• Non ci sono risultati.

Le rappresentazioni grafiche sul percorso casa-scuola nei bambini di prima elementare

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Le rappresentazioni grafiche sul percorso casa-scuola nei bambini di prima elementare"

Copied!
135
0
0

Testo completo

(1)

LAVORO DI DIPLOMA DI

ALICE MESSINEO

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2014/2015

LE RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE

SUL PERCORSO CASA-SCUOLA

NEI BAMBINI DI PRIMA ELEMENTARE

RELATORI

(2)
(3)

Ringrazio tutti i bambini della scuola elementare di Castel San Pietro, i quali hanno reso possibile e unico questo lavoro di ricerca. Un grazie particolare alla maestra Vanessa Henauer, per avermi accolta nella sua classe e accompagnata lungo questo percorso.

Ringrazio le mie relatrici, Rossana Falcade e Silvia Sbaragli, per il sostegno e i preziosi consigli che mi sono stati d’aiuto in questo periodo impegnativo. Un grazie particolare a Rossana Falcade che mi ha incoraggiato nei momenti di sconforto.

Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine e che mi hanno supportata durante lo svolgimento della ricerca e la stesura del lavoro di tesi. Un grazie particolare alla mia cara amica, Linda Casagrande, per avermi aiutata nella creazione del plastico del comune di Castel san Pietro.

(4)
(5)

Sommario

Introduzione e premessa ... 1

1 Quadro teorico... 2

1.1 La concettualizzazione dello spazio nei processi di insegnamento-apprendimento ... 2

1.2 I percorsi ... 3

1.3 I punti di riferimento e il cognitive mapping ... 4

1.4 Il ruolo dell’affettività ... 7

1.5 Le rappresentazioni grafiche ... 7

1.6 Il plastico ... 9

2 Domande di ricerca e ipotesi ... 11

2.1 Domande di ricerca ... 11

2.2 Ipotesi di ricerca ... 11

3 Analisi di contesto ... 13

4 Il percorso sperimentale didattico ... 15

4.1 Sintesi del percorso ... 15

4.2 Metodologia di lavoro impiegata durante il percorso sperimentale didattico ... 18

5 Quadro metodologico ... 19

5.1 Metodologia di ricerca ... 19

5.2 Strumenti raccolta dati ... 20

5.2.1 Indicatori di analisi del disegno ... 21

6 Analisi dei dati e risultati ... 23

6.1 Raccolta e analisi dei dati – andamento globale della classe ... 23

6.2 Analisi e interpretazione di alcuni casi significativi ... 28

7 Bilancio conclusivo ... 36

7.1 Risposta alle domande di ricerca ... 36

(6)

8 Bibliografia ... 40

9 Allegati ... 42

9.1 Allegato 1 – verbale del 1° disegno ... 42

9.2 Allegato 2 – verbale del 2° disegno ... 50

9.3 Allegato 3 – verbale del 3° disegno ... 58

9.4 Allegato 4 – punti di riferimento emersi dall’osservazione del 1° disegno ... 68

9.5 Allegato 5 – punti di riferimento emersi dall’osservazione del 2° disegno ... 69

9.6 Allegato 6 – punti di riferimento emersi dall’osservazione del 3° disegno ... 70

9.7 Allegato 7 – punti di riferimento emersi nel corso delle uscite di studio ... 72

9.8 Allegato 8 – resoconto delle tre uscite di studio (centro paese, Corteglia, Gorla) ... 74

9.9 Allegato 9 – consegna per i bambini di Campora e Monte ... 78

9.10 Allegato 10 – esercizio svolto dai bambini di Campora e Monte ... 79

9.11 Allegato 11 – inserimento sul plastico dei punti di riferimento significativi... 79

9.12 Allegato 12 – inserimento sul plastico delle case e dei fili che rappresentano il percorso casa-scuola ... 80

(7)

Introduzione e premessa

Il mio lavoro di tesi è stato sviluppato all’interno del gruppo di progetto “La matematica a misura di bambino. Percorsi innovativi e motivanti in ambito matematico” e supportato dalle professoresse Rossana Falcade e Silvia Sbaragli.

L’interesse per questo argomento è scaturito l’anno scorso, in seguito ad una lezione di geografia, in cui ci è stato brevemente presentato il lavoro svolto da una docente di scuola elementare sul percorso casa-scuola. Sono rimasta meravigliata e molto incuriosita dalla tipologia di attività svolte e dal prodotto finale, una mappa 3D, interamente realizzata dai bambini della classe. Il progetto è stato svolto in una terza elementare in quanto si riallaccia al tema relativo “Il comune”. Il programma è stato sviluppato sull’arco dell’intero anno scolastico e ha riguardato specificatamente l’ambito geografico, ma a mio parere rientravano in gioco molti aspetti che coinvolgevano anche quello matematico.

Attraverso questo lavoro di tesi ho voluto, da un lato, sperimentare un approccio didattico che sollecitasse in maggior misura l’ambito topologico e metrico, al fine di raffinare e sviluppare ulteriormente le competenze in tali ambiti negli allievi, dall’altro osservare e analizzare come si trasformano le rappresentazioni grafiche degli allievi in seguito a tale approccio.

Sebbene il mio lavoro di ricerca sia puramente di natura qualitativa, mi auguro che i risultati che emergano siano utili, a me come a chiunque altro sia interessato ad approfondire il tema, per sviluppare delle interessanti riflessioni e per approfondire il genere di attività che si potrebbero proporre nelle classi.

(8)

1 Quadro teorico

Ho trovato congeniale individuare sei principali ambiti di riflessione che, intrecciandosi a vicenda, creano il supporto teorico che sta alla base del mio lavoro di ricerca e che giustificano molte delle scelte adottate per quanto concerne la sperimentazione didattica. Nei prossimi paragrafi ho quindi affrontato in particolare i seguenti temi: la concettualizzazione dello spazio nei processi di insegnamento-apprendimento, i percorsi, i punti di riferimento, il ruolo dell’affettività, le rappresentazioni grafiche e il plastico.

1.1 La concettualizzazione dello spazio nei processi di insegnamento-apprendimento

La geometria secondo Mariotti (2005) può venire considerata come modello dello spazio fisico, il quale è fortemente influenzato dalle esperienze vissute e dalle concettualizzazioni spontanee che emergono grazie a queste situazioni. Sempre secondo Mariotti (2005) il ragionamento spaziale è quindi inteso come l’insieme dei processi cognitivi sui quali i bambini costruiscono ed elaborano le proprie rappresentazioni di oggetti spaziali, di relazioni e di trasformazioni tra di essi. Questi aspetti vengono evidenziati anche da Aglì e Martini (1995): i bambini padroneggiano già a partire dalla scuola dell’infanzia delle buone capacità spaziali, che sono costruite seguendo percorsi molto personali, in relazione a molteplici fattori (gli spostamenti, le esplorazioni, il linguaggio, le rappresentazioni grafiche, ecc.).

Secondo J. e S. Sauvy (1974) la scoperta dello spazio non avviene in un momento preciso ma la si inizia fin da subito attraverso i primi gesti coordinati della nutrizione. Per quanto concerne la valutazione delle distanze, il bambino con un’età inferiore ai sei anni riesce a riconoscere quello che è lontano da quello che è vicino, ma non padroneggiando l’ambito metrico: la stima e la misura delle distanze risulta ancora faticosa. Lo spazio che viene riprodotto è ancora quindi solamente e puramente topologico “(…) i rapporti proiettivi (rette, sistemi di proiezioni) ed euclidei (metrici) sono presenti solo come un abbozzo imperfetto” (J. e S. Sauvy, 1974, p.25).

Bartolini Bussi (2008) sostiene che quando si creano delle situazioni di apprendimento basate sulla conoscenza spaziale è molto importante tenere conto di quattro fasi. La prima concerne l’ambito dell’esplorazione e viene quindi consigliato di stabilire una prima presa di contatto con il contesto in cui è situata la sperimentazione (ad esempio attraverso un’escursione guidata). Successivamente vi è la posizione del problema, ossia viene dichiarato da parte del docente o del ricercatore il quesito da risolvere. Segue poi il momento dedicato alla rappresentazione dell’esplorazione o dei

(9)

tentativi di soluzione al problema posto che può avvenire impiegando un qualsiasi linguaggio (ad esempio quello grafico, oppure verbale, …). Infine insieme alla classe si svolge una riflessione metacognitiva che ha come obiettivo la presa di coscienza da parte dei bambini di quello che si è appreso considerando le potenzialità (trasporre la strategia per risolvere altre situazioni) e i limiti (connessi ai mezzi rappresentativi).

1.2 I percorsi

Per riuscire a riprodurre graficamente il percorso casa-scuola, gli allievi adottano abilità differenti basate su concetti topologici, rapporti spaziali metrici e non.

