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Analisi dell’urbanizzazione nel Mondo

Come sappiamo l’urbanizzazione dal punto di vista demografico è quel processo per cui la popolazione di un centro urbano tende a crescere soprattutto per effetto delle migrazioni; mentre da un punto di vista sociale, è invece riconducibile all’assunzione di uno stile di vita urbano da parte di masse contadine.

Storicamente, i fenomeni di urbanizzazione sono esistiti sin dalla nascita delle città, avvenuta con la rivoluzione neolitica. Tuttavia, si è trattato di spostamenti modesti, riconducibili ora alla fondazione di nuove città, come nel caso di una nuova colonia romana, ora al particolare prestigio che una specifica città assumeva in un certo periodo storico, come nel caso delle grandi capitali come Roma imperiale, Parigi o Londra. Inoltre, a periodi di modesta urbanizzazione seguivano periodi di disurbanizzazione, spesso riconducibili a carestie, cui corrispondevano pestilenze, che avevano nelle città un bersaglio privilegiato.

L’urbanizzazione ha tuttavia visto la sua forma più radicale dall’industrializzazione dell’Occidente nel XIX e XX secolo; c’è da dire che seppure con modalità differenti, è in atto anche in epoca contemporanea, infatti, il mondo continua a urbanizzarsi divenendo in maggioranza urbano. Le metropoli sono sempre più numerose. La loro popolazione aumenta anno dopo anno e le aree metropolitane occupano sempre più spazio.

C’è da dire che nel 1950 meno di un terzo della popolazione mondiale (il 29%) era insediata nelle aree urbane, la popolazione urbanizzata dell’intero pianeta era infatti pari a 736 milioni e 796 mila persone, il miliardo viene superato negli anni ’60 e nel 1970 l’ammontare è pari a un miliardo 331 milioni e 783 mila individui, nel 2000 si raggiunge la cifra di 2.853.909.000 e nel 2005 la popolazione cittadina diviene pari a 3.164.635.000.

I dati citati sono elaborati dalle Nazioni Unite, il “World Urbanization Prospects: The 2007 Revision Population Database” del Dipartimento degli Affari Economici e Sociali che fornisce una serie di dati sul fenomeno dell’urbanizzazione su scala planetaria.

Dalle proiezioni elaborate dalle Nazioni Unite risulta che nel 2050 la popolazione urbana costituirà il 70% della popolazione mondiale, la crescita della popolazione nelle aree urbane avrà luogo soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (Vedi tav. 2.11), sebbene il tasso di sviluppo demografico differenziale73 continuerà ad essere più alto nei paesi sviluppati (Vedi tav. 2.12).

Tav. 2.11 - Popolazione totale, popolazione urbana e popolazione rurale dal 1950 al 2050 (in migliaia)

Popolazione Totale 1950 2000 2030 2050*

Mondo 2.535.093 6.124.123 8.317.707 9.191.287

Paesi sviluppati 831.561 1.194.199 1.260.770 1.245.247

Paesi in via di sviluppo 1.721.532 4.929.924 7.056.937 7.946.040

Popolazione Urbana 1950 2000 2030 2050*

Mondo 736.796 2.853.909 4.965.081 6.398.291

Paesi svilppati 427.279 872.925 1.015.630 1.071.393

Paesi in via di sviluppo 309.517 1.980.984 3.949.451 5.326.899

Popolazione Rurale 1950 2000 2030 2050*

Mondo 1.798.297 3.270.214 3.352.626 2.792.996

Paesi sviluppati 404.282 321.274 245.140 173.854

Paesi in via di sviluppo 1.412.015 2.948.940 3.107.486 2.619.141 Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of

the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects: The Revision 2007, New York.

* Previsioni.

73

Il Tasso di sviluppo demografico differenziale ci permette di valutare l’intensità dei processi di urbanizzazione, tale tasso si calcola:

R R r + − = 1

θ , ove r e R rappresentano rispettivamente, il tasso medio annuo di variazione della popolazione urbana e di quella complessiva.

Ovviamente θ assume:

a) valori positivi, allorché lo sviluppo demografico del centro o dei centri urbani risulta maggiore di quello del territorio di riferimento (r> R);

b) valori nulli, se i due tassi medi annui di variazione si equivalgono (r=R);

c) valori negativi, allorché lo sviluppo del centro o dei centri urbani risulta più contenuto di quello dell’ambito territoriale di riferimento (r <R),per cui viene meno il fenomeno

L’ammontare della popolazione urbana nel 2050 nei paesi sviluppati sarà poco più di un miliardo mentre nei paesi in via di sviluppo sarà pari a 5.326.899.000. Per quel che concerne le aree rurali si evince che nei prossimi anni tenderà invece a diminuire.

