna denigratoria contro i produttori di olio di palma del Sud-Est Asiatico: la Tropical Grease Campaign. Il 1989 fu l’anno decisivo poiché venne raggiunto una sorta di armistizio che rappresentò quindi una “pace”, anche se provvisoria (Maurizio Stefanini, 2016). Con il passare degli anni si sono poi succeduti una serie di accadimenti, dalle conseguenze più o meno rilevanti a livello sociale, oltre che a livello commerciale riguardo alla reputazione aziendale e altri aspetti affini, che hanno portato all’emergere di un vero e proprio dibattito inerente alla questione olio di palma (vedere paragrafo “Risultati”).

Nel 2016 in particolare viene pubblicato uno studio dell’EFSA che evidenzia il formarsi di sostanze cancerogene nell’olio di palma trattato ad alte temperature (vedi paragrafo “Risultati”) e, dopo due

anni, il consulente agro-alimentare Marco Filoni afferma, in un suo articolo dal titolo “EFSA aggiorna il limite di sicurezza per 3-MCPD in oli vegetali e alimenti”, che l’Autorità sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM), lavorando insieme alla FAO (Food and Agriculture Organization) e all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha espresso un nuovo parere sulla questione, con un approccio basato sul cosiddetto “margine di esposizione” (Marco Filoni, 2018). A seguito di ciò la

Commissione Europea ha stabilito un limite massimo più rigoroso per le sostanze potenzialmente nocive presenti negli oli vegetali attraverso il nuovo Regolamento n° 290/2018, entrato in vigore il 19 marzo 2018, che modificando il Regolamento n° 1881/2006, fissa limiti massimi di glicidil esteri

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(GE) degli acidi grassi negli oli e nei grassi vegetali, nelle formule per i lattanti, nelle formule di proseguimento e negli alimenti per fini medici speciali destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 2018).

2.2 Olio di palma sostenibile: studio di Hansen et al. 2015

Nell'ultimo decennio, con una produzione globale di quasi 60 milioni di tonnellate e una quota di mercato mondiale di olio vegetale superiore al 35% in peso nel 2012 (MPOB, 2013), l'olio di palma è diventato l'olio vegetale più prodotto e consumato al mondo. La crescita delle piantagioni

commerciali nel Sud-Est asiatico e le recenti espansioni nell'Africa occidentale e in America latina hanno portato a un crescente appello alla produzione sostenibile di olio di palma, alimentato in larga misura dalle preoccupazioni per gli impatti associati della deforestazione e della perdita di

biodiversità. Lo studio effettuato da Hansen et al., pubblicato nell’anno 2015, indaga la risposta accademica alle richieste per la produzione sostenibile di olio di palma, identificando e analizzando le pubblicazioni riguardo la sostenibilità relativa all'olio di palma, indicizzate dall'Institute of Thomson Reuters dal 2004 al 2013 (Journal of Cleaner Production, 2015). Dall’articolo di Hansen et al. 2015 “Trends in global palm oil sustainability research”, si evince che i risultati di tale studio

mostrano l’aumento esponenziale nel numero totale di pubblicazioni da 11 articoli nel 2004 a 713 entro il 2013. Ciò nonostante, tale crescita è concentrata prevalentemente dalla ricerca nell'ambito degli aspetti tecnici del consumo di olio di palma, mentre le pubblicazioni riguardo l’aspetto dell’uso e del cambiamento dell'uso del suolo, l’aspetto della biodiversità e gli aspetti

socioeconomici sono aumentati, ma si tratta di una crescita molto più moderata e lenta. In tale studio viene quindi sostenuto che vi è uno squilibrio nelle strategie di ricerca poiché l'attenzione verso argomenti tecnici sembra essere in contrasto con le principali questioni di sostenibilità sollevate sulla produzione di olio di palma. Per affrontare tale squilibrio, questo studio propone un quadro olistico per la ricerca sulla sostenibilità dell'olio di palma, con l'obiettivo di raggiungere

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studi multidisciplinari e sottolineare la collaborazione tra industria da un lato e mondo accademico dall’altro. In questo modo gli sponsor della ricerca e gli enti pubblici che si occupano di scienza, di

scienze sociali e di quadri di ricerca tecnologica, potrebbero beneficiare di una migliore comprensione di dove possono essere assegnate le risorse di ricerca e sviluppo per facilitare la transizione verso una sostenibilità migliore.

La vasta gamma di usi in alimenti, cosmetici e altre materie prime, così come i biocarburanti, combinata con un prezzo di mercato inferiore a quello dei suoi concorrenti (MPOB, 2013), rende l'olio di palma e i suoi co-prodotti, prodotti attraenti. Le palme da olio crescono in ambienti tropicali umidi e competono per lo spazio con la foresta tropicale ricca di carbonio e biodiversità, indicata come foresta ad alto contenuto di carbonio (HCS) e foresta ad alto valore di conservazione (HCV). L'espansione passata delle piantagioni di palma da olio è in parte a scapito di HCS e HCV (Wicke et al., 2011), con conseguenti emissioni di gas a effetto serra (GHG) e declino della biodiversità (Danielsen et al., 2009). Significativi problemi di sostenibilità sono anche associati alla produzione di olio di palma nelle piantagioni e nei mulini e gli impatti ambientali negativi sono principalmente dovuti al trattamento aperto della laguna degli effluenti del mulino dell’olio di palma (POME) (Reijnders e Huijbregts, 2008) e all'uso di fertilizzanti e pesticidi. Il potenziale uso di residui di olio di palma è stato rivisto per la prima volta nel 2006 (Yusoff, 2006) e nello studio di Hansen et al. 2012b sono state quantificate le potenziali emissioni di gas serra e i benefici derivanti dall'uso dei residui, arrivando alla conclusione che l'uso di essi può migliorare significativamente le prestazioni ambientali della produzione di olio di palma.

Il fatto di estremo interesse è che mentre l'olio di palma è stato coltivato commercialmente fin dal 1960 (McCarthy and Cramb, 2009), è dalla metà degli anni 2000 che l'attività di ricerca legata all'olio di palma è accelerata (Turner et al., 2008). Il numero di pubblicazioni relative all'olio di palma è infatti aumentato esponenzialmente nell'ultimo decennio e da 355 pubblicazioni nel 2004 è passato a 1796 nel 2013. Nel 2008, Turner et al. hanno applicato metodi bibliometrici per descrivere le tendenze

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generali delle pubblicazioni di ricerca sull'olio di palma tra il 1970 e il 2006. Il loro studio ha rilevato che l'obiettivo principale della ricerca sull'olio di palma era verso l'uso negli alimenti e le conseguenti problematiche di salute. Dopo il 1996 si è registrato un notevole aumento del numero di pubblicazioni su: i) sottoprodotti dell'industria delle palme da olio, ii) chimica, ingegneria e biotecnologia, e iii) produzione di biocarburanti. Al contrario, il numero di pubblicazioni sulla biodiversità e altre questioni ambientali è stato segnalato come estremamente basso (Turner et al., 2008).

