GLI STUDI DI SETTORE COME AUTOMATISMO ACCERTATIVO
2.7 Problematiche in merito all’attendibilità dei dati: legittimità di un accertamento basato solo sugli studi di settore
Ai fini della ricostruzione indiretta dell’imponibile di imprese e professionisti lo strumento presuntivo degli studi di settore mostra la sua utilità ma, allo stesso tempo, fa sorgere dei contrasti in merito all’attendibilità dei risultati che derivano dalla sua applicazione.
In particolare, la verifica della correttezza dei risultati viene effettuata da un’apposita Commissione di esperti, composta sia da rappresentanti dell’Amministrazione finanziaria sia da rappresentanti delle categorie professionali e delle associazioni di categoria. L’attività svolta nella fase di verifica consiste nel valutare l’idoneità del singolo studio a rappresentare la realtà economica delle imprese di riferimento246. In questa prospettiva, l’attendibilità dei risultati è correlata ad una precisa individuazione dei dati contabili e delle variabili utilizzate dal programma nella formazione della funzione di ricavo.
È opportuno rilevare che si ottengono risultati affidabili riguardanti la realtà di ogni singolo soggetto solamente laddove si realizzino tutte le ipotesi di partenza, le quali si possono identificare247:
nell’effettiva coincidenza dell’attività svolta dal contribuente rispetto a quella della rispettiva impresa-tipo;
nella conformità delle modalità di svolgimento dell’attività svolta sulla base dei modelli organizzativi considerati dal relativo studio di settore;
nell’assenza di elementi straordinari che potrebbero incidere sulla situazione economica dell’impresa in un dato periodo d’imposta.
Un eventuale errore statistico potrà essere rilevato relativamente al valore minimo ammissibile nella configurazione dell’intervallo di confidenza. Invero, l’aprioristica contestazione dei dati ricavati dagli studi ovvero, a titolo esemplificativo, il fatto di ritenere che l’accertamento basato su di essi (in particolare sul ricavo puntuale) possa essere
245 B
ELOTTI R., QUARANTINI S., Studi di settore: adeguamento al ricavo minimo e a quello puntuale, op. cit., pag. 2426.
246 P
INO C., Sull’attendibilità degli accertamenti basati sugli studi di settore, op. cit., pag. 860.
247
72 ammissibile soltanto nella circostanza in cui lo scostamento superi del 25/30% i ricavi dichiarati non può, in linea di principio, essere considerato legittimo, poiché non esiste alcuna disposizione di legge che preveda questa situazione. Di fatti, le basi per ritenere attendibile un accertamento non vengono fissate in via preventiva data la necessità di adeguare i risultati stimati dalla procedura con la realtà in cui versa ogni singolo contribuente.
Considerato il ragionamento presuntivo degli studi, ovvero il fatto di determinare induttivamente il “fatto ignoto” elaborando il “fatto noto”, è inevitabile notare delle fattispecie la cui fondatezza risulta incerta e discutibile. Nell’eventualità che il fatto noto si basi su elementi incerti, incompleti e poco trasparenti «viene immancabilmente a cadere la stretta
connessione con la plausibile individuazione del fatto ignoto, per cui occorrono necessariamente altre prove ed indizi gravi, precisi e concordanti per corroborare statistiche così formulate»248. Per questo motivo l’Ufficio non può limitare l’analisi della posizione del singolo soggetto alle risultanze degli studi, ma deve sviluppare una valutazione inerente alla ragionevolezza del risultato proveniente da Ge.Ri.Co.
