6 Analisi dei dati e risultati
6.2 Analisi e interpretazione di alcuni casi significativi
Nelle pagine seguenti verranno evidenziati ed analizzati alcuni casi. L’intento è duplice: da un lato presentare evoluzioni emblematiche relative ad uno o più indicatori; dall’altro documentare fenomeni didattici particolarmente interessanti.
Il cambiamento di funzione del disegno: il caso di Siro
La maggioranza dei bambini ha rappresentato graficamente la propria casa all’interno del primo disegno. Tranne un allievo che ha fin da subito raffigurato la propria abitazione in maniera differente.
Figura 10 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Siro)
Nel primo disegno Siro, per indicare la presenza della propria abitazione, ha rappresentato unicamente il piazzale di casa e altri elementi significativi che si trovano nelle immediate vicinanze (ad esempio, la rete, il cancello, la siepe ed il tombino). Nel secondo e nel terzo invece questi punti di riferimento scompaiono venendo sostituiti dalle seguenti scritte “CASA SIMO” e “CASA”. Coerentemente con le ricerche presentate nel quadro teorico (rif 1.4) mi aspettavo che gli alunni avrebbero riprodotto in modo preciso e puntiglioso la propria casa, soprattutto nel primo disegno, perché l’abitazione richiama aspetti legati alla sfera emotivo-affettiva. Invece, contrariamente alle mie previsioni e in controtendenza con il resto della classe Siro ha impiegato un modus operandi diverso per indicare la presenza della propria abitazione senza mai disegnarla effettivamente.
Fin da subito il suo disegno è risultato molto più vicino al concetto di mappa (rif. 1.5 e 1.3) mostrando infatti di rispettare le relazioni topologiche e di tener in considerazione la metrica vigente tra gli elementi in gioco. Forse tale aspetto e l’intento soggiacente hanno portato Siro a
scegliere di non raffigurare la propria casa attraverso il classico stereotipo ma semplicemente rievocando la propria abitazione attraverso altri elementi e in seguito tramite la scrittura.
L’incremento dei landmarks e l’utilizzo di parole all’interno del disegno: il caso di Arianna
In relazione alla prima categoria di indicatori (rif. 5.2.1), un caso che ritengo paradigmatico dell’evoluzione di molti allievi della classe è quello di Arianna.
Figura 11 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Arianna)
Osservando le prime due rappresentazioni grafiche possiamo notare che l’allieva nella prima non inserisce alcun punto di riferimento interno al percorso mentre nella seconda introduce alcune case che stanno ad indicare la frazione di Campora che essa incontra lungo il tragitto. Esaminando l’ultimo disegno si può rilevare un notevole incremento del numero di punti di riferimento, in quanto l’alunna inserisce ben 17 landmarks.
A mio parere, il lavoro sul plastico, ha influito molto e ha determinato questo miglioramento. Come già approfondito nel quadro teorico (rif. 1.6), l’esperienza concreta su questo manufatto ha probabilmente permesso ad Arianna di decentrarsi, passando da uno sguardo interno ad uno esterno, riuscendo così a considerare il proprio percorso da un punto di vista differente. La bambina è quindi riuscita a cogliere con più facilità le relazioni spaziali tra i vari punti di riferimento rendendo così le proprie rappresentazioni in uscita più complete, ricche di dettagli e organizzate.
Il terzo disegno di Arianna è significativo anche per un altro aspetto. Come molti altri allievi, essa sceglie di accostare delle parole ai diversi elementi raffigurati.
Una possibile interpretazione è che Arianna, rendendosi conto di non riuscire a caratterizzare fedelmente gli elementi della realtà, abbia deciso di impiegare un altro mezzo di comunicazione in suo possesso per descrivere meglio il suo disegno. La caratteristica particolare di questa rappresentazione nascerebbe quindi dalla consapevolezza dell’alunna e dall’esigenza di rendere più
semplice la lettura del disegno agli occhi di terzi. Non è inoltre da escludere che l’allieva abbia voluto dimostrare che il lavoro svolto nell’arco di questi due mesi abbia lasciato in lei un segno. La rappresentazione grafica sembra quindi assumere progressivamente una funzione sempre più rappresentativa e meno narrativa. Come nel caso di Siro in cui le parole assumono il ruolo di simbolo e l’abitazione non viene raffigurata ma descritta e localizzata attraverso la parola “casa”.