Come rilevato da Aglì e Martini (1995) è significativo ideare e proporre attività legate ai percorsi alla scuola elementare. In tali attività occorre garantire agli studenti la possibilità di mettere in gioco le proprie capacità immaginative, provando a rappresentare e poi descrivere il percorso. Inoltre, da un punto di vista non solo metodologico ma anche didattico, sempre secondo Aglì e Martini (1995) è “(…) interessante rilevare e confrontare sia le osservazioni dei bambini sia i termini che usano prima e dopo aver effettuato l’esperienza” (1995, p.12). Solitamente, dopo, si nota “(…) una maggior puntualità nella descrizione del percorso, nell’indicazione della successione delle tappe e una maggiore proprietà dei termini spaziali e si sente l’impegno dei bambini nel ricercare termini più adatti e precisi” (1995, p.12).

Anche per Bartolini Bussi (2008) il percorso casa-scuola può rappresentare un esempio di buona situazione di insegnamento-apprendimento. È fondamentale però che insieme ai bambini vengano commentati, attraverso delle uscite di studio, i punti di riferimento e che insieme ad essi si stimino le distanze tra gli elementi evidenziati. A seguito di un lavoro di questo tipo si dovrebbero osservare dei cambiamenti evidenti in cui gli elementi non vengono più rappresentati solo in ordine sequenziale (come quelli prodotti dai bambini che si recano a scuola con l’autobus) ma in modo che tengano conto di una collocazione spaziale corretta.

Secondo Aglì e Martini (1995) nelle rappresentazioni grafiche degli allievi concernenti i percorsi appaiono, solitamente, nella giusta successione, gli elementi dell’ambiente che si sono osservati lungo il percorso. Ogni elemento raffigurato trova una sua collocazione nello spazio e il bambino per segnalarla la definisce rispetto ad altri oggetti. Lo studente si serve quindi di questa somma di punti di riferimento per individuarne la posizione costituendo così il sistema di riferimento.

Le difficoltà che emergono nel dover rappresentare il percorso secondo Bartolini Bussi (2008) sono di vario tipo e concernono “(…) l’identificazione dei punti di riferimento, la progettazione dello

(10)

schema del percorso, l’organizzazione dello spazio, le convenzioni sulle condotte da adottare in corrispondenza dei punti di riferimento” (p.170). Se invece ci soffermiamo in modo più esplicito sui problemi d’orientamento nel macrospazio, vediamo che “(...) l’unica strategia di orientamento che serve nel percorso è dirigersi da un punto di riferimento all’altro lungo una pista” (p.170).

1.3 I punti di riferimento e il cognitive mapping

Come viene evidenziato da Bartolini Bussi (2008) “In uno spazio esterno (microspazio o macrospazio), un sistema di riferimento è costituito da un luogo (oggetto) o un insieme di luoghi (oggetti) rispetto a cui le posizioni spaziali possono essere descritte. Questa definizione è molto vicina all’idea di sistema di riferimento in geometria” (p.128). Vi è però una fondamentale differenza tra lo spazio della geometria e lo spazio esterno. Infatti lo spazio della geometria “(…) è assoluto (cioè esiste indipendentemente dagli oggetti), omogeneo (cioè privo di punti privilegiati) e isotropo (cioè privo di direzioni privilegiate)” (p.128). Mentre lo spazio esterno “(…) così come viene percepito, è uno spazio fortemente determinato dagli oggetti che contiene, con punti di riferimento e oggetti privilegiati (ad esempio, il soggetto che osserva) e direzioni privilegiate (ad esempio, la verticale)” (p.128).

Anche Lovigi (2013) evidenzia come i punti di riferimento nello spazio esterno agito siano caratterizzati e definiti attraverso elementi concreti. Ognuno di questi elementi dell’ambiente è definito landmark e caratterizzato come ciò che “(…) per la sua valenza può essere utilizzato come punto di riferimento e cioè come luogo fisico di cui si conosce la posizione nello spazio, relativamente al corpo dell’osservatore e/o agli altri elementi dell’ambiente” (Lovigi, 2013, p.45). Per riuscire ad orientarsi in uno spazio fisico, l’individuo necessita principalmente di due strumenti orientativi: i landmarks e un sistema di riferimento che permette di collegare tali punti in un modo dotato di senso. Il sistema di riferimento secondo Lovigi (2013) può essere suddiviso in due categorie differenti: il sistema egocentrico e quello allocentrico. Il primo è centrato sulla persona che si muove nello spazio ed ha come peculiarità principale quella di dare maggior peso ai landmarks psicologici e funzionali perché fortemente connessi all’esperienza personale della persona. Il secondo invece è orientato sulla disposizione reciproca degli oggetti che si trovano nello spazio e sono indipendenti dal corpo che si muove.

La concettualizzazione dello spazio nell’individuo, dalla percezione dell’ambiente attraverso l’identificazione di landmarks e l’attivazione di sistemi di riferimento diversi fino a quello della geometria, è dunque un processo complesso.

(11)

Per meglio comprendere questo processo diversi autori (Axia, Siegel, White, Downs, Stea) propongono il concetto di “cognitive mapping”. Con questa espressione ci si riferisce alla capacità da parte del soggetto “(…) di organizzare le informazioni spaziali e ambientali in un sistema simbolico sotto forma di mappa, nel quale vengono mantenute tutte le relazioni spaziali reciproche tra gli elementi. La capacità di orientamento invece concerne l’abilità di usufruire di queste informazioni” (Lovigi, 2013, p.45).

Anche secondo Bartolini Bussi (2008) la mappa cognitiva è il “(…) processo prodotto di una serie di trasformazioni psicologiche attraverso le quali un soggetto acquisisce, codifica, archivia, ricorda, decodifica informazioni sulle posizioni relative e sugli attributi dei fenomeni nel suo ambiente spaziale quotidiano” (p.133). Le mappe cognitive dei bambini, secondo Downs e Stea citato da Bartolini Bussi (2008), si presentano incomplete (non comprendono tutte le informazioni spaziali), distorte (lo spazio viene rappresentato in modo soggettivo), schematizzate (vengono introdotti simboli o stereotipi) e aumentate (vengono inseriti nelle zone vuote particolari dettati dalla fantasia).

A partire da questo costrutto di cognitive mapping, Siegel e White (citato da Lovigi, 2013), presentano un modello evolutivo del processo di formazione della conoscenza spaziale nei bambini. Tale modello prende spunto dalla teoria dello sviluppo identificata da Piaget1 e coglie cinque stadi evolutivi ordinati secondo una struttura gerarchica.

Il primo stadio di sviluppo è caratterizzato dal ricordo di alcuni punti di riferimento, detti anche landmarks, per le loro connotazioni percettive, senso-motorie o affettive. Non vi è ancora nessuna attenzione sulla funzionalità orientativa che questi elementi possono creare. Gli oggetti quindi non hanno alcuna relazione tra di essi perché non viene ancora adoperato un sistema di riferimento. Si può quindi dedurre che il bambino in questo stadio può usufruire unicamente della nozione di spazio topologico.

Il secondo stadio è contraddistinto dalla capacità del bambino di adottare più punti di riferimento per pianificare dei percorsi nell’ambiente. Pur essendo i bambini capaci di mobilitare più sistemi di riferimento (Donaldson, 2010) quello maggiormente impiegato risulta essere di tipo egocentrico,

1

Piaget fu tra i primi a studiare lo sviluppo delle nozioni spaziali (ordine topologico, prospettiva, sistemi di riferimento, orientamento, mappa e percorso) e a collocare quest’evoluzione all’interno di una teoria organica sullo sviluppo cognitivo del soggetto.

(12)

collegato alla possibilità di movimento del soggetto. Ogni landmark è in stretta connessione con il suo antecessore e il suo successore, in base all’ordine in cui si incontra nel percorso.

Il terzo stadio viene concepito come una fase di passaggio, infatti l’aspetto egocentrico si rafforza e la strutturazione grafica dell’ambiente comincia a organizzarsi sotto forma di mappa, anche se l’area considerata è ancora molto limitata (comprenderà la propria casa e lo spazio circostante). Nel quarto stadio si possono osservare i primi tentativi da parte del fanciullo di impiegare un sistema di riferimento di tipo obiettivo, in cui i vari elementi iniziano ad essere posti correttamente in relazione con gli altri. “Spazio proiettivo ed euclideo vengono così interconnessi: i bambini non solo sanno dislocare correttamente gli elementi ambientali, gli uni in relazione agli altri in base al punto di vista dell’osservatore (spazio proiettivo), ma riescono anche ad organizzarne la loro posizione reciproca in base a determinate coordinate obiettive (spazio euclideo)” (Lovigi, 2013, p.44). La mappa che ne consegue avrà una conformazione detta anche “a isole” e il bambino riuscirà ad impiegare questo sistema di riferimento in base a dei gruppi di oggetti spazialmente vicini, ma non ancora per l’intero ambiente di cui ha esperienza perché alcune zone (dette neutre) rimangono ancora invisibili agli occhi di quest’ultimo.