Riguardo la legittimità di un accertamento incentrato su tecniche inferenziali complesse come gli studi di settore, la Corte di Cassazione249 ha confermato l’inammissibilità della determinazione induttiva del reddito, attraverso l’uso di procedure standardizzate e di valori matematico-statistici, ove l’Ufficio «perda di vista la capacità contributiva effettivamente
manifestata dal soggetto che si intende sottoporre a prelievo»250. L’orientamento della Corte appare condivisibile, poiché si tratta di dati originati da elaborazioni astratte che non analizzano con la giusta attenzione la situazione concreta in cui il contribuente è coinvolto. Pertanto, occorre valutare nel complesso la realtà aziendale, adeguando la potenziale ricostruzione sulla base dei dati effettivi. Inoltre, sebbene gli studi rientrino tra gli strumenti accertativi di tipo presuntivo, la Corte ha acconsentito l’utilizzo di tali mezzi ai fini della ricostruzione dell’imponibile di imprese ed esercenti arti e professioni; per cui i dati desunti dall’applicazione induttiva possono essere legittimamente posti a fondamento di un atto impositivo.
Una concezione opposta è stata invece sostenuta in dottrina, data la mancanza di una disposizione che affianchi al tributo sul «possesso del reddito» un tributo sul «potenziale del
248 In questo modo si pronuncia FIACCADORI S., La prova contraria per superare la presunzione da studi di
settore e la difesa del contribuente, in Bollettino tributario, 2010, pag. 253.
249 In tal senso Cassazione 15 dicembre 2003, n. 19163, in Bollettino tributario, 2004, pag. 699; Cassazione 3
febbraio 2006, n. 2411, ivi, 2006, pag. 1741; Cassazione 30 giugno 2006, n. 15124, ivi, 2007, pag. 466.
250
73
reddito»251: invero, i risultati derivanti dall’applicazione degli studi non possono fondare da soli un accertamento. Per l’appunto, la legittimità di un accertamento venne esclusa qualora l’Amministrazione ridetermini il reddito ricorrendo a rettifiche focalizzate solamente su alcuni parametri economici, quali possono essere le percentuali di ricarico252. Pertanto risulta infondata la presunzione di ricavi basata su una percentuale di ricarico desunta dalle medie di settore. In tal senso, autorevole dottrina sostiene che un accertamento che esprime un «mero
raffronto tra il margine di utile ottenuto da un’impresa e la percentuale di ricarico riscontrata mediamente nel gruppo dei suoi concorrenti è […], in linea di principio, viziato da invalidità»253.
In un secondo tempo anche la Corte Suprema254 ha condiviso la tesi assunta in dottrina ed ha sostenuto l’inidoneità dei risultati ottenuti a contestare l’accertamento dei fatti ritenendo necessario, durante la fase procedimentale di elaborazione del contenuto dell’atto, instaurare un contraddittorio tra Ufficio e contribuente. In sostanza, la Cassazione non ha affermato la totale inutilizzabilità degli studi in sede di rettifica presuntiva dei redditi dichiarati, bensì ha attestato la loro natura di «atti amministrativi generali di organizzazione»255. Per cui l’impiego dei soli studi di settore non si può considerare sufficiente «senza che l’attività
istruttoria amministrativa sia completata nel rispetto del principio generale del giusto procedimento, consentendo cioè al contribuente, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 212 del 27 luglio 2000, di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire il giudice tributario»256.
Quindi, in forza dell’art. 70 della Legge 21 novembre 2000, n. 342, l’Ufficio ha l’obbligo di invitare il contribuente ad esporre la sua situazione reddituale spiegando altresì i motivi dello scostamento tra i risultati gestionali conseguiti e le stime dello studio di settore di appartenenza. Data l’indisponibilità della pretesa tributaria il contribuente potrà esclusivamente apportare delle ragioni giustificatrici in merito allo scostamento rilevato
251 G
AFFURI A. M., Studi di settore e normalità economica, op. cit., pag. 1405. In VERSIGLIONI M., Prova e studi
di settore, Giuffrè Editore, Milano, 2007, pag. 226 l’autore sostiene l’assenza di norme che legittimano gli
accertamenti fondati solo sugli studi. Esso ritiene gli studi di settore «concorrenti in via necessaria, ma non
esaustiva» alla formazione dei relativi accertamenti.
252 L
UPI R., Diritto tributario. Parte generale, Giuffrè Editore, Milano, 2000, pag. 224 le definisce come «rapporto tra i ricavi contabilizzati e gli acquisti registrati nella contabilità».
