GLI STUDI DI SETTORE COME AUTOMATISMO ACCERTATIVO
2.2 Ambito soggettivo di applicazione dello strumento
2.2.2 Cause di inapplicabilità
A differenza delle cause di esclusione, comuni a tutti gli studi, le cause di inapplicabilità riguardano i contribuenti soggetti agli studi di settore e si differenziano sulla base del decreto di approvazione del relativo studio. Particolari condizioni di esercizio dell’attività potrebbero modificare il risultato della gestione rispetto a quanto stimato da Ge.Ri.Co. Per cui, in questi casi, gli studi non vengono applicati, ma, sulla base dell’articolo 4, comma 1, del D.P.R. n. 195 del 31 maggio 1999, viene previsto l’accertamento mediante i parametri.
In particolare, i soggetti per i quali è prevista l’inapplicabilità degli studi di settore sono: le società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a
favore delle imprese socie o associate178;
le società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi179.
Come previsto dalla circolare n. 23/E del 15 luglio 2014 (la quale riprende la circolare n. 110/E del 21 maggio 1999) le cause di inapplicabilità nei confronti dei soggetti di cui sopra
175 Come precisato dalla circolare n. 8/E del 16 marzo 2012, i contribuenti che usufruiscono dal 2012 del regime
degli “ex minimi”, di cui all’art. 27, comma 3, del D.L. n. 98/2011, sono soggetti agli studi di settore.
176
Si legga la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 (paragrafo 9).
177 A
NTICO G., Studi di settore. Lo scostamento fra ricavi/compensi dichiarati e accertabili, op. cit., pag. 94.
178 M
OGOROVICH S.,L’accertamento in base agli studi di settore, op. cit., pag. 855.
179 È previsto altresì il conseguente esonero dalla presentazione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini
54 sono giustificabili in quanto si tratta di attività non influenzate da logiche di mercato, per cui fortemente caratterizzate dal fine mutualistico perseguito. Infatti, le realtà con fini mutualistici si differenziano da quelle con scopo di lucro anche relativamente alla struttura organizzativa e gestionale.
È opportuno precisare che per le cooperative a mutualità esclusiva, ovvero quelle citate poc’anzi, vige una causa di inapplicabilità degli studi di settore a fini accertativi, anche se il D.M. 16 marzo 2011 ha previsto l’utilizzabilità degli studi unicamente per selezionare i soggetti da sottoporre a controllo. Invece, le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, le quali nonostante non abbiano il requisito della mutualità prevalente mantengano la tipica funzione sociale, sono accertabili sulla base degli studi di settore in quanto considerate al pari di tutte le altre società commerciali180.
Ulteriori cause di inapplicabilità degli studi si possono rilevare181:
nel settore del commercio, qualora l’esercizio dell’attività d’impresa sia svolto attraverso l’utilizzo di più punti di produzione e di vendita, a meno che non sia stata tenuta annotazione separata182 dei dati strutturali e contabili con riferimento alle diverse unità e la presenza delle stesse non costituisca una «caratteristica fisiologica
dell’attività esercitata»183
;
nel settore delle manifatture, nel caso di svolgimento dell’attività d’impresa mediante più punti di produzione e di vendita in locali non contigui a quelli di produzione, per i quali non è stata tenuta annotazione separata e non si tratti di una particolarità dell’attività svolta, altrimenti la causa di inapplicabilità verrebbe superata;
nel caso di esercizio di due o più attività d’impresa, non rientranti nel medesimo studio di settore, nell’eventualità che i ricavi dichiarati relativi alle attività prevalenti superino il 20% dell’ammontare di ricavi complessivo presenti in dichiarazione.
2.3 I cluster
Proseguendo l’analisi della formazione degli studi si nota che l’attività di elaborazione dei dati raccolti risulta particolarmente difficoltosa in quanto potrebbe far sorgere problemi di
180
VILLANI M., ATTOLINI S., Come difendere il contribuente dagli studi di settore, op. cit., pag. 134.
181 Si rimanda al paragrafo relativo alle imprese “multiattività” e “multipunto” della presente trattazione.
182 L’obbligo di annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi è previsto
dall’art. 10, comma 8, della Legge 146/1998.
183
55 attendibilità degli stessi trattandosi di un’autodichiarazione da parte dei contribuenti184. Inizialmente, i dati raccolti consentono la creazione di un primo modello statistico che per ciascuna attività economica, in seguito all’analisi delle variabili contabili e strutturali, individua gruppi omogenei di imprese o di esercenti arti e professioni, i c.d. “cluster”. Tali caratteristiche strutturali, attribuibili ad ogni singolo settore, dovrebbero essere identificate preliminarmente da parte dell’Ufficio in modo da collocarvi, in un secondo momento, i contribuenti che ne risultassero in possesso.