I riferimenti “fissi” e “mobili” e la componente emotiva: il caso di Lea ed Edo
In relazione alla prima categoria di indicatori (rif. 5.2.1), ritengo interessante riportare due casi che implicano un’interpretazione e analisi differente sull’impiego di riferimenti “mobili” nel disegno.
Figura 12 - 3° disegno (il caso di Lea)
Come possiamo ben vedere nella Figura 12, Lea ha rappresentato nella parte superiore del foglio un uccello. In seguito, durante il momento dedicato all’intervista, ho chiesto esplicitamente alla bambina il motivo per cui avesse deciso di disegnare questo elemento e lei mi ha risposto “Perché
era un po’ vuoto qui” (indicando con il dito lo spazio superiore del foglio). Credo sia molto
interessante quanto esposto dalla bambina perché dimostra la necessità di dover inserire degli elementi aggiuntivi per colmare lo spazio vuoto del disegno.
Quindi si può affermare che inizialmente non tutti gli elementi raffigurati nelle rappresentazioni grafiche dei bambini sono dei punti di riferimento.
Figura 13 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Edo)
Edo rappresenta nel primo e nel terzo disegno (Figura 13), una mucca che sta ad indicare la mandria che solitamente pascola nel campo che incontra lungo il percorso casa-scuola. Durante l’uscita di studio, avvenuta nella frazione in cui abita l’alunno, quest’ultimo indicando il terreno con le mucche ha raccontato, a me e al resto del gruppo, che fin da quando era piccino si recava con il nonno in quel luogo.
In seguito a questo momento di narrazione e condivisione, posso ipotizzare che per questo bambino la mucca disegnata assuma non solo una connotazione emotivo-affettiva di grande rilievo ma rappresenti anche un punto di riferimento “mobile”. La docente stessa ha rafforzato questa mia idea raccontandomi che Edo ha un legame molto forte con il proprio nonno. Da qui la possibile conferma che gli elementi collegati alla componente emotivo-affettiva influenzino le rappresentazioni grafiche di alcuni allievi nelle quali vi sono inseriti dei punti di riferimento legati alle esperienze e ai ricordi personali. Se così fosse c’è da chiedersi perché allora nel secondo disegno l’allievo decida di raffigurare il campo della mucca vuoto (Figura 13).
Un’ipotesi interpretativa che è possibile avanzare è che, con la classe, durante le uscite di studio, si è discusso molto sulla differenza che vi è tra punti di riferimento “fissi” e “mobili”. Da ciò potrebbe
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quindi essere scaturita la decisione del bambino di non raffigurare l’animale, pur riconoscendo invece il ruolo di punto di riferimento al campo in questione.
L’evoluzione degli elementi nel disegno e l’ambito topologico: il caso di Mia e Giulio
In relazione alla seconda categoria di indicatori (rif. 5.2.1), un caso che ritengo dimostrativo dell’evoluzione di molti allievi della classe è quello di Mia.
Figura 14 - 2°; 3° disegno (il caso di Mia)
Nella seconda rappresentazione grafica (Figura 14) la bambina disegna il percorso e nello spazio rimanente del foglio raffigura, senza rispettare alcun ordine, i punti di riferimento che incontra lungo il tragitto. Durante l’intervista, Mia mi ha raccontato “(…) Poi qui ho fatto la cappelletta, poi
qui c’è il cartello con scritto Gorla e qui quello dello ScuolaBus”. In seguito ho chiesto alla
studentessa come mai avesse disegnato in quel punto i vari elementi e lei mi ha risposto “Perché
non so dove sono qui.” (indicando con il dito il percorso casa-scuola).
Osservando la terza rappresentazione grafica (Figura 14) notiamo un cambiamento significativo. Mia ha collocato i landmarks lungo l’intero percorso rispettando le relazioni topologiche esistenti tra gli elementi. Il disegno ha inoltre assunto una forma molto simile al concetto di mappa (rif. 1.5 e 1.3) in cui il percorso casa-scuola prende la forma di una figurazione vista dall’alto.
Si può quindi considerare che nel passaggio dal secondo al terzo disegno, vi è stato un notevole miglioramento delle competenze dell’allieva in ambito topologico.