L’ultimo stadio permette di organizzare dei percorsi, che prendono la forma di una mappa vista dall’alto, all’interno di un sistema di riferimento allocentrico che mantiene i rapporti spaziali esistenti tra i vari elementi caratterizzanti l’ambiente preso in analisi.

Sempre secondo Lovigi (2013) il modello di cognitive mapping è strettamente legato all’evoluzione della capacità di orientamento e al tipo di sistema di riferimento impiegato, piuttosto che all’età dell’individuo. La sua mappa mentale è in continua evoluzione e si perfeziona attraverso “(…) un procedimento cognitivo in cui la mente costruisce e utilizza sistemi di riferimento più o meno complessi, per collegare i punti nello spazio” (Axia, 1986, citato da Lovigi, 2013, p.62).

Aglì e Martini (1995) sostengono che i bambini, almeno lungo i percorsi abituali, individuano dei punti di riferimento, come ad esempio: il marciapiede, il semaforo, la rotonda, il distributore, il giardino, oppure un determinato negozio. Tuttavia non riescono ad adoperarli perché non sono consapevoli della loro funzionalità. Al contrario sono solitamente molto coscienti di quale sia il punto di partenza e quello di arrivo. Infatti è emerso che la grande maggioranza dei bambini rammenta “(…) con precisione il punto di arrivo; molti ricordano il punto di partenza; pochi ciò che hanno visto lungo il percorso; quasi nessuno dimostra di aver notato quegli elementi dell’ambiente che possono svolgere la funzione di punti di riferimento, a meno che non vengano esplicitamente sollecitati a farlo” (p.10).

(13)

1.4 Il ruolo dell’affettività

Come viene riportato da Lovigi (2013) “(…) il prodotto del processo conoscitivo e dell’attività costruttiva della mente, che segue un processo di generalizzazione e di successiva discriminazione” (p.38) è alla base della conoscenza ambientale che viene strutturata in schemi ambientali. Uno dei fattori che concorre a costituire lo schema ambientale riguarda la componente emotivo-affettiva, la quale risulta fortemente soggettiva e influenzata dallo stato d’animo, dalle esperienze e dai ricordi personali del bambino. Inoltre come sottolinea Lovigi (2013) la mental map differisce molto dalle classiche cartine topografiche, ambedue hanno come fine ultimo di riprodurre la realtà e aiutare nell’orientamento, ma la prima discorda dalla seconda perché ha una forte connotazione soggettiva.

1.5 Le rappresentazioni grafiche

Come viene evidenziato da Mariotti (2005) il disegno gioca un ruolo importante nello sviluppo del pensiero geometrico perché offre la possibilità di modellizzare la realtà tramite l’osservazione diretta di un fenomeno o di un’esperienza.

Bosman, Lazzeri, Legitimo e Violino (1987) sostengono inoltre che il lavoro sulle rappresentazioni grafiche in pianta di un ambiente tridimensionale siano molto utili da proporre, perché fondate su concetti geometrici quali: le posizioni e le distanze che fanno parte del sistema di coordinate, i parallelismi e la perpendicolarità che riguardano l’orientamento, le relazioni tra le misure, i rapporti e le proporzioni che concerno i cambiamenti di scala.

La rappresentazione grafica secondo Aglì e Martini è una potente strategia di conoscenza. “Imparare a descrivere con le parole e con il disegno un percorso, un ambiente, uno spazio circoscritto, cominciando con il parlarne, è probabilmente la prima tappa di un percorso di conoscenza che parte dall’esperienza diretta per arrivare alla rappresentazione simbolica e al pensiero astratto” (1995, p.45).

Altre ricerche dimostrano infatti che il ruolo funzionale del disegno è un mezzo per sviluppare ulteriori capacità. Infatti come evidenzia Stetsenko (1995) la padronanza che il bambino ha nel disegnare è un passo importante nello sviluppo della competenza simbolica, ossia “(…) l’abilità a rappresentare simbolicamente il mondo in modi decontestualizzati” (p. 26). Il bambino quindi, attraverso questa nuova scoperta, accede agli sviluppi successivi del pensiero astratto, dell’immaginazione e del ragionamento logico, riuscendo quindi a “(…) compiere un insieme molto più vasto di operazioni all’interno di un sistema di simboli” (p. 26).

(14)

La teoria elaborata da G. H. Luquet (1927) sostiene che il bambino verso i 5 anni tende a disegnare ciò che conosce delle cose e non ciò che effettivamente vede. Questo porta il bambino a disegnare particolari non percepibili da un determinato punto di vista ma che egli ritiene essenziali e tralasciare elementi visibili che egli considera poco importanti. In questa fase si presenta l'uso simultaneo di più punti di vista che attesta la capacità dell’alunno di utilizzare al meglio le potenzialità e le caratteristiche del medium bidimensionale. Il bambino arriva al concetto che l'adulto ha del realismo visivo verso gli 8-9 anni perché, rendendosi conto delle contraddizioni interne, contenute nei suoi disegni, cerca di eliminarle. Le rappresentazioni grafiche cominciano a riprodurre solo ciò che si vede mentre gli oggetti vengono dislocati nello spazio secondo un piano d'insieme che tiene conto delle loro proporzioni metriche e delle leggi prospettiche.

Il disegno può quindi presentare degli svantaggi dovuti alle limitate competenze grafiche che possiedono i bambini e che possono rendere poco evidente e chiaro quello che essi volevano rappresentare. Per questo Aglì e Martini (1995) ritengono fondamentale, in seguito al momento dedicato al disegno, dar voce ai bambini al fine di riuscire ad interpretare meglio ciò che essi hanno rappresentato. Inoltre, secondo Mariotti (2005), il bambino riesce mentalmente a immaginarsi il percorso tenendo conto di diversi fattori. Al contrario quando deve rappresentare la situazione attraverso il disegno, emergono diverse difficoltà, tra cui la complessità di dover tenere conto di tutti gli elementi che entrano in gioco. Sorge inoltre un ulteriore problema legato al disegno che riguarda la coerenza, infatti i bambini potrebbero riscontrare delle problematiche “(…) nel riportare coerentemente sul disegno le relazioni tra i diversi elementi in gioco” (Mariotti, 2005, p.89). Non da ultimo Bosman, et al. (1987) evidenziano come il rappresentare in pianta, crei delle difficoltà non irrilevanti per quanto concerne l’aspetto cognitivo legato all’astrazione “(…) da tutta una serie di elementi, al passaggio da tre a due dimensioni, alla rappresentazione non visuale e alla proiettività” (p.31). Infine in un lavoro di ricerca svolto da J. e S. Sauvy (1974) viene evidenziato come i bambini intorno ai sei anni non riescano ancora a rispettare le dimensioni e a orientare il proprio schema secondo i punti cardinali; vengono invece conservati l’ordine e le reciproche posizioni delle linee e dei punti. La mappa compare quindi come un mezzo in cui vengono sintetizzate delle informazioni di carattere topologico. In seguito a questa osservazione essi deducono che la realizzazione delle rappresentazioni grafiche dei bambini si avvicini molto a quella degli schemi. Secondo quanto emerge da un’osservazione di Bosman et al. (1987) si ipotizza che il bambino potrebbe raffigurare il percorso dall’alto, perché è così che si potrà comprenderne meglio la forma, anche se in realtà egli non ha mai visto la strada secondo questa prospettiva ma l’ha compresa perché l’ha percorsa e vissuta da più punti di vista. I punti di riferimento individuati non saranno

(15)

disegnati dall’alto perché sarebbe difficile comprendere cosa siano, per tanto saranno probabilmente raffigurati sdraiati. Gli elementi inoltre potrebbero non venire disegnati rispettando le giuste proporzioni rispetto al percorso perché altrimenti alcuni potrebbero risultare molto piccoli e poco chiari agli occhi del bambino. In seguito ad una prima lettura risulteranno una successione di errori di interpretazione, infatti “ (…) in questa prima fase il disegno non è mai abbastanza fedele, non perché non è fotografico, ma perché chi l’ha fatto non è riuscito a decentrarsi evitando di dare per scontato ciò che per lui è scontato, né immaginando che un certo segno possa essere interpretato con un significato diverso da quello che egli gli ha attribuito” (Bosman, Lazzeri, Legitimo e Violino, 1987, p.12).

