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CAPITOLO V IL GIOCO DEL RIMOSSO

1.1 L’Angelo Nero

C’è qualcosa di volontariamente incompiuto, oltre che nei personaggi, anche nelle loro azioni, come un passato sospeso tragicamente e di cui non si vuole parlare. Il

rimorso è ciò che muove la ricerca, ciò che spinge a capire e a trovare un senso al

passato.

Il rimorso, però, è anche per i personaggi un riparo dal presente, perché non

riescono ad accettare la loro vita. «I personaggi sembrano come sopraffatti da un

ritmo che li travolge e li obbliga a dimenticare l’importanza delle loro scelte per

determinare il loro futuro. Sono come sollevati dalla responsabilità della vita. La

vita passa senza che loro se ne accorgano»72. Vivono nel passato, in cui tutto è già

accaduto e non ci sono nuove aspettative.

È come se il tempo del soggetto, normalmente univoco, disposto com’è su una linea retta che non conosce altra reversibilità al di fuori di quella parallela e sfuocata della memoria, si sdoppiasse e la percezione dell’io […] Un vedersi a distanza, nell’avvenire del passato (ovvero quell’avvenire che è già passato, più che nel passato, che è comunque un luogo

70 BRIZIO SCOV 2002, p. 88.

71 TABUCCHI in DOLFI 1998, p. 181. 72 SALEMI 2007, p. 14.

60 d’identità), in uno spazio che non è né dell’essere né del non essere, ma dell’essere stato.

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Il tempo percepito dal protagonista si dilata e sembra non passare mai. In Notturno

indiano e nel Filo dell’orizzonte il protagonista si vede a distanza, proiettando la

sua identità su altre persone. Si muove in uno stato allucinatorio in cui sente delle

voci che gli ricordano ciò che in realtà vorrebbe dimenticare.

La raccolta di racconti intitolata L’angelo nero è incentrata sul rimorso. Tabucchi

spiega nella nota introduttiva la nascita di queste storie.

Forse la mia è semplice una stanchezza. Stanchezza di loro [i racconti], stanchezza di me stesso, stanchezza di una convivenza che non è stata delle più serene. Gli angeli sono esseri impegnativi, specie quelli della razza di cui si tratta in questo libro. Non hanno soffici piume, hanno un pelame raso, che punge. [AN 9]

Il titolo della raccolta di racconti è stato ispirato da una poesia di Montale. Nel

componimento, l’angelo nero è l’ultimo demone contro cui l’uomo si deve confrontare, quello interiore, dopo essersi liberato di tutti gli altri. Il demone più

difficile contro cui combattere, perché fa parte dell’uomo. Il rimorso, per Tabucchi, rappresenta questo demone. È la parte più oscura del personaggio, gonfia di rabbia

per il senso di colpa. L’angelo nero è una parte nascosta ma mai sopita che il protagonista aveva cercato di rimuovere perché legata ad un passato che gli aveva

causato dolore.

«Quello che è stato torna, bussa alla nostra porta, petulante, questuante, insinuante.

Spesso reca un sorriso sulle labbra, ma non bisogna fidarsi, è un sorriso ingannatore.

E intanto noi viviamo, o scriviamo, il che è lo stesso in questa illusione che ci

conduce» [AN 10]

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L’angelo nero nei testi di Tabucchi ha il nome di Tadeus che, come abbiamo visto, compare spesso per ricordare qualcosa che il protagonista ha scordato e che diventa

un’ossessione.

Ormai non posso fare a meno di formulare questo pensiero, tu mi capisci Tadeus, sei tu che mi ci hai fatto pensare, guarda io non avrei voluto, te lo giuro, per anni non ho voluto pensarci, ma tu ora mi ci hai costretto, perché non si può avere paura solo di un luogo, di una casa, si ha paura di qualcuno o di qualcosa. [AN 23]

Sia in Requiem che nel racconto Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa

l’incontro con Tadeus è per il protagonista un confronto con il proprio passato. Il rimorso, nei romanzi di Tabucchi, è legato principalmente a Isabel. Il senso di colpa,

per non essere riuscito a aiutare la donna, è un pensiero ossessivo che trova una

risposta in parte solo nell’ultimo romanzo pubblicato postumo da Tabucchi. In Per

Isabel il protagonista, che dice di chiamarsi Tadeus, si mette sulle orme di Isabel

per scoprire cosa le è successo. Tabucchi scrive nella nota iniziale del libro.

Ossessioni private, personali rimpianti che il tempo rode ma non trasforma, come l’acqua di un fiume smussa i suoi ciottoli, fantasie incongrue e inadeguatezze al reale, sono i principali motori di questo libro […] Probabilmente non ho ancora risolto il problema se si tratti di un senso di colpa nei confronti del mondo o di una semplice mancata elaborazione del lutto. [PE 11, 12]

L’incontro e l’ultimo saluto con la donna diventano fondamentali per il protagonista per riuscire a perdonarsi. «Voglio dire che tu volevi liberarti dei tuoi rimorsi, non

ero tanto io che tu cercavi, ma te stesso, per dare un’assoluzione a te stesso,

un’assoluzione e una risposta» [PE 116]. Il perdono finale della donna pone lo scioglimento del senso di colpa del protagonista per non essere stato in grado di

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2 La metafora del rimorso

In Requiem il protagonista va nel museo di Arte antica di Lisbona per osservare Le

Tentazioni di Sant’Antonio: un’immensa pala divisa in tre parti dipinta da Bosch

nel 1501. Il pittore, attingendo ai miti popolari riguardanti la stregoneria, dipinge

immagini grottesche che rappresentano la visione del santo tentato dal diavolo.

