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Gli asientos dei patrizi genovesi Francesco Centurione e Alessandro

III. LA MARINA PONTIFICIA TRA TIRRENO E ADRIATICO: ASIENTOS

3.1. Gli asientos dei patrizi genovesi Francesco Centurione e Alessandro

Nel corso del ‘600 nella flotta pontificia, così come accaduto nel secolo precedente anche nelle altre marinerie occidentali e in parte nella stessa marina del papa, si consolidò lo strumento dell’asiento. Questo termine, utilizzato nei secoli XVI e XVII, aveva un significato molto ampio. Per mezzo dell’asiento si formalizzavano i prestiti che la Monarchia cattolica contrattava con i banchieri genovesi per pagare le guerre nelle Fiandre. Sempre attraverso l’asiento si stabilivano gli appalti per la raccolta delle imposte, si regolava la costruzione di galere e vascelli e si decideva l’aramento e il finanziamento dei legni e delle squadre navali. In quest’ultima accezione la formula por asiento si opponeva alla formula por administración. Peculiarità dell’asiento era il suo carattere pubblico, che gli veniva assegnato solitamente dalla Corona la quale rendeva di fatto possibile ad un privato, l’asentista, di esercitare la sua funzione e di rispettare l’accordo1. L’asiento, come sistema

per la gestione economica delle flotte, si basava nel fissare una cifra forfettaria per il servizio reso. Nel primo ‘500 la Sede Apostolica, per retribuire la condotta per la protezione costiera, concedeva il 2% del valore delle merci in ingresso a Roma ma, a partire dal 1523, anche il papato si adeguò a ciò che avveniva nella Monarchia cattolica, concordando la prestazione di pattugliamento costiero per mezzo di una cifra forfettaria2.

Secondo l’Olesa Muñido esistevano delle similitudini, di ispirazione genovese, tra la condotta pontificia di Paolo Vettori3 e gli asientos spagnoli rogati nello stesso periodo con Rodrigo de Portuondo, Andrea Doria e Álvaro de Bazán. Il nucleo della condotta ruotava intorno alla figura del condottiero che, assumendo una funzione pubblica come ad esempio per il pattugliamento della costa, era obbligato non solo a mantenere i mezzi necessari per esercitarla, ma anche ad assumere personalmente il comando dell’intero sistema in cambio di un appannaggio adeguato. Così come nel caso del Vettori, gli “asientos” di Portuondo (1523), per il comando delle galere della costa di Granada, e di Álvaro de Bazán (1530) per

1 F. F. OLESA MUÑIDO, La organizacion naval de los estados mediterraneos y en especial de España durante

los siglos XVI y XVII, Tomo I, Madrid, Editorial Naval, 1968, pp. 463-464.

2 Ivi, p. 464.

3 A. GUGLIELMOTTI, Storia della marina pontificia. Volume terzo: guerra dei pirati, 1500-1537, Roma,

Tipografia Vaticana, 1886, pp. 231-245. Nel 1523 la Camera Apostolica assegnò a Paolo Vettori la condotta di due galee e due brigantini per la guardia della spiaggia romana da Terracina al Monte Argentario.

151 il comando delle galere di Spagna, avevano le caratteristiche appena menzionate; stesso discorso vale per il contratto del Doria4. Nella condotta l’idea dell’impresa e la selezione di

un condottiero per un comando prestigioso vanno di pari passo. In questo accordo ciò che in effetti si contrattava non era tanto il noleggio di una galera, quanto assoldare un comandante che disponesse dei mezzi necessari per compiere la sua missione5.

In età moderna l’esercizio della guerra fu in larga misura caratterizzato dalla presenza di privati, secondo una tradizione già sperimentata nel periodo medievale. Come già ricordato nel corso del XVI secolo il fenomeno andò accentuandosi, non solo nelle operazioni terrestri, ma anche nel settore navale dove le spese di armamento erano particolarmente elevate e dove, inoltre, era necessario possedere competenze tecniche che non tutti padroneggiavano. Per tali ragioni in quel periodo le flotte erano per la maggior parte composte da unità navali noleggiate o date in appalto ai privati. Antesignana di questa forma di procedere fu l’azione imprenditoriale dei genovesi, capeggiati da Andrea Doria, che riscosse un successo che si protrasse fino al XVIII secolo. A partire dalle guerre d’Italia per le grandi potenze dell’epoca avere al proprio servizio le galere dei privati genovesi significò poter disporre delle competenze marittime liguri, del porto di Genova e dei cantieri genovesi. Inoltre, quegli stessi genovesi impegnati nell’armamento dei legni furono anche, tra la metà del ‘500 e la metà del ‘600, i principali finanziatori delle corti europee: ingaggiarli significava dunque disporre sia delle galere sia di enormi somme di denaro6.

