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La valutazione del livello di efficienza delle diverse opzioni norma- tive in tema di tossicodipendenza e criminalità correlata impone in pri- mo luogo avere contezza della natura, delle caratteristiche e dell’entità del fenomeno analizzato.

La diffusione e il consumo delle sostanze stupefacenti così come la diffusione delle sostanze alcoliche hanno origini molto lontane nel tem- po e sono trasversali alle diverse culture ed epoche storiche.

Fin dall’antichità sostanze le sostanze stupefacenti e quelle alcoliche erano assunte nel contesto di funzioni religiose, riti sociali, per fini cu- rativi e anche per motivi semplicemente edonistici.

Più recente, invero, risulta essere quella che è stata definita una vera e propria «costruzione sociale della tossicodipendenza»11, nata da una graduale diffusione delle droghe e dell’alcol che è giunta fino al con- sumo di massa, determinando notevoli problemi sia livello sanitario che a livello di sicurezza sociale e rendendo pertanto necessario l’intervento della legge penale.

La caratteristica principale delle sostanze stupefacenti e di quelle al- coliche è quella di innescare un meccanismo di dipendenza psico-fisica.

La dipendenza psichica è la condizione per cui l’assenza della so- stanza ingenera uno stato di disagio, mentre la dipendenza fisica è il bisogno dovuto ad una vera e propria alterazione fisiologica12.

Al momento della cessazione dell’assunzione delle sostanze, la di- pendenza può generare la cosiddetta «sindrome da astinenza»: una serie di disturbi quali irritazione, irrequietezza, ansia, insonnia, desiderio del- la sostanza, dolori, crampi viscerali, sudorazione, rinorrea, disturbi inte- stinali, stato di sofferenza che si riflette sull’organismo. L’intensità del- la sindrome da astinenza varia a seconda del tipo di sostanze assunte e del livello di dipendenza sviluppato, che a sua volta dipende dal tipo di

11 Si veda L. D

E CATALDO NEUBURGER, Il sistema droga. La costruzione sociale

della tossicodipendenza, Padova, 1993.

12 Si veda G. P

ONTI,I. MERZAGORA BETSOS, Compendio di criminologia, Milano, 2008.

sostanze assunte e dalle caratteristiche bio-psico-sociali dell’indivi- duo13.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la tossicodipen- denza una malattia ad andamento cronico e recidivante che «spinge» l’individuo ad assumere sostanze stupefacenti in dosi costanti o cre- scenti, per avere temporanei effetti benefici soggettivi, la cui persisten- za è indissolubilmente legata alla continua assunzione della sostanza14.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dunque, la dipen- denza è la condizione psichica e fisica derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica ed è caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che implicano il bisogno compul- sivo di assumere la sostanza in modo continuativo e periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere derivante dalla sua privazione.

La tossicodipendenza è dunque una malattia: un’entità patologica complessa, con componenti fisiche e psichiche, caratterizzata sostan- zialmente da un decorso cronico e recidivante.

Le cause biologiche, psicologiche e sociali sono riconducibili alla influenza della famiglia e della società, e alla disponibilità di sostanze psicoattive, su persone dalle specifiche caratteristiche psicologiche e – probabilmente – neurobiologiche.

Il tossicodipendente ha un comportamento improntato ad un definito stile di vita, centrato sulla droga di elezione. La tossicodipendenza de- termina conseguenze bio-psico-sociali come effetti psicotropi, dipen- denza, tolleranza, patologie correlate, tratti di personalità che il tossi- comane sviluppa, problemi familiari, relazionali, occupazionali e giudi- ziari.

Secondo la definizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders15, la dipendenza da sostanze è caratterizzata dalla presenza di almeno tre dei seguenti criteri manifestati nell’arco di un anno:

13 G. G

ULOTTA, M. SANTAMARIA, Neuroscienze, processo penale e tossicodipen-

denze, in Psicologia & Giustizia, XIX, n. 2, 2018, pp. 1 e ss.

14 http://www.federserd.it/files/download/mission27.pdf, p. 18.

1. astinenza manifestata con effetti fisici o psicologici negativi nel mo- mento in cui l’individuo smette di assumere la sostanza o ne riduce la quantità;

2. assunzione della sostanza in quantità maggiori e per periodi di tempo più prolungati rispetto al previsto determinata dal fenomeno della «tolleranza»: l’uso costante della sostanza rende l’organismo meno sensibile e l’effetto della sostanza tende a diminuire;

3. investimento di una gran quantità del tempo in attività necessarie a procurarsi la sostanza o a riprendersi dai suoi effetti;

4. interruzione o la riduzione della partecipazione a molte attività socia- li, lavorative o ricreative a causa dell’uso della sostanza;

5. uso continuativo della sostanza nonostante i problemi psicologici o fisici da essa prodotti o acuiti;

6. uso eccessivo della sostanza e i tentativi infruttuosi di sospendere o controllare l’uso della stessa.

Il decorso naturale di questa malattia è per circa un terzo dei soggetti positivo, ovvero giunge a guarigione con una presumibile restitutio ad integrum (anche se spesso non si ha documentazione dei danni cerebrali prodotti nella fase dell’esposizione) senza alcun intervento terapeutico o con un minimo intervento terapeutico appropriato.

I restanti due terzi dei soggetti hanno invece un’evoluzione che va verso la cronicizzazione, nel senso stretto del termine, ovvero la persi- stenza dei sintomi per più di sei mesi.

