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L’INTERPRETAZIONE DEI CARATTERI SOCIO ECONOMICI NELLA “NAPOLI DE FACTO”

L’ANALISI SOCIO-ECONOMICA

Popolazione residente. Per la “Napoli de facto”, l’analisi spaziale delle variazioni di

popolazione residente tra il 2001 ed il 2011 è effettuata alla scala degli ambiti territoriali omogeni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (zone OMI), aggregando i valori ricavati dalle frazioni censuarie dell’Istat (Fig. 6)6.

Le variazioni della popolazione mostrano uno scenario in cui possono essere classificate tre distinte zone omogenee e concentriche.

· Un nucleo centrale, composto dalle municipalità Avvocata-Mercato, Vicaria e parte della municipalità Stella-S.Carlo all’Arena (il centro storico), in cui non vi sono rilevanti variazioni della popolazione. All’interno di questo nucleo si rileva un

Massimiliano Bencardino, Antonio Nesticò // I VALORI IMMOBILIARI

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leggero aumento di abitanti per le zone costiere e una lieve perdita per quelle più interne.

· Una prima fascia, che risulta formata dalle zone di Fuorigrotta, Soccavo, della municipalità Chiaia-Posillipo-S.Ferdinando e Vomero-Arenella, dalle aree di Capodimonte, Colle Aminei e Piscinola-Scampia, dalle municipalità Miano- Secondigliano-S.Pietro a Patierno e Ponticelli-Barra-S.Giovanni a Teduccio, dalla fascia costiera di S. Giorgio a Cremano, Portici ed Ercolano, nonché dai Comuni di Arzano e Casoria, Grumo Nevano e Frattamaggiore. In questa si registra una significativa riduzione della popolazione.

· Una seconda fascia, costituita dalle zone costiere di Pozzuoli, dai Comuni di Giuliano in Campania, Quarto, Villaricca, Qualiano, Mugnano, Melito, S. Antimo, Cardito, Acerra, nonché da un ambito che comprende parte dei Comuni di Afragola, Casalnuovo di Napoli e l’intero Comune di Volla, in cui si evidenziano – al contrario rispetto alla prima fascia – significativi aumenti della popolazione.

Da segnalare che la prima fascia, sebbene disegni una corona geografica intorno al centro storico, omogenea e quasi completamente interna al Comune di Napoli, mette insieme indistintamente sia le grandi aree di edilizia economica e popolare sia i quartieri di maggior pregio. In tale corona si riscontra la riduzione più accentuata di popolazione, con una perdita pari a circa 60.000 abitanti tra il 2001 ed il 2011, in un sistema urbano che complessivamente ne perde poco più di 22.000. Pertanto, tenuto conto che il centro storico (nucleo del sistema) è pressoché stabile, nella seconda corona, quella più esterna, vi è un aumento della popolazione di circa 40.000 abitanti.

Assumendo la “Napoli de facto” come un sistema urbano, secondo il modello di Van den Berg (1982) l’area è interessata da contemporanea disurbanizzazione e suburbanizzazione. Si può parlare di disurbanizzazione poiché il sistema ha nel complesso una variazione negativa di popolazione, registrata soprattutto nell’ultimo decennio, la quale si va a sovrapporre ad un più antico processo di suburbanizzazione7, le cui origini risalgono a prima degli anni ‘70 e si protraggono a tutt’oggi (Tab. 1).

Tabella 1 - Evoluzione della popolazione nella “Napoli de facto” secondo il modello di

Van den Berg.

Pop. ‘71 Pop. ‘81 Pop. ‘91 Pop. ‘01 Pop. ‘11

Napoli 1.226.604 1.212.387 1.067.365 1.004.500 962.003 Corona urbana 812.624 1.006.618 1.146.261 1.237.818 1.258.281 Napoli di fatto 2.039.228 2.219.005 2.213.626 2.242.318 2.220.284 Società, Economia e Spazio a Napoli // SEZIONE 4

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Var. ‘71-‘81 Var. ‘81-‘91 Var. ‘91-‘01 Var. ‘01-‘11

