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4. I metodi di analisi economica

4.2 Le principali alternative all’analisi costi-benefici

4.2.1 L’analisi dei costi di conformità

4.2.1 L’analisi dei costi di conformità

Il metodo dei costi di conformità (Cost Assessment) prevede l’individuazione e la quantificazione di tutti i costi che l’intervento regolatorio fa ricadere sulla realtà sociale, imprese, cittadini, Pubblica Amministrazione. Tale metodo esclude dall’analisi i benefici apportati da un intervento di regolazione, poiché l’obiettivo consiste nel verificare che i costi indotti dall’intervento non siano eccessivamente elevati da rendere la regolazione insostenibile per i destinatari.

Il vantaggio principale di tale metodo, che consiste nell’immediatezza e nella semplicità tecnica di rilevazione e di valutazione dei costi, ha come contrappeso lo svantaggio della parzialità. Utilizzando tale approccio, infatti, non sarà possibile delineare un quadro generale dell’impatto dell’intervento o verificare che il costo complessivo possa essere giustificato dagli effetti positivi che ricadono sulla società. Come varianti a tale metodo esistono approcci ancor più parziali che valutano i costi relativamente a singole categorie sociali, tra questi: l’analisi di impatto sulle imprese (vengono analizzati i costi sostenuti dalle imprese per conformarsi all’intervento regolatorio) e l’analisi di impatto fiscale o di bilancio (viene analizzato l’impatto che l’intervento ha sul bilancio dello Stato).

4.2.1.1 Lo Standard Cost Model

Nell’ambito delle analisi dei costi di conformità, viene annoverato lo Standard Cost

Model 57, metodo che negli ultimi anni ha preso sempre più piede, almeno a livello

57

Standard Cost Model Network, The International Standard Cost Model Manual; measuring and

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europeo, per realizzare l’attività di misurazione, e successiva riduzione, degli oneri amministrativi prodotti dalle regolazioni e gravanti sulle imprese. In funzione di questo obiettivo, si è diffuso con successo lo Standard Cost Model che può essere utilizzato sia come metodo di analisi economica (parziale) all’interno di un’analisi più ampia come l’AIR sia come tecnica autonoma. In effetti, a livello europeo e anche nazionale, lo SCM è utilizzato prevalentemente come tecnica autonoma per misurare e ridurre gli oneri amministrativi.

A differenza di quanto avvenuto con l’AIR, lo SCM e l’attività di misurazione degli oneri amministrativi non sono stati importati in Europa dagli Stati Uniti ad opera del Paese più all’avanguardia in tema di better regulation nel nostro continente (Regno Unito), ma sono nati in Olanda e poi con rapidità (a differenza dell’AIR) hanno assunto un ruolo di primo piano nelle agende di molti Governi europei 58: a meno di sei anni dalla sua nascita, la misurazione degli oneri amministrativi è attualmente realizzata in 22 Paesi europei 59 e l’Italia è stato uno dei Paesi che per primo ha sperimentato e poi adottato a regime la misurazione degli oneri amministrativi, contrariamente a quanto accaduto con gli altri strumenti di qualità della regolazione (in particolare AIR e consultazioni pubbliche), spesso applicati con estremo ritardo rispetto agli altri Paesi europei e, comunque, in modo non costante 60.

Prima di descrivere lo SCM, è importante chiarire cosa si intende per costi e oneri amministrativi. Vi è infatti una differenza tra i due concetti che non può essere

58

Sarpi F., La crociata contro gli oneri amministrativi, Astrid, disponibile su www.astrid.eu, p.1 59

Standard Cost Model Network, Informazioni sui programmi di misurazione dei paesi aderenti disponibili sul sito http://www.administrative-burdens.com.

60

Natalizi A., F. Sarpi, L’insostenibile leggerezza dell’Air, in Giornale di diritto amministrativo 2009, n. 3.

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trascurata. Sono definiti costi amministrativi i costi sostenuti dai destinatari delle regolazioni per conformarsi all’obbligo giuridico di fornire informazioni sulla propria azione ad autorità pubbliche o privati (es. costi per etichettare, relazioni, controlli e valutazioni per iscrizioni in registri). All’interno di questa categoria di costi, si individuano gli oneri amministrativi, ovvero costi amministrativi relativi a informazioni che le imprese non raccoglierebbero in assenza di una precisa disposizione prescrittiva (i costi amministrativi, dunque, comprendono sia questa categoria sia i costi relativi a informazioni che le imprese comunque raccoglierebbero) 61.