Una possibile ipotesi interpretativa che giustifica tale evoluzione può essere collegata al lavoro svolto sul plastico. Come già approfondito nel quadro teorico (rif. 1.6), probabilmente questa esperienza sul manufatto ha permesso all’allieva di osservare il proprio percorso da differenti punti di vista grazie ai quali è riuscita a passare con più facilità dal 3D reale al 2D.
L’evoluzione riscontrata nel caso di Mia è comune ad alcuni degli allievi della classe: nei primi disegni molti dei landmarks compaiono senza mantenere l’ordine con cui compaiono nel tragitto; poi, successivamente, grazie al lavoro sul plastico, invece, essi sono raffigurati rispettando le relazioni topologiche ma anche, con buona approssimazione, quelle metriche. Solo Giulio non evidenzia questa evoluzione. Per questo motivo, scelgo di presentarlo brevemente.
Figura 15 - 3° disegno (il caso di Giulio)
Nel primo e nel secondo disegno il bambino non inserisce alcun punto di riferimento interno al percorso. Come possiamo osservare nell’ultima riproduzione (Figura 15), invece, l’alunno raffigura 9 landmarks che però non colloca lungo il tragitto bensì sparsi nel foglio e senza rispettare l’ordine di sequenza.
Nel corso di questi due mesi ho potuto osservare il comportamento e l’evoluzione delle capacità di Giulio. Durante i momenti dedicati al lavoro sul plastico il bambino ha riscontrato diverse difficoltà legate all’orientamento spaziale. Risultava per lui molto faticoso riuscire ad indentificare le varie zone o le frazioni del comune, a comprendere le strade e conseguentemente a disporre correttamente i punti di riferimento sul manufatto. Mi è parso inoltre che in alcuni casi, durante le discussioni collettive, si lasciasse trasportare dalle ipotesi e dalle idee dei compagni senza effettivamente comprenderle davvero a fondo.
Credo che tali complicazioni si riscontrino e si possano osservare nell’ultimo disegno svolto dall’alunno.
Il caso di Giulio evidenzia quanto sia comunque complessa la concettualizzazione dello spazio. Come già sottolineato nel quadro teorico, coordinare più punti di vista, decentrarsi, sapersi orientare e localizzare persone e oggetti, stabilendo adeguate relazioni topologiche e metriche non è una conquista facile e richiede tempo e attività mirate.
L’impiego di più di un foglio A3: il caso di Claudia
In relazione alla terza categoria di indicatori (rif. 5.2.1), un caso che ritengo interessante approfondire è quello di Claudia. Esso infatti mostra in maniera paradigmatica la difficoltà, non solo tecnica, ma anche concettuale, a cui sono stati confrontati gli allievi, nel compito di dover raffigurare, riducendo su un supporto bidimensionale, un percorso che nella realtà appariva loro molto più vasto.
Figura 16 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Claudia)
Claudia, nella prima e nella seconda rappresentazione grafica (Figura 16), riproduce il percorso casa-scuola utilizzando più di un foglio A3 e disegnando una strada molto più ampia di quella dei suoi compagni.
Una possibile interpretazione sull’impiego di più fogli A3 può essere quella che, per la bambina risulti ancora complesso gestire lo spazio del foglio e operare una adeguata trasposizione sul foglio di relazioni spaziali (topologiche e metriche).
Si può però osservare un’importante evoluzione, esaminando e mettendo a confronto i primi due disegni con il terzo in uscita. In quest’ultimo, il percorso casa-scuola appare completamente modificato. Si nota infatti che la bambina, nel terzo disegno, riesce ad organizzare meglio lo spazio del foglio e a rimpicciolire in modo proporzionato il percorso nonostante sia inserito un numero maggiore di punti di riferimento. Esso appare anche più strutturato e organizzato, oltre che più ricco di dettagli.
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Un’ipotesi interpretativa concernente quest’evoluzione paradigmatica può essere legata al lavoro svolto sul plastico che ha permesso a Claudia di osservare il tragitto da una prospettiva diversa riuscendo così a riprodurre la realtà attraverso un modello in scala. L’iniziale difficoltà a ridurre in maniera proporzionata il 3D reale nel 2D, può essere quindi stata, almeno in parte superata, grazie alla fase intermedia nel 3D ridotto del plastico.