• Non ci sono risultati.

4) IL CASO DI STUDIO: IL GRUPPO ALPHA

4.2 LA FATTIBILITÀ ESTERNA

4.2.2 Analisi della domanda

La vendita di pubblicità via Internet ha vissuto un periodo di forte crescita nel momento degli esordi per poi assestarsi su livelli più bassi seppur sempre soddisfacenti: l’Osservatorio Statistico elaborato da MailUp®è stato divulgato la prima volta nel 2011 ed offriva uno spaccato “ristretto” sul 2010 appena concluso (infatti i calcoli furono fatti su circa 3 miliardi di e-mail inviate); il documento del 2014, invece, si basa su ben 14 miliardi di mail inviate ed il dettaglio dell’analisi permette di studiare a fondo l’andamento del prodotto

nei vari comparti. In Figura 7 viene mostrato il tipo di analisi svolta in merito ai dati raccolti nel 2013: il documento analizza tre differenti tipi di messaggi, ovvero uno informativo (Newsletter), uno più promozionale

(Direct E-mail Marketing) ed uno estremamente personalizzato (Transactional e-mail), e li incrocia con le classi dei destinatari, che sono le altre imprese attive (“B2B”), i consumatori (“B2C”) ed entrambe le classi (“B2B+B2C”, da intendersi non come somma delle due precedenti ma come nuova tipologia di destinatario); ciò che ne fuoriesce è la predominanza delle e-mail transazionali (Figura 89) sulle restanti tipologie di messaggio ed il motivo è legato proprio al tipo di rapporto che si viene a creare 9Fonte: Campaign Monitors, https://www.campaignmonitor.com/resources/guides/email-marketing-new-rules/

Figura 7

con chi riceve la mail, caratterizzato da una personalizzazione (Figura 9) e da una specificità tale che l’utente si interessa al contenuto (Fonte: Osservatorio Statistico MailUp 2014). Il Gruppo Alpha ha recepito questo trend e ne ha fatto proprio il contenuto rendendo una campagna DEM personalizzata

e specifica, in altre parole studiata appositamente per il target che riceverà il messaggio. I potenziali clienti di un’impresa di e-mail marketing sono tutte quelle imprese o società che hanno intenzione di raggiungere uno specifico target di mercato che ritengono maggiormente compatibile con il proprio business: a titolo esemplificativo, una società attiva nel ramo della consulenza penale avrà molte più chances di ottenere clienti se si mette in contatto con un pubblico che presenta condanne penali, o sentenze non ancora esecutive, o in attesa di imbastire un processo; un’impresa che svolge attività sportiva, parimenti, potrebbe essere interessata sia a promuoversi nei confronti di persone appassionate per qualche disciplina sia ad offrire promozioni mirate a clienti speciali (per esempio a personaggi famosi o in possesso di determinate doti o capacità per migliorare l’immagine dell’impresa). Maggiore è la profondità delle informazioni contenute nel database, maggiore è la probabilità che una campagna DEM vada a buon fine, con rilevanti risultati tanto per la società committente quanto per quella erogante il servizio. Questo aspetto sottolinea come il mercato non abbia potenzialmente confini, e possa essere esteso non solo a tutte quelle società che hanno da offrire prodotti o servizi specifici per determinati clienti, ma anche a tutte quelle imprese che non offrono prodotti o servizi specialistici ma che hanno intenzione di aumentare la propria fascia di clientela o di diversificare l’offerta. Utilizzando l’Osservatorio Statistico 2014 offerto da MailUp®, si allegano due tabelle (Figura 10) riferite, rispettivamente, alle Newsletter ed alle campagne DEM dalle quali è possibile evincere una serie di informazioni su alcuni elementi chiave che caratterizzano il lato della domanda.