Negli ultimi anni, gli approcci olistici ai framework di sostenibilità sono cresciuti in popolarità in varie discipline e settori – tra alcuni esempi la responsabilità sociale aziendale (CSR), la gestione dei rifiuti solidi e la bioenergia. Affinché la ricerca accademica contribuisca a uno sviluppo olistico e sostenibile nel settore dell'olio di palma, tutti gli aspetti della sostenibilità devono essere affrontati in modo equilibrato. Nonostante l'aumento delle pubblicazioni totali di ricerca sull'olio di palma, la crescita della produzione globale di olio di palma e le preoccupazioni di sostenibilità associate alle attuali strategie di espansione e ai processi produttivi, non sembra chiaro fino a che punto la comunità di ricerca internazionale affronti le questioni chiave e la sostenibilità dell'olio di palma.

Questo studio (Hansen et al. 2015) applica un'analisi di tipo bibliometrico con il fine di illustrare le tendenze specifiche nella ricerca sull'olio di palma correlata alla questione della sostenibilità, nel periodo 2004-2013. Sono stati identificati potenziali fattori guida per spiegare le tendenze generali e specifiche delle varie pubblicazioni e il risultato di questo studio può fornire ai ricercatori e anche ai responsabili politici, una panoramica della ricerca condotta sull'argomento che, a sua volta, fornisce una piattaforma per lo sviluppo di programmi di ricerca equilibrati per la produzione sostenibile di olio di palma.

Effettuando uno screening preliminare delle pubblicazioni in modo da far emergere le grandi categorie di analisi, sono state individuate cinque categorie: (1) Uso di tecnologie e residui, che comprende la ricerca sugli aspetti delle emissioni e della tecnologia nel trattamento dei residui solidi e liquidi, nonché la ricerca sulla produzione di prodotti a valore aggiunto dai residui; (2) Uso del suolo e cambiamento dell'uso del suolo (LULUC), che include aspetti di non biodiversità legati alla

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conversione del terreno in piantagioni di palma da olio, nonché biomassa nelle piantagioni; (3) Emissioni e impatti, che si concentra su valutazioni ambientali quali valutazione del ciclo di vita (LCA) e mappatura delle emissioni non correlate a tecnologie e uso dei residui o LULUC; (4) Biodiversità e conservazione, che comprende la quantificazione della biodiversità, la valutazione e la ricerca sulla conservazione connessa alla biodiversità; e (5) Socioeconomico, che esamina un'ampia gamma di aspetti socioeconomici, tra cui il sostentamento della comunità, la proprietà fondiaria e gli studi di certificazione. Il secondo step è stato costituito dall’aver identificato una serie di sottocategorie per ogni categoria di sostenibilità e classificato, di conseguenza, le pubblicazioni rispetto a quest’ultime. La sottocategoria "Aspetti tecnici" della categoria “Tecnologia e uso dei residui” ha dominato il numero totale di pubblicazioni, ne deriva da ciò, un'attenzione particolare a

tale sottocategoria. La sottocategoria "Aspetti tecnici" comprende studi sulla tecnologia e gli usi dei residui, che si concentrano sullo sviluppo tecnologico e sulla fattibilità, senza quantificare gli impatti o i benefici ambientali. Sono stati identificati inoltre cinque principali usi dei residui, vale a dire (1) biocarburante di seconda generazione, che comprende energia da biomassa, produzione di metano, produzione di idrogeno, ecc. (2) applicazioni biochimiche, (3) uso di cenere o gusci di caldaie nella produzione di calcestruzzo, (4) produzione di materiali compositi e, (5) pirolisi inclusi gli usi di carbone attivo. La conclusione a cui arriva lo studio di Hansen et al. del 2008 è che l'“Uso di tecnologie e residui” è stato costantemente il tema di sostenibilità più ricercato, a seguire gli “Studi socioeconomici” che hanno il secondo maggior numero di articoli e al terzo posto la categoria “LULUC” - tuttavia, quest’ultime due categorie non hanno il trend di crescita esponenziale quale

quello della sottocategoria “Uso di tecnologie e residui”. “Emissioni e impatti” risulta invece essere l'argomento meno ricercato.

Lo studio ha poi proceduto a una suddivisione delle pubblicazioni per area geografica di provenienza ed è risultato che, nonostante il contributo del continente asiatico agli studi sull'uso di tecnologie e residui, esiste una distribuzione relativamente uniforme della ricerca sulla sostenibilità dell'olio di palma tra istituzioni europee e istituzioni asiatiche (dalla prima affiliazione dell'autore), con l'Asia

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che ha un leggero vantaggio in molte categorie eccetto la biodiversità e la conservazione. Sembra naturale che questi continenti siano leader in quanto l'Asia è il principale produttore e l'Europa è uno dei principali importatori (L'Africa, tuttavia, è mal rappresentata nonostante le considerevoli recenti acquisizioni di terreni da parte dell'industria dell’olio di palma nei paesi dell'Africa centrale (Penikett

e Park, 2013)). Analizzando in dettaglio, la Malesia è il più grande produttore di pubblicazioni all'interno di tutti i sotto-temi (tranne LUC in cui il Giappone è ben rappresentato): essa produce tre quarti di tutte le pubblicazioni nell' “Uso di tecnologie e residui” (283 articoli) seguito da Thailandia (40) e Giappone (17). Un fatto strano che viene da osservare è che il più grande produttore mondiale di olio di palma, l'Indonesia, è notevolmente assente nella categoria “Uso di tecnologie e residui” (8 articoli) e come contributore a tutte le categorie di sostenibilità dell'olio di palma (26 articoli in totale). I due più grandi importatori al mondo di olio di palma, Cina e India, mostrano inoltre scarso interesse accademico nella ricerca sull'olio di palma legata alla sostenibilità.

La tendenza al rialzo della ricerca riguardo alla sostenibilità sull'olio di palma legata periodo 2004-2013, spinge nella direzione di uno sforzo collettivo da parte della comunità di ricerca per migliorare la comprensione scientifica dell'olio di palma in relazione agli aspetti sociali, economici e ambientali. Questa tendenza corrisponde a quattro fattori, che sono potenziali fattori trainanti per la crescita della pubblicazione della ricerca. In primo luogo, gli anni 2000 sono stati un periodo di produzione e di consumo di olio di palma e un periodo di controllo crescente sulle credenziali di sostenibilità del settore. La deforestazione, le emissioni di gas serra, la perdita associata di biodiversità e le piantagioni sulla torba sono stati alcuni dei temi principali (Kow e Wilcove, 2008, Padfiled e Hansen, 2010). Inoltre, la difesa antiolio di palma da parte di organizzazioni non governative (ad esempio Greenpeace e Friends of the Earth) e pubblicità meno favorevoli nei media internazionali hanno portato a vaste sfide della sostenibilità dell'espansione dell'olio di palma nei paesi tropicali a un ampio pubblico. Durante questo periodo gli studi accademici sull'olio di palma si sono intensificati, offrendo analisi sempre più diversificate riguardo gli impatti associati. Uno dei problemi più discussi si è incentrato sull’argomento LULUC e le relative emissioni di gas serra provocate dallo sviluppo dell'olio di palma.