Lo SCM si propone di individuare e misurare gli oneri amministrativi imposti dalle regolazioni alle imprese, includendo sia i costi da sostenere una tantum – generalmente all’entrata in vigore della regolazione – sia i costi da sostenere periodicamente ma non rilevando, a differenza dell’analisi dei costi di conformità sulle imprese, i costi connessi all’adempimento sostanziale della regolazione.

Nei programmi europei e nazionali, il passo successivo alla misurazione degli oneri amministrativi consiste nella riduzione degli oneri che risultano obsoleti, sproporzionati e ridondanti. Seppure, infatti, alcuni oneri amministrativi sono necessari se si vuole che gli obiettivi della normativa siano adeguatamente perseguiti (come nel caso di informazioni necessarie a rendere trasparenti i mercati), esistono, tuttavia, numerosi casi in cui gli oneri possono essere semplificati e ridotti, senza che

61

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea, COM (2007) 23.

41 ciò abbia effetti sulla legislazione in quanto tale; gli oneri di questo tipo sono evidentemente inutili se non dannosi.

Nonostante la consapevolezza della parziarietà dell’apporto informativo dello SCM, si è ritenuto essere uno strumento particolarmente utile di accountability del regolatore. Lo SCM, infatti, fornisce un preciso indice quantitativo dell’onerosità del sistema regolamentare su cui l’operatore pubblico è chiamato a rispondere, dipendendo il dato direttamente da esso. Il principale punto di forza, infatti, è l’elevato livello di dettaglio. La metodologia dello SCM rende possibile la produzione di dati sui costi delle risorse utilizzate dalle imprese per ottemperare a norme specifiche. In pratica, lo SCM è teso ad individuare gli obblighi contenuti nelle disposizioni normative che richiedono alle imprese di fornire informazioni alle autorità pubbliche o a terzi e a rilevare, successivamente, le attività amministrative e i connessi costi necessari ad ottemperare a tali obblighi. In questo modo, si giunge ad un dato oggettivo ed esclusivamente quantitativo che diventa una base necessaria per procedere all’individuazione e alla conseguente riduzione degli oneri amministrativi ritenuti eccessivi.

Due le condizioni necessarie per procedere ad una corretta misurazione degli oneri: innanzitutto è fondamentale costruire e prendere a riferimento un campione statisticamente significativo delle imprese soggette alla misurazione (per esempio nel caso italiano, si dovrà considerare che il tessuto imprenditoriale è costituito per lo più da piccole e medie imprese); in secondo luogo non meno importante è la conoscenza puntuale dei processi interni alle imprese, così da poter risalire alle attività (e ai relativi costi) da espletare per ottemperare a obblighi informativi.

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L’Unione Europea e molti dei Paesi membri, consapevoli del peso normativo che grava sul tessuto economico in termini di oneri amministrativi, hanno lanciato negli ultimi anni ambiziosi programmi di riduzione degli oneri amministrativi, adottando al tal fine lo SCM come metodo di misurazione. Pur registrando una generale uniformità del metodo, va rilevato che ogni Paese e la Commissione europea in

primis hanno apportato modifiche e adattamenti allo SCM iniziale. Alcune delle

principali differenze tra i modelli SCM adottati dai diversi Paesi membri riguardano

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:

- la definizione di “impresa”. Mentre alcuni Paesi (Danimarca, Svezia, Italia) considerano solo le imprese con fini di lucro, altri (UK) considerano anche il terzo settore (volontariato) o anche imprese parzialmente pubbliche (Olanda). - La definizione di “regolazione” generatrice di obblighi informativi. In alcuni

Paesi (Italia, Olanda, Danimarca) si considerano gli obblighi derivanti dalla sola legislazione. In altri (UK) vengono considerate anche misure di soft law (ad esempio codici di condotta).

- La scelta dei soggetti destinatari delle informazioni che le imprese devono fornire per un obbligo informativo. In alcuni casi (Italia, UK) si considerano soltanto gli oneri derivanti da obblighi informativi nei confronti della pubblica amministrazione. In altri casi (Danimarca, Norvegia, Olanda, Svezia) si misurano gli oneri derivanti da obblighi informativi da adempiere nei confronti di una più vasta platea di destinatari, pubblica amministrazione, consumatori, lavoratori dipendenti.

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Cavallo L., G. Coco, M. Martelli, Evaluating administrative burdens through SCM: some