Dal 2030 al 2050 si registrerà un decremento della popolazione rurale a livello mondiale pari a meno 16,69%, mentre per i paesi sviluppati ed i paesi in via di sviluppo sarà pari rispettivamente a meno 29,08% e meno 15,71%.

Anche i dati sull’ammontare della popolazione rurale ci testimoniano come il fenomeno dell’urbanizzazione nei prossimi anni tenderà a crescere per tutte e tre le aree geografiche prese in esame.

Tav. 2.12 - Tasso di sviluppo demografico differenziale dal 1950 al 2050

Aree Geografiche 1950-2000 2000-2030* 2030-2050*

Mondo 0,51 0,74 1,29

Paesi sviluppati 0,86 1,16 2,03

Paesi in via di sviluppo 0,74 0,86 1,31

Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects: The Revision 2007, New York.

* Previsioni.

Osservando i dati riportati nella tabella numero 2.12 si evince come dal 1950 al 2050 il tasso di sviluppo demografico differenziale tenderà a crescere costantemente per tutte e tre le aree, i suoi valori positivi testimoniano uno sviluppo maggiore per la popolazione urbana piuttosto che di quella complessiva74.

Su scala internazionale, da un punto di vista geografico si possono distinguere due modelli di urbanizzazione (Vedi tav. 2.13 e tab. 2.14).

74

Tav. 2.13 - Popolazione totale, popolazione urbana e popolazione rurale per Continente dal 1950 al 2050. (in migliaia)

Popolazione Totale 1950 2000 2030* 2050*

Africa 224.202 820.959 1.518.310 1.997.935

Asia75 1.410.649 3.704.838 4.930.983 5.265.895

Europa76 548.194 728.501 706.908 664.183

America

America latina e Caraibi77 167.626 523.048 712.841 769.229

America del Nord78 171.615 315.672 405.429 445.303

Oceania 12.807 31.106 43.236 48.742

Popolazione Urbana 1950 2000 2030* 2050*

Asia 236.587 1.372.686 2.669.175 3.486.320

Europa 280.755 520.270 550.287 556.724

America

America latina e Caraibi 69.316 394.099 603.385 682.551

America del Nord 109.667 249.824 351.430 401.478

Oceania 7.941 21.899 31.401 37.247 Popolazione Rurale 1950 2000 2030* 2050* Africa 191.673 525.828 758.909 763.963 Asia 1.174.062 2.332.152 2.261.808 1.779.575 Europa 267.439 208.231 156.621 107.459 America

America latina e Caraibi 98.310 128.949 109.456 86.678

America del Nord 61.948 65.848 53.999 43.825

Oceania 4.866 9.207 11.835 11.495

Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects: The Revision 2007, New York.

* Previsioni.

In Asia e in Africa nel 1950 viveva nelle aree rurali più dell’80% della popolazione, in America latina e nei Caraibi la popolazione rurale ammontava a poco più del 55% ed invece per quel che concerne l’Europa, l’America del Nord e l’Oceania la popolazione rurale costituiva meno del 50% della popolazione totale. All’inizio dell’XXI secolo la percentuale della popolazione scende al disotto del 30% per l’Europa, per l’America

75

Compresi i paesi del Caucaso meridionale, dell’Asia centrale ex Sovietica, del Medio Oriente e la Turchia, ma esclusa Taiwan.

76

Comprese Bielorussia, Russia e Ucraina ma esclusi Cipro e Turchia.

77

Compreso il Messico.

78

latina e Caraibi, per l’America del Nord e per l’Oceania, mentre, per l’Africa e per l’Asia la percentuale della popolazione rurale è poco più del 60%.

L’America latina e i Caraibi nel corso degli anni hanno assunto dei livelli di urbanizzazione più vicini ai paesi sviluppati, in tale area infatti il rapporto di urbanizzazione nel corso degli anni è notevolmente cresciuto e secondo le previsioni elaborate dalle Nazioni Unite anche per i prossimi anni tenderà ad incrementarsi (Vedi fig.2.2 e tav. 2.14).

