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PUBBLICO E PRIVATI NEI PROCESSI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA A NAPOL

LE DEBOLEZZE DELL’ATTORE AMMINISTRATIVO

In un contesto istituzionale in continua trasformazione, che ridefinisce ruoli e funzioni degli attori responsabili del governo del territorio, l’affermazione di una leadership istituzionale efficace va sempre più intesa in termini di coordinamento, di equilibrio dei poteri e delle competenze variamente coinvolti piuttosto che come esercizio unilaterale del potere e dell’autorità.

Nell’attuazione del GP, invece, emergono con una certa evidenza elementi che denotano un pubblico incerto nel suo ruolo di attore “guida” dei processi di governance. Sia rispetto alla necessità di impedire il prevalere di relazioni asimmetriche e di derive privatistiche sia, come si dirà più oltre, di riannodare e coordinare le diverse competenze della filiera istituzionale intorno ad una visione dinamica e più ampia dello sviluppo urbano. La decisione di stipulare il Protocollo e di introdurre l’istituzione della Cabina di regia come impegno vincolante, è stata in buona misura veicolata dal privato. Il quale ha ottenuto già, come riferito dagli stessi protagonisti della vicenda, alcuni importanti risultati. La legittimazione di tutta l’iniziativa, la possibilità di promuovere verso l’esterno i singoli interventi, controllare dall’interno la burocrazia, sono vantaggi che individualmente e in assenza della partnership non sarebbero riusciti a ottenere.

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Al di là della retorica della cooperazione per l’interesse collettivo, l’obiettivo di chi ha aderito al Comitato, e per il suo tramite alla partnership, rimane il perseguimento dell’interesse privato, la valorizzazione dei singoli interventi, la realizzazione di un profitto economico.

Per quanto riguarda, invece, la decisione da parte dell’attore pubblico di aprire un dialogo con i privati, ha avuto un’influenza decisiva l’Unione Europea. Il richiamo, nelle linee di indirizzo e nei programmi, alla logica della partnership, l’oggettiva difficoltà per l’amministrazione di misurarsi con i tecnicismi e le procedure della burocrazia di Bruxelles, i tempi stringenti di realizzazione richiesti per la certificazione della spesa, sono elementi che hanno giocato molto a favore di questa collaborazione. In mancanza della quale, con ogni probabilità il GP non avrebbe avuto, nei tempi, l’approvazione definitiva da parte della Commissione.

Sull’importanza di incoraggiare la formazione di partenariati socio-istituzionali per lo sviluppo dei territori, l’amministrazione ha trovato nel Comitato una valida sponda, un attore che si presenta come formalmente diverso dalle ufficiali istituzioni di rappresentanza degli interessi (Confindustria, ACEN, etc) e che esce fuori dagli schemi tradizionali del partenariato. Riguardo, invece, alle difficoltà connesse alle procedure di gestione dei finanziamenti pubblici europei poter contare sull’esperienza e le conoscenze tecniche dei privati rappresenta per l’amministrazione un bagaglio di risorse sostanziale su cui poter far affidamento per accelerare i tempi di realizzazione degli interventi. Un vantaggio concreto e non trascurabile se si considera che la concessione di finanziamenti agevolati è subordinata alla verifica della cantierabilità delle opere e dei progetti; una delle condizioni rispetto alle quali si è spesso rilevata la scarsa capacità delle amministrazioni meridionali nella definizione dei programmi di investimento.

La difficoltà di coordinamento programmatico tra i due attori chiave del processo di rigenerazione dell’area, Comune e Regione, è l’altro cruciale aspetto di debolezza dell’azione amministrativa su cui vale la pena soffermarsi.

Una delle questioni spinose e più dibattute in tema di politiche di sviluppo urbano è la rigidità dello strumento del Piano urbanistico comunale, delle sue regole d’uso degli spazi e di conformazione dei suoli che mal si adattano a interpretare gli scenari a lungo termine che determinate realtà possono esprimere (Urbani, id). Soprattutto, quando questi non trovano una compiuta e chiara definizione ad un più alto livello decisionale e programmatorio.

Uno scenario che di fatto manca al progetto di riqualificazione dell’area orientale, che sconta la fragilità dei tentativi di razionalizzazione del territorio compiuti a scala regionale e di area vasta, e delle loro connessioni con gli obiettivi e i contenuti della programmazione socio-economica12. Ciò che mostra ancora una debolezza, infatti, è la capacità della classe dirigente locale di rileggere la città in termini di flussi; di affrontare la sfida della competitività urbana prestando attenzione ai cambiamenti

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delle configurazioni spaziali e organizzando il complesso di risorse economiche, sociali e culturali presenti (Calafati, 2009). Un punto debole del sistema di governo territoriale che anche la Regione non è, ad oggi, riuscita a colmare nonostante la virata neoregionalista nella governance delle politiche per lo sviluppo economico e urbano (De Vivo, Sacco, 2008). Invero, la stessa scelta della Regione di istituire l’Unità Operativa Grandi Progetti, per rafforzare le funzioni di coordinamento del processo di implementazione di tutti i GP e supplire a quelle di carattere gestionale, non risponde prioritariamente a finalità strategiche e di governance interistituzionale. Al di là dell’obiettivo di efficacia che motiva tale scelta – porre in essere le procedure di velocizzazione della spesa dei fondi strutturali – l’istituzione di questa nuova struttura rimarca un diverso posizionamento della politica regionale volto a controllare e direzionare i progetti che si presentano come cruciali per l’elevata quota di risorse stanziate e per gli interessi coinvolti13. Nei confronti del ruolo dell’amministrazione comunale, questo cambiamento organizzativo può essere letto come un segnale della volontà della Regione di subentrare nella definizione e realizzazione dei percorsi di sviluppo, riconducendoli sotto la sua sfera di influenza e di azione e affidandone la direzione ad un soggetto propriamente politico. Si conferma, in altre parole, una tendenza di neo-centralismo regionale che si esprime anche attraverso funzioni di coordinamento più orientate alle istanze della programmazione e alla gestione delle risorse finanziarie, che al metodo dell’ascolto e della partecipazione (Avolio, 2006).

RIFLESSIONI CONCLUSIVE: LA FATICOSA COSTRUZIONE DELL’INTERESSE