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III. LA MARINA PONTIFICIA TRA TIRRENO E ADRIATICO: ASIENTOS

3.6. Ancona: un porto che guarda a Oriente

Dalla dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, Ancona apparve interamente proiettata verso il Levante, inizialmente attraverso dei legami importanti con Bisanzio e poi per mezzo dei legami commerciali con Venezia, gli arabi, i normanni e infine per il ruolo che ebbe durante le Crociate. Nel corso della sua storia di libero comune, vennero perfezionate le sue istallazioni portuarie, eredi dell’epoca dell’imperatore Traiano, e i suoi cantieri detti del terzenale. Inoltre mise per iscritto le regole del Consolato del mare. Come il Caracciolo mette in evidenza gli Statuti del mare, del terzenale e della dogana hanno una perfezione giuridica che accomuna Ancona alle grandi repubbliche marinare. Inoltre, vi si istallarono numerose comunità di ebrei, greci, fiorentini, lombardi e personalità come quella di Benvenuto Stacca, autore del De Mercatura e del De assicurationibus, e di autori di trattati di navigazione e di portolani: Grazioso Benincasa, Jacopo Fontana e Francesco Ferretti129.

Ancona passò sotto il diretto controllo dello Stato pontificio nel 1532 e già in un breve del 23 dicembre 1534 Paolo III accordò un salvacondotto ai commercianti stranieri, compresi turchi ed ebrei, che volessero stabilirsi nella città dorica, assicurando loro

127 Ivi, p. 128.

128 Ivi, p. 129.

129 A. CARACCIOLO, Le port franc d’Ancône. Croissance et impasse d’un milieu marchand au XVIIIe siècle,

192 importanti esenzioni fiscali. Grazie ad un insieme di decisioni prese negli anni 1530-60 il papato creò ad Ancona un’enclave privilegiata che attirava sempre nuovi mercanti e tale scenario favorevole rinforzò il ruolo d’intermediazione della città e del suo porto tra Oriente e Occidente. Il massiccio afflusso di mercanti provenienti dal Mediterraneo orientale e di ebrei portoghesi mostrano l’importante crescita di Ancona130.

All’interno del sistema dei porti pontifici adriatici la funzione di emporio di redistribuzione fu svolta da Ancona, insieme ad altri porti minori, che ricoprivano di volta in volta un ruolo di raccordo con il commercio internazionale. Accanto a ciò, il cabotaggio rimase sempre una delle strutture portanti del sistema adriatico dei trasporti e delle comunicazioni. L’assenza fino almeno al XVIII secolo di un sistema di strade costiere facilmente praticabili favorì la navigazione costiera come sistema attraverso il quale si snodavano le relazioni tra i diversi centri costieri che puntellavano il litorale. Inoltre, soprattutto nella parte settentrionale della costa adriatica, il cabotaggio era integrato da un sistema di canalizzazione interna, che permetteva di penetrare nell’entroterra e di raggiungere, senza soluzione di continuità sempre per via d’acqua, città come Bologna e Ferrara. Sul piano geofisico tutti gli scali di questo tratto di mare facevano i conti con una serie di difficoltà di ordine naturale, che potevano dunque trasformarsi in vincoli di carattere finanziario. Inoltre, dal punto di vista economico tutti i porti dovettero affrontare una serie di situazioni tra loro simili: la comune collocazione nel sistema mediterraneo degli scambi, a ridosso delle rotte per l’Oriente; la comune ostilità nei confronti di Venezia e dei suoi intenti di dominazione sull’intero “golfo” adriatico; la complementarietà tra i porti minori e quello di Ancona; la comune rivalità tra i porti minori per accaparrarsi il volume di traffico e di merci che attraversava quello spazio di mare. Infine, dal punto di vista politico tutti gli scali dell’area finirono per dipendere dall’organizzazione centralizzata dello Stato ecclesiastico e dalla politica doganale e del commercio estero che le élites romane riuscirono ad elaborare nel corso del tempo131.

Per quanto riguarda Venezia, la rivalità tra la Serenissima e i porti delle Marche e quindi il papato, appariva come un elemento strutturale della vita economica e marittima dell’Adriatico. Le tensioni che sorsero alla fine del XVI secolo proseguirono anche nel periodo successivo, con i veneziani che perseverarono nelle loro provocazioni, al punto che

130 G. POUMARÈDE, Pour en finir avec la Croisade. Mythes et réalités de la lutte contre les Turcs aux XVIe et XVIIe siècles, Paris, Presses Universitaires de France, 2004, pp. 343-345.

131 L. PALERMO, I porti dello Stato della Chiesa in Età moderna. Infrastrutture e politica degli investimenti,

in G. SIMONCINI (a cura di), Sopra i porti di mare IV. Lo Stato Pontificio, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1995, pp. 81-150, pp. 106-107.