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In secondo luogo, gli anni 2000 sono gli anni caratterizzati da importanti sviluppi politici internazionali e nazionali relativi all'olio di palma. Una politica di rilevanza internazionale è stata la direttiva dell'Unione Europea sulle energie rinnovabili (EU-RED) (Parlamento europeo, 2009), che ha previsto che il 20% dell'energia consumata nell'Unione Europea sia rinnovabile entro il 2020. Il periodo coincide anche con l'enfasi diretta sullo sviluppo dell'olio di palma nelle politiche nazionali nel sud-est asiatico. In Malesia ad esempio l'olio di palma rappresenta un settore prioritario, occupando il 9 ° e il 10 ° posto nel Piano nazionale (EPU, 2010) e nelle aree economiche chiave nazionali (Pemandu, 2010). La National Renewable Policy and Action Plan nel 2009 (KeTTHA, 2009) e il Malaysia Biomass Plan del 2010 (AIM, 2011) supportano anche la crescita dell'industria malese dell'olio di palma. Iniziative analoghe esistono in Indonesia e Tailandia, come l'iniziativa indonesiana per l'olio di palma sostenibile (UNDP, 2012) e l'undicesimo Piano nazionale per lo sviluppo economico e sociale 2012-2016 (NESDB, 2011).

Inoltre, indicando la pressione internazionale sull'industria dell'olio di palma per affrontare i problemi legati alla sostenibilità e alla catena di approvvigionamento, è stata lanciata nel 2004 la Tavola Rotonda per Olio di Palma Sostenibile (RSPO) allo scopo di sviluppare uno standard di sostenibilità ampiamente adottato per la produzione e la certificazione dell'olio di palma.

In terzo luogo, gli anni 2000 sono stati un periodo di maggiori finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo nel Sud-Est Asiatico, in particolare in Malesia (Jailani, 2012). Oltre all'impennata delle borse di ricerca del governo malese, l'industria malese dell'olio di palma ha anche investito nella ricerca, come dimostrato dagli impegni di finanziamento da parte di due delle più grandi imprese del Sud-Est Asiatico, Sime Darby e Felda Holdings (la Sime Darby Foundation nel 2013 ha speso circa 3,5 milioni di dollari per la conservazione e la protezione ambientale (SimeDarby, 2014) e la Felda Holdings promette il 2% del suo utile netto annuale allo sviluppo sociale e ambientale attraverso la sua Fondazione Felda (Felda , 2014)).

Infine, un esame più dettagliato delle tendenze delle pubblicazioni rivela un contributo sproporzionato delle università malesi, con quasi il 63% delle pubblicazioni totali e i tre quarti delle pubblicazioni

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sull’argomento dell’“Uso di tecnologie e residui”. Negli ultimi dieci anni, la Malesia ha intrapreso una strategia nazionale per sviluppare la capacità di ricerca e sviluppo delle sue università e college (ASM, 2000). Nel 2006 il Ministero della Pubblica Istruzione della Malesia ha avviato il Piano strategico nazionale per l'istruzione superiore (NHESP) al fine di "promuovere l'eccellenza nella ricerca e sviluppo" e "aumentare le pubblicazioni su riviste affidabili in tutto il mondo" (Jailani, 2012). Attraverso l'aumento dei finanziamenti per la ricerca, i programmi per sviluppare le capacità dei ricercatori e lo sviluppo delle strutture di laboratorio, i prodotti di R&S sono rapidamente aumentati. Il tema dell'olio di palma è diventato inevitabilmente un obiettivo per la ricerca in questo contesto: con una buona accessibilità alle piantagioni, alle tecnologie di fresatura e downstream e alle industrie correlate, si è verificata una rapida crescita delle pubblicazioni da parte di ricercatori basati su università malesi.

La rapida crescita delle pubblicazioni sull’aspetto delle tecnologie e uso dei residui – come già affermato - rimette in discussione il quadro generale e la dotazione finanziaria per la ricerca sull'olio di palma. Considerando la grande percentuale di pubblicazioni relative ai residui, essa è probabilmente il risultato del desiderio degli accademici di contribuire allo sviluppo tecnologico per l'industria dell'olio di palma ma tale approccio unilaterale appare in contrasto con le principali questioni di sostenibilità sollevate sull’olio di palma e cioè, LUC, GHG / LCA e biodiversità (Koh e Wilcove, 2007; Turner et al., 2008). Rispetto all'Europa e al Nord America, dove c'è una distribuzione più equilibrata della ricerca tra i vari argomenti di sostenibilità, l'Asia mostra un interesse un po’ sproporzionato nei confronti delle pubblicazioni sui residui. Inoltre, mentre gli aspetti della ricerca relativa ai residui affrontano alcuni aspetti ambientali critici (ad esempio le emissioni di metano derivanti dall'effluente del frantoio di palma), l'analisi dei sotto-temi di pubblicazione dei residui rivela un'enfasi pesante su argomenti di importanza secondaria della sostenibilità come la fattibilità tecnologica delle tecnologie della biomassa o caratterizzazione di prodotti residui. Piuttosto che essere parte di un quadro completo di ricerca sulla sostenibilità, l'alta percentuale di pubblicazioni sui residui indica una ripartizione sproporzionata di fondi e risorse rispetto agli altri argomenti.

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Nonostante la ricerca sulla biodiversità e la conservazione hanno dimostrato di aumentare nel corso del periodo di studio considerato (2004-2013), questo argomento rimane sotto-rappresentato rispetto al numero totale di pubblicazioni sulla sostenibilità dell'olio di palma. Nonostante la crescente attenzione dei media e diverse campagne di ONG per la protezione di oranghi, elefanti e tigri, risulta essere una delle sottocategorie meno ricercate negli ultimi dieci anni (è quindi chiaro che la ricerca accademica nell'ambito della biodiversità e della conservazione non sia guidata dai sentimenti pubblici).

È interessante notare che, da un'assenza quasi completa nella prima metà del periodo studiato, i servizi di Ecosystems, la mappatura e la politica/regolamentazione sono diventati contributi sostanziali, forse a causa della crescente domanda di maggiore trasparenza nella copertura e nei tassi di conversione delle palme da olio e della consapevolezza che quantificare la biodiversità da sola non è sufficiente per garantire una maggiore conservazione. Va inoltre notato che solo 7 pubblicazioni o il 12% delle pubblicazioni totali su “Biodiversity & Conservation” sono state guidate da istituzioni del Sud-Est Asiatico. Sorprendente che gli accademici locali non siano più coinvolti nella quantificazione degli impatti diretti e indiretti sulla biodiversità delle espansioni di olio di palma.

Una cosa è certa: mantenere lo status quo per la ricerca sull'olio di palma ha importanti implicazioni future. Considerando il previsto aumento della produzione di olio di palma nelle aree tropicali dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina (Wicke et al., 2011; MPOB, 2013), la conversione delle terre in nuove piantagioni continuerà ad avere una varietà di impatti ambientali, sociali ed economici negativi e senza nuove conoscenze, in particolare nei settori di ricerca su temi sociali e ambientali, come evidenziato in questo studio, un passo verso strategie di produzione più sostenibili sarà lento a concretizzarsi. Turner et al. (2008) hanno sostenuto un'ulteriore ricerca sugli specifici impatti sulla biodiversità derivanti dall'espansione dell'olio di palma al fine di facilitare la messa a punto di sistemi di gestione appropriati, che bilancino considerazioni sull'ecosistema da un lato e produttività dall’altro e, tale argomentazione, potrebbe essere applicata a una vasta gamma di aspetti ambientali

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le perdite di emissioni delle piantagioni, i mezzi di sussistenza della comunità e così via), al fine di migliorare la comprensione degli impatti dell'olio di palma e lo sviluppo di appropriate strategie di mitigazione.

