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L’andamento del lavoro a tempo determinato in Emilia-Romagna e nella

2. Una valutazione quantitativa del contratto a termine nel settore privato e

2.3. L’andamento del lavoro a tempo determinato in Emilia-Romagna e nella

Al fine di completare il quadro sopra descritto, è opportuno effettuare una breve indagine sull’utilizzo del contratto a tempo determinato a livello locale, prendo come riferimento principale la Regione Emilia-Romagna. Nella specie, verrà analizzato il triennio 2008-2010, fortemente condizionato dalla pressante crisi economica, che ha inciso sull’occupazione e sulla scelta delle tipologie contrattuali adottabili (o meglio, adattabili).

Va preliminarmente rilevato come l’Emilia-Romagna, nel periodo antecedente la crisi, si sia distinta tra le Regioni con il tasso di occupazione più elevato, anche rispetto alle altre Regioni europee (Tabella 6): dal 2001 al 2007 il tasso di occupazione cresce di 3,8 punti percentuali, passando dal 66,5% al 70,3% (quasi 8 punti percentuali in più rispetto alla media italiana), con un incremento medio annuo pari all’1%. L’Emilia-Romagna supera così l’obiettivo individuato nella Strategia di Lisbona e si posiziona al livello delle altre Regioni europee e al di sopra della stessa media europea. In un’ottica di genere, l’Emilia- Romagna consegue l’obiettivo europeo in termini di tasso di occupazione femminile, con un valore pari al 62 per cento nel 2007, rispetto ad una media europea del 58,6%287.

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Si precisa che dalle somme indicate sono escluse le spese per supplenze brevi del comparto Scuola, nonché quelle per le supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, queste ultime già considerate fra le spese del personale a tempo indeterminato. Sono comprese, invece, le spese per il personale docente a contratto del comparto Università. I valori sono al netto degli oneri riflessi a carico delle Amministrazioni.

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Tabella 6 - Tasso di occupazione (15 - 64 anni) per sesso - anni 2001 – 2007 (valori percentuali). 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Tasso di variaz. 2001-07 Tasso di variaz. medio annuo M F M F M F M F M F M F M F M F M F Piemonte 72,0 51,1 72,2 51,6 73,2 53,5 73,2 53,7 73,6 54,4 73,5 55,9 73,4 56,3 1,9 10,2 0,3 1,7 Lombardia 74,1 50,5 74,5 51,8 75,2 52,4 75,9 55,1 75,7 55,1 76,4 56,5 76,7 56,6 3,5 12,1 0,6 2,0 Veneto 75,2 50,1 75,4 50,7 75,7 51,2 76,3 52,3 75,9 53,0 76,9 53,6 77,2 54,0 2,7 7,8 0,4 1,3 Emilia- Romagna 75,6 57,4 76,0 58,9 76,4 60,2 76,5 60,2 76,6 60,0 77,1 61,5 78,4 62,0 3,7 8,0 0,6 1,3 Toscana 72,6 50,1 72,6 50,6 73,6 51,3 73,9 52,9 73,6 54,1 74,6 55,0 74,0 55,5 1,9 10,8 0,3 1,8 Italia 68,5 41,1 69,1 42,0 69,6 42,7 70,1 45,2 69,9 45,3 70,5 46,3 70,7 46,6 3,2 13,4 0,5 2,2 Stuttgart 78,4 62,8 78,0 63,2 76,7 63,2 76,5 63,3 77,5 64,5 78,7 65,8 79,9 67,9 1,9 8,1 0,3 1,4 Freiburg 76,4 61,7 76,5 62,7 77,4 65,0 76,0 65,3 77,1 66,7 77,9 67,6 79,6 70,5 4,2 14,3 0,7 2,4 Denmark 80,2 72,0 80,0 71,7 79,6 70,5 79,7 71,6 79,8 71,9 81,2 73,4 81,0 73,2 1,0 1,7 0,2 0,3 Pais Vasco 73,4 46,3 73,8 48,0 74,5 50,4 74,7 51,5 76,4 54,6 76,8 57,1 76,7 58,1 4,5 25,5 0,7 4,2 Cataluna 77,5 52,0 77,1 51,8 78,2 54,3 77,6 56,2 79,5 58,9 80,1 60,3 80,2 61,5 3,5 18,3 0,6 3,0 Etela-Suomi 74,4 70,2 73,5 70,8 73,0 69,7 72,5 69,2 73,3 70,2 74,3 70,9 74,6 71,9 0,3 2,4 0,0 0,4 Pays de la Loire 71,4 57,7 71,5 60,1 72,1 61,0 72,3 61,6 70,7 61,3 71,4 61,9 71,9 63,2 0,7 9,5 0,1 1,6 Rhone-Alpes 71,6 58,1 71,0 58,7 71,9 58,6 69,8 60,0 70,4 61,2 71,7 60,5 71,8 60,3 0,3 3,8 0,0 0,6 Noord-Brabant 83,4 64,8 83,9 67,6 82,0 66,8 81,7 66,4 81,5 66,9 81,8 68,0 83,1 69,9 -0,4 7,9 -0,1 1,3 Wielkopolskie 61,3 47,6 59,9 46,0 60,5 47,3 61,0 46,3 62,0 45,8 63,5 47,1 66,3 49,3 8,2 3,6 1,4 0,6 Bucaresti-Ilfov 63,2 50,9 63,4 51,0 63,3 50,2 65,6 54,1 - - - - 69,6 55,9 10,1 9,8 1,7 1,6 Derbyshire and Notting. 77,1 62,9 76,9 65,3 76,2 64,4 77,3 64,8 77,7 67,5 77,0 66,6 76,4 63,8 -0,9 1,4 -0,2 0,2 West Midlands 74,4 58,3 73,7 59,6 72,4 59,9 73,6 61,9 73,6 60,7 73,2 59,0 72,3 58,7 -2,8 0,7 -0,5 0,1 UE 25 71,2 54,2 70,9 54,5 70,8 55,1 70,7 55,6 71,3 56,5 72,1 57,5 72,9 58,6 2,4 8,1 0,4 1,4