Di questi pazienti una parte, con un intervento terapeutico appro- priato, può raggiungere una condizione di «malattia asintomatica» ca- ratterizzata dall’assenza di segni e sintomi per mesi, anni o decenni ver- so una forma cronica evolutiva mentre, l’altra parte, purtroppo, svilup- pa quella che si definisce dipendenza cronica recidivante e presenta fasi alterne caratterizzate da stabilizzazioni e ricadute più o meno frequenti e di durata variabile16.

Tale dipendenza presenta i tratti descritti sia dal DSM che dall’Or- ganizzazione Mondiale della Sanità, bisogna tuttavia specificare che in presenza di un uso meramente sporadico delle sostanze psicoattive, la

16 I contesti sociali, la struttura di personalità e la frequente contemporanea presen-

diagnosi di dipendenza non sussisterebbe, pertanto non si devono con- fondere l’utilizzo, che può quindi anche essere sporadico, con la tossi- codipendenza, che invece implica un percorso continuo, compulsivo e patologico.

Secondo la neurobiologia delle dipendenze, la tossicodipendenza, così come l’alcolismo, è un disordine comportamentale «appreso», in- dotto dall’uso cronico di qualsiasi sostanza stupefacente e alla cui base sono presenti precise alterazioni di specifici meccanismi omeostatici che giustificano l’alterazione dei sistemi della gratificazione e della motivazione al cambiamento; l’assunzione di sostanze che generano un danno fisico, psicologico, affettivo, emotivo o sociale è infatti conside- rata una sindrome bio-psico-sociale.

Numerose, invero, sono le definizioni che riguardano il fenomeno della tossicodipendenza non esistendo un sistema assoluto di lettura della dipendenza in grado di spiegarne la complessità in un quadro di «enunciati logicamente coerenti»17.

Poiché le sostanze psicoattive sono dotate di azione farmacologica diretta sul sistema nervoso centrale e sono in grado di influenzare l’in- dividuo nella sua interezza fisica e psichica, il consumo di sostanze è sempre più spesso associato alla compromissione della sfera psichica a diversi livelli, dal disagio psicologico ai disturbi psichiatrici18.

Invero, tale associazione non pare essere limitata alle sole ipotesi di vera e propria dipendenza dalle sostanze stupefacenti, ma riguarda in generale anche il solo consumo di sostanze19.

Non è ancora chiaro se sia proprio l’uso di sostanze stupefacenti a provocare la compromissione della sfera psichica o se, al contrario vi sia una predisposizione psicopatologica che induce a consumare so- stanze, ma quello che certamente si è riscontrato è un innalzamento del tasso di problemi a livello psichico, dai disturbi d’ansia e dell’umore,

17 B. S

ILVESTRINI, Tossicomanie: definizioni e classificazioni, in Annali Istituto Su-

periore della Sanità, 2002, 38 (3), pp. 211 e ss.

18 http://www.iss.it/binary/drog4/cont/Relazione_al_parlamento_2015.pdf, Relazio-

ne annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia 2015, pp. 340 e ss.

19 Lo stesso DSM, tenendo conto del nuovo scenario dei consumi, non considera

separatamente le diagnosi di «abuso» e di «dipendenza», ma le fonde in un unico di- sturbo da uso di sostanze, graduandolo da lieve a grave.

alle fobie, ai comportamenti ossessivo-compulsivi, alle psicosi talvolta irreversibili, associate al consumo anche non continuativo di sostanze stupefacenti.

Il concetto di «doppia diagnosi» si riferisce proprio alla condizione, sempre più osservabile nella pratica clinica, di comorbidità tra un di- sturbo da uso di sostanze e un disturbo psichiatrico, ovvero la coesi- stenza di più patologie in uno stesso individuo.

Così, secondo quanto riportato nella Relazione Annuale al Parla- mento sullo stato delle tossicodipendenze 2015, cresce il numero di consumatori indirizzati dai servizi pubblici a Comunità terapeutiche specifiche per soggetti con doppia diagnosi e le stesse Società scientifi- che di psichiatria segnalano un preoccupante incremento di soggetti in giovane età, per i quali sono state diagnosticate vere e proprie psicosi.

Purtroppo non esistono ad oggi statistiche ufficiali sulla dimensione della comorbidità psichiatrica nei consumatori di sostanze stupefacenti e i limitati dati disponibili presentano forti criticità in termini di con- traddittorietà e difformità, dovuti soprattutto alla mancanza di una vera sistematicità e di rigore nel metodo di raccolta20.

Lo stesso Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze21 presen- ta un dato sottostimato in punto di comorbidità, quando afferma che nel 2015 presentavano almeno una patologia psichiatrica 8.305 soggetti pari al 6,2% dei soggetti in trattamento presso i Ser.D.

Ad ogni modo secondo il SIND il 61,7% di tali persone era affetto da disturbi della personalità e del comportamento, il 20,7% da sindromi nevrotiche e somatoformi, l’11,1%% da schizofrenia e altre psicosi funzionali, il 2,6% da depressione e l’1,6% da mania e disturbi affettivi bipolari. Tale distribuzione è simile a quella rilevata nel 2014 nella qua- le le stesse percentuali erano pari, rispettivamente, al 63,1%, al 20,6%, al 10,1%, al 2,2% e all’1,7%22.

20 Si vedano A. B

ONETTI, Tossicodipendenza e doppia diagnosi: la relazione d’aiu-

to in comunità, Milano, 2005; P. RIGLIANO, Doppia diagnosi: tra tossicodipendenza e

psicopatologia, Milano, 2015.

21 Conosciuto anche con l’acronimo SIND che sarà di qui in avanti utilizzato. 22 http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/030/