• Non ci sono risultati.

5. CONCLUSIONI 1 Implicazioni teoriche

5.2 Implicazioni managerial

In Malesia la politica di consumo del suolo è definita in modo stringente e l’espansione futura è severamente limitata al solo terreno adibito per la produzione agricola. Tale quota di terra è stata assegnata alla coltivazione attraverso un’analisi approfondita dei requisiti per far fronte alle esigenze alimentari nazionali, per sostenere le industrie e l’esportazione, tra cui olio di palma, gomma e cocco.

Questo sistema di gestione dello stato malesiano potrebbe costituire un buon modello da seguire anche in altri paesi ma, all’interno degli ampi dibattiti che si sono succeduti riguardo la questione olio

di palma, tuttavia, molto spesso non viene nemmeno minimamente accennato che la Malesia possiede un tale accurato sistema di amministrazione della terra che disciplina strettamente l’uso del territorio e la conversione delle foreste all’agricoltura. Analizzando la piattaforma online “The Oil Palm” che

70

si occupa di descrivere minuziosamente tutto ciò che riguarda l’olio di palma (dalla sua storia alla

produzione sostenibile), il terreno assegnato a questo tipo di coltivazione è limitato infatti soltanto alle zone destinate a fini agricoli. Guardando alla realtà malesiana, circa il 24% delle terre emerse è suddiviso in zone per uso agricolo e, al contrario, oltre il 62% della terra è considerato parte del patrimonio forestale permanente del Paese - dove circa un quarto di tutte le foreste sono destinate alla conservazione e alla protezione. Questo equilibrio garantisce alla Malesia che lo sviluppo economico non vada a scapito dell’ambiente e della biodiversità della nazione. Gli alti rendimenti della palma da olio assicurano che anche con i 6 milioni di ettari di terreni coltivati a palma da olio (ossia oltre il 15% della superficie totale della Malesia), gli agricoltori malesi siano in grado di vivere dignitosamente e aumentare il proprio reddito (The Oil Palm).

La produzione di olio di palma su larga scala, infatti, se non è gestita in modo adeguato, può avere un impatto negativo su aree di grande valore naturale, provocando anche violazioni dei diritti delle popolazioni locali e indigene e l’adozione di pratiche agricole non sostenibili, quali l’uso eccessivo

dei pesticidi. L’industria dell’olio di palma malese si è così impegnata ad attuare pratiche agricole sostenibili e adeguate a due esigenze fondamentali: sviluppo e preservazione della natura. In concomitanza con il governo malese e i suoi obiettivi di sviluppo nazionale, l’industria si è impegnata

ad attuare una pianificazione sostenibile del territorio e a investire risorse nella conservazione della fauna. Nonostante ciò, l’industria è stata accusata di svolgere pratiche non sostenibili, tra cui come

detto, la distruzione delle foreste pluviali e degli habitat della fauna selvatica, in particolare a sfavore degli oranghi. Queste accuse infondate hanno portato ad un malinteso tra i consumatori di olio di palma e ha contribuito a diffondere pubblicità negativa per i prodotti a base di questo ingrediente in diversi Paesi europei. L’industria dell’olio di palma malese, con alle spalle anni di pratiche responsabili, non è stata esentata da tali accuse, nonostante i numerosi sforzi per trasmettere informazioni accurate circa i progetti di conservazione della fauna selvatica. L’industria dell’olio di

palma in Malesia ha infatti costituito il Malaysian Palm Oil Wildlife Conservation Fund (MPOWCF) nel 2006. La MPOWCF è stata originariamente finanziata con 20 milioni di ringgit provenienti sia

71

dall’industria che dal governo malese. Il fondo è amministrato dal Consiglio Malese per l’Olio di

Palma (Malaysian Palm Oil Council, MPOC) che ha anche la responsabilità generale per la gestione dei progetti di conservazione del fondo. In particolare, MPOWCF si occupa di: (1) studi sulla fauna selvatica, la biodiversità e la conservazione ambientale e anche di valutare l’impatto globale del settore dell’olio di palma in queste aree naturali; (2) funge da organo di garanzia affinché la

coltivazione della palma non causi danni ambientali, infatti il Fondo opera attraverso un programma di ricerca mirato di conservazione organizzato da esperti del mondo accademico, enti governativi e organizzazioni non governative (The Oil Palm).

Fig. 2 Produzione e assorbimento dell’olio di palma sostenibile (AOCS)

I risultati di uno studio internazionale condotto dall’American Oil Chemists Society - i cui risultati

sono graficamente riportati nella Fig. 2 - mostrano che i nove produttori leader di olio di palma sostenibile, certificati secondo i criteri della RSPO, hanno permesso di identificare numerosi benefici derivanti dalla certificazione RSPO e, di conseguenza, da pratiche socialmente responsabili e rispettose per l’ambiente. Tra i benefici più importanti sono stati evidenziati: riduzione delle

72

normative in vigore nei paesi di produzione, riduzione degli incidenti sul lavoro e aumento della produttività.

Il contributo dell’olio di palma è particolarmente significativo all’economia della Malesia: si tratta del quarto pilastro dell’economia malese in ordine di grandezza, con un apporto pari a circa il 13%

del PIL. Nel 2015 il suo apporto al reddito nazionale lordo è stimato a circa 8,1 miliardi di dollari. Sul versante dell’impiego inoltre, il settore contribuisce direttamente ad occupare più di 620.000

persone, dalla raccolta alla ricerca e sviluppo del prodotto.