Considerazioni multidisciplinari sono essenziali per raggiungere la sostenibilità. Tra le pubblicazioni analizzate da Hansen et al. (2008), poche di esse mostrano un approccio veramente multidisciplinare che mira a soluzioni olistiche e all'applicabilità nell'industria dell'olio di palma o allo sviluppo di politiche governative. Queste carenze nell'attuale base di conoscenze potrebbero influire negativamente sull'applicabilità e l'assimilazione della ricerca accademica nel settore dell'olio di palma, ritardando così di conseguenza la diffusa produzione di olio di palma sostenibile. Secondo gli autori, parte dello squilibrio nella ricerca e nei sentimenti di olio di palma potrebbero essere superati dalla maggiore partecipazione delle parti interessate ai progetti di ricerca.

Nonostante la Malesia risulti essere uno dei paesi leader nella ricerca sulla sostenibilità dell'olio di palma, l'applicazione e l'assimilazione di questa ricerca nell'industria locale è molto limitata (osservazioni personali dell’autore), poiché dalle conversazioni con operatori del settore dell'olio di palma in Malesia, quest’ultimi hanno rivelato un certo scetticismo nel settore verso la ricerca accademica dal momento che i risultati derivati e le raccomandazioni sono spesso lasciati in un formato accademico con poche o nessuna valutazione e linee guida per l'applicabilità pratica (comunicazione personale dell’autore).

Per affrontare l'attuale squilibrio nella ricerca sull'olio di palma, viene proposto da Hansen et al. (2008) un quadro olistico con una forte enfasi sulla partecipazione multidisciplinare e multi-stakeholder (Fig. 1)

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Fig. 1 Framework olistico per la ricerca di sostenibilità riguardo l’olio di palma (Hansen et al. 2008)

In linea con il concetto di "azione di ricerca" che enfatizza la ricerca di problem solving e le interazioni più strette tra accademici, ricercatori e attori del settore, il framework riportato

graficamente (Fig. 1) propone lo sviluppo di partnership collaborative locali e internazionali che, in particolare, includono collegamenti diretti con l'industria dell'olio di palma. Tali connessioni consentirebbero un dialogo costruttivo tra le parti interessate con prospettive tradizionalmente opposte sulla sostenibilità dell'olio di palma, avente l'obiettivo finale di trovare un consenso sulle prospettive di sostenibilità. Tale rete sarebbe anche in grado di riunire ricercatori di varie discipline per intraprendere ricerche multidisciplinari e, con l'inclusione di parti interessate non accademiche, avrebbe il potenziale per fornire un approccio guidato dalla domanda che migliorerebbe

l'applicabilità del settore (Burritt e Tingey-Holyoak, 2012).

Vi sono dati oggettivi che dimostrano la rilevanza di un approccio multidisciplinare equilibrato alla ricerca sulla sostenibilità dell'olio di palma. Nel 2014, le università malesi aiutate dalle parti interessate dall'industria locale dell'olio di palma, hanno preso l'iniziativa di creare una rete di ricerca chiamata “La Rete di Ricerca Accademica sulla Sostenibilità dell'Olio di Palma” (ARPOS) (Sabran, 2014). Tale rete si basa sul quadro proposto in questo studio e ha l'obiettivo specifico di consentire al mondo accademico malese di offrire all'industria dell'olio di palma ricerche di sostenibilità di alta qualità e applicabili, piuttosto che progetti piccoli e decentralizzati. Un'espansione globale di questo

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concetto potrebbe riunire le parti interessate di olio di palma in tutto il mondo per lavorare verso un obiettivo comune. [L'inclusione di parti interessate provenienti dall'Africa e dall'America Latina in tale rete sarebbe di grande importanza in quanto la produzione di olio di palma si sta espandendo rapidamente in queste regioni e anche la partecipazione di istituti di ricerca cinesi e indiani, in particolare su argomenti relativi alla tracciabilità della filiera e alla percezione del consumatore dell'olio di palma, dovrebbe essere una priorità poiché questi due paesi sono i principali importatori mondiali di olio di palma e prodotti affini. Inoltre, l'implementazione di considerazioni di sostenibilità olistica nelle prime fasi dello sviluppo dell'industria della palma da olio in queste regioni ha maggiori possibilità di successo se governo locale, industria, università (locale e internazionale) e ONG collaborano in modo costruttivo].

2.3 Caso Tailandia: studio riguardo olio di palma sostenibile di Saswattecha et al.

2016

Negli ultimi decenni, la coltivazione di palma da olio in Tailandia è triplicata (FAOSTAT, 2016; OAE, 2016) e ciò ha comportato notevoli impatti ambientali. Le nuove piantagioni di palma da olio sostituiscono principalmente le colture esistenti come ad esempio colture di gomma, riso, canna da zucchero. Tuttavia, dal 2000, anche le foreste naturali sono state bonificate per le piantagioni (Anonymous, 2010, Saswattecha et al., 2016a). La deforestazione ha portato a una perdita dei servizi eco-sistemici, con conseguente rilascio di carbonio nell'atmosfera e ha colpito anche la conservazione della biodiversità e la regolazione delle acque (Babel et al., 2011; Saswattecha et al., 2016a).

La rapida espansione delle coltivazioni di palma da olio tailandese deriva da politiche nazionali che mirano a promuovere la produzione di biodiesel, considerato un combustibile pulito. Tuttavia, la produzione di olio di palma consuma anche grandi quantità di risorse naturali (cioè foreste e acqua) e produce diversi inquinanti ambientali che contribuiscono a una serie di problemi come il riscaldamento globale, l’acidificazione e l’inquinamento atmosferico (Bessou et al., 2014;

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Saswattecha et al., 2015b). I mulini inoltre sono fonti di composti acidificanti e precursori dello smog derivanti dalla combustione di fibre nelle caldaie (Saswattecha et al., 2015b). Infine, ci sono emissioni di metano derivanti dallo smaltimento degli effluenti dell'olio di palma (POME) e dei mazzi di frutta vuoti (EFB) (Saswattecha et al., 2015b). Questo porta alla domanda se l'olio di palma tailandese sia prodotto o meno in modo sostenibile (FAO et al., 2010; Kumar et al., 2013; Silalertruksa and Gheewala, 2012).

È per questo motivo che lo scopo dello studio di Saswattecha et al. 2017 – contenuto nell’articolo

“Improving environmental sustainability of Thai palm oil production in

2050” sulla rivista Journal of Cleaner Production nel 2017 – è di analizzare le possibilità di miglioramento riguardo la sostenibilità ambientale della produzione di olio di palma tailandese nei prossimi decenni. A tal fine, è stato integrato un modello settoriale e un modello paesaggistico per analizzare gli scenari futuri per il 2050, concentrando l'attenzione sulle opzioni per ridurre (1) gli effetti del cambiamento dell'uso del suolo sui servizi eco-sistemici, e (2) l’impatto ambientale delle piantagioni di palma da olio e dei frantoi per l'olio di palma. In particolar modo sono stati sviluppati quattro scenari futuri: Business-As-Usual (BAU), Current-Policy (CP), Strong Growth (GRT) e Green Development (GRN) (Saswattecha et al., 2017). Lo scenario BAU indica che gli impatti ambientali potrebbero raddoppiare senza ulteriori opzioni di miglioramento; lo scenario CP mostra che i piani attuali per aumentare la produzione di olio di palma aumenterebbero considerevolmente gli impatti ambientali; l’'implementazione di sole opzioni economicamente vantaggiose, come nello scenario GRT, non è sufficiente per evitare un aumento degli impatti ambientali se l'esportazione di olio di palma aumenta più velocemente del previsto. Infine, lo scenario GRN presuppone l'implementazione di una combinazione di opzioni efficaci, indipendentemente dai costi, in modo da ridurre considerevolmente l'impatto ambientale. La conclusione a cui per tanto si arriva è che è tecnicamente possibile migliorare le prestazioni ambientali della produzione di olio di palma in Tailandia.