1.6 Il plastico

Aglì e Martini (1995) fanno notare come il plastico diventi una sorta di mappa 3D che permette agli studenti di sperimentare alcune relazioni spaziali, che possono essere osservate da differenti punti di vista. Il plastico in formato ridotto è la base, sempre secondo Aglì e Martini (1995), sulla quale si possono costruire nuove ed interessanti esperienze, consolidare conoscenze e competenze, ed elaborare nuove scoperte. Il plastico permette quindi al bambino di rivivere esperienze motorie e percettive in una dimensione differente e con un coinvolgimento diverso. Il manufatto viene impiegato come modello ridotto della realtà sul quale i bambini compiono manipolazioni, ed osservazioni sulle posizioni e relazioni tra i diversi punti di riferimento presenti su di esso. Questo strumento diventa un tramite che offre la possibilità di concettualizzare lo spazio in scala reale. I percorsi presenti sul plastico sono fortemente collegati con la vita quotidiana di ogni singolo bambino, sono realizzati in un ambiente 3D ma di dimensione ridotta perciò più facilmente gestibile e favoriscono il passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità. “Si nota questo processo di ristrutturazione della visione spaziale anche quando si analizzano le loro prestazioni grafiche che si presentano molto più ricche e complete quando vengono prodotte dopo un’esperienza di costruzione di una mappa 3D” (Aglì e Martini, 1995, p.52).

Durante la fase di collocazione sul plastico dei vari punti di riferimento può emergere un problema concernente la distribuzione di questi elementi. I bambini allora, secondo Aglì e Martini (1995), possono comprendere l’importanza che vi è nel dover rispettare la coerenza, la successione, la posizione tra i vari elementi da disporre. Secondo Bosman, Lazzeri, Legitimo e Violino, (1987) gli allievi, sistemando i vari punti di riferimento sul plastico, potrebbero rendersi conto che le due categorie di elementi, ossia i landmarks e il manufatto “ (…) non vanno d’accordo, cioè prendono

(16)

coscienza che la forma e le dimensioni (…) non possono essere scelte a caso per riprodurre una data disposizione di oggetti in un ambiente” (p.31).

Come viene evidenziato anche da Sbaragli (2003) il plastico è uno strumento che permette di sviluppare svariate capacità, ossia la localizzazione e organizzazione spaziale, l’orientamento, la progettazione e l’invenzione, la padronanza di sistemi di rappresentazione, il riconoscimento e la descrizione di alcune delle principali relazioni spaziali (sopra/sotto, davanti/dietro, destra/sinistra, vicino/lontano, …) non da ultimo questo genere di attività permettono di avviare un primo approccio riguardante la misura. Inoltre operando secondo questa metodologia, si potranno osservare rilevanti cambiamenti nelle realizzazioni grafiche dei bambini “ (…) le quali saranno più verosimili rispetto a quelle realizzate senza la mediazione del plastico” (Sbaragli, 2003, p. 76).

(17)

2 Domande di ricerca e ipotesi

2.1 Domande di ricerca

Le letture e gli approfondimenti teorici mi hanno portato a precisare alcune domande di ricerca alle quali ho cercato di dare risposta all’interno di questo documento.

1. Quali sono le rappresentazioni grafiche relative al percorso casa-scuola in bambini di prima elementare?

2. Come si caratterizzano le rappresentazioni grafiche relative al percorso casa-scuola in bambini di prima elementare?

3. Come si modificano le rappresentazioni grafiche sul percorso casa-scuola, nei bambini di prima elementare, grazie ad un percorso didattico sperimentale mirato?

2.2 Ipotesi di ricerca

Ho organizzato le mie ipotesi di ricerca secondo due criteri: “risultati attesi relativi alla ricerca” e “risultati attesi relativi al percorso sperimentale didattico”. Essi possono essere riassunti sinteticamente nella maniera seguente:

Risultati attesi relativi alla ricerca

1. Le rappresentazioni grafiche iniziali contengono pochi punti di riferimento interni al percorso, sono meno organizzate, hanno una forte connotazione soggettiva e si basano molto sulla componente emotivo-affettiva.

2. Le rappresentazioni grafiche iniziali non conservano una certa proporzione metrica tra gli elementi in gioco e mantengono relativamente in considerazione le caratteristiche topologiche.

3. Le rappresentazoni grafiche in uscita sono più ricche di dettagli, meglio strutturate e soprattutto con un numero maggiore di punti di riferimento interni al percorso, che risultano inseriti rispettando l’ordine sequenziale con cui si incontrano.

Le caratteristiche topologiche sono maggiormente rispettate tenendo in considerazione l’ordine di sequenza, mentre le proporzioni metriche tra gli elementi risultano migliorate e raffinate. Anche la gestione dello spazio sul foglio e la capacità di orientamento spaziale sono perfezionate.

(18)

Le uscite di studio e il lavoro sul plastico previsti nel percorso sperimentale didattico condizionano e modificano le rappresentazioni grafiche dei bambini; l’evoluzione delle rappresentazioni resta tuttavia graduale.

Risultati attesi relativi al percorso sperimentale didattico

A livello applicativo prevedo che durante le uscite di studio previste, i bambini riescano ad osservare l’ambiente circostante, individuando i punti di riferimento importanti che incontrano lungo il tragitto. Mentre attraverso il lavoro sul plastico previsto mi aspetto che gli studenti riescano a sviluppare una buona capacità di orientamento spaziale, che sarà loro utile nell’identificazione delle varie frazioni del comune, nel riconoscimento del proprio percorso casa-scuola e nell’inserimento della propria abitazione e dei punti di riferimento che si incontrano lungo la strada. Inoltre presumo che durante i momenti di discussione collettiva, i bambini che hanno compreso alcuni aspetti intervengano per spiegare e aiutare i compagni in difficoltà.

(19)

3 Analisi di contesto

Per riuscire a rispondere alle mie domande di ricerca ho svolto gli interventi in una classe di prima elementare con sede a Castel San Pietro. Il gruppo era composto da 16 bambini, di cui 6 maschi e 10 femmine. Tutti gli allievi parlavano e comprendevano correttamente l’italiano. Essi erano ben integrati all’interno della classe e il gruppo risultava molto coeso, nonostante provenisse da due sezioni differenti di scuola dell’infanzia. Gli allievi partecipavano con molto interesse ed entusiasmo, accettando sempre volentieri i progetti e le attività che venivano loro proposti.

La classe aveva l’abitudine di lavorare impiegando metodologie didattiche differenti. Infatti la docente titolare aveva l’abitudine di alternare, nel corso della giornata, momenti in cui si lavorava a grande gruppo, ad altri in cui si operava a piccoli gruppi o in modo individuale.

Prima del lavoro di ricerca in questione, i bambini non avevano trattato alcun tema in ambito geometrico e spaziale. Questo permette di supporre che la ricerca abbia potuto effettivamente interessarsi all’evoluzione delle loro concezioni spontanee.

Figura 1 – Il comune di Castel San Pietro

Oltre alle caratteristiche generali della classe, per comprendere meglio il progetto svolto durante il lavoro di tesi, è importante presentare alcune caratteristiche salienti del territorio e del comune.

(20)

Il comune di Castel San Pietro ha incluso, dal 4 aprile 2004, le frazioni di Campora, Monte e Casima. Ora la sua superficie territoriale comprende l’intera costa destra della Valle di Muggio. Il paese dista pochi chilometri dai maggiori centri urbani di Mendrisio e Chiasso, e la sua zona abitativa è composta, oltre che dai sopraindicati nuclei, dalle frazioni di Corteglia, Gorla, Obino, Benascetta, Fontana, Loverciano e Ponte.

Il paese è prevalentemente immerso nel verde con boschi e zone agricole, per la maggior parte vigneti e prati, che caratterizzano la sua conformazione territoriale. Il paese si estende su 1'183 ettari che partono dai 276 m s.l.m del – parco geopaleontologico del fiume Breggia – per raggiungere i 1'615 m s.l.m del – Monte Generoso –.

I bambini provengono da differenti zone abitative del comune e le frazioni coinvolte sono Corteglia, Gorla, Loverciano, Campora, Monte e la zona del centro paese in cui si trova il vecchio nucleo. Le frazioni, con gli allievi, sono state classificate e semplificate in quattro gruppi principali, ossia Corteglia, Gorla, centro paese, Campora e Monte.

(21)

4 Il percorso sperimentale didattico

4.1 Sintesi del percorso

Il percorso sperimentale didattico si è sviluppato su un arco temporale di due mesi, durante il quale ho proposto interventi mirati e diversificati. Oltre ai tre momenti dedicati alla raccolta delle rappresentazioni grafiche dei bambini sul percorso casa-scuola, sono state svolte delle uscite di studio nelle frazioni del comune di Castel San Pietro e delle attività legate al lavoro sul plastico.

Periodo

e UD Fasi e descrizione degli interventi Metodologia di lavoro Strumenti di raccolta dati

Marzo

8 UD 1° disegno e intervista Raccolta delle prime rappresentazioni grafiche

dei bambini sul percorso casa-scuola.

Lavoro

individuale Rappresentazioni grafiche, griglie osservative, diario di bordo,

interviste semi strutturate. Marzo

12 UD Uscita di studio nelle frazioni di Corteglia e Gorla e nel nucleo del paese

Vengono ripercorsi tutti i tragitti dei bambini che abitano a Corteglia, Gorla e in centro paese. L’obiettivo di queste attività è di raccogliere nuovi punti di riferimento grazie ad

un’osservazione attiva.

