GLI STUDI DI SETTORE COME AUTOMATISMO ACCERTATIVO
2.4 Analisi della territorialità: gli studi su base regionale e comunale
Ai fini di una corretta elaborazione degli studi di settore viene attribuita una valenza assai significativa all’analisi delle caratteristiche dello sviluppo socio-economico dell’area territoriale in cui il soggetto opera, per cui vengono esaminati, in particolare, il livello dei prezzi, le condizioni e le modalità operative, le infrastrutture esistenti e utilizzabili, la capacità di spesa e la tipologia dei fabbisogni196. Questi aspetti rispondono alla necessità di collegare il soggetto alla realtà produttiva che più lo rispecchia in termini di attitudine alla realizzazione dei ricavi.
L’articolo 1 del D.M. 30 marzo 1999 individua le «aree territoriali omogenee» sulla base delle quali sviluppare le modalità di applicazione degli studi, considerando principalmente il luogo in cui viene svolta l’attività economica ed il grado di benessere, il livello di qualificazione professionale e la struttura economica ad esso connessi. La proposta di legge n. 3087 del 27 settembre 2007 ha seguentemente proposto di porre i risultati degli studi di settore ancora più aderenti alla realtà mediante una nuova articolazione territoriale degli osservatori stessi con rispettiva attribuzione di nuove funzioni. Di conseguenza, in ottica di attuazione del federalismo fiscale, a decorrere dal 1 gennaio 2009, gli studi di settore vengono elaborati su base regionale e comunale, come previsto dal comma 19 dell’art. 83, del D.L. n. 112 del 25 giugno 2008.
L’Agenzia, con la precedente circolare n. 58/E del 26 ottobre 2007, ha chiarito i compiti, nonché le modalità di funzionamento degli osservatori nell’ambito della regione di riferimento. In sostanza, essi devono monitorare le realtà economiche locali e raccogliere dati ed informazioni utili ai fini dell’applicazione degli studi in fase di accertamento.
È evidente l’estrema rilevanza dell’elemento territoriale, poiché «dallo stesso possono
derivare, a parità di ogni altra condizione di esercizio dell’attività, considerevoli differenze in termini di ricavi o compensi»197. Infatti, la circolare del 2007 si esprime in questi termini sul tema: «la domanda ed il costo dei fattori produttivi hanno una stretta correlazione con il
luogo ove la specifica attività è collocata per cui, a parità di ogni altra condizione, la realtà territoriale può incidere notevolmente sulla capacità del singolo soggetto di produrre ricavi o compensi, sulla struttura dei costi, e, di conseguenza, sul reddito». Tuttavia, gli osservatori
regionali si adoperano nella migliore individuazione, a livello territoriale, dei soggetti che
196 P
ERLI F., BARZANÒ A., Studi di settore, op. cit., pag. 43.
197 V
ILLANI M., ATTOLINI S., Come difendere il contribuente dagli studi di settore, op. cit., pag. 111. A titolo esemplificativo, si pensi alla capacità di spesa della singola zona territoriale esaminata, alle infrastrutture esistenti ed utilizzabili, alla tipologia dei fabbisogni ed al livello dei prezzi.
59 esercitano l’attività in condizioni di normalità economica, sulla base delle circolari n. 31/E e 38/E del 2007198.
L’analisi viene condotta seguendo un programma ben definito, in modo compatibile con quanto previsto dall’art. 62-bis del D.L. n. 331/1993: per cui si parte dall’individuazione di una serie di indicatori che colgano con attenzione gli aspetti sopra illustrati e, successivamente, si predispongono le aree territoriali omogenee in relazione a questi ultimi. Dopodiché, si procede con la selezione di «campioni significativi di contribuenti appartenenti
ai medesimi settori da sottoporre a controllo».
È stato in seguito emanato il D.M. del 19 maggio 2009, il quale prevede che gli studi su base regionale o comunale devono essere elaborati progressivamente entro il 31 dicembre 2013199, considerando anche l’art. 10-bis della Legge n. 146/1998. Peraltro l’art. 2 del D.M. citato precisa che il processo di elaborazione degli studi deve peraltro tenere conto200:
del grado di differenziazione a livello territoriale dei prezzi e delle tariffe relativi alle prestazioni di servizi o cessioni di beni operate dalle imprese e dagli esercenti arti e professioni e dei costi di approvvigionamento dei fattori impiegati nel processo produttivo;
del grado di differenziazione a livello territoriale dei modelli organizzativi che caratterizzano la specifica attività economica.
In seguito l’art. 3, al fine di garantire l’effettiva partecipazione dei comuni al procedimento di elaborazione degli studi, prevede che essi debbano contribuire alla determinazione di «specifiche condizioni di esercizio delle attività economiche a livello locale, rilevanti sia ai
fini della revisione degli studi di settore che della relativa applicazione in sede di accertamento». A tal fine, tra gli osservatori regionali201, ci dev’essere un rappresentante
dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.
198 Nella circolare n. 38/E del 2007 (ed, in seguito, nella circolare n. 58/E del 2007) è stato evidenziato che lo
svolgimento dell’attività in condizioni di marginalità economica può essere determinato da una serie di fattori risultanti dall’analisi economica, per cui «l’attività effettuata dagli osservatori regionali potrebbe contribuire
all’individuazione di ulteriori elementi, nonché alla migliore e concreta definizione di quelli già individuati».
199
L’art. 83, comma 20, del D.L. n. 112/2008 (convertito nella Legge n. 133 del 2008) riporta che «con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di attuazione del comma 19, prevedendo che l’elaborazione su base regionale o comunale avvenga con criteri di gradualità entro il 31 dicembre 2013 e garantendo che alla stessa possano partecipare anche i comuni, in attuazione della previsione di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248».
200 Vedasi V
ILLANI M., ATTOLINI S., Come difendere il contribuente dagli studi di settore, op. cit., pag. 108.
201 Istituiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 ottobre 2007. Con tale
provvedimento sono stati contestualmente soppressi gli osservatori provinciali che erano stati istituiti con il decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate del 15 aprile 1999.
60 È altresì intervenuta la circolare n. 34/E del 18 giugno 2010, nella quale l’Agenzia delle entrate ha previsto che «la numerosità delle imprese riconducibili ad un determinato cluster
sia sufficientemente alta, al fine di garantire la significatività statistica del dato analizzato».
Sulla base di queste indicazioni sono stati elaborati 408 differenti gruppi omogenei di imprese e, di conseguenza, per ogni gruppo omogeneo e per ciascuna regione sono state determinate le funzioni di ricavo, in modo tale da registrare complessivamente 408 “funzioni regionali” di ricavo. Successivamente sono stati predisposti gli aggiornamenti necessari per un’attendibile analisi territoriale e, per alcuni studi di settore, sono state attuate delle modifiche delle variabili e dei rispettivi coefficienti della funzione di ricavo e dei coefficienti di determinazione dei maggiori ricavi per l’applicazione degli indicatori di normalità economica202.
In conclusione, si può sostenere che solamente così inquadrati gli studi e tutti gli aspetti ad essi correlati potranno consentire al “sistema-Paese” di possedere uno strumento che rilevi le attività presenti sul territorio, distinguendole per settori e localizzazione, affinché si possa trarre un vantaggio economico da tale gestione.