193 i nunzi sperarono che venisse inviato un console pontificio a Venezia che si occupasse della salvaguardia degli interessi del papa132.

Come già mostrato in precedenza il vascello Tre Re aveva il compito di trasportare il biscotto133 e il luogo in cui venivano imbarcate queste merci era il porto di Ancona. A sovrintendere ai lavori c’era Luciano Benincasa, che era il provveditore nella città dorica dell’armata da inviare in Levante134. Il 20 aprile 1658 Girolamo Betti, provveditore dei

vascelli, scriveva le seguenti parole da Ancona:

Io Gio: Girolamo Betti Proved.re de vascelli dell’Armata marittima della Santità di Nro Sig.re Alessandro Settimo contro il Turco, ho ricevuto dal sig.r Lutiano Benincasa Proved.re per d.a Armata in Ancona carne salata in tanti lardi, prosciutti, et altro libbre dodici mila settecento venti quattro fattomi consegnare, et imbarcato da me sopra vasselli per servitio di d.a Armata135.

Allo stesso modo Girolamo Betti imbarcò sui vascelli libbre 2550 di formaggio136; 58 metri d’oglio137; miccio cioè corda da fuoco libbre 7200138; 254 some di vino139. Le carte ci informano di altre munizioni imbarcate ad esempio dallo stesso munizioniere della Reverenda Camera Carlo Malatesta140. Gran parte di tali robbe proveniva dalla vicina Ascoli141, a dimostrazione di un certo sistema integrato di scambi a livello regionale. In effetti l’epicentro economico della fascia centro-settentrionale della costa adriatica era costituito proprio dal porto di Ancona. Scriveva il Moltò a proposito della costa pontificia dell’Adriatico:

Si può dire che l’Adriatico ha pochi porti e questi instabili e pericolosi. Le sue spiagge sono per la maggior parte di poco fondo e non sicure per quelle barche che richiedono molt’acqua; per lo che si vede che i bastimenti di carena piana possono accostarsi ai lidi. I fiumi che sboccano in questo mare sono tutti torrenti,

132 G. POUMARÈDE, Pour en finir avec la Croisade. Mythes et réalités de la lutte contre les Turcs aux XVIe et XVIIe siècles, op. cit., p. 360.

133 ASR, Fondo Commissariato Soldatesche e Galere, Busta 388, Ristretto della spesa de vascelli da guerra in

aiuto de Venetiani contro il Turco, f. 5r.

134 ASR, Fondo Commissariato Soldatesche e Galere, Busta 388, Armamento contro il turco dell’anno 1658 –

Conto del Benincasa d’Ancona. Membri di spicco della famiglia Benincasa nel secolo successivo avrebbero ricoperto più volte il ruolo di consoli di Francia ad Ancona: A. MEZIN, Les consuls de France au siècle des

Lumières, Paris: Ministère des Affaires étrangères, 1997; P. NARDONE, Diplomacy and Internationel Commerce in the 18th Century Adriatic: The Case of the French Consulate in the Port of Ancona, in “The

Journal of European Economic History”, Volume XLII, Single issue, 2013, pp. 165-207.

135 ASR, Fondo Commissariato Soldatesche e Galere, Busta 388, Armamento contro il turco dell’anno 1658 –

Conto del Benincasa d’Ancona, fs.

136 Ibidem. 137 Ibidem. 138 Ibidem. 139 Ibidem. 140 Ibidem. 141 Ibidem.

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ed eccettuatone il Po, non vi è in quella parte altro fiume navigabile. Il porto di Ancona però può essere capace di un grosso commercio, non solo di commissione ma benanche di trasportazione142.

Venezia era consapevole del potenziale economico del porto dorico e nel corso del XVII cercò di scoraggiare la crescita dello scalo. Nel 1628 i Cinque savi alla mercanzia affermarono la necessità di impedire che le navi provenienti dall’Impero Ottomano, e che passavano da Ragusa, facessero scalo ad Ancona. Gli appelli dei savi si moltiplicarono negli anni successivi e, ancora nel 1646, quando si erano da poco aperte le ostilità con la Porta per il controllo di Candia, i magistrati sollevavano la questione delle relazioni molto fitte che intercorrevano tra Ancona e Ragusa, dove confluivano anche i commerci bosniaci143. Se

tutto ciò mette in luce la costante preoccupazione di Venezia per il controllo dell’Adriatico, bisogna anche sottolineare che dalla fine degli anni ’30 del XVII secolo gli scambi commerciali tra la città dorica, i Balcani e il Levante videro un progressivo declino che fu interrotto solo negli anni della guerra di Candia, quando in effetti Ancona anche dal punto di vista politico, logistico e militare ricoprì un ruolo di primaria importanza per l’armamento di galere e vascelli che si recassero in Levante per sostenere Venezia144.