Tutto il sistema degli armamenti ruotava intorno al contratto di asiento:

L’asiento, nella sua forma più semplice, equivaleva ad un prestito o ad un affitto non necessariamente ricorrendo alla specie monetaria. Asientos erano quelli stipulati da Andrea Doria, e da altri genovesi, che provvedevano a tener armato e pronto ai servizi di guerra e di pace per il re di Spagna un certo numero di galee; asientos erano i contratti rivolti a fornire particolari prestazioni di uomini per tempi e luoghi prefissati, ma soprattutto sotto questo nome si intendevano i soccorsi in denaro che venivano corrisposti alla monarchia secondo concordati compensi e prefissate scadenze7.

Più in generale venivano chiamati asientos tutti i contratti stipulati tra la monarchia spagnola e i soggetti privati. Questa è la definizione che ne dà Ramon Carande:

4 F. F. OLESA MUÑIDO, La organizacion naval de los estados mediterraneos y en especial de España durante

los siglos XVI y XVII, Tomo I, op. cit., p. 467.

5 Ibidem.

6 L. LO BASSO, Gli asentisti del re. L’esercizio privato della guerra nelle strategie economiche dei genovesi

(1528-1716), in R. CANCILA (a cura di), Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII), tomo II, Palermo,

Associazione Mediterranea, 2007, II, pp. 397-428, p. 397.

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In una accezione ampia s’intende un accordo, o contratto, tra la corona e gli uomini d’affari. Tale contratto poteva avere ad oggetto un prestito in denaro, la disponibilità di galere per un trasporto o per una spedizione militare, oppure le licenze per inviare negri nelle Americhe. Nell’asiento erano fissate tanto le condizioni offerte dai mercanti-banchieri quanto le modalità di rimborso da parte della corona8.

Per quanto riguarda gli asientos della corona spagnola non si può non citare I. A. A. Thompson, che così distingueva tra administración e asiento9:

Administración por cuenta de Su Majestad was a totally governamental operation carried out by officiers of the Crown and accounted for to the las maravedí in the royal accounts offices. The asiento was a contract that entrusted public functions to a private individual standing outside the royal administration – indeed, it was expressly forbidden for a royal minister to be a party in any contract, and where the contractor was given office, as Captain General, Purveyor General or Factor General, for example, it was by virtue of and specific to his contract10.

Più recentemente Luca Lo Basso approfondisce ulteriormente la questione riguardante gli asientos de galeras, distinguendone due tipologie: l’asiento-noleggio in cui un privato metteva a disposizione dello Stato, dietro compenso e con le necessarie garanzie, un certo numero di unità armate; oppure l’asiento-appalto, in cui invece lo Stato dava in gestione al privato un certo numero di galere per un determinato numero di anni, con i dovuti compensi11. La proprietà delle galere, da parte dei privati o dello Stato, comportava conseguenze diverse sia sul piano politico, sia su quello economico. L’appalto era la versione dell’asiento più in voga presso la maggior parte delle marinerie mediterranee: Toscana, Stato pontificio, Piemonte, Francia, Spagna e Genova. L’asiento-noleggio, invece, era un’ideazione genovese e fu per secoli appannaggio quasi esclusivo dei patriziati della Superba12.

Per quanto riguarda la flotta pontificia, si può certamente parlare di contratti d’appalto perché, analizzando i documenti conservati presso l’ASR, si evince una vera gara di appalto al termine della quale a colui che offriva determinati servizi, al minor prezzo, venivano date in gestione le galere. In un documento del 12 agosto 1690, rogato da papa Alessandro VIII Ottoboni (1689-1691), si può leggere che:

Monsignor Ferdinando Raggi nostro Tesoriere Generale terminando all’ultimo di marzo dell’anno venturo 1691 l’assento delle nostre galere pontificie tenuto al presente da Antonio Papi et havendo voi di Nostro ordine fatto affiggere gli editti, che chi voleva applicare all’Assento nuovo dovesse dare le sue offerte

8 R. CARANDE, Carlo V e i suoi banchieri, Genova, Marietti, 1987, pp. 907-908.

9 I. A. A. THOMPSON, War and Government in Habsburg Spain, 1560-1620, London, The Athlone Press,

1976, pp. 256-273.

