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Ciò chiarito, è opportuno sottolineare come, naturalmente, il primo aspetto evocato dalla parola tossicodipendenza sembra essere quello della criminalità che vi è correlata.

Ma anche in questo ambito è evidente come qualsiasi tentativo di trovare una definizione standard di un fenomeno tanto complesso come il «reato correlato agli stupefacenti» risulti inesorabilmente un esercizio riduttivo.

Tuttavia, la definizione di un quadro concettuale condiviso23 nella definizione del concetto di «reato correlato agli stupefacenti» è indi- spensabile al fine di valutare la portata, le tipologie e l’andamento di questo fenomeno.

Rispetto alla globalità della popolazione, i responsabili di reati di- mostrano tassi
elevati di consumo di stupefacenti; inoltre, spesso i con- sumatori problematici di droga compiono reati. Invero, il rapporto tra sostanze stupefacenti e delinquenza non è un rapporto semplice, lineare o tantomeno universale: molti recidivi non sono consumatori di stupe- facenti e molti soggetti affetti da tossicodipendenza non commettono reati (ad esclusione del reato di detenzione e/o uso di stupefacenti, lad- dove tali condotte siano vietate per legge).

Benché le ricerche effettuate24 non dimostrino uno stretto legame tra consumo di stupefacenti a titolo sperimentale e condotte criminose, si

23 Si vedano H.R. W

HITE, D.M. GORMAN, Dynamics of the drug-crime relationship,

Criminal Justice 2000, vol. 1, The nature of crime: continuity and change, US Depart-

ment of Justice, Washington DC, 2000, pp. 151 e ss.; V. PELLEGRINO, Criminalità e

tossicodipendenza, in R. FRISON, M. GUERZONI, G. ROFFI,S. RUBIN (a cura di), Manua-

le di scienze criminologiche. Teorie e pratiche: criminologia, criminalistica e tecniche investigative, vol. I, Lucca, 2009.

24 Si vedano R. M

ACCOUN,B. KILMER,P. REUTER, Research on drugs-crime link-

ages: the next generation, in Towards a drugs and crime research agenda for the 21st century, Special report, US Department of Justice, Washington DC, 2003; T. BENNETT, K. HOLLOWAY, Disaggregating the relationship between drug misuse and crime, in The

Australian and New Zealand Journal of Criminology, vol. 38(1), 2005, pp. 102-121;

A. STEVENS,M. TRACE,D.,BEWLEY-TAYLOR, Reducing drug-related crime: an over-

view of the global evidence, Report 5,
The Beckley Foundation Drug Policy Pro- gramme, Witley (Regno Unito), 2005.

può tuttavia intravedere una certa tendenza per cui è possibile affermare che spesso talune attività delinquenziali possono essere l’anticamera del consumo di sostanze illecite. Ciò vale, anzitutto, per quelle droghe co- me l’eroina o la cocaina, crack e per forme di criminalità come le orga- nizzazioni criminali finalizzate allo spaccio di sostanze stupefacenti.

È possibile intravedere, dunque, un effetto di mutuo rafforzamento tra partecipazione ad azioni criminose e consumo di droga, tale per cui le persone immerse in una subcultura delinquenziale e deviante sono ad alto rischio di sviluppare problemi di droga, mentre chi ha problemi con gli stupefacenti è ad alto rischio di rimanere coinvolto in attività illeci- te25.

Per valutare il nesso stupefacenti-reati sono stati proposti modelli esplicativi diversi ma uno degli orientamenti più diffusi negli studi em- pirici è quello di applicare la matrice concettuale tripartita proposta da Goldstein26 al rapporto tra stupefacenti e reati27.

Secondo questo modello, il consumo di stupefacenti sfocia in atti di violenza per l’intersecarsi di tre modelli: il modello psicofarmacologi- co, quello economico compulsivo e infine, il modello sistemico.

Secondo il modello psicofarmacologico, la commissione di reati può derivare dagli effetti della sostanza in sé.

Sarebbe l’effetto farmacologico della sostanza stupefacente a deter- minare la riduzione dell’inibizione o la compromissione delle capacità di giudizio, pertanto, il consumo acuto e cronico di sostanze psicoattive può sfociare in episodi di aggressione e violenza. Il modello si adatta in particolare alla commissione di reati sotto l’effetto di alcol e cocaina28.

Tra gli effetti prodotti da queste sostanze, infatti, si riscontrano ecci- tabilità, irritabilità, paure/paranoie, comportamenti disinibiti, drastici

25 Focus sulle droghe. Briefing dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tos-

sicodipendenze 2007 «Droghe e criminalità: un rapporto complesso», Ufficio delle

pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, www.emcdda.europa.eu.

26 Joseph Leonard Goldstein, 1940, biochimico americano, premio Nobel nel 1985. 27 P.J. G

OLDSTEIN, The drugs/violence nexus: a tripartite conceptual framework, in

Journal of Drug Issues, 1985, vol. 15, pp. 493 e ss.