253 GAFFURI A. M., Studi di settore e normalità economica, op. cit., pag. 1404.
254 Si cita la sentenza della Corte Suprema di Cassazione, 28 luglio 2006, n. 17229, in Bollettino tributario, 2006,
pag. 1738 e la sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009.
255 N
OCERA C., Il contraddittorio nella recente prassi e giurisprudenza in materia di studi di settore, in BORIA
P., Studi di settore e tutela del contribuente, op. cit., pag. 239.
256 Cassazione, Sentenza 28 luglio 2006, n. 17229. Sul tema vedasi S
CIARRA T., Senza il contraddittorio
anticipato è illegittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore, in Corriere tributario, 2006, pag. 3053 ss;
VOGLINO A., Saggi rigori giurisprudenziali sull’accertamento basato sugli studi di settore, in Bollettino tributario, 2006, pag. 1739.
74 dall’Ufficio. Peraltro, in dottrina è stato affermato che «le indicazioni di valore contenute
negli studi sono la base di partenza per un confronto con le ragioni dell’imprenditore o del professionista»257.
Di conseguenza, qualora la fase di istruttoria dovesse essere perfezionata in sede di contraddittorio preventivo con il contribuente, la susseguente rettifica amministrativa sarebbe giustificata, anche se realizzata solamente sulla base delle risultanze degli studi. In effetti, la Corte di Cassazione richiede che la ridefinizione dei ricavi e dei compensi, condotta in funzione degli studi, debba essere confermata dal valore effettivo degli elementi indizianti posti alla base degli studi stessi. E quest’attribuzione si ottiene anche attraverso il contraddittorio258.
I Supremi Giudici hanno recentemente affermato che l’art. 39 del D.P.R. 600/1973 ha legittimato l’Ufficio fiscale, nella pratica di accertamento induttivo, a basarsi su alcuni «elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente»259, i quali sono standardizzati all’interno di ogni specifica categoria di riferimento. Operando in questo senso, l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, ovvero alcune peculiarità tipiche del comparto merceologico interessato o, più specificamente, riguardanti il soggetto coinvolto260.
L’Ufficio deve, peraltro, indicare nell’atto impositivo il procedimento logico che lo ha indotto all’accertamento in questione e, inoltre, dimostrare l’affidabilità dei risultati matematico-statistici ottenuti attraverso il software Ge.Ri.Co. Esso si basa su dati non del tutto affidabili a causa di errori riscontrati nella redazione dei modelli da parte dei contribuenti. La creazione dei campioni deve quindi selezionare soggetti rappresentativi del settore di appartenenza ma anche operare la selezione individuando esattamente la variabile territoriale e l’attività economica esercitata, in quanto considerate basilari in tale fase di predisposizione.
Quest’orientamento conduce ad accertamenti standardizzati costruiti su dati medi e generalizzati, i quali sono dotati di forza limitata qualora non venga esaminata la realtà del
257
GAFFURI A. M., Studi di settore e normalità economica, op. cit., pag. 1405. Relativamente all’essenzialità del contraddittorio, il quale si rende necessario per tutelare il diritto difensionale del contribuente, si veda BASILAVECCHIA M., Dai coefficienti all’efficienza, ascesa e declino dell’accertamento per automatismi, op. cit., pag. 283; MARCHESELLI A., Per l’applicazione delle presunzioni semplici di cui agli studi di settore è necessaria
la previa attuazione del contraddittorio, in Rivista di giurisprudenza tributaria, 2006, pag. 1052.
258
Relativamente alla necessità del contraddittorio anticipato con il contribuente accertato vedasi SCIARRA T.,
Senza il contraddittorio anticipato è illegittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore, op. cit., pag. 3055.
259 Sul tema vedasi Cassazione, sentenza 27 luglio 2011, n. 16430.
260 A
CCORDINO P., Brevi riflessioni critiche intorno all’accertamento parametrico da studi di settore, in Bollettino tributario, 2014, pag. 635.