I cluster, per l’appunto, si possono inquadrare in aggregati di contribuenti aventi le medesime caratteristiche operanti in un contesto “normalizzato”; infatti nella loro formazione vengono considerati elementi come l’organizzazione interna, l’area di mercato, il tipo di clientela e altri fattori caratterizzanti l’attività in un’ottica di “normalità economica”. Per questo motivo vi è l’obbligo di presentare, contestualmente alla dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunicare i dati contabili ed extracontabili utili alla fase di elaborazione degli studi. In questo modo si configura la c.d. “cluster analysis”185.
Si tratta di un inizio molto importante per l’attività di accertamento del reddito in quanto gli studi di settore elaborano le stime in base a questi aggregati per cui risultano di grande utilità per l’individuazione della relazione matematica tra le caratteristiche dell’attività e il livello presunto di ricavi o compensi. In questo senso l’art. 62-bis del D.L. 331/1993, in origine, disponeva l’identificazione di
campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori da sottoporre a controllo allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata, con particolare riferimento agli acquisti di beni e servizi, ai prezzi medi praticati, ai consumi di materie prime e sussidiarie, al capitale investito, all’impiego di attività lavorativa, ai beni strumentali impiegati, alla localizzazione dell’attività e ad altri elementi significativi in relazione all’attività esercitata.
184
In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria può verificare l’integrità e l’esattezza dei dati attraverso l’esercizio dei poteri istruttori, sebbene venga sempre ponderato il rischio di utilizzare modelli statistico- matematici viziati ab origine, infatti, qualora i contribuenti comunichino dati imprecisi o incompleti, anche gli studi risulterebbero non veritieri.
185 Tale operazione viene anche detta clustering. Sul punto, G
IORGI M., L’accertamento basato su studi di
settore: obbligo di motivazione ed onere della prova, in Rassegna tributaria, 2001, pag. 666. Si puntualizza che
l’ottica di omogeneizzazione dev’essere assicurata all’interno dei gruppi, «garantendo nel contempo che tra
cluster e cluster vi sia la massima disomogeneità» come riporta SONDA M., L’errata “clusterizzazione” e la
sopravvenuta evoluzione dello studio di settore ne pregiudicano l’efficacia accertativa, in Rivista di
giurisprudenza tributaria, 2013, pag. 71. Sulla stessa linea si veda PERLI F., BARZANÒ A., Studi di settore, op. cit., pag. 57 per cui «ciascun studio di settore individua all’interno del medesimo settore diversi cluster o gruppi
omogenei e ognuno di questi cluster accomuna contribuenti aventi analoghe caratteristiche diverse da quelle di altri contribuenti appartenenti ad altri cluster nonostante svolgano la stessa attività».
56 In concreto, il procedimento di “clustering” avviene classificando le imprese
in base ai possibili modelli organizzativi, alle diverse tipologie di clientela, all’area di sviluppo, alle diverse modalità di espletamento dell’attività (tipo di prodotto, servizi offerti), etc. […] utilizzando le informazioni relative alle strutture operative, al mercato di riferimento e a tutti quegli elementi specifici che caratterizzano le diverse realtà economiche e produttive di un’impresa186.
Procedendo in questi termini, l’attività di suddivisione dei contribuenti in gruppi omogenei risulta difficile, poiché i soggetti sembrano appartenere a più “cluster”187. Ebbene, in talune situazioni, è previsto che la destinazione avvenga in modo frazionato, ossia valutando la percentuale di assoggettamento a ciascun cluster188. Sotto questo aspetto, si esaminano contesti c.d. “intermedi”, affinché l’imputazione di ricavi o compensi stimati risulti il più possibile corrispondente alla realtà.
Una volta suddivisi i contribuenti, il ragionamento induttivo si concretizza nella determinazione della funzione di ricavo tenendo conto del legame esistente tra variabili indipendenti - ovvero i dati contabili e strutturali - e la variabile dipendente, ossia il volume dei ricavi o compensi riferibile ai soggetti appartenenti al “cluster”189. In quest’ottica non
sono stati utilizzati tutti i dati a disposizione, ma solamente quelli dei contribuenti reputati dall’Ufficio come possessori di un carattere di «normalità economica»190
. Tuttavia lo sviluppo degli studi di settore, per quanto riguarda le realtà svolgenti lavoro autonomo, risulta più problematico, in quanto i risultati economici di tali attività sono condizionati da caratteristiche soggettive, per cui appaiono meno identificabili rispetto a quelli di imprese più
186 L’iter formativo degli studi di settore è riportato nella circolare del Ministero delle finanze n. 110/E del 21
maggio 1999.
187 P
ERLI F., BARZANÒ A., Studi di settore, op. cit., pag. 57 evidenzia che lo studio di settore tiene conto di queste situazioni intermedie altrimenti fornirebbe un’errata rappresentazione della realtà.
