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La narrazione nei romanzi di Tabucchi si svolge attraverso dei quadri narrativi.

L’autore offre delle immagini che affiorano sempre più nitide, come dei ricordi, tralasciando i legami tra un quadro e l’altro. Questo modo di narrare prende spunto dal linguaggio filmico.

Credo di aver imparato molto non solo dal cinema, ma anche dalle grammatiche sul cinema; io credo che il saggio sul montaggio di Eisenstein mi abbia insegnato molte cose. Non so se questa chiamiamola così competizione, che può esistere fra le due forme di espressione, sia una vera competizione. Secondo me, è una sorta di complicità, perché se è vero, e si vede da molti testi, che la narrativa, la letteratura è impregnata di cinematografia oggi, è anche vero che il cinema ha bisogno, prima di mettere immagini di una storia, della scrittura di una storia.42

L’affinità con il linguaggio cinematografico si esprime con una forte selezione delle scene narrate, dalle quali viene inquadrato solo ciò che è importante ai fini del

racconto. Le descrizioni di Tabucchi sono nitide e precise, l’attenzione per determinati particolari rende difficile una visione globale della storia. I frammenti

e le ellissi narrative non seguono una cronologia precisa e i ricordi si fondono

perfettamente con il racconto. Questo modo di raccontare rispecchia l’andamento incerto del protagonista, che ha la sensazione di progredire nella sua ricerca ma che

in realtà sta seguendo un percorso già tracciato e non fa altro che tornare al punto

di partenza.

La narrazione focalizza l’attenzione su alcuni particolari, su oggetti emblematici che assumono un valore epifanico. Un oggetto in particolare che ricorre spesso nei

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romanzi e nei racconti di Tabucchi è la fotografia. La sua descrizione corrisponde

ad un momento di svolta nella storia, come la realizzazione di un sospetto o

l’evocazione di un ricordo. Le foto vengono descritte nel loro aspetto effimero, segnato dal tempo ma anche con la forza di evocare dei momenti. L’immagine fotografica nell’universo di Tabucchi assume molteplici significati: rappresenta una finestra verso una storia, apre come uno sguardo intimo verso il passato ed è in

grado di proiettare l’osservatore verso un mondo al quale non è mai appartenuto. La foto è un oggetto con un forte potere evocativo perché dà la sensazione di

possedere l’istante nell’atto stesso in cui si produce. L’immagine diventa il simbolo di una nostalgia e dell’incapacità di saper accettare il tempo che passa e i suoi cambiamenti.

Ogni fotografia è un memento mori. Fare una fotografia significa partecipare della mortalità, della vulnerabilità e della mutabilità di un’altra persona (o di un’altra cosa). Ed è proprio isolando un determinato momento e congelandolo che tutte le fotografie attestano l’inesorabile azione del dissolvente del tempo.43

1 Il ritratto del ricordo

Le descrizioni fotografiche nei romanzi di Tabucchi rappresentano l’ombra di un

ricordo che affiora ma allo stesso tempo sfugge alla mente. Nel Filo dell’orizzonte

l’immagine è centrale non solo per il procedere filmico di cui abbiamo parlato ma anche perché «la fotografia è come un’apertura e una possibilità di far luce sui punti

oscuri della vita dei personaggi […] la fotografia è viva, permette al personaggio come al lettore di tornare indietro nel tempo e aprire un varco.»44[la traduzione è mia].La prima identificazione tra Spino e il ragazzo morto avviene attraverso una

43 SONTANG 2004, p. 15. 44 AUGUSTE 2007, p. 2.

32 sua immagine vista sul giornale:l’uomo vede Carlo Nobodi come un’ipotesi di se

stesso, una specie di suo doppio.

«Restano un attimo assorti davanti alla fotografia dello sconosciuto, poi lei si lascia

sfuggire una frase che gli provoca una specie di smarrimento “Con la barba e venti anni di meno potresti essere tu”» [FO 31]. L’interesse per il passato del ragazzo è

scaturito da un’iniziale immedesimazione, nata dalla visione della foto del ragazzo sul giornale. L’identificazione con il ragazzo morto diventa possibile proprio perché non ha un’identità definita. L’indagine si sposta da un piano oggettivo, in cui si analizzano dei dati concreti, ad uno astratto, dove Spino inizia a collegare alla

ricerca i ricordi del suo passato.