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Di fatto, mancano informazioni esaurienti sull'impatto ambientale complessivo della produzione di olio di palma in Tailandia ma, allo stesso tempo, non è chiaro quali possibilità esistano per migliorare le prestazioni ambientali in futuro. Tali informazioni sono essenziali per i responsabili politici così come per i produttori di olio di palma per la pianificazione futura. Le analisi di scenario, in particolare, possono essere utilizzate per descrivere immagini alternative del futuro che riflettono lo sviluppo passato, presente e futuro e per fornire informazioni sulle conseguenze di decisioni alternative. Sebbene le analisi di scenario siano ampiamente applicate nell'analisi dei sistemi ambientali, esse non sono state condotte riguardo la sostenibilità ambientale della produzione di olio di palma in Tailandia. L’analisi di Saswattecha et al. 2017, invece, si basa su due modelli da loro sviluppati, un modello

settoriale e uno paesaggistico, per la produzione di olio di palma in Tailandia (riferimento all'olio di palma greggio (CPO)) (Saswattecha et al., 2016a, 2016b) e sono state realizzate analisi di scenario per valutare il potenziale con il fine di ridurre l'impatto ambientale complessivo nel 2050. Il modello del paesaggio viene utilizzato per analizzare il potenziale LUC e i suoi effetti sui servizi eco-sistemici tra cui stoccaggio del carbonio, conservazione della biodiversità e servizi di approvvigionamento alimentare e non alimentare. Il modello settoriale viene utilizzato per valutare gli effetti delle opzioni per ridurre gli impatti ambientali delle piantagioni di olio di palma (come già esposto). Sei categorie di impatto ambientale sono state prese in considerazione nel modello settoriale: riscaldamento globale, acidificazione, eutrofizzazione, formazione di ozono fotochimico, tossicità umana e tossicità delle acque dolci. Questo modello settoriale include un'analisi delle principali fonti di impatto ambientale, i potenziali di riduzione delle opzioni possibili e i relativi costi associati.

Sono stati sviluppati come precedentemente detto, quattro scenari per il periodo 2012-2050 e per ogni scenario sono stati quantificati gli effetti LUC dell'espansione delle palme da olio su tre servizi eco-sistemici e sei impatti ambientali della produzione di olio di palma. Tre fattori importanti sono la capacità di produzione dell'olio di palma, la gestione dell'uso del territorio (LUM) e l'implementazione di opzioni di mitigazione. La capacità produttiva di olio di palma è principalmente guidata dalla politica di promozione della produzione di biodiesel (fare riferimento al Piano di

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sviluppo energetico alternativo tra il 2015 e il 2036: AEDP), lanciata dal Ministero dell'Energia (MOE) (DEDE, 2012a). Questa politica imposta l'obiettivo per la produzione di biodiesel a quasi 6 milioni di litri al giorno, il che significa richiesta di circa 3,9 milioni di tonnellate di olio di palma. Per raggiungere questo obiettivo, il Ministero dell'Agricoltura e delle Cooperative (MOAC) ha lanciato un piano strategico per aumentare le piantagioni di palma da olio a 1,2 milioni di ettari, i raccolti di frutta fresca (FFB) e il tasso di estrazione del petrolio al 20% entro la fine del 2026 (OAE, 2014). Thammakosol (2015) mostra che gli obiettivi secondari nel piano MOAC sono fattibili. Le ipotesi sull'area coltivata, i rendimenti FFB e il tasso di estrazione petrolifera negli scenari sono quindi basati su un annuale tasso di crescita degli obiettivi derivati dal piano MOAC. Per massimizzare i raccolti di FFB, dovrebbe essere fornito agli esperti un addestramento adeguato sulla gestione dei fertilizzanti. Inoltre, i programmi di selezione della palma da olio, la gestione dell'irrigazione e la gestione della densità sono fattori importanti necessari per migliorare i raccolti di FFB. Per la combinazione delle opzioni fornite da Saswattecha et al. 2017, sono stati calcolati gli aumenti dei rendimenti FFB e tali aumenti possono contribuire a raggiungere gli obiettivi prefissati per migliorare i rendimenti FFB e i tassi di estrazione petrolifera negli scenari futuri.

LUM è il secondo fattore importante alla base dei due scenari. Esso è influenzato dalle politiche nazionali, così come dal mercato internazionale. Ad esempio, lo standard della Tavola Rotonda sull’Olio di Palma Sostenibile (RSPO) richiede una nuova zona di palma da olio per evitare l'uso di terreni che contengono riserve di carbonio elevato (cioè foreste e torbiere). Inoltre, le opzioni di mitigazione ambientale sono importanti, in quanto regolate da politiche di energia rinnovabile e normative ambientali.

L'anno di riferimento per tale studio è il 2012, che è l'anno più recente per il quale sono disponibili dati adeguati. I dati sulla gestione ambientale della produzione di olio di palma, gli effetti LUC dell'espansione delle palme da olio, l'implementazione delle opzioni di mitigazione nel 2012 e per gli anni futuri sono stati presi da studi precedenti (Saswattecha et al., 2016a, 2016b, 2015b).

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2.4 Olio di palma sostenibile: prospettiva di reti e flussi globali

La maggior parte delle palme da olio vengono coltivate su grandi piantagioni, ma un'area ancora importante viene coltivata dai piccoli proprietari, spesso in combinazione con piantagioni più grandi, poiché la produzione deve essere localizzata nelle vicinanze degli impianti di lavorazione. In Indonesia il 44% dell'area nazionale della palma da olio (responsabile del 33% della produzione nazionale di olio di palma) è nelle mani dei piccoli proprietari e in Tailandia è pari addirittura al 76% dell'area nazionale delle palme da olio. In tutto il mondo circa tre milioni di famiglie di piccoli proprietari sono coinvolte nella coltivazione di palma da olio (World Bank e IFC, 2011).