188 A
IUDI B., Giocati dai numeri. Ovvero, dagli studi di settore, op. cit., pag. 594 prevede il calcolo di una serie di ricavi in relazione a ciascun cluster utilizzando le variabili indipendenti di ogni soggetto verificato e, successivamente, la media ponderata degli stessi sulla base della probabilità di appartenenza a ciascun gruppo omogeneo.
189 T
ESAURO F., Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, op. cit., pag. 222 sostiene che la relazione matematica pondera le caratteristiche dell’attività (quali il capitale investito, i prezzi ordinari praticati, il costo medio di acquisto di beni e servizi, il numero di addetti, etc.) per stimare l’ammontare presunto dei ricavi o compensi. È bene precisare che gli studi di settore individuano un’indicazione dei ricavi o compensi, non del reddito del contribuente in oggetto.
190 È necessario tener conto del concetto di «normalità» attribuito allo studio di settore che si intende applicare,
ragion per cui viene verificata ogni singola situazione produttiva stimata la quale non deve presentare caratteristiche tali da poterla ritenere «non normale» sotto il profilo economico. Sul punto BEGHIN M., Il
rapporto tra studi di settore, accertamento sintetico e sintetico-redditometrico, in Corriere tributario, 2013, pag.
403 individua la funzione di «normalità economica» ai dati risultanti dagli studi di settore. Anche l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 5 del 23 gennaio 2008, ravvisa negli studi uno strumento fondato sulla normalità economica.
57 standardizzate. Pertanto, procedendo in questi termini sono stati esclusi tutti i soggetti le cui risultanze in termini di reddito non sono state ritenute considerevoli, ovvero sono stati eliminati gli “outliers”, i quali consistono in dati esterni ad un determinato intervallo di valori stabilito in precedenza o comunque corrispondenti ad eventi anomali191.
Relativamente al procedimento di formazione degli studi anche la sfera degli indici di redditività territoriale ha assunto la sua importanza, sicché variabili come il benessere economico, il grado di sviluppo del sistema economico locale, il grado di competizione dei mercati locali, la specializzazione produttiva, sono state opportunamente valutate, in quanto suscettibili di condizionare i ricavi delle attività rientranti nei vari settori economici192. Tuttavia, il punto critico rilevabile in suddetto sistema riguarda la quantità di variabili considerate, la quale ha reso meno precisa l’operazione di “clustering”193
. Sul punto, si sosteneva che il procedimento in esame, come predisposto dal Ministero, dimostrava una mera astrazione non avendo prodotto un effettivo e puntuale frazionamento dei contribuenti.
Pertanto, si è giunti a definire che un’errata clusterizzazione statistica può determinare «effetti del tutto fuorvianti in termini di ricavi attesi, in quanto determina lo spostamento del
contribuente, sul piano classificatorio prima, e del risultato, poi, dal raggruppamento più aderente alle sue caratteristiche strutturali a un altro del tutto differente»194.
In conclusione, alla luce di quanto esposto, si ritiene che la “cluster analysis” assuma un peso rilevante anche sotto il profilo della trasparenza nel rapporto tra Fisco e contribuente e, in tale prospettiva, risulta particolarmente importante comprendere «se lo studio di settore è
correttamente applicato o al contrario attribuisce al contribuente un profilo non rispondente alle sue caratteristiche»195.
191 A riguardo M
AGISTRO L., Le nuove versioni “evolute” rendono più attendibili le risultanze degli studi di
settore, in Corriere tributario, 2004, pag. 2351 sostiene che, per diversi studi di settore, la percentuale dei
questionari concretamente utilizzata è inferiore al 50%.
192 A
IUDI B., Giocati dai numeri. Ovvero, dagli studi di settore, op. cit., pag. 593 riporta che le preliminari selezioni sulle quali si è basato il Ministero nella costruzione degli studi di settore «potrebbero aver ridotto il
campione dei soggetti appartenenti a ciascun cluster ad un numero troppo esiguo, come tale insufficiente per elaborare una funzione statistica».
193 Si veda la nota 23 in F
ALSITTA G., Manuale di diritto tributario. Parte speciale, op. cit., pag. 753 per cui «la
riduzione del numero di variabili prese in considerazione corrisponde all’esigenza di assicurare maggior precisione nella fase di rilevazione delle stesse».
194
SONDA M., L’errata “clusterizzazione” e la sopravvenuta evoluzione dello studio di settore ne pregiudicano
l’efficacia accertativa, op. cit., pag. 71.
195 P
ERLI F., BARZANÒ A., Studi di settore, op. cit., pag. 57. Infatti, nelle note tecniche di ogni studio di settore sono descritte, in modo preciso, tutti i cluster cosicché il contribuente possa conoscere il proprio o i propri profilo/i di assegnazione.
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