Compito individuale per i bambini di Campora e Monte

Gli allievi che abitano in queste due frazioni del paese di Castel San Pietro hanno ricevuto una consegna scritta nella quale chiedevo loro di annotare tutto quello che incontravano lungo il tragitto casa-scuola svolto con l’AutoPostale.

Lavoro a gruppi di zona

Lavoro individuale

Fotografie, diario di bordo,

osservazione partecipante, liste dei vari punti di riferimento.

Appunti dei bambini, liste dei vari punti di riferimento.

Aprile

8 UD 2° disegno e intervista Raccolta delle seconde rappresentazioni

grafiche dei bambini sul percorso casa-scuola.

Lavoro

individuale Rappresentazioni grafiche, griglie osservative, diario di bordo,

interviste semi strutturate.

Aprile Realizzazione di alcuni punti di riferimento

Gli allievi nel corso delle vacanze di Pasqua hanno potuto personalizzare la propria casa e creare alcuni punti di riferimento che incontrano lungo il percorso casa-scuola.

Lavoro

individuale -

Aprile

20 UD Lavoro con il plastico - Inserimento nel plastico di alcuni punti di

riferimento rilevanti.

- Inserimento nel plastico delle case e dei fili che indicano il tragitto casa-scuola svolto da ogni singolo allievo.

- Suddivisi nei quattro sotto gruppi (Corteglia, Gorla, centro paese, Monte e Campora) i bambini hanno inserito i restanti punti di riferimento nelle loro zone abitative.

Lavoro a gruppo intero Lavoro individuale Lavoro a gruppi di zona

Diario di bordo, registrazioni audiovisive, fotografie, osservazione partecipante.

Aprile

12 UD 3° disegno e intervista Raccolta delle rappresentazioni grafiche finali

dei bambini sul percorso casa-scuola.

Lavoro

individuale Rappresentazioni grafiche, griglie osservative, diario di bordo,

(22)

Il percorso, i cui dettagli si possono ritrovare in allegato (vedi allegati 7, 8, 11, 12), mirava principalmente a sviluppare e incrementare nei bambini la competenza ad agire in ambito topologico e a raffinare quella in ambito metrico. Nello specifico gli obiettivi della sperimentazione didattica avevano lo scopo di sviluppare il loro cognitive mapping, accrescendo la capacità di orientamento spaziale e l’utilizzo di più sistemi di riferimento.

Nelle uscite di studio, attraverso l’osservazione attiva e le discussioni collettive, gli alunni dovevano riuscire a stabilire dei landmarks rilevanti che incontravano lungo il percorso casa-scuola.

Figura 2 - Uscita di studio

(23)

Invece tramite il lavoro svolto sul plastico, gli studenti avevano la possibilità di sviluppare ulteriori aspetti come il legame tra la realtà ambientale e quella artificiale, quindi tra il 3D reale e il 3D ridotto. Non da ultimo, tramite una visione dall’alto, essi erano posti nelle condizioni di attivare le capacità spaziali per orientarsi nel plastico, per riuscire ad identificare il proprio percorso casa-scuola (incollando sul manufatto il filo che rappresenta il proprio tragitto), e localizzare e collocare all’interno del plastico la propria casa e i punti di riferimento ritenuti importanti.

Figura 4 - Lavoro sul plastico

(24)

4.2 Metodologia di lavoro impiegata durante il percorso sperimentale didattico

Vi è molta differenza fra trasmettere e costruire conoscenze. Il metodo induttivo ha come principio fondamentale di stimolare negli allievi capacità quali la riflessione e la valutazione. Si tratta quindi di coinvolgere gli allievi nella costruzione delle proprie conoscenze mettendo in gioco l’osservazione, il confronto e l’analisi. Ritengo molto efficace e interessante questo approccio perché favorisce l’apprendimento attivo e il senso di riuscita nel bambino, non da ultimo fornisce esperienze significative grazie alle quali l’allievo impara da situazioni concrete di sperimentazione. La maggior parte delle attività proposte nel corso dei miei interventi avevano come particolarità quella di porre il bambino di fronte a una situazione problema. Ho trovato molto congeniale ed efficace questo metodo di lavoro perché ha messo l’allievo nella condizione di dover attivare la propria creatività e le proprie risorse, ragionare e ricercare una soluzione al problema che gli era stato posto attraverso l’analisi stessa del fenomeno. Questo approccio ha presentato numerosi vantaggi e, inoltre, corrisponde al metodo di analisi che i bambini spesso adottano con naturalezza per riuscire a comprendere la complessità del mondo che li circonda. Non ho quindi creato delle lezioni che hanno senso solo a scuola, bensì che possono essere utili ai bambini anche nella vita reale.

Per svolgere questo genere di attività ho selezionato con molta attenzione i materiali da proporre alla classe. Essi, per essere utili e funzionali come stimolo, dovevano essere adeguati alle capacità e alle conoscenze pregresse degli studenti. Ad esempio per la realizzazione del plastico ho valutato tra diverse possibilità, scegliendo quella che mi sembrava la più opportuna ed efficace.

Ho operato impiegando metodologie di lavoro differenti, variando l’organizzazione sociale, utilizzando materiali diversi e tenendo conto delle specificità di ogni singolo individuo. Ho trovato necessario differenziare il lavoro in base alle capacità degli allievi per assicurare a ciascuno la massima possibilità di apprendimento e quindi di riuscita.

Nel corso della sperimentazione gli alunni si sono trovati molto spesso a svolgere le attività suddivisi in piccoli gruppi. Ho adottato questa organizzazione sociale perché ritengo che essa permetta, attraverso dei confronti di opinione costruttivi e formativi, di sviluppare nell’allievo la collaborazione, la discussione e la condivisione di idee e scoperte con i compagni. Ho ritenuto questa scelta metodologica molto efficace anche perché permette di accrescere l’autostima e la motivazione nei bambini, anche degli alunni più deboli.

(25)

5 Quadro metodologico

5.1 Metodologia di ricerca

Come evidenziato da Mortari “In letteratura è largamente diffusa la tesi secondo la quale per molto tempo vi è stata una ricerca sui bambini, perché i bambini venivano trattati come oggetti attorno ai quali costruire discorsi senza preoccuparsi di accedere al loro sguardo, senza interessarsi di come percepissero il loro essere coinvolti in una ricerca, senza avvertire i rischi di oggettivazione dell’altro” (Cannella, 1999; Christensen & Allison, 2008; Dockett & Perry, 2005, citato da Mortari, 2009, p.5,). “La svolta significativa si è verificata quando si è cominciato a parlare di research with

children, cioè di ricerca con i bambini, per considerarli come attori, come produttori di significati e

come detentori di diritti” (Christensen & Allison, 2008, citato da Mortari, 2009, p. 6). Intraprendere una ricerca di questo genere, implica principalmente due fattori, l’ascolto e la partecipazione attiva da parte dei bambini nel processo.

Le ricerche che vengono svolte seguendo un approccio di tipo quantitativo “ (…) rendono possibile l’accesso solo a certe questioni, inoltre può essere riduttivo trattare algebricamente i dati che parlano del senso che i bambini attribuiscono alla loro esperienza” (Grover, 2004, citato da Mortari, 2009, p.5). Al contrario le ricerche qualitative permettono di attivare un processo di ascolto dei bambini, attraverso il quale è possibile accedere al loro punto di vista. È importante sottolineare che “ (…) l’ascolto implica un coinvolgimento attivo con l’altro quando si traduce in uno scambio conversazionale, perché ascoltare non significa estrarre informazioni dai bambini ma costruire un processo dinamico di scambio fra bambini e adulti che insieme elaborano significati” (Clark, 2005, citato da Mortari, 2009, p.8).

La metodologia di ricerca che ho deciso di impiegare e che mi sembrava la più opportuna ed efficace per il genere di lavoro proposto è quella qualitativa. Le quattro principali tecniche di ricerca che ho impiegato sono l’osservazione partecipante, l’intervista discorsiva, le discussioni collettive (focus group) e l’analisi delle rappresentazioni grafiche dei bambini. Questi strumenti, oltre ad essere i più comuni ed utilizzati, sono quelli che mi hanno permesso di analizzare al meglio le situazioni vissute e i dati emersi dalle attività svolte con i bambini. Per rendere efficaci queste tecniche di indagine, ho ritenuto necessario procedere coordinando le mie azioni a quelle dei bambini. Tenendo conto che queste continue interazioni sono talvolta imprevedibili è stato per me importante sviluppare una buona capacità di essere flessibile.

(26)

Ritengo inoltre che il metodo della ricerca-azione, elaborato da K. Lewin, sia affine ad una ricerca di tipo qualitativo e concordi sotto molti aspetti al lavoro che ho sviluppato con la classe. Infatti l’indagine che ho svolto non aveva come unico scopo la creazione di una trasformazione ma, piuttosto, come fine ultimo “(…) la conoscenza dei processi che governano il cambiamento nell’ambito delle contesti oggetto di studio” (Piccinno, 2013, p.45).

