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L’analisi economica del diritto si sviluppa in un primo momento nell’ambito dei soli sistemi di common law e ciò sembra coerente con le loro peculiarità ordinamentali.

Il modello di common law sembrerebbe infatti maggiormente incline e più flessibile all’utilizzo delle metodologie proprie dell’analisi eco- nomica del diritto, mentre i sistemi di civil law risulterebbero struttu- ralmente meno permeabili alle logiche della stessa, in considerazione sia della predominante importanza delle fonti codificate che del diverso ruolo assegnato al giudice, che si limiterebbe all’interpretazione ed al- l’applicazione delle norme esistenti.

In linea generale, mentre nel common law il diritto nasce «dal bas- so» partendo da casi concreti ed è il frutto delle interazioni tra attori, convenuti, giudici e giurie, nel sistema di civil law si creano norme ge- nerali ed astratte prefigurate nello statute law con il diritto del legislato- re.

Il sistema di civil law, inoltre, affondando le sue radici nel diritto romano giustinianeo, prevede che i giudici, nell’applicare la legge, pro- nuncino sentenze che, una volta passate in giudicato, fanno stato fra le sole parti.

Tali sentenze dunque hanno efficacia limitata sia dal punto soggetti- vo che dal punto oggettivo.

Soggettivamente, perché la sentenza non vale nei confronti di chi sia restato estraneo al processo ed oggettivamente perché la sentenza defi- nisce solo una determinata controversia e non altre.

A questo modello si contrappone il common law, caratterizzato dalla predominante importanza del cosiddetto case law, ove la sentenza «crea il diritto» e la regola dettata dal giudice in un caso concreto deve poi

valere per tutte le successive controversie aventi lo stesso ambito ogget- tivo, assumendo pertanto il valore di una norma generale ed astratta.

Di fatto però resta da spiegare quali siano le motivazioni sostanziali per le quali l’analisi economica del diritto ha attecchito prima e più pro- fondamente nel sistema di common law.

La teoria secondo cui l’analisi economica del diritto ha attecchito in modo diverso nei due sistemi per le sostanziali differenze strutturali esistenti tra gli stessi risulta oggi superata dall’evidenza del progressivo avvicinamento dei due sistemi e della loro graduale convergenza: da una parte i settori in cui la sedimentazione giurisprudenziale del diritto anglosassone ha subito una sorta di «compressione», a fronte di una vera e propria esplosione della statutory law; dall’altra, anche i Giudici continentali nella loro attività interpretativa, di fatto, creano «diritto positivo giurisprudenziale»40.

Le differenze strutturali tra i due sistemi, dunque, non possono ora- mai in alcun modo definirsi nette41.

Una diversa motivazione per spiegare questo fenomeno è la diversa cognizione che i giuristi di common law e di civil law hanno della pro- pria autosufficienza metodologica.

A questo proposito è opportuno ricordare come il realismo giuridico nordamericano42, al suo apice negli anni Trenta, abbia offerto una teoria

40 Si vedano F. C

ABRILLO, Law and Economic Development: Common Law versus

Civil Law, in J.S. PARDO, P. SCHWARTZ (a cura di), Public Choice and the Challenges

of Democracy, Cheltenham, 2007, pp. 177 e ss.; K. FUNKEN, The Best Both Worlds, The

Trend Towards Convergence of the Civil Law and the Common Law System, Auckland,

2003; E.L. GLAESER, A. SHLEIFER, Legal Origins, in The Quarterly Journal of Econom-

ics, 2002, 117(4), pp. 1193 e ss.; A. GAMBARO, L’analisi economica del diritto nel con-

testo della tradizione giuridica occidentale, in G. ALPA, A. CHIASSONI, F. PERICU, S. PULITINI,S. RODOTÀ,F. ROMANI (a cura di),Analisi economica del diritto privato, Milano, 1998, p. 433 e ss.

41 Si vedano R. C

OOTER,L. KORNHAUSER, Can Litigation Improve The Law Without

Yhe Help of Judges?, in The Journal of Legal Studies, 9, n. 1, 1980, pp. 139 e ss.;

G. PRIEST, The Common Law Process and the Selection of Efficient Rules, in The Jour-

nal of Legal Studies, 6, 1977, n. 1, pp. 65 e ss.; P.H. RUBINS, Why is the Common Law

efficient?, in Economic Analysis of Law, pp. 51 e ss.