Fig. 2.2 - Evoluzione del rapporto di urbanizzazione per continente

0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 70,00 80,00 90,00 100,00 1950 2000 2030 2050 Africa Asia Europa America latina e Caraibi America del Nord Oceania

Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects, The Revision 2007, New York.

Tav. 2.14 - Rapporto di urbanizzazione per Continente

Continente 1950 2000 2030* 2050*

Africa 14,51% 35,95% 50,02% 61,76%

Asia 16,77% 37,05% 54,13% 66,21%

Europa 51,21% 71,42% 77,84% 83,82%

America latina e Caraibi 41,35% 75,35% 84,65% 88,73%

America del Nord 63,90% 79,14% 86,68% 90,16%

Oceania 62,01% 70,40% 72,63% 76,42%

Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects, The Revision 2007, New York.

* Previsioni.

Si evince come in America latina e Caraibi nei prossimi anni più dell’80% della popolazione vivrà in città. In America centrale il rapporto di urbanizzazione è largamente dipendente da quello del Messico, il paese più popolato della regione: il rapporto di urbanizzazione è del 70% in media nella regione e di più del 76% in Messico.

I valori del rapporto in Africa e in Asia sono indubbiamente al 2000 i più bassi rispettivamente 36% e 37% rispetto a quelli degli altri continenti, ma è in Asia che si trova di gran lunga il numero più alto di persone che vivono in città (Vedi tav. 2.13), la popolazione urbana è stimata 1.372.686.000 di abitanti nel 2000, una cifra di più di due volte superiore a quella della popolazione urbana del continente americano.

La crescita urbana dei prossimi anni come abbiamo visto nel paragrafo precedente avrà luogo principalmente nei paesi in via di sviluppo. L’Africa dovrebbe conoscere un incremento della popolazione urbana più elevato, infatti osservando la tavola numero 2.14 si evince come il rapporto di urbanizzazione passerà dal 50% (2030) al 62% (2050).

In Asia si assisterà anche ad una crescita notevole della popolazione urbana, all’orizzonte del 2050 vivrà in città circa il 66% della popolazione complessiva. L’inarrestabile urbanizzazione che sta caratterizzando l’Africa e l’Asia si lega fortemente ad un tasso di crescita della popolazione più elevato, un altro aspetto peculiare di tale fenomeno è la velocità con la quale si sta manifestando e che

differenzia i processi di urbanizzazione nei paesi in via di sviluppo da quelli che hanno avuto luogo nei paesi sviluppati dove il fenomeno è andato formandosi in oltre cento anni di storia. A conferma di questo basti pensare che se nel 1975 le città con oltre 10 milioni di abitanti erano solo quattro (Vedi tav. 2.15) nel 2003 sono oltre 20.

Tav. 2.15 – Agglomerati con più di 10 milioni di abitazioni (popolazione in milioni)

1975 2003 2015*

Città Ammontare Città Ammontare Città Ammontare

Tokyo 26,6 Tokyo 35,5 Tokyo 36,2

New York 15,9

Città del

Messico 18,7 Bombay 22,6

Shanghai 11,4 New York 18,3 Delhi 20,9

Città del

Messico 10,7 San Paolo 17,9

Città del

Messico 20,6

Bombay 17,4 San Paolo 20,0

Delhi 14,1 New York 19,7

Calcutta 13,8 Dhaka 17,9

Buenos Aires 13,0 Jakarta 17,5

Shanghai 12,8 Lagos 17,0

Jakarta 12,3 Calcutta 16,8

Los Angeles 12,0 Karachi 16,2

Dhaka 11,6 Buenos Aires 14,6

Osaka-Kobe 11,2 Il Cairo 13,1

Rio de

Janeiro 11,2 Los Angeles 12,9

Karachi 11,10 Shanghai 12,7 Pechino 10,80 Manila 12,6 Il Cairo 10,80 Rio de Janeiro 12,4 Mosca 10,50 Osaka-Kobe 11,4 Manila 10,40 Instanbul 11,3 Lagos 10,10 Pechino 11,1 Mosca 10,9 Parigi 10,0

Fonte: Population Division of the Department of Economic and Social Affaire of the United Nations Secretariat, World Urbanization Prospects, The Revision 2004, New York.

* Previsioni.

Il numero degli agglomerati più grandi con 10 milioni di abitanti o più aumenta di cinque volte tra il 1975 e il 2005. La popolazione residente in queste città passa da 64 milioni a 292 milioni, e le Nazioni Unite stimano che nel 2015 circa 360 milioni di persone vivranno in agglomerati di queste dimensioni. Sulle 20 città con una popolazione superiore ai 10 milioni di abitanti, 15 si trovano in paesi in via di sviluppo.