10 Ivi, p. 256.

11 L. LO BASSO, Gli asentisti del re. L’esercizio privato della guerra nelle strategie economiche dei genovesi

(1528-1716), op. cit., p. 398.

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segrete, conforme il solito, furono nella Congregazione Camerale delli 21 luglio passato aperte le offerte, delle quali la migliore è stata quella d’Alessandro Zinaghi, che si è esibito di pigliare il detto Assento per quattro anni da cominciare dopo finito il corrente13.

Dunque, il 21 luglio 1690 la Congregazione Camerale aprì le buste con le offerte per l’appalto dei legni pontifici e quella che risultò maggiormente vantaggiosa fu appunto quella dello Zinaghi. Egli offrì di lasciare tutte le prede alla Reverenda Camera Apostolica, fino a quel momento assegnate per metà all’asentista e per metà alla RCA; i tre quarti dei noli alla RCA, contro la metà fino a quel momento pattuita; infine, a favore della Camera e come forma di garanzia del contratto una quota di monti camerali pari a ventimila scudi14. Otto

anni dopo le proposte per l’asiento dei legni pontifici furono avanzate da Massimiliano Urbani, Emidio Caucci, Girolamo Girozzi e altri, tra cui Cristoforo Felici che si aggiudicò la gara15. È assai probabile che questo sistema per l’assegnazione delle galere del papa non fosse una novità di fine ‘600, ma che venisse applicata anche precedentemente, vista la formula conforme il solito utilizzata nel documento da Alessandro VIII.

A proposito di appalto di galere, l’aprifila degli asentisti fu Andrea Doria. Ottenne il suo primo incarico nel 1512, quando mise in mare due galere da impiegarsi nella difesa di Genova, durante una fase del lungo conflitto tra Francia e Spagna per la supremazia della penisola. In quell’occasione la città diede in gestione al Doria i due legni – quindi con il sistema dell’asiento-appalto - assieme ad una mercede di 930 lire per ogni galera, con la promessa che tutte le prede catturate sarebbero spettate al comandante e agli equipaggi; per contro il Doria versò 5000 lire di cauzione per ogni galera, da restituirsi a fine contratto. Successivamente, negli anni ’20, accettò un primo ingaggio da parte dei francesi, anno in cui passò al servizio di papa Clemente VII Medici (1523-1534). Con il pontefice firmò un doppio contratto di assento: da una parte prendeva in gestione le due galere e i due brigantini pontifici, dall’altro noleggiava le sue sei galere, di cui due del cugino Antonio, dietro un compenso: 27 mila ducati secondo il Manfroni, 35 mila secondo il Guglielmotti16. Nel

giugno 1526 Andrea Doria era dunque a capo di dieci legni pontifici ed era anche investito del ruolo di castellano della fortezza di Civitavecchia17.

13 ASR, Fondo Soldatesche e Galere, Busta 652, Assegnazione assento 1690, fs. 14 Ibidem.

15 ASR, Fondo Soldatesche e Galere, Busta 652, Offerte di assento 1698, fs. Cfr.: A. GUGLIELMOTTI, Storia

della marina pontificia. Volume ottavo: la squadra ausiliaria, 1644-1699, Roma, Tipografia Vaticana, 1893,

pp. 495-496.

16 L. LO BASSO, Gli asentisti del re. L’esercizio privato della guerra nelle strategie economiche dei genovesi

(1528-1716), op. cit., p. 398. Cfr.: A. GUGLIELMOTTI, Storia della marina pontificia. Volume terzo: guerra dei pirati, 1500-1537, op. cit., p. 262.

154 Sul finire del 1527 il Doria terminò il suo incarico presso il papato e tornò al soldo del re di Francia con un analogo contratto di noleggio per otto galere, stipulato sulla base di un compenso di 38 mila scudi annui. Il genovese mostrò presto un grosso malcontento nei confronti di Francesco I, che aveva affidato il comando generale della flotta a un francese e che ritardava a pagare il genovese per i servizi resi: allora si convinse a firmare un contratto con Carlo V e a passare dunque al soldo dell’imperatore. Dall’articolo 5 dell’accordo iniziava il vero e proprio contratto di asiento, che sarebbe poi servito da modello nei secoli successivi:

Più domanda condotta per dodeci galee, con quale promette bene e fedelmente servire Sua Maestà Cesarea in ogni parte e contro ogn’uno dove farà il servizio di quella, in ordine di artiglieria, vele, sartie, et ogni altro bisogno tanto da guerra come da navigazione, huomini da remo e gente da cavo a sufficienza come si conviene per servire ad un tanto principe; per mantenimento di quelle a sua provvisione insieme domanda 60 mila scudi d’oro del sole, la valuta ogni anno pagati ogni due mesi et al principio del mese e non havendo da se da poter mantener dette galee, ricerca promessa di mercanti sufficienti che si obblighino di pagare, come è detto overo essi assegnamenti in sua sadisfa- zione, acciocché per mancamenti di denaro non sia costretto a mal servire18.