Attraverso il case study ho potuto approfondire dei casi significativi e paradigmatici di una determinata evoluzione, al fine di comprenderne meglio gli elementi rivelatori. Il vantaggio principale di questa modalità dipende dal fatto che il mio sguardo non era concentrato esclusivamente su un insieme predefinito di variabili, ma mantenendo un approccio olistico, sono riuscita ad approfondire ed ampliare maggiormente la mia analisi. Inoltre grazie a questo approccio ho potuto far emergere dei fenomeni didattici particolarmente interessanti che attraverso gli istogrammi non sarebbero affiorati (rif. 6.2).

5.2 Strumenti raccolta dati

Al fine di riuscire, in fase di analisi e interpretazione, a disporre di tutti i dati necessari per rispondere alle mie domande di ricerca e per verificare che le ipotesi iniziali fossero o meno confermate, ho deciso di impiegare quattro differenti strumenti di raccolta dati: l’osservazione partecipante, la discussione collettiva, l’intervista discorsiva e il disegno. Li presento brevemente motivandoli in relazione al mio intento di ricerca.

L’osservazione partecipante o osservazione attiva è stato uno strumento di ricerca che mi ha facilitato molto nel condividere l’esperienza con gli allievi. Questa tecnica di osservazione mi ha permesso di analizzare con più facilità l’interazione sociale, ossia la capacità di agire che avveniva tra i singoli individui coinvolti nella situazione. Gli scambi collettivi sono stati osservati in un contesto naturale, rassicurante e abituale per i bambini: essi, non essendo condizionati da me o dal contesto, si sentivano liberi di discutere, agire e, anche, di sbagliare.

La discussione collettiva (focus group) è una tecnica basata sulla condivisione, interazione e discussione tra un gruppo di persone che ha come obiettivo indagare e analizzare un determinato argomento. Questo strumento, attraverso il confronto e il dialogo tra pari, ha permesso ad alcuni allievi di chiarire ed esprimere con minori difficoltà concetti che inizialmente potevano risultare poco comprensibili. Ho quindi potuto costatare che la discussione collettiva può favorire e aiutare alcuni bambini, ha però il limite “ (…) di non garantire un’autentica espressione del pensiero di ciascun partecipante, poiché a seconda delle dinamiche di potere che si creano fra i partecipanti

(27)

alcuni possono essere indotti a non esprimere il loro reale punto di vista per adeguarsi al trend delle idee espresse dalla maggioranza” (Mortari, 2009, p.20). Attraverso questi momenti di comunicazione collettiva i bambini si sono potuti confrontare su differenti modelli di interpretazione delle relazioni e della collocazione spaziale degli oggetti incontrati durante i percorsi svolti. In queste occasioni gli studenti hanno potuto affinare, non solo il loro linguaggio, ma anche la propria rappresentazione mentale dello spazio.

Il mio ruolo in questi momenti era di avviare la discussione, di assicurarmi di mantenere focalizzata l’attenzione sull’argomento in questione, di gestire le dinamiche che si creavano all’interno del gruppo e, non da ultimo, di assicurare in prima persona e da parte di tutti un ascolto attivo reciproco.

L’intervista discorsiva è una tecnica che mi ha permesso di comprendere meglio il punto di vista del singolo bambino sulle sue rappresentazioni grafiche, facendo sì che egli percepisse “(…) di essere valorizzato nel suo pensiero, per quello che esso è e non per quello che si vorrebbe dicesse” (Mortari, 2009, p.21). È stato dunque fondamentale evitare di porre domande chiuse e concedermi il tempo di mettere a proprio agio l’allievo.

Il disegno è il principale strumento di raccolta dati attraverso il quale mi è stato possibile analizzare e indagare le rappresentazioni grafiche, in entrata e uscita, dei bambini sul percorso casa scuola.

5.2.1 Indicatori di analisi del disegno

Per rendere efficace l’osservazione e la conseguente analisi delle rappresentazioni grafiche degli allievi ho ritenuto importante identificare degli indicatori di ricerca comuni (vedi allegato numero 13). Questo modus operandi mi ha permesso di creare tre principali categorie, osservabili e oggettive, attraverso le quali interpretare i dati raccolti.

La prima categoria concerne “Le caratteristiche del disegno”. Essa prende in considerazione i seguenti aspetti: la tipologia e il numero di landmarks che l’allievo sceglie di rappresentare, la natura mobile o fissa di tali landmarks, la presenza o meno nella rappresentazione di parole che chiariscono e indicano gli elementi rappresentati e dei nomi delle frazioni del comune oppure la presenza di cartelli stradali con indicate le direzioni delle strade;

La seconda categoria concerne “Le caratteristiche topologiche e metriche” dei disegni. Essa prende in esame l’eventuale rispetto e mantenimento da parte del bambino delle caratteristiche topologiche e metriche del percorso casa-scuola.

(28)

L’ultima riguarda “Le modalità di rappresentazione” e viene osservato se l’allievo utilizza più di un foglio A3 e se cancella modificando il proprio disegno (vedi allegato numero 13).

(29)

6 Analisi dei dati e risultati

6.1 Raccolta e analisi dei dati – andamento globale della classe 1. Le caratteristiche del disegno

Il seguente istogramma sintetizza i dati raccolti relativi alla prima categoria di indicatori di ricerca (rif. 5.2.1).

Figura 6 - Le caratteristiche del disegno

Analizzando il seguente istogramma e focalizzandoci esclusivamente sui primi tre indicatori di ricerca, possiamo costatare che tutti i bambini inseriscono nelle tre rappresentazioni grafiche il

percorso casa-scuola. Successivamente notiamo che la scuola, rispetto alla propria casa, è un

0 2 4 6 8 10 12 14 16 N um er o di ba m bin i c he h an no in ser it o l'in dic at or e nel d iseg no 1° disegno 2° disegno 3° disegno

(30)

elemento che compare in molti più disegni. Infatti la scuola nella prima rappresentazione grafica viene riprodotta da 13 bambini, mentre nel secondo e terzo disegno viene raffigurata da tutti i componenti della classe. Per quanto concerne il secondo indicatore di ricerca, ossia la propria casa, possiamo osservare che nella prima rappresentazione grafica emerge 12 volte, mentre successivamente la si trova raffigurata da 15 allievi.

Prendendo in analisi il numero di punti di riferimento interni al percorso presenti nei disegni degli studenti, possiamo notare che vi è stato un aumento generale. Approfondendo l’osservazione, costatiamo che l’incremento più significativo si colloca nel passaggio dal secondo al terzo disegno. Infatti la maggioranza di bambini, 10 alunni su 16, inserisce più di 10 punti di riferimento interni al

percorso casa-scuola.

Un’ipotesi interpretativa che spiegherebbe questo incremento così considerevole è il lavoro svolto sul plastico. Tale ipotesi è coerente con le ricerche già svolte (rif. 1.6) dove si è già sottolineato il ruolo fondamentale di mediazione del plastico (3D ridotto) nel passaggio dal 3D reale al 2D.

Anche per quanto riguarda l’interpretazione dell’indicatore di ricerca che tratta i punti di

riferimento “mobili” possiamo notare che vi è stato un lieve aumento. Dato il significato affettivo

riferito a questi elementi, mi aspettavo un utilizzo molto più cospicuo. Invece, contrariamente alle mie aspettative, il numero di bambini che inserisce questi elementi nel proprio disegno rimane significativamente bassa.

Una possibile spiegazione di questo dato può essere attribuita alle discussioni emerse durante le uscite di studio. In tali occasioni si è discusso molto sull’affidabilità e pertinenza di usare questi elementi.

Come per gli altri indicatori di ricerca anche per gli ultimi tre notiamo un aumento generale. Si può osservare che vi è stato un incremento importante dopo il primo disegno. All’inizio solo due studenti avevano scritto parole che chiarivano e indicavano l’elemento rappresentato mentre in seguito il numero di allievi che ha adottato questa modalità è salito a 10 e 12 alunni.

Nel secondo e nel terzo disegno è man mano emerso che la funzione che i bambini attribuivano allo stesso è cambiata: mentre all’inizio il senso del disegno era di tipo narrativo e affettivo nelle successive riproduzioni, invece, ha assunto la funzione di rappresentare in maniera più esaustiva possibile il percorso. Ritengo quindi che l’incremento nell’uso delle parole sia dovuto a un cambiamento di funzione del disegno, come documentato anche in letteratura. (rif. 1.5)

Gli indicatori relativi ai cartelli stradali e ai nomi delle frazioni del comune di Castel San Pietro sono stati introdotti solo in seguito al primo disegno.