28 Al contrario, solitamente si ritiene improbabile che il consumo di oppiacei e can-

nabis provochi reati di tipo psicofarmacologico, perché queste droghe tendono a ridurre l’aggressività.

cambiamenti d’umore, distorsioni cognitive, incapacità cognitive e in- capacità di giudizio, ciascuna di queste condizioni è suscettibile di sca- turire in una condotta criminosa.

Il modello di reati psicofarmacologici include anche una serie di rea- ti molto meno visibili perché spesso non denunciati: i reati derivanti dal consumo di stupefacenti da parte della vittima, come le aggressioni fisi- che o le violenze sessuali commesse su persone in preda agli effetti di una sostanza psicoattiva, o i furti e gli scippi anch’essi ai danni di tossi- codipendenti, resi possibili dal fatto che la vittima è incapace di difen- dersi.

Sebbene la farmacologia della maggior parte delle sostanze illecite sia ormai nota, i meccanismi specifici attraverso cui tali sostanze pos- sono spingere a comportamenti violenti non sono ancora pienamente compresi, anche se alcune droghe come gli stimolanti sono in grado di produrre episodi psicotici e possono esacerbare eventuali problemi comportamentali pregressi.

Ad ogni modo, non è possibile affermare che esista una sostanza psicoattiva che per definizione sia dotata di proprietà criminogene, poi- ché le modalità d’azione e gli effetti di tali sostanze sul comportamento dell’assuntore possono subire l’influenza di fattori soggettivi e ambien- tali.

Secondo il modello economico-compulsivo, i reati possono essere commessi allo scopo di ottenere le sostanze stupefacenti o il denaro necessario per acquistarle.

Il modello economico-impulsivo si adatta soprattutto al consumo di sostanze illecite come l’eroina e la cocaina, per via del loro elevato prezzo di mercato.

La dipendenza da una sostanza molto costosa può infatti indurre i consumatori a compiere atti criminali per ottenere denaro necessario a finanziare il proprio stato di tossicodipendenza. Queste persone posso- no compiere reati come la vendita di stupefacenti, taccheggi, rapine e furti, falsificazione di prescrizioni mediche, ecc.

Secondo il modello sistemico, una parte dei reati droga-correlati può essere connessa ai rapporti di traffico e distribuzione delle sostanze. I reati sistemici sono dunque perlopiù reati violenti compiuti nell’ambito

dei meccanismi peculiari al mercato illecito delle sostanze stupefacenti, cioè dell’attività dell’offerta, distribuzione e consumo della droga.

La violenza come strategia di controllo è usata in contesti diversi, tra cui liti per il territorio, punizioni per «scorrettezze», «avvertimenti», recupero crediti e scontri con le forze dell’ordine, per arrivare fino alla corruzione di imprese, apparati di governo e sistemi bancari o i reati contro l’umanità compiuti dai trafficanti di droga sia nei paesi produtto- ri di droga, sia nei paesi di transito.

La violenza sistemica è fortemente correlata al divieto di uso e di impiego di sostanze stupefacenti. Essa è proprio una delle conseguenze scontate della natura illecita di un mercato caratterizzato da profitti smi- surati, i cui operatori non possono ricorrere alle leggi che regolano le attività commerciali.

Sebbene non esista un legame intrinseco con il consumo di stupefa- centi, tuttavia, la pervasività della violenza nei mercati illeciti può au- mentare la probabilità che i soggetti affetti da tossicodipendenza com- mettano reati violenti o ne siano le vittime.

Questo approccio, costituito da tre categorie di reati correlati agli stupefacenti, pur non contemplando tutte le possibili correlazioni tra stupefacenti e delinquenza, offre uno schema concettuale utile per l’analisi di tali fenomeni.

Una ulteriore categoria di reati connessi alla tossicodipendenza, la quarta, è quella che ricomprende i crimini commessi in violazione della legge in materia di stupefacenti.

Tra le violazioni della normativa in materia di stupefacenti possono rientrare reati quali il consumo, la detenzione, la coltivazione, la produ- zione, l’importazione e il traffico di sostanze stupefacenti, ma anche altri reati a questi connessi quali la produzione illecita o il riciclaggio di denaro sporco. Fanno parte di questa categoria anche i reati correlati alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

Gli studi condotti finora sui reati correlati agli stupefacenti spesso non hanno preso in considerazione le violazioni alle norme in materia di stupefacenti, perché in tal caso il nesso tra droghe e reati è molto di- verso: si tratta infatti di un collegamento definito dal legislatore, anzi- ché di un effetto prodotto da un comportamento ai danni di un altro soggetto.

Questo tipo di reati è comunque rilevante perché è proprio per la lot- ta contro i reati previsti e puniti dal d.P.R. 309/90 che è indirizzata una cospicua parte delle attività e delle risorse delle forze di polizia, del sistema di giustizia penale e, dal punto di vista «economico», conside- rando il reato come una decisione umana rispetto a prezzi e incentivi, un aumento delle risorse assegnate alle attività di applicazione delle leggi in materia di stupefacenti determinerebbe inevitabilmente la ridu- zione delle risorse investite per la lotta ad altri reati.