La crescente superficie di olio di palma e la crescente produzione di olio di palma coincide con l'aumento del commercio di olio di palma: da 41 milioni di tonnellate nel 2008/2009 a oltre 50 milioni di tonnellate nel 2011/2012 (USDA, Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, 2012). L'Indonesia e la Malesia sono di gran lunga i maggiori produttori di olio di palma ma questo squilibrio è ancora più sorprendente per le esportazioni di olio di palma dal momento che le importazioni sono distribuite in modo molto più uniforme nei diversi paesi rispetto alle esportazioni, sebbene dominino tre importatori, l'India, la Cina e l'UE. Da ciò emerge il carattere transnazionale della produzione e del commercio dell'olio di palma, sottolineando il fatto che l'industria dell'olio di palma sia diventata a tutti gli effetti "globale”. Tra le ragioni di questa rapida espansione troviamo in primis una ragione di carattere economico, dato che le palme da olio permettono un alto rendimento per ettaro rispetto ad altre colture, a fronte di costi contenuti. Poiché inoltre la coltivazione della palma da olio è stata anche un importante contributo alla riduzione della povertà e allo sviluppo rurale (Gillespie, 2012; Teoh, 2010), ha ricevuto un notevole sostegno da parte dei governi nei principali paesi produttori, per l’appunto Malesia e Indonesia. I paesi in via di sviluppo e persino i paesi in transizione potrebbero

considerare l'espansione della loro industria dell'olio di palma una strategia promettente per il progresso economico futuro. La palma da olio inoltre è una coltura perenne e quindi una fonte costante di produzione di olio rispetto alle colture stagionali di semi oleosi, come la soia e la colza.

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Infine, anche nella lavorazione, l'olio di palma mostra una grande flessibilità nella trasformazione in dozzine di diversi prodotti alimentari e non quali cosmetici, prodotti chimici e biodiesel (Thoenes, 2006). La produzione e il trattamento iniziale dell'olio di palma sono concentrati in un numero limitato di grandi aziende, poiché 50 grandi gruppi di piantagioni coprono il 75% della produzione e della raffinazione globale di olio di palma e il commercio è controllato per il 75% da 15 gruppi di imprese e nella fase di elaborazione finale alcune grandi multinazionali, come Unilever e Nestlé, dominano, anche se accanto a un gran numero di piccole imprese (Nikoloyuk, 2009).

L'espansione dell'industria dell'olio di palma, in particolare a partire dagli anni '90, ha spesso comportato anche una serie di preoccupazioni sociali (oltre che problematiche ambientali come già precedentemente esposto) che includono l'espansione di piantagioni su larga scala a scapito delle comunità indigene, i conflitti sociali tra le comunità locali e le piantagioni sull'accesso e la proprietà della terra unite all'emarginazione dei piccoli proprietari nelle innovazioni nella produzione e gestione delle palme da olio (Thoenes, 2006). Tali preoccupazioni si sono tradotte dalla metà degli anni '90, in un numero crescente di piccole e grandi organizzazioni della società civile, che vanno dalle associazioni di agricoltori locali al WWF (Colchester e Chao, 2013). In questo contesto di crescente pressione sull'industria dell'olio di palma per ridurre la distruzione delle foreste tropicali e altri impatti ambientali, nonché per evitare effetti sociali negativi, sono state intraprese diverse iniziative al fine di promuovere la sostenibilità all'interno del settore, tra cui iniziative di alto profilo come la Tavola Rotonda sull'Olio di Palma Sostenibile (RSPO) e l'iniziativa indonesiana per l'olio di palma sostenibile (ISPO) (insieme anche a diversi singoli governi e alcune società private che hanno sviluppato strategie di sostenibilità).

In particolare, RSPO e ISPO sono stati criticati per non aver affrontato le vere cause dell'espansione incontrollata delle palme da olio, che si trovano nella disuguale distribuzione di “energia” ovvero sia di potere, nella catena di approvvigionamento globale (McCarthy, 2012). Secondo questa critica, il potere nelle catene di approvvigionamento equivale alla proprietà del capitale (potere economico) o

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al controllo dello stato (potere politico). Questa comprensione molto semplificata delle dinamiche del potere è tuttavia inadeguata nel caso della fornitura di olio di palma “globalizzato”, poiché non riconosce il ruolo delle ONG locali e globali e degli esperti scientifici che hanno dato vita a queste iniziative di sostenibilità e alle nuove fonti di potere da cui emergono obiettivi con interessi di tipo non economico. Diversi studi empirici infatti, illustrano già l'importante ruolo svolto dalla società civile e dagli scienziati in queste iniziative (Cheyns, 2011, Silva-Castañeda, 2012) e altri hanno affrontato questo sviluppo in modo più concettuale.

Lo studio di Oosterveer 2015 esposto nell’articolo “Promoting sustainable palm oil: viewed from a global networks and flows perspective” sulla rivista Journal of Cleaner Production nel 2015, intende basarsi su queste scoperte e ampliare la comprensione della questione del potere nelle catene di fornitura globali di olio di palma contemporanee, in particolare in relazione ai ruoli svolti dai diversi attori sociali e alle complessità coinvolte nell'affrontare le dinamiche di sostenibilità. Il punto di partenza è dato dal fatto che la produzione, la lavorazione e il commercio contemporanei di olio di palma sono molto complessi e dinamici poiché coinvolgono molti attori in diverse parti del mondo, impegnati a generare un'ampia varietà di prodotti finali differenti. A tale riguardo, l'olio di palma può essere visto come un tipico esempio della più ampia tendenza della globalizzazione nel settore agro-alimentare dagli anni '70 -'80 (McMichael, 2000, 2005), dove le catene di produzione e approvvigionamento e le normative nazionali sono in fase di trasformazione e sono sempre più integrate nelle reti transnazionali e negli accordi di governance globale (Oosterveer, 2007; Oosterveer e Sonnenfeld, 2012). Diversi studiosi hanno introdotto il concetto di “catena globale delle merci” (recentemente chiamato “catena del valore globale”) per analizzare questi cambiamenti (Gereffi et

al., 2005). Questa prospettiva mappa le diverse fasi all'interno delle supply chain disperse a livello globale generando un particolare prodotto, identifica i principali attori al suo interno e si concentra sulla distribuzione del potere all'interno della catena. Secondo questo quadro, le catene di approvvigionamento dovrebbero essere studiate dall'inizio alla fine, per determinare come è

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organizzato il coordinamento tra le diverse fasi della catena, con particolare attenzione agli aspetti materiali e ai meccanismi economici coinvolti. Meno attenzione viene invece prestata, all'interno della prospettiva della catena del valore globale, agli elementi non materiali e agli elementi sociali e alle loro dinamiche. L'analisi delle catene di valore globali contribuisce a una migliore comprensione dei modi in cui le dinamiche all'interno delle catene di approvvigionamento (globali) sono guidate da attori economici dominanti. Si tratta chiaramente di un passo in avanti rispetto al tradizionale focus sui mercati nazionali, sulle dinamiche interne nazionali e sulle interazioni dello stato aziendale. Questa prospettiva globale delle catene del valore ha tuttavia un orientamento verso le modalità strutturaliste ed economiche per spiegare le dinamiche coinvolte nella fornitura di beni globali, concentrandosi in particolare sulle dinamiche verticali all'interno della catena, ignorando la maggior parte delle dinamiche orizzontali al di là della catena merceologica (Tallontire et al., 2011). Quando si analizza la sostenibilità nella fornitura globale di olio di palma, questa prospettiva sembra quindi troppo limitata in quanto i ruoli dei governi nazionali, delle ONG, dei media, degli scienziati e dei consumatori, non vengono effettivamente presi in considerazione. Inoltre, gli aspetti materiali e ambientali sono insufficientemente riconosciuti come fattori che influenzano anche le dinamiche della catena del valore. Quindi una prospettiva più comprensiva e orientata alla rete sembra più appropriata in quanto si concentra sui modi in cui l'offerta agro-alimentare è incorporata in spazi locali, regionali e globali, facendo parte di più reti (Appadurai, 1996). Un approccio di rete consente un'analisi più dettagliata delle pratiche sociali e socio-materiali connesse al settore agro-alimentare che interagiscono sia orizzontalmente che verticalmente attraverso spazi multipli, attori e reti (Glin et al., 2012). Inoltre, una prospettiva di rete consente di analizzare il coordinamento sui mercati globali in cui sono assenti le istituzioni formali, in quanto tale coordinamento può essere organizzato congiuntamente da associazioni dei consumatori/ambientali, rappresentanti del settore pubblico e attori della filiera pertinente (vale a dire la catena del valore), senza alcun coinvolgimento ufficiale del governo (Wilkinson, 2006). Adottare le reti come unità di analisi consente una concentrazione sui

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processi relazionali, cioè sulle istituzioni e sulle interazioni tra attori sociali e permette di considerare le dinamiche dell’ecosistema.