42 Il realismo giuridico si sviluppa eminentemente in area americana già a partire

dalla fine dell’Ottocento: in particolare, i principali esponenti sono Oliver W. Holmes, Roscoe Pound, Karl L. Llewellyn e Jerom Frank.

fattualistica della effettività-validità del diritto di cui si esalta la com- ponente fattuale, dunque l’efficacia.

Il realismo nordamericano individua oltre all’aspetto «esterno» del- l’efficacia, coincidente con l’osservanza della norma, anche un aspetto «interno», che riguarda la motivazione all’osservanza, ossia che cosa concretamente spinga un soggetto a rispettare la norma e che cosa spin- ga un giudice a far sanzionare l’inosservanza della medesima.

Secondo i suoi rappresentanti, valida è la norma sorretta dalla pres- sione psicosociologica dell’intero ordinamento giuridico, dunque la norma effettivamente applicata: sia perché i cittadini la rispettano, sia perché i giudici hanno il potere di farla rispettare.

Tale tesi, invero, più che fornire una giustificazione della sua validi- tà, offre la mera spiegazione dell’obbedienza alla regola, usando il con- cetto di «consenso sociale» come criterio di valutazione del livello di opportunità e di efficacia di una norma.

Vi è un’ulteriore interpretazione, maggiormente accreditata: è possi- bile che la diffidenza europea verso l’analisi economica del diritto ab- bia una natura ideologica; che rende il binomio economia/diritto in- compatibile rispetto alle tradizionali scelte di valori.

Tale ultima interpretazione risulta comprensibile e condivisibile se riferita al pensiero della «scuola di Chicago», secondo la quale il diritto può essere compreso traducendo i concetti quali giustizia, ragionevo- lezza o negligenza in termini prettamente economici, ritenendo priorita- ria l’efficienza allocativa43.

La tesi «ideologica» risulta meno giustificata in relazione alle ver- sioni meno «estreme» della «scuola Normativistica» che riconoscono l’esistenza nel tessuto del diritto di più o meno implicite valutazioni economiche, senza che ciò determini una «supremazia» dell’economia sul diritto nell’orientare le scelte di politica criminale, rispetto agli altri fondamentali valori coinvolti.

Invero, anche nei confronti di impostazioni che considerano l’effi- cienza come uno soltanto dei criteri a cui ispirarsi, traspare una sorta di «incompatibilità» e dunque diffidenza verso una forma mentis «inelut- tabilmente» propensa a «monetizzare» quanto appare, invece, inscindi-

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bilmente intrecciato a valori e principi che nulla condividono con le regole del mercato.

Secondo questa ricognizione il processo di common law produce re- gole efficienti, poiché il giudice prende decisioni ragionando da homo economicus, dimostrando una naturale predisposizione all’obiettivo della ottimizzazione delle risorse.

Il diritto, dunque, si crea «dal basso», dalla progressiva sedimenta- zione delle corti di giustizia, e ciò rivelerebbe un’intrinseca razionalità che il legislatore, in balia, di volta in volta, di pressioni politiche ed elettorali, non è in grado di assicurare.

In realtà, pur considerando le suddette differenze strutturali, non è possibile fornire un giudizio di superiorità in termini di efficienza di un sistema rispetto ad un altro né vi è una ragione per affermare che uno si adatti maggiormente ai modelli di analisi economica rispetto all’altro.

Oggi, invero, tali diversità sistemiche non possono più dirsi così nette, al contrario tra i due sistemi vi è stato un graduale meccanismo di con- vergenza: da un lato evidente è la tendenza di molti paesi di common law a muoversi verso processi di codificazione, e dall’altro altrettanto eviden- te è la crisi del modello classico di civil law, in favore di un ampliamento delle fonti del diritto alla giurisprudenza, a cui è conseguita una graduale penetrazione del common law nella prassi giuridica dell’Europa.

Infatti, non è la formale presenza o assenza di codificazioni ad esprimere la correlata profonda differenza tra i due sistemi, ma le diffe- renze ideologiche sottostanti, sia nei contenuti degli istituti giuridici sia nell’approccio metodologico.