Le attività relative alle piantagioni e alla raccolta sono solo una parte di ciò che l’industria apporta all’economia malese. Gli investimenti in ricerca e sviluppo hanno sostenuto anche il settore oleo-

chimico e la lavorazione di prodotti a valore aggiunto. Tale processo ha, a sua volta, creato nuove opportunità di produzione ed esportazione con un impatto positivo sul Paese.

Una nuova iniziativa politica – la Strategia alternativa per le biomasse in Malesia (1 Malaysia Biomass Alternative Strategy, 1MBAS) – è stata ideata per potenziare un nuovo settore di attività economica per il Paese. La raccolta della palma da olio genera circa 80 milioni di tonnellate di biomassa all’anno, è quindi evidente l’esistenza di un forte potenziale per creare diverse gamme di

prodotti tra cui prodotti di legno, pallet, bioenergia, bioetanolo e componenti chimici biologici. Questa strategia nazionale è stata ideata per creare 66.000 nuovi posti di lavoro e aumentare il contributo del settore al PIL della Malesia stimabile in 30 miliardi di ringgit (circa 9,5 miliardi di dollari). Il contributo dell’olio di palma all’economia ha impatto su tutti i cittadini malesi, dai seminatori e ai mietitori, fino ai commercianti e agli operatori finanziari. C’è anche però un impatto

globale: la fornitura di un olio da cucina capace di contribuire alla soddisfazione del fabbisogno mondiale di oli e grassi vegetali con prezzi accessibili.

Secondo il WWF Australia, se in un primo momento era stato considerato “buono” il boicottaggio dell’olio di palma per rallentarne la sfrenata produzione ed il forte impatto ambientale, in un secondo

momento è stato capito che tale azione non rappresenta la soluzione del problema. Al contrario, non acquistare più olio di palma sostenibile porterebbe a conseguenze ancor più negative per l’ambiente

73

e per le comunità locali. Dal momento che il consumo di oli alternativi necessita di una maggiore superficie coltivabile, se le aziende alimentari acquistassero altri oli la loro scelta provocherebbe un aumento della deforestazione e la perdita di biodiversità. Inoltre, venendo a mancare l’incentivo a produrre olio di palma sostenibile, i produttori dirotterebbero la loro produzione verso utilizzatori non interessati alla sostenibilità dell’olio di palma

Per aumentare l'utilizzo di olio di palma sostenibile è essenziale che le industrie della catena di approvvigionamento dell'olio di palma uniscano le forze e a tal fine le imprese e le associazioni di settore stanno lavorando insieme in “alleanze nazionali sull'olio di palma sostenibile”. Queste

alleanze sono ormai diffuse in Europa ed impegnano molte aziende e settori ad utilizzare olio di palma sostenibile. Questi impegni sono tutti combinati dal progetto “European Sustainable Palm Oil” (ESPO) nel cosiddetto “Impegno a sostenere”: tale impegno mira ad aumentare e allineare la domanda

di olio di palma sostenibile in Europa, lavorando insieme con le associazioni di settore europee organizzate nell’ “European Sustainable Palm Oil Advocacy Group” (ESPOAG) e agli standard di

certificazione come l'RSPO. L'impegno per il sostegno è altresì supportato da sei governi europei nella Dichiarazione di Amsterdam a sostegno di una catena di approvvigionamento dell'Olio di Palma totalmente sostenibile entro il 2020 (European Palm Oil Alliance).

Negli ultimi anni numerosi autori hanno dimostrato come al di là dell’efficienza, le aziende

dovrebbero essere particolarmente interessate alla legittimità per avere successo. Questo significa che è in gran parte riconosciuto che le perfomance delle imprese sono soprattutto legate alla loro capacità di adattarsi alle regole stabilite, alle norme e ai sistemi di credenze nei contesti in cui operano (ad esempio Scott, 2001). Di conseguenza molti ricercatori stanno ora cercando di dimostrare come le aziende possono guadagnare e mantenere la legittimità nel tempo (Johnson et al, 2006).

Secondo Scott (Scott 2001, pag. 48) in particolare, una pratica soddisfa i requisiti del “pilastro cognitivo” quando è comunemente accettata e data per scontato dagli attori sociali; ottiene poi il “pilastro normativo” quando lo si ritiene opportuno o previsto in una determinata situazione sociale. Infine, guadagna il “pilastro regolativo” quando aderisce formalmente alle leggi e alle regole.

74

Humphreys sostiene nel suo articolo redatto nel 2010 dal titolo “Megamarketing: The Creation of Markets as a Social Processes” che, anche se la maggior parte dei contributi in questo campo ha a che

fare con la nascita e lo sviluppo di nuovi mercati, molti autori insieme a lei ritengono importante studiare anche la nozione di legittimità nel contesto di mercati di beni e servizi che sono soggetti a una forma di strategia “dirompente”, ossia sono istituzionalmente contestati. In particolare, un

mercato può essere contestato quando almeno uno dei pilastri cognitivi, normativi o regolativi che lo supportano è “minato” (Humphreys et al, 2006). Come Chiles (2016) Humphreys sostiene che ciò

può verificarsi anche nel contesto alimentare perché è abbastanza comune osservare lo sviluppo di controversie in un mercato ed è fondamentale analizzare ciò per indagare il processo di legittimazione nei mercati coinvolti più in profondità (Humphreys, 2010).