L'offerta globale di materie prime comporta flussi materiali e immateriali (Oosterveer, 2009). Nell'analisi delle reti di merci l'identificazione del flusso di materiale è un punto di partenza essenziale per distinguere una merce da un'altra e ciò è particolarmente rilevante quando si intende includere nell'analisi l'impatto ambientale. Il concetto di reti e flussi riconosce l'importanza degli aspetti materiali e anche non materiali della fornitura globale di olio di palma e degli attori coinvolti nella sua governance (Guy and Marvin, 1996). Produttori, consumatori, aziende, governi e altre parti interessate sono anche collegati attraverso conoscenze “tortuose” comprese specifiche tecniche,

caratteristiche culturali, sicurezza alimentare e preoccupazioni ambientali, creando in tal modo conoscenze (non materiali) e flussi di informazioni all'interno della stessa rete (Oosterveer e Sonnenfeld, 2012). Nel caso della fornitura globale di olio di palma, la dimensione materiale gioca un ruolo cruciale, perché la crescita della palma da olio e la lavorazione dell'olio di palma hanno conseguenze ecologiche dirette a seconda delle scelte tecnologiche e gestionali.

Nella transizione verso la modernità globale, le reti e i flussi nel settore agro-alimentare stanno sostituendo sempre più i sistemi di approvvigionamento geograficamente limitati, e questo processo è definito da Castells (1996) l'emergere della “Società della rete globale”. Questa transizione è

largamente facilitata dalle innovazioni nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione a partire dagli anni '90: sempre più reti emergenti, anche se non tutte le reti contemporanee sono globali. Le reti globali possono acquisire configurazioni diverse, attraverso variazioni nelle dimensioni e nella densità delle loro connessioni in rete, nonché attraverso i loro collegamenti con altre reti.

Le reti hanno un carattere binario in quanto persone o materiali sono inclusi o esclusi dal momento che le reti includono solo quegli attori e quei materiali ritenuti rilevanti dalla loro prospettiva interna, ignorando di conseguenza il resto. Le reti globali comprendono i nodi, ma le dinamiche più rilevanti

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non si trovano all'interno di questi nodi, ma piuttosto nelle relazioni tra loro, perché i nodi non precedono e non esistono senza la rete, sono piuttosto i "risultati delle reti" (Fuchs, 2001, p. 337). Questi nodi sono connessi, nel tempo e nello spazio, attraverso flussi globali che possono includere prodotti, flussi monetari, conoscenze e informazioni, energia, ecc., che operano in entrambe le direzioni (Spaargaren et al., 2006; Spaargaren et al., 2006). Se connessi attraverso reti globali, la produzione e il consumo di merci possono essere considerati come mutui.

Le reti e i flussi di merci possono acquisire modalità differenziate, che nel caso dell'olio di palma possono essere distinte in “regioni” e “reti integrate globali” (GIN) (Mol, 2007; Urry, 2003). Le regioni sono costituite da flussi materiali, oggetti materiali, attori sociali e le loro relazioni reciproche (reti), principalmente raggruppate geograficamente. Esse hanno relazioni piuttosto fisse e solide, mostrano mobilità "direzionale" dei flussi e sono vincolate da chiari confini. I GIN sono invece costituiti da relazioni meno solide ma ancora relativamente stabili, durature e prevedibili che si estendono su più punti regioni. Ciascuna di queste due modalità comporta relazioni specifiche tra i nodi della rete e i flussi (im)-materiali. In entrambe le modalità di reti e flussi globali, l’elemento umano è essenziale per mantenere e (ri)-costituire le istituzioni e le pratiche sociali coinvolte. Sebbene nessun agente umano possa controllare appieno le complesse dinamiche nelle reti, nessuna rete esiste senza l'intervento umano.

Pertanto, la nozione di reti e flussi globali offre un promettente punto di partenza per analizzare la governance della sostenibilità nella fornitura globale di olio di palma perché include le dimensioni materiali, si riferisce più alla complessità, alla dinamica e all'incertezza che all'ordine e alla stabilità e infine ma non per ultima ragione, non è limitata e/o localizzata a sistemi di produzione o alle dinamiche economiche delle catene di approvvigionamento locali.

Ad oggi possono essere individuate diverse disposizioni di governance nella fornitura globale di olio di palma. Più reti collegano la produzione primaria a livello di azienda agricola / piantagione, integrata nel paesaggio locale, con la trasformazione domestica e il commercio internazionale fino

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all'uso finale. Le reti e i flussi di olio di palma comprendono diverse istituzioni, politiche e accordi strutturati a vari livelli di scala e coinvolgono diversi attori sociali (Oosterveer, 2009; Oosterveer e Sonnenfeld, 2012). Nelle reti globali di approvvigionamento di olio di palma, possono essere identificate diverse modalità a seconda dei particolari flussi, nodi e attori coinvolti. Tra i flussi più rilevanti a livello globale troviamo flussi di materiali (frutti di palma da olio e olio di palma in diverse fasi di lavorazione e finanziamenti come fondi di investimento e pagamenti di materie prime) e flussi non materiali (informazioni sulle qualità dei prodotti, informazioni sociali e impatti ambientali, informazioni sullo sviluppo scientifico e tecnologico e sulle politiche pertinenti). Questi flussi collegano diversi attori in luoghi diversi facendo parte della rete che sono in grado di (inter) agire. Gli attori possono essere coinvolti direttamente come attori politici economici e formali nella catena di approvvigionamento, ma anche più indirettamente, come ONG, scienziati e consumatori (Oosterveer e Spaargaren, 2011). Alcuni di questi attori coinvolti indirettamente possono essere attori chiave nella programmazione delle reti e nel passaggio da uno all'altro.

