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Come si è visto nel capitolo precedente, fra le finalità della direttiva comunitaria vi è quella di «creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato» (punto 14 delle considerazioni iniziali, principio ribadito nella clausola 1 della parte precettiva dell’accordo).

Alla prevenzione degli abusi è poi dedicata la clausola 5.1 dell’accordo, che impone agli Stati membri o alle parti sociali di introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi, una o più misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti a termine; b) durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. La clausola 5.2 specifica che gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse, dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato: a) devono essere considerati "successivi"; b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato La genericità dell’impianto giuridico della direttiva comunitaria sul lavoro a termine ha tuttavia generato un copioso ed inarrestabile contenzioso giurisprudenziale in materia. La Corte di Giustizia delle Comunità europee è intervenuta almeno diciotto volte, dal 22 novembre 2005 al 26 gennaio 2012

(Mangold191, Adeneler192, Marrosu e Sardino193, Vassallo194, Del Cerro

Alonso195, Impact196, Vassilakis197, Angelidaki198, Koukou199, Lagoudakis200, Zentralbetriebstrat der Landeskrankenhäuser Tirols201, Sorge202, Vino203,

191

Corte di Giustizia, Grande Sezione, 22 novembre 2005, C-144/04, cit..

192 Corte di Giustizia, Grande Sezione, 4 luglio 2006, C-212/04, cit.

193 Corte di Giustizia CE, II Sezione, 7 settembre 2006, C-53/04, Marrosu e Sardino. 194

Corte di Giustizia CE, II Sezione, 7 settembre 2006, C-180/04, Vassallo.

195 Corte di Giustizia CE, II Sezione, 13 settembre 2007, C-286/07, Del Cerro Alonso. 196 Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, 15 aprile 2008, C-268/06, Impact.

197 Corte di Giustizia, III Sezione, 12 giugno 2008, C-364/07, Vassilakis.

198 Corte di Giustizia CE, III Sezione, 3 aprile 2009, cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki e altri.

199 Corte di Giustizia CE, VII Sezione, 24 aprile 2009, C-519/08, Koukou.

200 Corte di Giustizia CE, VI Sezione, 23 novembre 2009, cause riunite da C-162/08 a C-164/08, Lagoudakis.

201

Corte di Giustizia CE, I Sezione, sentenza 22 aprile 2010, C-486/08, Zentralbetriebstrat der Landeskrankenhäuser Tirols.

Problematiche applicative e dubbi interpretativi. Il dialogo tra le Corti

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Affatato204, Deutsche Lufthansa205, Rosado Santana206, Kücük207 ), nel tentativo

di colmare le lacune lasciate aperte dalla direttiva ed evitare interpretazioni ad essa non conformi da parte di ciascuno Stato membro. Tali pronunce hanno avuto ad oggetto, fra le altre, la risoluzione delle questioni relative, da un lato, all’individuazione delle “ragioni obiettive” idonee a giustificare il rinnovo dei contratti a termine, di cui alla clausola 5.1, lett. a) dell’accordo quadro, dall’altro, alla definizione di contratti a termine “successivi”.

In ordine al primo aspetto, i giudici di Lussemburgo hanno chiarito che la nozione di “ragioni obiettive” deve essere intesa «nel senso che essa si riferisce

a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in un simile contesto particolare, l'utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione»208. Tali condizioni, invero, possono consistere nel «raggiungimento di una certa

data», nel «completamento di un compito specifico» o nel «verificarsi di un evento specifico»209. La Corte ha altresì precisato che la necessaria sussistenza delle suddette ragioni è direttamente collegata alla «prevenzione dell'utilizzo

abusivo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi»,

restando pertanto escluso, dall’ambito di applicazione della clausola 5.1, il

primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato210.

Per quanto riguarda, poi, la repressione degli abusi, la Corte ha precisato che spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate, che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma anche abbastanza effettivo e dissuasivo da garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione

dell'accordo quadro211. Seppure le modalità di applicazione di tali norme

spettino, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria in materia,

202 Corte di Giustizia CE, IV Sezione, 24 giugno 2010, C-98/09, cit. 203

Corte di Giustizia CE, IV Sezione, 11 novembre 2010, C-20-10, Vino.