Fonte: Eurostat, Labour Force Survey (LFS)288.

La situazione cambia drasticamente a partire dal 2009, quando il dato complessivo relativo al numero di occupati in Emilia-Romagna si attesta, in media, su un valore pari a circa 1.956.000 unità, evidenziando un decremento di circa 24.000 unità rispetto al dato dell’anno precedente, corrispondete a circa -

1,2% sullo stock iniziale.289 Nel 2010 il numero degli occupati viene rilevato in

1.936.000 unità, con un’ulteriore riduzione di circa 20.000 unità rispetto al

288 I dati sul tasso di occupazione sono raccolti nell’ambito dell’indagine sulle forze lavoro,

regolamentata a livello comunitario dal Council Regulation (EC) No. 577/98, che definisce le caratteristiche generali dell’indagine, e dai successivi regolamenti di attuazione. Gli istituti di statistica degli Stati Membri raccolgono, nello stesso periodo dell’anno, gli stessi set di variabili, attraverso i medesimi questionari, usando le stesse definizioni e classificazioni. I dati raccolti sono poi trattati centralmente direttamente da Eurostat.

289

Cfr. Rapporto congiunturale "Il mercato del lavoro in Emilia-Romagna" - luglio 2010, in http://www.emiliaromagnalavoro.it.

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2009, che rappresenta una variazione pari a circa -1%. Questo ulteriore calo segue quello registrato nel 2009 e pertanto il numero degli addetti in Regione

diminuisce nell’arco del biennio di circa 44.000 unità290

. La domanda di lavoro regionale mostra una sostanziale tenuta nei primi mesi del 2009, a cui segue un crollo nei mesi successivi. Si tratta, in modo evidente, del dispiegarsi degli effetti della crisi economica che ha colpito l’intera economia mondiale a partire dalla fine del 2008, ma che ha avuto, come sempre accade, un riflesso sul mercato del lavoro ritardato nel tempo. Le cause di tale ritardo, sono prevalentemente da ricercare nei meccanismi interni alle imprese che tendono ad effettuare una riorganizzazione dell’attività lavorativa prima di determinare espulsioni di manodopera (riduzione e successiva eliminazione degli straordinari, riorganizzazione degli orari di lavoro, utilizzo delle ferie del personale) e nell’impiego degli ammortizzatori sociali (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria e Straordinaria, concessa anche in molte forme “in deroga” durante la crisi). In ogni caso, l’entità del ritardo risulta molto più marcata in Emilia-Romagna rispetto al contesto nazionale: con riferimento al mercato del lavoro nazionale, si registra nel 2009 una diminuzione complessiva del numero degli occupati di circa 380.000 unità, corrispondenti a -1,6% rispetto al dato del 2008, con una diminuzione che appare di circa quattro decimi di punto percentuale più accentuata rispetto a quella verificatasi in Regione. Un dato analogo caratterizza anche il Nord-Est, dove si riscontra un calo di circa 81.000 unità degli occupati, corrispondenti anche in questo caso a -1,6%. L’occupazione regionale è diminuita invece del 1,2% e quindi in media annua si può parlare di migliore tenuta dell’occupazione regionale. Ma non si può trascurare la differente evoluzione nel corso dell’anno. Mentre, infatti, nella prima parte dell’anno l’occupazione regionale registrava incrementi, diminuiva sia l’occupazione nazionale (-236.000 unità, pari a -1,2% nel primo semestre) che quella dell’area nord-orientale (-24.000 unità, pari a-0,5% nel primo semestre). Il calo dell’occupazione nel secondo semestre che ha interessato fortemente il mercato del lavoro regionale è risultato quindi più ritardato, per ragioni che possono attenere sia alle specificità del sistema produttivo sia ad un eventuale impiego più efficiente degli ammortizzatori sociali.