Al momento, nella fornitura globale di olio di palma, coesistono diverse regioni e GIN che spesso si sovrappongono e competono. Ogni modalità ha una sua particolare modalità di funzionamento, ma spesso sono in qualche modo connesse tra di loro. Ad esempio, in Tailandia l'offerta di olio di palma è strutturata come una regione in cui la politica nazionale sull'olio di palma è orientata all'autosufficienza, programmata dalle autorità nazionali e attuata da diverse parti interessate pubbliche e private nazionali. Nel paese, l'olio di palma è anche usato per il biodiesel, quindi gli attori politici funzionano come scambiatori che collegano l'approvvigionamento di olio di palma e le reti di fornitura di combustibile convenzionali. L'analisi delle dinamiche di sostenibilità all'interno della rete di olio di palma thailandese si concentra quindi su politiche che si occupano di investimenti e tutela ambientale e di flussi interni di informazioni contenenti requisiti di produzione. Tuttavia, sebbene l'olio di palma tailandese sia difficilmente esportato e la rete possa effettivamente essere considerata una regione, esistono ancora collegamenti con reti globali, come la RSPO. D'altra parte, ci sono anche

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reti globali integrate (GIN), in cui la produzione primaria e l'elaborazione iniziale in paesi come l'Indonesia e la Malesia sono collegate con l'ulteriore elaborazione e l'uso finale in paesi come la Cina, l'India e l'UE. Questi GIN coinvolgono rivenditori e consumatori in paesi importatori, aziende di trasformazione e commercio operanti a livello internazionale e mulini, piantagioni e piccoli coltivatori nei paesi produttori; ognuno con la sua particolare potenza e capacità di controllo. Ogni GIN opera nel contesto più ampio delle dinamiche del mercato globale, delle innovazioni tecnologiche e delle istituzioni normative nazionali e globali, come l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) (Oosterveer e Mol, 2010). Pertanto, gli attori e le istituzioni coinvolte operano necessariamente simultaneamente su più livelli, influenzando in tal modo i modi in cui sono affrontate le questioni globali e quelle nazionali e locali. Le informazioni e le conoscenze sulle caratteristiche di produzione e lavorazione dominano i flussi non materiali in questi GIN, ma a volte ciò viene integrato con informazioni sugli impatti ambientali. Tra i programmatori che guidano questi GIN verso una maggiore sostenibilità ci sono la RSPO e al suo interno grandi aziende. Gli switcher comprendono le autorità politiche, le società di revisione, le ONG, le istituzioni scientifiche e specifici broker di conoscenza. Ogni GIN comporta particolari flussi di materiale e risorse informative e finanziarie associate, una particolare costellazione di attori ubicati in diversi nodi più o meno centrali della rete e una specifica inclusione della sostenibilità e delle dimensioni sociali nelle loro disposizioni di governance. Pertanto, quando si analizza la sostenibilità all'interno dei flussi e delle reti globali di olio di palma, l'attenzione dovrebbe essere rivolta all'identificazione dei principali flussi socio-materiali e informativi e degli attori chiave nella loro programmazione verso una fornitura di olio di palma più sostenibile e un’attenzione su come sono strutturati. L’ interesse dello studio di

Oosterveer (2015) è in particolare sulle relazioni tra i flussi (im)materiali e gli attori per quanto riguarda il ruolo svolto dai problemi di sostenibilità nella programmazione della rete e nei processi di inclusione ed esclusione di diversi attori.

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3. METODOLOGIA DELLA RICERCA

In questa tesi per studiare il dibattito relativo alla questione olio di palma è stata condotta una ricerca di tipo quantitativo. La ricerca è iniziata con l’analisi di oltre duemila articoli pubblicati dall’anno 1979 all’anno 2017, relativi a tale tematica. Usando il database “LexisNexis” all’interno del quale sono stati raccolti quasi quattromila articoli (definiti “Newspapers”) pubblicati da ogni parte del mondo e suddivisi sulla base della provenienza geografica, la ricerca si è basata su un’analisi

temporale riguardo alla discussione della problematica olio di palma - problematica emersa a partire dagli anni ’80, che si è poi evoluta e intensificata fino ad oggi e ancora attualmente aperta -, considerando un periodo di tempo definito che va dalla fine degli anni ’70 fino all’anno 2017.

Altro criterio utilizzato in questa ricerca oltre a quello su base temporale, è stato il criterio della provenienza geografica in quanto è stata considerata solo una frazione del totale degli articoli contenuti all’interno del database, ossia gli articoli pubblicati in una specifica zona del Sud-Est Asiatico, nell’arco di tempo predefinito (“Major_Newspapers_Asia Sud-Est 1”).

3.1 Software statistico PSPP

Attraverso il software libero di statistica PSPP, un programma per l’analisi di dati campionati, è stato

possibile effettuare una serie di analisi della varianza tra la variabile indipendente del tempo (variabile “Year” all’interno del software) e alcune “dimensioni” costituenti le variabili dipendenti, contenute

nel software LIWC (definite di seguito per l’appunto dimensioni LIWC), rispetto ai vari articoli redatti nel periodo di tempo considerato (1979-2017).

Si tratta di un metodo per la comparazione dei valori delle medie di una o più variabili quantitative, rispetto a una variabile indipendente, definita in modo tecnico “Factor”. Nello specifico di questa tesi, la variabile indipendente di riferimento è, come già detto, la variabile “Year”.

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3.2 Comunicazione e psicologia: il software LIWC

Il secondo software utilizzato all’interno di questa ricerca è il software LIWC.

Le parole usate per comunicare riflettono generalmente la personalità di un individuo e, in un certo senso, il linguaggio è la vera sostanza della psicologia e della comunicazione in quanto mezzo con cui gli psicologi cognitivi, clinici e sociali provano a comprendere gli individui.

Lo sviluppo contemporaneo di computer ad alta velocità, Internet e nuove strategie statistiche hanno contribuito alla nascita di una nuova era dello studio psicologico del linguaggio. Avendo a disposizione un’elevata quantità di dati, i ricercatori hanno potuto iniziare a collegare l'uso quotidiano della lingua con misure comportamentali e auto-riferite di personalità, comportamento sociale e stili cognitivi. All'inizio degli anni '90 Pennebaker et al. si sono imbattuti nel notevole potenziale dell'analisi del testo computerizzato attraverso lo sviluppo del loro programma per computer: Indagine linguistica e Conteggio parole (LIWC, Pennebaker, Booth e Francis, 2007). LIWC è un programma di analisi del testo “trasparente” che conta le parole in categorie psicologicamente significative. L’obiettivo di partenza era infatti quello di creare un programma che cercasse e contasse semplicemente le parole in categorie rilevanti per la psicologia, su più file di testo. I risultati empirici ottenuti dall’ utilizzo di LIWC dimostrano la sua capacità di rilevare il significato in un'ampia varietà

di impostazioni sperimentali, tra cui la messa a fuoco dell'attenzione, l'emotività, le relazioni sociali, gli stili di pensiero e le differenze individuali.

Il programma LIWC ha due funzioni centrali: il componente di elaborazione e i dizionari. La funzione di elaborazione è il programma stesso che apre una serie di file di testo di vario genere (poesie, blog, romanzi e altro) e filtra attraverso ogni file parola per parola; successivamente, ogni singola parola viene confrontata con il file del dizionario. Dopo aver esaminato tutte le parole di un file di testo, LIWC calcola la percentuale di ciascuna categoria di LIWC. L'output LIWC, quindi, elenca tutte le categorie LIWC e le percentuali utilizzate da ciascuna categoria nel testo specificato.

I dizionari sono il cuore del programma LIWC. Un dizionario fa riferimento alla raccolta di parole che definiscono una particolare categoria. Quando LIWC fu creato per la prima volta, l'obiettivo era

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