204 Corte di Giustizia CE, VI Sezione, 1° ottobre 2010, C-3/10, Affatato.

205 Corte di Giustizia CE, II Sezione, 10 marzo 2011, C-109/09, Deutsche Lufthansa. 206 Corte di Giustizia CE, II Sezione, 8 settembre 2011, C-177/10, Rosado Santana. 207 Corte di Giustizia CE, II Sezione, 26 gennaio 2012, C-586-10, cit.

208

Adeneler, cit., punti 69 e 70; Del Cerro Alonso, cit., punto 53; Impact, cit., punto 70, Vassilakis, cit., punti 88 e 89; Angelidaki, cit., punto 96; Kücük, cit., punto 27.

209 Adeneler, cit., punto 7.

210 Mangold, cit., punti 41 e 43; Angelidaki, cit., punto 90.

211

Angelidaki, cit., punto 158; Adeneler, punto 94; Marrosu e Sardino, cit., punto 51; Vassallo, cit., punto 36; Vassilakis, cit., punto 125.

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all'ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell'autonomia processuale di questi ultimi, esse non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario

(principio di effettività)212. Ne consegue che, qualora si sia verificato un ricorso

abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Difatti, secondo i termini stessi dell'art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di

garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva»213. Da ciò consegue che se uno Stato membro ha il diritto di non prevedere la conversione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato quale sanzione in caso di mancato rispetto delle misure preventive sancite dalla normativa nazionale di trasposizione della clausola 5 punto 1 dell'accordo quadro, detto Stato dovrà comunque assicurarsi che le altre sanzioni adottate dalla medesima normativa abbiano un carattere sufficientemente efficace e dissuasivo da garantire la piena effettività di dette misure preventive214.

Quanto al secondo aspetto, i giudici di Lussemburgo hanno precisato che il rinvio alle autorità nazionali per la definizione delle modalità concrete di applicazione dei termini «successivi» e «a tempo indeterminato» ai sensi dell'accordo quadro si spiega con la volontà di rispettare la diversità delle normative nazionali in materia, occorre comunque ricordare che la discrezionalità così lasciata agli Stati membri non è illimitata, poiché non può

comunque giungere a pregiudicare lo scopo o l'effettività dell'accordo quadro215.

In tal senso, la Corte ha ritenuto che una disposizione nazionale la quale

212 Angelidaki, cit., punto 159; Adeneler, cit., punto 95; Marrosu e Sardino, cit., punto 52; Vassallo, cit., punto 37; Vassilakis, cit., punto 126.

213 Angelidaki, cit., punto 160; Adeneler, cit., punto 102; Marrosu e Sardino, cit., punto 53; Vassallo, cit., punto 38; Vassilakis, cit., punto 127.

214 Angelidaki, cit., punto 161; Adeneler, cit., punto 105; Marrosu e Sardino, cit., punto 49; Vassallo, cit., punto 34; Vassilakis, cit., punto 123.

Problematiche applicative e dubbi interpretativi. Il dialogo tra le Corti

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consideri successivi i soli contratti di lavoro a tempo determinato separati da un lasso temporale inferiore o pari a 20 giorni lavorativi deve essere considerata tale da compromettere l'obiettivo, la finalità nonché l'effettività dell'accordo quadro. Infatti, una definizione così rigida e restrittiva del carattere successivo di vari contratti di lavoro che si susseguono consentirebbe di assumere lavoratori in modo precario per anni, poiché, nella pratica, il lavoratore non avrebbe nella maggior parte dei casi altra scelta che accettare interruzioni dell'ordine di 20 giorni lavorativi nel contesto di una serie di contratti con il suo datore di

lavoro216. Di contro, la Corte ha altresì dichiarato che la normativa oggetto dei

procedimenti principali, la quale riconosce come aventi carattere «successivo» soltanto i contratti di lavoro a tempo determinato separati da un lasso temporale inferiore ai tre mesi, non appare di per sé altrettanto rigida e restrittiva. Invero, detto lasso di tempo può generalmente essere considerato sufficiente ad interrompere ogni rapporto di lavoro esistente, e, di conseguenza, a comportare che ogni eventuale contratto ulteriormente sottoscritto non sia considerato come successivo. Tuttavia, spetta alle autorità e ai giudici nazionali, competenti per l'applicazione delle misure di trasposizione della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro, e, quindi, chiamati a pronunciarsi sulla qualificazione dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi, esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero di tali contratti successivi stipulati con lo stesso soggetto oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i rapporti di lavoro a

tempo determinato siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro217.

3. Una peculiare forma di “abuso della giurisprudenza”: il