In particolare, si dà evidenza nelle colonne di tre indicatori, che sono l’Open Rate (OR), il Click-Through-Rate (CTR) ed il Click-To-Open-Rate (CTOR) rispetto a specifici settori economici indicati nelle righe (che sono quello dedicato alle imprese o “B2B”, quello ai consumatori finali o “B2C” e, infine, quello valido per entrambi o “B2B+B2C”). Le percentuali che vengono qui sopra riportate indicano il potenziale successo di una newsletter (tabella di sinistra) o di una campagna DEM (tabella di destra) all’interno della specifica area di business: come si può facilmente intuire, il massimo valore evidenziato all’interno di alcune celle suggerisce dove la pubblicità produrrà il maggior effetto in relazione a quello specifico indicatore. Inoltre, è possibile individuare quali settori sono particolarmente promettenti per un servizio piuttosto che per l’altro, in quanto almeno due degli indicatori di riferimento (quelli in colonna) sono i più elevati rispetto agli altri risultati trovati. Per esempio, dai valori indicati in Figura 10 si può dedurre che una newsletter avrà un impatto rilevante nel settore dell’industria se rivolta ad utenti “B2C” e nell’area consulenza e professionisti se rivolta ad utenti “B2B+B2C”, mentre una campagna DEM avrà più successo se rivolta al settore dell’agricoltura in ambito “B2C” e nell’area industria in ambito “B2B+B2C”.

Questo genere di informazioni permette ad una società del settore di estrapolare informazioni di fondamentale importanza. Ad esempio è possibile capire quale strumento utilizzare per raggiungere il maggior numero di utenti; selezionare sia quelle aree di mercato da far maturare, sia quelle da raggiungere con metodi alternativi capaci di incrementare le percentuali di risposta, sia quelle più solide e mature, infine, che dovranno essere mantenute e arricchite ulteriormente; analizzare se l’utenza non apre la mail (OR basso), oppure non apre più di una volta i possibili link contenuti nella mail (CTR basso) o ancora se non ha approfondito l’argomento della mail leggendo almeno una volta il messaggio contenuto in allegato (CTOR basso) e da tali risposte capire se si deve migliorare, rispettivamente, il destinatario, i link oppure il contenuto della e-mail. Una delle maggiori problematiche che le imprese operanti nel settore dell’e-mail marketing hanno dovuto affrontare è quello connesso alla reticenza delle imprese clienti nell’aprirsi a questa nuova forma di advertising, alla luce del fatto che i mass media tradizionali sono rimasti per lungo tempo gli strumenti privilegiati per “farsi pubblicità”. La Figura 11 mostra infatti come nonostante nel decennio 2004-2013 la spesa nei “vecchi” mass media (cioè TV, stampa e radio) si sia notevolmente ridotta, la scelta delle imprese sul mezzo da utilizzare per l’advertising non si sia spostata sui “nuovi” mezzi di comunicazione (Internet). Si noti che negli anni successivi al 2006 mentre la spesa per la pubblicità online ha subito comunque una crescita davvero considerevole, tutti gli altri mezzi hanno registrato un calo vertiginoso (tranne la radio che comunque non ricopriva una posizione di leader).

La Figura 12 mostra una ricerca svolta dal CENSIS che mette a confronto i principali mezzi di comunicazione in relazione alla scelta degli utenti dello strumento usato per informarsi ed al relativo giudizio su di esso: per quanto nel 2006 il grado di fruibilità di Internet non fosse così elevato (infatti i pochi computer sviluppati per l’accesso alla Rete da un lato e la limitata disponibilità economica delle famiglie dall’altro restringevano di molto il numero di utenti che potevano navigare e disporre liberamente dei contenuti del Web), più del 75% degli intervistati ha attribuito ad esso il massimo punteggio di soddisfazione (4 o 5) e meno del 14% lo ha valutato con un punteggio minimo (1 o 2), ottenendo così il voto medio più elevato, pari a 4, battendo tanto TV (3.28) quanto la stampa (3.52). I motivi per cui la pubblicità tradizionale ha perso così tanto terreno nel corso degli anni sono legati ad una serie di problematiche intrinseche al modello pubblicitario stesso, che sono la non contestualità (ovvero la pubblicità in radio e TV arriva passivamente all’utente, che in un certo senso la subisce), la casualità del messaggio (il messaggio è rivolto a tutti gli ascoltatori o spettatori), la presenza di barriere d’accesso (passaggio obbligato per le concessionarie pubblicitarie) e la non misurabilità dell’efficacia della campagna. La differenza sostanziale, pertanto, è che

mentre la pubblicità online raggiunge direttamente un gruppo di soggetti noti i quali hanno già mostrato interesse per il prodotto/servizio pubblicizzato, le forme di advertising tradizionale devono sperare che innumerevoli e distinti fattori fuori dal diretto controllo del committente o dell’emittente combacino affinché si possa registrare un riscontro altrettanto proficuo. Inoltre, si deve considerare l’aspetto economico:  una campagna pubblicitaria di trenta secondi in televisione costa almeno 60.000€ in