75 contribuente sottoposto a verifica. L’effetto è inquadrabile in un’inadeguata forza probatoria degli studi per fondare l’atto accertativo, poiché l’Amministrazione dovrebbe acquisire ulteriori elementi probatori a sostegno della propria pretesa tributaria. Tale mancanza è stata fronteggiata con il comma 3-bis dell’art. 10 della Legge 146/1998 (introdotto dalla Legge 311/2004), il quale ha stabilito l’obbligo di attivare il contraddittorio con il contribuente prima della notifica dell’atto di accertamento261
.
Attraverso le argomentazioni sostenute dal contribuente in sede di contraddittorio vengono segnalati gli elementi che impediscono l’applicazione del risultato dello studio di settore in relazione al specifico contesto di inserimento. Per cui, sulla base di quanto sostenuto in dottrina262, il contraddittorio è uno «strumento indefettibile» ritenuto idoneo ad allineare la situazione elaborata in via standardizzata alla realtà concreta.
Sul tema è intervenuta anche l’Amministrazione finanziaria riconoscendo agli studi, nella circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008, la mera finalità di supporto e di orientamento per l’attività istruttoria tale per cui l’Ufficio non possa procedere con un accertamento automatico, bensì debba di volta in volta:
valutare attentamente le caratteristiche del singolo contribuente, onde stabilire se la sua situazione produttiva coincida effettivamente con quella del gruppo o dei gruppi omogenei in cui viene classificata e non presenti caratteristiche tali da poterla considerare ‘non normale’ dal punto di vista economico, tenendo conto del concetto di ‘normalità’ assunto dallo studio di settore che si intende applicare.263
Un aspetto fondamentale da prendere in considerazione è il caso in cui il contribuente, nonostante l’obiettivo di ritenere inaffidabili le stime prodotte attraverso gli studi, non accetti di esaminare “concretamente” la sua situazione. In questa circostanza, dato che non viene accettato il contraddittorio da parte del contribuente, le risultanze degli studi diventano un efficiente parametro di riferimento per la rideterminazione dell’imponibile e, di conseguenza, possono porsi, anche da sole, alla base di un atto accertativo264.
Sempre in riferimento all’attendibilità degli studi, parte della dottrina sostiene che «non è
affatto vero che le risultanze degli studi di settore si basino esclusivamente su medie
261 Obbligo previsto a partire dagli accertamenti relativi ai periodi d’imposta 2004 e successivi.
262 V
ERSIGLIONI M., Prova e studi di settore, 2007, op. cit., pag. 191 ss; DE MITA E., Principi di diritto
tributario, op. cit., pag. 322; ACCORDINO P., Brevi riflessioni critiche intorno all’accertamento parametrico da
studi di settore, op. cit., pag. 636.
263 Circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008 (paragrafo 3), in Bollettino tributario, 2008, pag. 207. 264 Sul punto, G
AFFURI A. M., Studi di settore e normalità economica, op. cit., pag. 1405; ACCORDINO P., Brevi
76
statistiche»265. Pertanto, si è soffermata sui dati dichiarati da ogni contribuente e sulle caratteristiche identificative del cluster di riferimento dichiarando che «la (stima della)
produttività media degli input è uguale per tutti i contribuenti appartenenti allo stesso cluster, ma la soglia di congruità per ogni contribuente dipende dai valori degli input che quel contribuente dichiara»266. Questo aspetto delinea l’estrema importanza attribuibile ad una
corretta identificazione delle variabili base prese in considerazione nell’attività di elaborazione degli studi.
In questa prospettiva, dunque, il tratto saliente dell’accertamento mediante l’applicazione degli studi è rappresentato dalla necessità del contraddittorio, al fine di verificare l’effettiva capacità del reddito estrapolato da un punto di vista matematico-statistico di esprimere la concreta circostanza in cui il contribuente si trova ad operare. Cosicché l’analisi condotta congiuntamente possa configurare un «passaggio cruciale ed ineliminabile»267 del processo applicativo degli studi.