I dati forniti rivelano due tendenze (breve periodo e rapidità) che significano una rapida concentrazione nei paesi in via di sviluppo in un numero ridotto di città che assumono dimensioni elefantiache: tale fenomeno è detto macrocefalia urbana e distingue nettamente la natura dell’urbanizzazione nei paesi poveri dai processi che si sono avuti in Europa e in Nord America. Una differenza che ha implicazioni importanti, quali primo tra tutti l’aumento dei cosiddetti slum, ossia le aree urbane periferiche degradate e sfornite delle infrastrutture e dei servizi di prima necessità dove si affollano milioni di persone con evidenti e gravi conseguenze sociali e sanitarie. Ad oggi, ad esempio, circa il 70% della popolazione urbana in Africa sub-sahariana ed un terzo della popolazione urbana mondiale vive negli slum.

Sociologi ed economisti hanno provato a tracciare le cause che hanno spinto i paesi in via di sviluppo a conoscere in questi ultimi decenni un’urbanizzazione così rapida e concentrata, dividendole in due tipologie distinte di processi:

1. da una parte vi sono quei processi che spingono gli abitanti delle campagne fuori dalle aree rurali a causa della rottura dell’equilibrio che regolava il rapporto tra popolazione e risorse naturali necessarie al sostentamento. I fattori di questa rottura sono essenzialmente di natura esogena ed economica: la posizione periferica dei paesi in via di sviluppo nella divisione internazionale del lavoro e nella distribuzione della ricchezza mondiale ha spinto l’agricoltura di molti di questi paesi verso le monocolture, ossia modalità di produzione intensive di una sola coltura basate non sulla necessità delle popolazioni locali, bensì sulle esigenze del mercato internazionale.

Questi processi, insieme alle politiche di deregolamentazione squilibrata del mercato mondiale (dove i contadini dei paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare la sfida impari con i rispettivi competitori occidentali favoriti da sussidi e da un avanzamento tecnologico migliore), agli effetti dell’impatto ambientale (che ha accentuato i problemi di siccità e di alluvioni nelle zone meno preparate ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, ossia i paesi più poveri), ai conflitti armati e allo sfruttamento delle risorse naturali da parte dei paesi avanzati (non a caso lo sfruttamento a tappeto delle risorse petrolifere in Nigeria ha fatto sì che la capitale Lagos sia la seconda città più abitata dell’Africa), hanno reso sempre più difficile per le popolazioni locali rurali

trovare i mezzi di sussistenza necessari, spingendole così verso il miraggio dei centri urbani.

2. dall’altra parte vi sono invece quei processi che riguardano quelle forze centripete urbane che attraggono a sé gli abitanti delle aree rurali, ossia i fattori legati alle risorse e alle opportunità che le città offrono. I centri urbani nei paesi in via di sviluppo rappresentano spesso un miraggio di ricchezza per i contadini in quanto sono la prima frontiera dello sviluppo materiale inteso in termini occidentali: in questo modo le città presentano motivi di attrazione legate alle attività economiche e alla possibilità di accedere alla distribuzione del reddito fondamentali per risolvere le difficoltà quotidiane.

I fattori di attrazione non sono solamente di natura economica: le città offrono anche maggiori risorse sociali nei termini di sevizi offerti dallo stato, dai paesi avanzati, dagli organi internazionali o da iniziative economiche private. Inoltre, i centri urbani esercitano attrattiva per le risorse culturali che rappresentano: sia perché in molti paesi in via di sviluppo è possibile accedere alle nuove tecnologie solo nei centri urbani, sia per i modelli di consumo promessi e proposti, sia per la possibilità di un minore controllo sociale da parte del gruppo primario di appartenenza.

L’incrociarsi di queste due aree di macro-processi deve essere pensata come un’interazione di processi: nei paesi più poveri, come in Africa sub-sahariana, a prevalere saranno le spinte centrifughe a fuoriuscire dalle campagne e l’arrivo in città si traduce nel crollo di qualsiasi miraggio legato alle risorse offerte da centri urbani che non dispongono delle infrastrutture e dei servizi necessari ad affrontare gli ingenti flussi migratori provenienti dalle aree rurali. Ecco allora il formarsi delle cinture periferiche di baracche e sistemazioni precarie, gli slum, dove le condizioni di vita sono spesso peggiori di quelle del luogo lasciato e le capacità di sopravvivenza si legano ad espedienti e ad attività alternative.