prima serata e almeno 15.000€ in seconda serata sulla Rai®; su Mediaset®i costi si impennano ulteriormente (80.000€ circa); su La7®e Sky®i costi si ridimensionano parecchio ma non ancora a sufficienza (rispettivamente 33.000€ e 13.000€)10;  a livello radiofonico, nonostante i costi si riducano notevolmente (anche se bisogna

considerare l’ampiezza del messaggio, la radio emittente, i costi di registrazione, di copyright, del dj che eventualmente esegue lo spot in diretta, il piano pubblicitario concordato e la sua durata, le fasce orarie stabilite per l’emissione) (Aliacom), permangono le medesime problematiche legate allo strumento TV già citate sopra;  la pubblicità online, invece, prevede diversi modelli di costo/pagamento. I più diffusi

sono il CPC (o Costo Per Clic, da pagare per ogni clic ricevuto), il CPM (o Costo Per Mille, ovvero un prezzo fisso ogni mille visualizzazioni del banner o dell’annuncio pubblicitario), il CPA (o Costo Per Acquisizione, da pagare quando l’utente compie una determinata azione sul sito o sull’annuncio, anche per questo detto “modello a performance”) il CPG (o Costo per Guest, previsto per ogni nuovo visitatore acquisito tramite l’annuncio) e il CPV (o Costo per Visualizzazione, previsto per ogni nuova visita del sito); ognuno di questi modelli oltre ad avere un costo davvero basso (nell’ordine di centesimi di euro) verranno pagati solo per l’effettivo interesse mostrato dal pubblico verso l’annuncio pubblicitario stesso. Per comprendere appieno il modus operandi di questo Gruppo, si pensi che in media, per raggiungere circa 100.000 utenti profilati attraverso una campagna DEM, facendo anche riferimento alla tipologia di committente ed al suo range di spesa massimo, il prezzo medio praticato si assesta tra i 5.000€ ed i 9.000€, magari tenendo conto di eventuali maggiorazioni previste a seconda del modello di pagamento concordato.

Negli ultimi anni anche l’advertising online ha subito un processo evolutivo consistente, tant’è che le novità non riguardano strettamente lo strumento Adwords, quanto piuttosto i nuovi AD Manager che si stanno presentando sulla piazza; nasce il sistema del Real Time Bidding (Chakraborty, et al., 2010; Li, et al., 1985; Yuan, et al., 2013) il quale permette di “targhetizzare” le proprie campagne su un sistema di tipo cross platform. In altre parole, questi nuovi AD Manager aggregano vari sistemi di Advertising Online (fra cui Google AdWords®) e dirigono le campagne direttamente dal loro gestionale con un sistema di pricing basato su aste in tempo reale costruite su speciali piattaforme telematiche e finalizzate all’acquisto degli spazi pubblicitari (impressions) invenduti che si rendono via via disponibili. Il vantaggio dovrebbe essere quello di ottimizzare i costi sia per il publisher (ovvero l’editore) che per l’advertiser (ovvero l’inserzionista), garantendo al tempo stesso una forma di targeting estremamente mirata. I principali strumenti ad oggi disponibili sono, a mero titolo esemplificativo, Adroll, Triggit, Perfect Audience, Criteo e Retargeter, ed ognuno presenta peculiarità specifiche rispetto agli altri. Il real time bidding in Italia vale oggi il 3% del mercato dell’advertising digitale, ma si stima che, investendo in scelte innovative, il valore possa crescere in maniera costante in pochi anni, raggiungendo i livelli degli Stati Uniti dove rappresenta circa il 30% del mercato. Questa spinta evolutiva potrebbe allontanare gli attuali clienti delle società di advertising online: infatti, non solo il sistema del RTB è molto conveniente ma soprattutto si deve considerare che un eventuale partecipante all’asta particolarmente più facoltoso degli altri potrebbe acquistare a prezzi davvero irrisori la maggior parte delle impressions invendute nel sistema e decidere di utilizzarle sui siti e sui motori di ricerca più quotati. Così facendo renderebbe davvero oneroso per le altre società farsi pubblicità sulla Rete anche utilizzando i canali online tradizionali (di cui banner, e-mail e newsletter sono gli strumenti principali) ed alle medesime condizioni finora praticate.

Documenti correlati