Il condottiero genovese otteneva il comando supremo dell’armata imperiale, una casa e un approdo per le galee a Napoli, la possibilità di “estrarre” esentasse diecimila salme di grano dalla Puglia o dalla Sicilia, il rifornimento di munizioni per le artiglierie, l’imbarco del necessario numero di fanti e, infine, un beneficio nel Regno di Napoli del valore di 3.000 scudi d’entrata. Il contratto aveva validità dal primo luglio 1528, anche se fu firmato nel mese di agosto dello stesso anno. Questo asiento era dunque molto di più di un semplice noleggio. Era prima di tutto un importante investimento finanziario. Bisognava avere una forte disponibilità di denaro liquido e l’armatore, per mantenere in servizio correttamente le proprie galere, anticipava il denaro che successivamente gli sarebbe stato restituito, con gli interessi, dal sovrano. Qui risiedeva un primo meccanismo di arricchimento: poiché i pagamenti del re non sempre erano regolari, su ogni anticipo gli asentisti guadagnavano circa il 12-14%. Oltre al compenso pattuito l’armatore incassava perciò l’interesse scaturito dal ritardo dei pagamenti. Inoltre, introitava i guadagni derivanti dai cambi tra le diverse monete in circolazione19.

Le galee degli asentisti genovesi poterono così servire nelle diverse squadre italiane della corona spagnola e di altre marinerie del Mediterraneo occidentale. Troviamo, infatti,

18 Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, Negoziazioni con la Spagna, b. 2747 A-B. Documento citato

in: L. LO BASSO, Gli asentisti del re. L’esercizio privato della guerra nelle strategie economiche dei genovesi

(1528-1716), op. cit., p. 400.

155 esponenti delle più importanti famiglie liguri al servizio della squadra di Genova, di Napoli, di Sicilia e dello Stato pontifico presso il quale, lo stesso Andrea Doria, anche se per pochi mesi, era stato al soldo. In effetti l’espressione asiento compare anche nella letteratura storiografica che si occupa della squadra navale pontificia. Il Guglielmotti dedica alcune righe a questo termine:

Nel proprio significato dei Marinari Assento esprime specie di contratto tra persone private e ministri pubblici, coll’obbligo a questi di pagare una certa somma, ed a quelli di mantenere un certo numero di navigli all’uso militare, secondo i patti convenuti tra loro. Non si diceva Noleggio, perché il contratto non riguardava locazione temporanea e mercantile, ma servigio militare e permanente. Non dicevasi Appalto, perché il privato contraente in vece di pagatore era pagato; non Condotta, perché egli stesso sovente non era il comandante. Quindi per ragione di vocabolo esprimevasi solamente il mutuo consenso alle condizioni patteggiate20.

Il Guglielmotti mette in evidenza anche l’importanza del ruolo sociale che andava a ricoprire l’asentista e del denaro di cui doveva disporre. Era necessario infatti:

Trovare un personaggio al cui rischio e pericolo stia il costante mantenimento della squadra per determinata somma minima in concorrenza di ogni altro; e concedere a lui l’amministrazione economica di tutta l’azienda. Contratto speciale, certamente non nuovo, che per essere diverso dalla condotta dei venturieri, dal nolo dei mercadanti, e dall’appalto degli impresari, quantunque avesse un po’ di tutti, chiamavasi da un capo all’altro d’Italia Assento; e dicevasi Assentista l’imprenditore, per lo più scelto tra i ricchi ufficiali della marina, o altrimenti equiparato ai medesimi21.

Le condizioni espresse all’interno di questo contratto cominciavano dal numero e dalla tipologia dei bastimenti, dal numero dei soldati, degli ufficiali e dei rematori. Si passava dunque al soldo e al vitto di ciascuno, al tempo della navigazione, ai mesi di riposo, alle eventuali avarie, ai combattimenti e alla divisione delle prede, ai possibili danni, agli armamenti straordinari, ai naufragi e, alla fine, si concludevano con la somma annua per tutte le spese fisse e già determinate22.