(31)

Ciò si spiega con la maggior conoscenza del territorio che gli allievi hanno potuto elaborare grazie alle uscite di studio, alle discussioni collettive e al lavoro sul plastico.

1. Le caratteristiche del disegno

Il seguente istogramma sintetizza i dati raccolti relativi alla prima categoria di indicatori di ricerca (rif. 5.2.1).

Figura 7 - Le caratteristiche del disegno

Osservando il seguente istogramma possiamo notare che nella prima rappresentazione grafica, 9 bambini su 16 disegnano il percorso partendo da casa, 5 iniziando dal percorso e 2 da scuola. Nella seconda rappresentazione grafica possiamo costatare una prima evidente differenza, infatti il numero di allievi che disegna cominciando da casa diminuisce, facendo sì che il numero di studenti che disegna partendo da scuola aumenti. Nell’ultima rappresentazione grafica la situazione si capovolge, difatti il numero di allievi che parte da scuola è maggiore, anche se in modo lieve, rispetto al numero di bambini che iniziano partendo da casa.

Un’ipotesi interpretativa che spiegherebbe questa trasformazione può essere dettata dalla componete emotivo-affettiva che nel primo disegno risulta molto marcata, mentre nelle successive rappresentazioni grafiche tende ad indebolirsi.

Per quanto concerne gli ultimi due indicatori di ricerca, possiamo rilevare che il numero di alunni che inizia rappresentando il percorso si modifica, diminuendo da 5 a 2 allievi, mentre il numero di allievi che disegna il percorso partendo da altri elementi rimane basso e costante, emergendo solo nelle ultime due rappresentazioni.

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Parte da casa Parte da scuola Parte dal percorso Parte da altri elementi N um er o di ba m bin i c he h an no in ser it o l'in dic at or e nel p ro pr io d iseg no 1° disegno 2° disegno 3° disegno

(32)

2. Le caratteristiche topologiche e metriche

Il seguente istogramma sintetizza i dati raccolti relativi alla seconda categoria di indicatori di ricerca (rif. 5.2.1).

Figura 8 - Le caratteristiche topologiche e metriche

Grazie a questo istogramma è facile osservare come il numero di bambini che inserisce nel proprio disegno le caratteristiche topologiche rispettandone la sequenza cresca in modo graduale: da 9 studenti nel primo disegno fino a raggiungere quasi la totalità degli allievi (15 su 16).

Una possibile spiegazione di questa evoluzione può essere dettata dal fatto che gli allievi arrivino alla scuola elementare possedendo già una buona competenza in l’ambito topologico. L’aumento evidenziato è a mio parere dovuto ai vari interventi didattici proposti che hanno permesso alla stragrande maggioranza degli studenti di sviluppare ulteriormente e raffinare questa competenza. Al contrario la proporzione metrica tra gli elementi, nel primo disegno, viene rispettata solamente da 2 allievi su 16. Nel quadro teorico è emerso, infatti, che l’ambito metrico risulti ancora da raffinare rispetto a quello topologico, il quale è già ben affermato nei bambini. Si può però osservare che avviene un cambiamento importante soprattutto dalla seconda rappresentazione grafica alla terza, in cui il numero di allievi raddoppia, passando da 6 a 12.

Un’ipotesi interpretativa che chiarirebbe questa variazione può essere quella che il lavoro svolto sul plastico abbia permesso ai bambini di consolidare conoscenze e competenze già presenti, e di elaborarne delle nuove.

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Mantiene le caratteristiche topologiche

rispettandone la sequenza Mantiene una certa proporzionemetrica tra gli elementi

N um er o di ba m bin i c he h an no in ser it o l'in dic at or e nel p ro pr io d iseg no 1° disegno 2° disegno 3° disegno

(33)

3. La modalità di rappresentazione

Il seguente istogramma sintetizza i dati raccolti relativi alla terza categoria di indicatori di ricerca (rif. 5.2.1)

Figura 9 - La modalità di rappresentazione

Per quanto riguarda il primo indicatore di ricerca si può osservare che nelle prime due rappresentazioni grafiche il numero rimane costante e solo 3 bambini su 16 utilizzano più di un

foglio A3. Nell’ultimo disegno invece il numero di allievi aumenta salendo a 8.

Una possibile interpretazione di questo cambiamento può essere dettata dal fatto che gli alunni inserendo più punti di riferimento nella propria rappresentazione grafica e dovendo modificare di conseguenza il tragitto, abbiano bisogno di uno spazio più ampio per rappresentare l’intero percorso casa-scuola. Inoltre possono esserci altri fattori da ritenere influenti sul bisogno che ha il bambino di impiegare più di un foglio A3, ossia, la necessità di rispettare le proporzioni, le relazioni tra gli oggetti e in parte anche l’ambito metrico.

Analizzando e interpretando i dati presenti sull’istogramma che riguardano il secondo indicatore di ricerca, notiamo come il numero di studenti che interviene modificando il proprio disegno aumenti sensibilmente, passando da 3 a 8 e infine a 11 bambini su 16.

Questo incremento può essere collegato principalmente all’intento dello studente di rendere il più verosimile possibile la propria rappresentazione grafica rispetto alla realtà. Credo inoltre che non siano da sottovalutare i fattori citati poco prima (le proporzioni, le relazioni tra gli oggetti, l’ambito

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Utilizza più di un foglio A3 Cancella modificando il proprio disegno

N um er o di ba m bin i c he h an no in ser it o l'in dic at or e nel p ro pr io d iseg no 1° disegno 2° disegno 3° disegno

(34)

metrico), i quali a mio parere influenzano l’alunno nella ricerca della verosimiglianza tra la realtà tridimensionale osservata, vissuta, percepita e la realtà bidimensionale riprodotta sul foglio.

6.2 Analisi e interpretazione di alcuni casi significativi

Nelle pagine seguenti verranno evidenziati ed analizzati alcuni casi. L’intento è duplice: da un lato presentare evoluzioni emblematiche relative ad uno o più indicatori; dall’altro documentare fenomeni didattici particolarmente interessanti.

Il cambiamento di funzione del disegno: il caso di Siro

La maggioranza dei bambini ha rappresentato graficamente la propria casa all’interno del primo disegno. Tranne un allievo che ha fin da subito raffigurato la propria abitazione in maniera differente.

Figura 10 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Siro)

Nel primo disegno Siro, per indicare la presenza della propria abitazione, ha rappresentato unicamente il piazzale di casa e altri elementi significativi che si trovano nelle immediate vicinanze (ad esempio, la rete, il cancello, la siepe ed il tombino). Nel secondo e nel terzo invece questi punti di riferimento scompaiono venendo sostituiti dalle seguenti scritte “CASA SIMO” e “CASA”. Coerentemente con le ricerche presentate nel quadro teorico (rif 1.4) mi aspettavo che gli alunni avrebbero riprodotto in modo preciso e puntiglioso la propria casa, soprattutto nel primo disegno, perché l’abitazione richiama aspetti legati alla sfera emotivo-affettiva. Invece, contrariamente alle mie previsioni e in controtendenza con il resto della classe Siro ha impiegato un modus operandi diverso per indicare la presenza della propria abitazione senza mai disegnarla effettivamente.

Fin da subito il suo disegno è risultato molto più vicino al concetto di mappa (rif. 1.5 e 1.3) mostrando infatti di rispettare le relazioni topologiche e di tener in considerazione la metrica vigente tra gli elementi in gioco. Forse tale aspetto e l’intento soggiacente hanno portato Siro a

(35)

scegliere di non raffigurare la propria casa attraverso il classico stereotipo ma semplicemente rievocando la propria abitazione attraverso altri elementi e in seguito tramite la scrittura.

L’incremento dei landmarks e l’utilizzo di parole all’interno del disegno: il caso di Arianna

In relazione alla prima categoria di indicatori (rif. 5.2.1), un caso che ritengo paradigmatico dell’evoluzione di molti allievi della classe è quello di Arianna.

Figura 11 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Arianna)

Osservando le prime due rappresentazioni grafiche possiamo notare che l’allieva nella prima non inserisce alcun punto di riferimento interno al percorso mentre nella seconda introduce alcune case che stanno ad indicare la frazione di Campora che essa incontra lungo il tragitto. Esaminando l’ultimo disegno si può rilevare un notevole incremento del numero di punti di riferimento, in quanto l’alunna inserisce ben 17 landmarks.

A mio parere, il lavoro sul plastico, ha influito molto e ha determinato questo miglioramento. Come già approfondito nel quadro teorico (rif. 1.6), l’esperienza concreta su questo manufatto ha probabilmente permesso ad Arianna di decentrarsi, passando da uno sguardo interno ad uno esterno, riuscendo così a considerare il proprio percorso da un punto di vista differente. La bambina è quindi riuscita a cogliere con più facilità le relazioni spaziali tra i vari punti di riferimento rendendo così le proprie rappresentazioni in uscita più complete, ricche di dettagli e organizzate.