L’arte si rivela per il protagonista un modo per scavare nel suo passato. Questo quadro èinfatti legato alla sua giovinezza.

E allora mi ricordai di quei pomeriggi d’inverno passati al museo, noi quattro e le nostre conversazioni, le nostre elucubrazioni sui simboli, le nostre interpretazioni, il nostro entusiasmo. Ed ora ero di nuovo lì e tutto era differente, solo il quadro era restato lo stesso, e mi stava aspettando. Ma era restato lo stesso o era cambiato anche lui? Voglio dire, non era possibile che ora il quadro fosse diverso solo perché i miei occhi lo avrebbero visto in un altro modo? [RE 73]

Il quadro è un ricordo al quale il protagonista va a «far visita» [RE 63] in cerca di

risposte come se celasse dei segreti e avesse qualcosa da dire. In questa visita

sembra volere carpire un messaggio segreto, un significato che dia un senso

all’attrazione che ha per questo quadro. «È che non ho mai ben capito che cosa significa quel quadro, dissi io, forse oggi riesco a capirlo meglio, sai com’è, oggi è una giornata molto particolare.» [RE 64]. La visita al quadro è la visita al ricordo

per renderlo tangibile e per comprendere meglio l’attrazione misteriosa che ha per

quest’opera.

Nella sala il protagonista non è solo di fronte al quadro e al suo ricordo ma si trova

in compagnia di un uomo intento a fare delle copie di particolari del quadro. Il

copista gli rivela il potere taumaturgico attribuito all’opera.

Bosch dipinse la tempesta che si era scatenata nell’anima del santo, dipinse un delirio. E però questo quadro aveva un valore taumaturgico, disse il Copista, i malati andavano in

63 pellegrinaggio da lui aspettandosi un evento miracoloso che ponesse fine alle loro sofferenze. [RE 78,79]

La tentazione di Sant’Antonio anticamente, infatti, era esposto all’ospedale degli

Antoniani di Lisbona dove appunto si curavano malattie cutanee come l’herpes zoster che è chiamato anche fuoco di Sant’Antonio.

È un virus molto strano, disse il Copista, pare che tutti ce lo portiamo dietro in stato larvale, ma si manifesta quando le difese dell’organismo sono infiacchite, allora attacca con virulenza, poi si addormenta e torna ad attaccare ciclicamente, guardi le dico una cosa, penso che l’herpes sia un po’ come il rimorso, se ne sta addormentato dentro di noi e un bel giorno si sveglia e ci attacca, poi torna a dormire perché noi siamo riusciti ad ammansirlo, ma è sempre dentro di noi, non c’è niente da fare contro il rimorso. [RE 79]

La malattia è collegata a degli stati d’animo ed acquista una dimensione interiore e psicologica. Il concetto della malattia viene unito a quello della punizione. Questa

percezione rimane in modo inconscio tra le persone che hanno bisogno di trovare

un significato alla malattia.

Questo meccanismo, che vuole trovare nella malattia un senso, potrebbe spiegare il

messaggio criptico Tadeus. L’uomo infatti prima di morire ha lasciato al protagonista un biglietto con una frase misteriosa.

La frase era questa: è stata tutta colpa dell’herpes zoster, senti un po’ Tadeus ti pare una frase da congedo, una frase che si lascia ad un amico quando si è sul punto di morte? […] non so perché, Tadeus, dissi io, ma quella frase l’ho sempre collegata a Isabel, è per questo che sono qui, per parlare di lei. [RE 40,41]

La frase rimasta sospesa per anni nella mente del protagonista trova un significato

nelle parole del copista. La malattia collegata a Tadeus viene citata anche nel

racconto Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa il protagonista che si trova

sulla torre di Pisa per incontrare Tadeus e sente parlare due turisti che discutono di

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simile all’herpes zoster» [AN 27]. Questa citazione apparentemente casuale trova

una spiegazione nel romanzo Requiem.

Il nesso creato sulla malattia, sul contagio del virus (herpes/inconscio), nel racconto evidenzia l’impossibilità di dare un senso al messaggio di Tadeus e al passato; nel romanzo invece l’autore pare aver trovato il modo di assopire il virus raccontando nuovamente i fatti e cercando nell’insensatezza del sogno/allucinazione, un significato a quello che è successo.74

L’Angelo nero e Requiem, che sono stati scritti entrambi nello stesso periodo, sono collegati dal senso per il senso di colpa che divora i protagonisti ponendoli davanti

a se stessi. L’herpes in Tabucchi è la metafora del rimorso: ha le stesse caratteristiche rimane covato per poi manifestarsi improvvisamente. È la metafora

di un disagio concreto e virale presente nei personaggi che vivono il presente

rimpiangendo il passato.

L’herpes zoster richiama un altro virus che il narratore in apertura di romanzo dice di aver contratto: «il virus dell’Inconscio» [RE 39]. Metafora del rimorso e del rimosso, simbolo dunque dei meccanismi dell’inconscio, l’herpes zoster permette di interpretare il delirio del santo in termini moderni e privati come il riaffiorare delle zone d’ombra della coscienza, dei sensi di colpa e dell’inquietudine. 75

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