Questo sistema era il risultato di contratti di cui il papato si era in parte avvalso già nel corso del XVI secolo. È il caso di quello sottoscritto con il Granduca di Toscana in occasione della battaglia di Lepanto e di altri accordi stipulati, ad esempio con Genova, per il noleggio di galere per il pattugliamento delle coste dello Stato. Ciò che cambia è che l’asiento nel ‘600 diventa l’unico strumento di cui si avvale il pontefice per la gestione della sua flotta e, nel corso del secolo, verrà affinato e modulato a seconda delle necessità – economiche, finanziarie, belliche – dello Stato.

20 A. GUGLIELMOTTI, Storia della marina pontificia. Volume settimo: la squadra permanente, 1573-1644,

Roma, Tipografia Vaticana, 1892, p. 178.

21 Ivi, p. 177. 22 Ivi, p. 179.

156 Nel ‘600 il primo asentista agli ordini di un pontefice fu Francesco Centurione23,

primogenito di Giorgio doge di Genova, che nel 1610 giunse a Roma chiamato da Paolo V Borghese (1605-1621). Il 21 ottobre 1611 il cardinal Serra e il Centurione redassero i capitoli dell’asiento per l’amministrazione delle cinque galere pontificie. Trascrivo una parte del documento, conservato presso la Biblioteca Corsiniana di Roma24:

Volendo la S.ta di N. S. che le sue Galere siano ben trattate, circa le cose concernenti il vivere, et mantenim.to di esse, et anco assicurarsi che la spesa si faccia bene, et conseguire in un istisso tempo dui fini, cioè che le Galere stiano meglio, et di trattam.to et di governo et che ne segua maggior utile e benefitio della Cam.a. Però s’è convenuto col sig.re Fran. Cent.ne Gnale di dette Galere nel modo, et firma e con li capitoli seguenti.

P.a si conviene che d.o S.r Fran.co debba sempre tener le Galere ben in ord.ne proviste a spese sue d’Alberi, Antenne, Remi, Gumine, Sartiame, Vele, Barili, Branche, ferram.ti per il bosco, lampioni, tende e tendali, tenda lotti, ferri da dar fondo, polvere, miccio, Armi, et d’ogn’altra cosa necessaria tanto per il tempo di Navigatione quanto per tempo d’inverno.

Si dichiara che il tempo della navigazione sia di sei mesi cominciando ordinariam.te dalli 15 di maggio, sino alli 15 di Novebre ma in evento che N. S. volesse che fossero in ord.e per far viaggio al P.o di maggio sia tenuto haverle pronte quando gli si avisi quindici giorni avante, et secondo che cominciarà il semestre della Navig.ne cosi anco debba terminare cioè se cominciara alli 15 di maggio sintenda li sei mesi di navigazione sino alli 15 di Novebre, et si cominciarà il p.o di maggio si intenda il semestre della Navig.ne finire l’ultimo d’ottobre.

In questa prima parte vengono espressi i dettagli generali dell’accordo a cominciare dal fatto che il Centurione, a differenza di un normale capitano, aveva l’obbligo di tenere in ordine a sue spese le galere sia in tempo di navigazione sia in inverno. Veniva specificato inoltre quando la flotta doveva navigare – dal 15 maggio al 15 novembre (o dal 1 di maggio al 31 ottobre) – e quando restare in porto (l’altra metà dell’anno).

Il contratto proseguiva nella seguente maniera:

Si calcola che la ciusma sia per arrivare ordinariam.te al n.o di mille quattrocento, compresi Bonavoglie, schiavi, mozzi di Poppa, musico, et ogn’altro in questo numero si stabilisce vi debbano essere almeno Bonavoglie n. cento trenta.

23 Francesco Centurione figlio primogenito di Giorgio q. Domenico e di Ippolita Spinola, era nato a Genova

nella seconda metà del XVI secolo e morì nella stessa città nel 1654. Si distinse come finanziere e come comandante delle galere pontificie. Introdotto alla corte papale da Giacomo Serra, protesoriere di Paolo V, ottenne l’incarico di luogotenente delle galee nel 1609. L’anno successivo, grazie all’appoggio del medesimo cardinale, otteneva l’appalto delle 5 galere per un triennio. Tra il 1612 e il 1614 partecipò a diverse imprese