Napoli -14.217 -145.022 -62.865 -42.497

Corona urbana 193.994 139.643 91.557 20.463

Napoli di fatto 179.777 -5.379 28.692 -22.034

Infatti, negli anni ‘70 l’intera corona urbana veniva interessata da una crescita della popolazione, contrariamente a quanto accadeva a Napoli. In quella fase, i processi di espansione si indirizzavano verso le aree di nuova suburbanizzazione8, ovvero verso i Campi flegrei ed i quadranti nord-occidentale e nord-orientale. L’alleggerimento demografico del Comune di Napoli non ha determinato, però, un indebolimento della forte polarizzazione funzionale del capoluogo (Amato, 2008). Sono nate, invece, in modo caotico e disordinato, periferie che hanno inglobato le aree industriali, attive o dismesse, e gli assi principali di collegamento. Progressivamente, poi, anche altri comuni hanno visto frenare i tassi di crescita fino a perdere popolazione: negli anni ‘80 Frattamaggiore, Cercola e Portici, a cui si sono aggiunti negli anni ‘90 Grumo Nevano, Arzano, Casavatore,

Figura 7 - Tassi di variazione della popolazione (Nostra elaborazione)

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Ercolano e Pomigliano d’Arco, e poi anche Marano di Napoli, Casoria, Cercola, Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio e S. Anastasia negli anni 2000. Il sistema, quindi, si avvicina progressivamente ad una stabilizzazione, dovuta al rallentamento della crescita delle periferie.

Di contro, nello scenario appena descritto, si evidenziano segnali di riurbanizzazione. Infatti, analizzando i tassi di variazione della popolazione secondo il modello di Van den Berg (Fig. 7), si rileva come i tassi di decrescita del Comune di Napoli (“core”) siano in inversione di tendenza oramai dagli anni ‘80 e potrebbero divenire positivi nel prossimo censiment0 statistico. Tant’è che dall’analisi spaziale dell’andamento della popolazione alla scala delle zone OMI, già si registra, secondo le ultime rilevazioni statistiche, un cambiamento di segno di questi tassi in una porzione del comune, rappresentata dal nucleo storico della città (Fig. 6).

In definitiva, l’analisi in base ai criteri di Van den Berg mostra i segnali di un possibile prossimo cambiamento di fase nel ciclo di vita della città. D’altronde, un’inversione di tendenza nei processi di suburbanizzazione, verso una nuova urbanizzazione (ovviamente diversa da quella degli anni ’50), trova conferma in molte città della Regione Campania (Bencardino, 2015).

Figura 8 - Reddito pro-capite medio a scala comunale (Nostra elaborazione)

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Livello di reddito e concentrazione di ricchezza prodotta. Come in premessa,

parametri che incidono sullo sviluppo urbano e, per effetto, sui valori patrimoniali, sono i livelli di reddito che il territorio è in grado di produrre e la capacità dei sistemi produttivi e di governance di generare un’equa distribuzione della ricchezza tra i diversi ceti sociali e i vari operatori economici. Tali parametri possono essere espressi rispettivamente tramite il reddito pro-capite e l’indice di Gini.

I risultati delle elaborazioni e delle analisi spaziali su tali indicatori, condotte su dati Istat, trovano sintesi nelle figure 8 e 9.

Entrambe le tavole delineano profili territoriali similari, con valori del reddito medio pro-capite più elevati nel Comune di Napoli, di Portici e di San Sebastiano al Vesuvio, cui corrispondono anche più alti valori dell’indice di Gini, indicativi di più marcati meccanismi di sperequazione.

Nel complesso il territorio analizzato risente del ruolo di primate svolto dal Comune di Napoli, che con i suoi 21.200 €/ab. supera di molto la media regionale di 16.300 €/ab. (contro una media nazionale di 19.660 euro), in un quadro di generale crisi della Regione Campania, ultima in Italia nelle più recenti rilevazioni.

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E, allo stesso tempo, Napoli si presenta come territorio di più marcati meccanismi di sperequazione, con un indice di Gini pari a 0,46 contro lo 0,33 regionale e lo 0,31 nazionale, seppur in un generalizzato andamento che accomuna tutto il Mezzogiorno.