290

Cfr. Rapporto congiunturale "Il mercato del lavoro in Emilia-Romagna" - luglio 2011, in http://www.emiliaromagnalavoro.it.

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Alla fase appena illustrata segue, soprattutto con riferimento al primo semestre 2010, un calo più accentuato dell’occupazione regionale; una nuova inversione di tendenza nel confronto si registra negli ultimi mesi del 2010,

quando l’incremento dell’occupazione regionale (+0,7%) appare

significativamente maggiore rispetto a quello riscontrato in Italia e nel Nord-Est (in entrambi i casi +0,1%). La diminuzione della domanda di lavoro registrata nel corso del 2010, infine, determina un calo del tasso di occupazione regionale che si attesta in media nel corso dell’anno su un valore pari al 67,4%. Il dato appare ancora superiore rispetto a quelli registrati sia nell’intera economia nazionale (56,9%) che nell’area del Nord-Est (65,9%). Esso risulta però inferiore di quasi tre punti percentuali rispetto ai valori massimi registrati in Regione nel biennio 2007-2008, che si attestavano sopra al 70%.

All’interno di un siffatto contesto è interessante inserire i dati relativi all’utilizzo, in Emilia-Romagna, dei contratti a tempo determinato (Tabella 7). In particolare, si osserverà un andamento altalenante, non perfettamente in linea con il contesto nazionale più sopra analizzato.

Tabella 7: occupati in Emilia-Romagna per tipologia contrattuale e settore di attività economica – confronto 2008-2010. 2007 2008 2009 2010 Valori % sul total e gene

rale Var.% Valori % Sul totale general e Var. % Valori % Sul totale general e Var. % Valori % Var.% assoluti 06/07 assoluti 07/0 8 assoluti 08/09 assolu ti 09/10 Agricoltura 27 1,9 5,0 25 1,7 -8,0 24 1,7 -4,5 26 1,8 9,4 - Tempo indeterminato 18 1,5 18,3 17 1,4 -6,0 11 0,9 -34,4 13 1,0 16,4 - Tempo determinato 9 4,9 -15,0 8 4,4 - 12, 2 13 7,7 62,2 13 6,9 3,0 Industria 544 38,6 2,9 537 37,3 -1,3 531 36,9 -1,1 531 36,8 -0,1 - Tempo indeterminato 487 39,6 1,3 487 38,5 -0,1 490 38,4 0,6 481 38,3 -1,7 - Tempo determinato 57 31,8 18,6 51 28,7 - 11, 1 42 25,3 -18,2 50 26,5 19,6 Di cui: costruzioni 75 5,3 6,8 79 5,5 5,5 74 5,2 -6,2 73 5,0 -2,2 - Tempo indeterminato 66 5,4 5,8 71 5,6 6,8 65 5,1 -7,7 63 5,0 -3,5 - Tempo determinato 9 5,1 14,8 9 4,9 -4,5 9 5,7 6,3 10 5,3 6,7 Di cui: indus. in senso stretto 469 33,2 2,3 458 31,8 -2,3 457 31,8 -0,3 458 31,7 0,3

133 - Tempo indeterminato 421 34,2 0,7 416 32,9 -1,2 424 33,3 2,1 418 33,3 -1,4 - Tempo determinato 48 26,7 19,3 42 23,7 - 12, 3 32 19,6 -23,3 40 21,2 23,3 Servizi 839 59,5 1,5 877 60,9 4,5 883 61,4 0,7 887 61,4 0,5 - Tempo indeterminato 726 58,9 0,5 759 60,1 4,5 773 60,7 1,9 763 60,7 -1,3 - Tempo determinato 113 63,3 8,1 119 67,0 4,6 110 67,1 -7,2 124 66,5 13,1

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna – gennaio 2012.