Il terzo disegno di Arianna è significativo anche per un altro aspetto. Come molti altri allievi, essa sceglie di accostare delle parole ai diversi elementi raffigurati.

Una possibile interpretazione è che Arianna, rendendosi conto di non riuscire a caratterizzare fedelmente gli elementi della realtà, abbia deciso di impiegare un altro mezzo di comunicazione in suo possesso per descrivere meglio il suo disegno. La caratteristica particolare di questa rappresentazione nascerebbe quindi dalla consapevolezza dell’alunna e dall’esigenza di rendere più

(36)

semplice la lettura del disegno agli occhi di terzi. Non è inoltre da escludere che l’allieva abbia voluto dimostrare che il lavoro svolto nell’arco di questi due mesi abbia lasciato in lei un segno. La rappresentazione grafica sembra quindi assumere progressivamente una funzione sempre più rappresentativa e meno narrativa. Come nel caso di Siro in cui le parole assumono il ruolo di simbolo e l’abitazione non viene raffigurata ma descritta e localizzata attraverso la parola “casa”.

I riferimenti “fissi” e “mobili” e la componente emotiva: il caso di Lea ed Edo

In relazione alla prima categoria di indicatori (rif. 5.2.1), ritengo interessante riportare due casi che implicano un’interpretazione e analisi differente sull’impiego di riferimenti “mobili” nel disegno.

Figura 12 - 3° disegno (il caso di Lea)

Come possiamo ben vedere nella Figura 12, Lea ha rappresentato nella parte superiore del foglio un uccello. In seguito, durante il momento dedicato all’intervista, ho chiesto esplicitamente alla bambina il motivo per cui avesse deciso di disegnare questo elemento e lei mi ha risposto “Perché

era un po’ vuoto qui” (indicando con il dito lo spazio superiore del foglio). Credo sia molto

interessante quanto esposto dalla bambina perché dimostra la necessità di dover inserire degli elementi aggiuntivi per colmare lo spazio vuoto del disegno.

Quindi si può affermare che inizialmente non tutti gli elementi raffigurati nelle rappresentazioni grafiche dei bambini sono dei punti di riferimento.

(37)

Figura 13 - 1°; 2°; 3° disegno (il caso di Edo)

Edo rappresenta nel primo e nel terzo disegno (Figura 13), una mucca che sta ad indicare la mandria che solitamente pascola nel campo che incontra lungo il percorso casa-scuola. Durante l’uscita di studio, avvenuta nella frazione in cui abita l’alunno, quest’ultimo indicando il terreno con le mucche ha raccontato, a me e al resto del gruppo, che fin da quando era piccino si recava con il nonno in quel luogo.

In seguito a questo momento di narrazione e condivisione, posso ipotizzare che per questo bambino la mucca disegnata assuma non solo una connotazione emotivo-affettiva di grande rilievo ma rappresenti anche un punto di riferimento “mobile”. La docente stessa ha rafforzato questa mia idea raccontandomi che Edo ha un legame molto forte con il proprio nonno. Da qui la possibile conferma che gli elementi collegati alla componente emotivo-affettiva influenzino le rappresentazioni grafiche di alcuni allievi nelle quali vi sono inseriti dei punti di riferimento legati alle esperienze e ai ricordi personali. Se così fosse c’è da chiedersi perché allora nel secondo disegno l’allievo decida di raffigurare il campo della mucca vuoto (Figura 13).

Un’ipotesi interpretativa che è possibile avanzare è che, con la classe, durante le uscite di studio, si è discusso molto sulla differenza che vi è tra punti di riferimento “fissi” e “mobili”. Da ciò potrebbe

1° 2°

(38)

quindi essere scaturita la decisione del bambino di non raffigurare l’animale, pur riconoscendo invece il ruolo di punto di riferimento al campo in questione.

L’evoluzione degli elementi nel disegno e l’ambito topologico: il caso di Mia e Giulio

In relazione alla seconda categoria di indicatori (rif. 5.2.1), un caso che ritengo dimostrativo dell’evoluzione di molti allievi della classe è quello di Mia.

Figura 14 - 2°; 3° disegno (il caso di Mia)

Nella seconda rappresentazione grafica (Figura 14) la bambina disegna il percorso e nello spazio rimanente del foglio raffigura, senza rispettare alcun ordine, i punti di riferimento che incontra lungo il tragitto. Durante l’intervista, Mia mi ha raccontato “(…) Poi qui ho fatto la cappelletta, poi

qui c’è il cartello con scritto Gorla e qui quello dello ScuolaBus”. In seguito ho chiesto alla

studentessa come mai avesse disegnato in quel punto i vari elementi e lei mi ha risposto “Perché

non so dove sono qui.” (indicando con il dito il percorso casa-scuola).

Osservando la terza rappresentazione grafica (Figura 14) notiamo un cambiamento significativo. Mia ha collocato i landmarks lungo l’intero percorso rispettando le relazioni topologiche esistenti tra gli elementi. Il disegno ha inoltre assunto una forma molto simile al concetto di mappa (rif. 1.5 e 1.3) in cui il percorso casa-scuola prende la forma di una figurazione vista dall’alto.

Si può quindi considerare che nel passaggio dal secondo al terzo disegno, vi è stato un notevole miglioramento delle competenze dell’allieva in ambito topologico.

Una possibile ipotesi interpretativa che giustifica tale evoluzione può essere collegata al lavoro svolto sul plastico. Come già approfondito nel quadro teorico (rif. 1.6), probabilmente questa esperienza sul manufatto ha permesso all’allieva di osservare il proprio percorso da differenti punti di vista grazie ai quali è riuscita a passare con più facilità dal 3D reale al 2D.

(39)

L’evoluzione riscontrata nel caso di Mia è comune ad alcuni degli allievi della classe: nei primi disegni molti dei landmarks compaiono senza mantenere l’ordine con cui compaiono nel tragitto; poi, successivamente, grazie al lavoro sul plastico, invece, essi sono raffigurati rispettando le relazioni topologiche ma anche, con buona approssimazione, quelle metriche. Solo Giulio non evidenzia questa evoluzione. Per questo motivo, scelgo di presentarlo brevemente.

Figura 15 - 3° disegno (il caso di Giulio)

Nel primo e nel secondo disegno il bambino non inserisce alcun punto di riferimento interno al percorso. Come possiamo osservare nell’ultima riproduzione (Figura 15), invece, l’alunno raffigura 9 landmarks che però non colloca lungo il tragitto bensì sparsi nel foglio e senza rispettare l’ordine di sequenza.

Nel corso di questi due mesi ho potuto osservare il comportamento e l’evoluzione delle capacità di Giulio. Durante i momenti dedicati al lavoro sul plastico il bambino ha riscontrato diverse difficoltà legate all’orientamento spaziale. Risultava per lui molto faticoso riuscire ad indentificare le varie zone o le frazioni del comune, a comprendere le strade e conseguentemente a disporre correttamente i punti di riferimento sul manufatto. Mi è parso inoltre che in alcuni casi, durante le discussioni collettive, si lasciasse trasportare dalle ipotesi e dalle idee dei compagni senza effettivamente comprenderle davvero a fondo.

Credo che tali complicazioni si riscontrino e si possano osservare nell’ultimo disegno svolto dall’alunno.

Il caso di Giulio evidenzia quanto sia comunque complessa la concettualizzazione dello spazio. Come già sottolineato nel quadro teorico, coordinare più punti di vista, decentrarsi, sapersi orientare e localizzare persone e oggetti, stabilendo adeguate relazioni topologiche e metriche non è una conquista facile e richiede tempo e attività mirate.

Riferimenti

Documenti correlati

Misurare significa “confrontare” una grandezza con una campione scelta come unità e il ri- sultato di una misura è un numero, o meglio un intervallo di valori in quanto

1) it is possible to use bioethanol of different purity levels to produce hydrogen through the steam reforming process, provided that an active and stable catalyst is used.

In this paper we study some problems concerning simple shear in incom- pressible isotropic elastic materials according to the linearized finite theory of elasticity, as formulated

X-ray of the right leg showing symmetrical enlargement and cortical thickening involving the diaphysis of the tibia and fibula (red arrows), sparing the epiphyseal region, which

Per ciò che concerne la correlazione tra esposizione alla violenza nei videogiochi (così come in televisione o al cinema) ed aumento dell’aggressività e dei comportamenti

….E, invece, GEORGE IS ALWAYS SINGING è una frase corretta, perchè se si descrive una caratteristica ​ ​speciale o sorprendente del comportamento di una persona​, si può usare

Prova a completare il percorso ricordando che ogni numero è maggiore di uno rispetto al suo precedente:. Ecco formato il numero cento

sensibilizzazione nelle scuole e nei comuni tramite conferenze con gli ideatori del progetto. TIPO DI COINVOLGIMENTO DELLE FAMIGLIE E DEGLI STUDENTI: gli studenti e le famiglie