Al contrario nei paesi in cui sono in corso processi di sviluppo ad uno stato più elevato, come la Cina ad esempio, a prevalere saranno i fattori attrattivi: i centri urbani offrono realmente maggiori possibilità e servizi legati allo sviluppo dei comparti produttivi e l’arrivo della popolazione rurale aumenta la manodopera al loro servizio, offrendo allo stesso tempo l’occasione di partecipare ad una competizione che

garantisce, seppure in un contesto di diritti spesso limitati se non negati, un miglioramento nelle condizioni materiali di vita.

La nascita delle cinture urbane dove si concentrano gli elementi più poveri ed esclusivi della società si traduce in un’altra caratteristica evidente delle città nei paesi in via di sviluppo, ossia la netta separazione tra il settore moderno delle attività industriali e dei servizi e i restanti fattori. Il centro città più ricco e dotato di servizi, infatti, attira gli investimenti internazionali e gli sforzi dei governi locali a migliorarne la vivibilità e la sicurezza, entro un circolo vizioso che rafforza la distinzione dalle aree periferiche, lasciate ai margini dello sviluppo. In questo modo, alla precedente frattura si sovrappone generalmente un’ulteriore separazione tra attività formali (regolate dalle leggi e controllate da forze di sicurezza) e quelle informali (dove prevalgono leggi consuetudinarie e di controllo pubblico è operato dalla pressione sociale o da forze alternative allo stato).

Un’altra caratteristica delle città nei paesi in via di sviluppo, specie nelle aree periferiche, è il sistema di vita sociale che si sviluppa, molto differente da quello tipico delle città occidentali: la vita sociale avviene per larga parte della giornata in strada, all’interno di comunità solide che costituiscono protezione e solidarietà. La strada diviene infatti l’unica risorsa e i modelli solidaristici tipici delle aree rurali, sviluppati per affrontare le crisi cicliche dell’agricoltura legate alle condizioni meteorologiche, sono ripresi al suo interno e riprodotti per creare un sistema di cooperazione adatto alle nuove condizioni di vita. Tuttavia, spesso tali sistemi di protezione sociale non bastano, specie per le generazioni più giovani, le quali conoscono un alto tasso di alcolismo, di droga e di violenza: i minori, infatti, abbandonati nelle aree urbane, sono soggetti ad un controllo sociale minore che si traduce nell’abbandono delle scuole e in un più facile reclutamento nelle attività criminali o in gruppi armati.

L’elefantiasi urbana delle città nei paesi in via di sviluppo ha anche notevoli implicazioni sul futuro sostenibile del mondo: da un punto di vista ambientale, ad esempio, l’aumento della popolazione urbana significa anche un aumento delle attività inquinanti e un rischio più elevato a fronte dei disastri ecologici, le cui gravi conseguenze sono amplificate proprio dal carattere precario e sovraffollato della vita nelle cinture periferiche.

Vi sono anche implicazioni sociali, sanitarie e politiche. L’elefantiasi delle città nei paesi in via di sviluppo impedisce in primis alle città stesse di fornire le risorse economiche, sociali e sanitarie (spesso già limitate) attese e sperate dalle popolazioni rurali in arrivo. L’insufficienza e l’inefficienza delle infrastrutture idriche, ad esempio, vengono così acuite con il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie, l’aumento delle difficoltà di approvvigionamento di acqua pulita e il rischio di nuove epidemie.

L’aggravarsi delle condizioni e il numero in aumento di abitanti degli slum si traduce in scontento e ineguaglianza che ha un duplice effetto: da una parte, l’insieme di questa situazione non può che aumentare la pressione migratoria verso l’occidente di persone alla ricerca di un migliore livello di vita dall’altra fornisce un ambiente sociale favorevole all’esplodere di fenomeni di violenza e alla trasmissione del virus dell’HIV.

In conclusione il fenomeno dell’urbanizzazione nei paesi in via di sviluppo non è un evento del tutto nuovo, ma presenta caratteristiche sue proprie e come tale deve essere studiato e affrontato per giungere a definire soluzioni di un problema che si presenta sempre più grave, senza pensare, come spesso accade erroneamente, che le società dei paesi in via di sviluppo stiano attraversando lo stesso identico percorso, con eguali problemi e soluzioni, affrontato dalla società occidentale.