Si evince una sostanziale diminuzione dell’utilizzo dello strumento contrattuale in esame nel periodo 2007-2009: da circa 179 mila unità nel 2007, le assunzioni a termine vengono rilevate in 177 mila unità nel 2008 e in 164 mila unità nel 2009. Nel 2010 la situazione cambia radicalmente e si registrano 187 mila occupazioni a termine, con un incremento del 13,9% rispetto all’anno precedente. In Italia, invero, si è riscontrato un forte incremento dell’occupazione a termine nel periodo 2007-2008 (da 2.268 mila unità a 2.323 mila unità), una drastica diminuzione nel 2009 (2.152 mila unità) ed una lieve ripresa nel 2010 (2.182 mila unità).

E’ interessante notare come il settore che più di ogni altro ha risentito della crisi del 2009, registrando una netta riduzione dell’occupazione, soprattutto a termine, è quello dell’industria in senso stretto, in cui si registra un calo del -23,3% rispetto all’anno precedente. La crisi, infatti, si esplica più intensamente laddove il sistema economico è più florido e la Regione Emilia- Romagna ne risente particolarmente a causa dell’intensa specializzazione produttiva nei settori manifatturieri e meccanici (si pensi, in particolare, alla meccanica strumentale o alla componentistica). Una dimostrazione di tale fattore è la diminuzione dell’occupazione maschile, più frequentemente impiegata nei settori industriali. D’altro canto, proprio l’industria in senso stretto è il settore che ha realizzato una maggiore ripresa nel corso del 2010, con una variazione rispetto all’anno precedente, in questo caso, del +23,3%. In Agricoltura, al contrario, la crisi ha determinato un aumento dei contratti a termine, con un incremento, nel 2009, del 62,2% rispetto all’anno precedente. Nel settore dei servizi, infine, si registra, nel 2009, una diminuzione delle occupazioni a termine del -7,2% rispetto all’anno precedente, con una ripresa nel 2010 del 13,1%.

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E’ ora opportuno dedicare particolare attenzione alle problematiche occupazionali e alla diffusione di contratti non standard tra i giovani del territorio emiliano-romagnolo291.

Tra l’ultimo trimestre del 2009 ed il corrispondente periodo del 2010 si registra, in Emilia-Romagna, un aggravamento della situazione di crisi occupazionale giovanile: l’occupazione delle persone tra 15 e 34 anni di età è diminuita di oltre 23.000 unità (-4,4%), in un contesto in cui l’occupazione complessiva è cresciuta di circa 14.000 unità. Con riguardo all’intera popolazione con almeno 15 anni di età, il tasso di occupazione risulta pari al 57%, in significativa diminuzione di quasi due punti percentuali rispetto all’anno precedente. Come conseguenza di tale inasprimento delle condizioni occupazionali, nell’ultimo trimestre del 2010 le persone in cerca di occupazione sono costituite per oltre la metà (54%) da giovani, mentre tale quota era pari al 46% solo un anno prima.

Dal punto di vista delle differenze di genere, è importante osservare che l’aggravarsi della disoccupazione giovanile è prevalentemente a carico dei maschi: il tasso di disoccupazione giovanile femminile cresce infatti solo di meno di mezzo punto percentuale dal 2009.

Una migliore comprensione di questa precarizzazione giovanile si coglie dall’osservazione più dettagliata dei mutamenti intercorsi nell’ultimo anno in termini di tipologie contrattuali più o meno flessibili: da un lato il lavoro standard (contratto di lavoro a tempo indeterminato e con orario a tempo pieno); dall’altro il lavoro a termine a tempo parziale (quindi doppiamente atipico, sia sotto il profilo della durata che dell’orario).

In particolare, i lavoratori a termine crescono di circa 12.000 unità (circa 6.000 a tempo pieno e altrettanti a tempo parziale); il part-time a termine aumenta di oltre il 37%, accompagnato da un aumento comunque significativo del lavoro a termine a tempo pieno (+8%). Nel complesso, il lavoro a termine costituisce quindi, nel 2010, circa un quarto delle occupazioni dipendenti dei giovani e soltanto il 7% di quelle dei lavoratori con più di 34 anni. Simmetricamente, si riduce tra i giovani il lavoro a tempo indeterminato, sia

291 In tal senso, cfr. l’indagine condotta all’interno del Rapporto 2011 “Il mercato del lavoro in

Emilia-Romagna”, in http://www.emiliaromagnalavoro.it, nella specie, cfr. I giovani nella crisi nel periodo 2008-2010.

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nella forma del lavoro standard (-5%), ma in particolare nella forma del part-

time (-15%) e quindi a svantaggio soprattutto delle donne, mentre l’impiego con

questa forma protetta di flessibilità cresce tra i lavoratori e le lavoratrici più anziani (+9%).

Da tale quadro si evince come la crisi abbia prodotto per i giovani una caduta, nell’ambito del lavoro dipendente, sia dell’occupazione standard che di quella atipica di natura più volontaria (il part-time a tempo indeterminato) e, nel contempo, abbia determinato la diminuzione delle opportunità di lavoro parasubordinato ed autonomo. A questa restrizione dell’occupazione sul piano quantitativo, si è altresì unità una ricomposizione dell’occupazione giovanile nella direzione del lavoro (doppiamente) atipico: il lavoro a termine con orario flessibile.

Da ultimo, si ritiene utile dare atto del grado di diffusione dei lavoratori atipici nella provincia di Bologna. I dati di fonte Siler (Sistema Informativo

Lavoro Regionale)292, considerando la composizione degli avviamenti secondo

il tipo di contratto, rilevano un declino della forma contrattuale “avviamento a tempo indeterminato” ed una crescita esorbitante degli “avviamenti a tempo determinato”: nel 2010 soltanto il 14,2% degli avviamenti è a tempo indeterminato, mentre il 48,3% è a termine; nel 2010 il 17,1% è a tempo indeterminato e il 48,9% è a termine e nel 2008 il 21,1% è a tempo indeterminato e il 47,6 è a termine.

Un dato interessante cui dare rilievo riguarda la struttura degli avviamenti secondo la mansione. Nella provincia di Bologna il peso maggiore dei contratti a tempo determinato viene riscontrato nella categoria “Professioni di specializzazione” (il 93,1% degli avviamenti nel 2010). Soltanto la classe dei dirigenti presenta un’incidenza rilevante di contratti a tempo indeterminato (il 45% degli avviamenti). Tale evidenza sembra confermare come la precarietà delle posizioni lavorative sia associata ad una debolezza strutturale della forza contrattuale qualificata, più propensa ad accettare minori garanzie contrattuali a fronte di mansioni più adeguate. Si evince, nel complesso, un fenomeno di mis-

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matching associato ad un’eccessiva scolarizzazione, in evidente dissonanza con

le indicazioni macro che descrivono l’Italia come un Paese poco scolarizzato293

. Resta ora da domandarsi quali siano le motivazioni che spingono le aziende a ricorrere alle forme contrattuali non standard. In tal senso, proprio nella provincia di Bologna è stata effettuata un’indagine, tramite interviste semi- strutturate a referenti aziendali di imprese operanti nel settore metalmeccanico della grande distribuzione ed attraverso la somministrazione di questionari ai direttori del personale di alcune aziende. Da tale indagine è emerso come, nella maggior parte di casi, il ricorso al lavoro non standard è motivato, nel settore privato, dall’esigenza di prolungare il periodo di prova considerato insufficiente, seguito dall’esigenza di ridurre i costi del personale e dalla necessità di fronteggiare i picchi produttivi; nella pubblica amministrazione, dal blocco delle assunzioni messo in atto oramai più di dieci anni fa.

D’altro canto, dal lato dell’offerta, il ricorso prolungato a forme contrattuali non standard è vissuto come estremo disagio per i lavoratori, costretti a scontrarsi con la difficoltà di garantirsi una continuità lavorativa e di reddito all’interno di un contesto caratterizzato da basse tutele contrattuali, da un’incertezza per il futuro, dall’assenza di efficaci supporti welfaristici. Tale disagio, peraltro, è aggravato dalla struttura del sistema di regolazione del lavoro in Italia, che non offre ai lavoratori impiegati con rapporti di lavoro non standard protezioni adeguate contro i rischi sociali ed economici.

3. Una valutazione qualitativa del contratto a termine nel segno di