L’ha pregata di mandargli delle cartoline da Duino e lei ha sorriso con complicità, perché ha capito il suo lapsus. Se avessero avuto un po’ di tempo ne avrebbero parlato, una volta parlavano spesso di Rilke; e ora lui avrebbe avuto voglia di parlare di una poesia che ha per oggetto la fotografia del padre e che per tutto il giorno ha ripetuto a memoria. [FO 54]

La citazione scaturita dal lapsus di Spino permette di creare un collegamento tra la

foto che vede di Carlo e il ricordo del padre. L’immagine del padre suscita nostalgia

e rappresenta una traccia tangibile dello scorrere del tempo. In questa scena

l’immagine scaturisce da un errore inconscio; Spino confonde Duino per Luino verso la quale Sara sarebbe dovuta partire. Il lapsus è riferito ad una lirica in cui

Rilke parla della foto del padre. In questa poesia, scritta nel 1906 dopo la morte del

padre, il poeta riflette sulla caducità della vita.

Il lapsus spiega l’attenzione eccessiva per il caso di Calo Nobodi: la proiezione inconscia del ricordo paterno. Questa ipotesi viene chiarificata dalla scena seguente,

in cui Spino sviluppa in una camera oscura una foto ritrovata tra gli effetti personali

della vittima. La fotografia oltre a indicare il tempo che passa diventa anche la

33 Nella vasca del reagente i contorni sembrava stentassero a delinearsi, come se un lontano e trascorso, irrevocabile, fosse riluttante a essere resuscitato, si opponesse alla profanazione di occhi curiosi ed estranei, al risveglio di un contesto che non gli apparteneva […]. L’intimità di un istante irripetibile della loro vita è ora è sua, dilatata nel tempo sempre identica a se stessa; e visibile infinite volte, appesa gocciolante ad uno spago che attraversa la cucina. Un graffio, che l’espositore ha ingrandito a dismisura, sfregia diagonalmente i loro corpi e il loro paesaggio. È il graffio involontario di un’unghia, l’inevitabile usura delle cose, la traccia di un metallo (chiavi, orologi, accendisigari) con il quale quei visi hanno coabitato in tasche e cassetti? Oppure è il segno volontario di una mano che vuole elidere il passato? Ma quel passato, comunque è ora in un altro presente, si offre suo malgrado a una decifrazione. [FO 55]

La descrizione dell’immagine viene fuori lentamente dal reagente come un ricordo

che emerge dalla memoria del protagonista, il quale osserva con grande attenzione

ogni particolare. Si sofferma su graffio che si è sviluppato e ingrandito, può essere

il segno del tempo, una dimenticanza maldestra oppure un’azione voluta quasi per

cancellare il passato. La fotografia diventa la metafora del ricordo, che ferma un

istante nella memoria, ma sbiadendo è comunque soggetta al tempo. Spino si trova

proiettato in un ricordo non suo da dover decifrare e osservando la foto percepisce

uno strano coinvolgimento. L’uomo inizia a interrogarsi sui particolari della scena e sul sentimento di familiarità suscitato da questa. La realtà nel romanzo è qualcosa

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2 L’immagine e la nostalgia

La foto è anche in grado di proiettare l’interlocutore in un’altra dimensione come nel caso di Requiem, in cui il personaggio cerca la tomba del suo amico morto. La

foto presente sulla lapide diventa come una sorta di passaggio verso un altro mondo.

Attraverso un viaggio allucinato l’uomo riesce a parlare con l’amico scomparso e ad avere nuovi indizi sul suo passato che tenta di ricostruire.

Era una fotografia a figura intera, lui indossava una camicia con le maniche rimboccate, stava appoggiato a una barca e sullo sfondo si vedeva il mare. Quella foto l’avevo scattata io nel millenovecentosessantacinque, era di settembre, stavamo allora alla Caparica, eravamo felici […] lui se ne stava lì, appoggiato alla barca, col giornale francese in mano, mi avvicinai per vedere se arrivavo a distinguere il titolo del giornale, ma nella fotografia non ci si riusciva, era sfocato, altri tempi, pensai, il tempo si è ingoiato tutto, e poi dissi: ehilà Tadeus, sono qui, sono venuto a farti visita. [RE 33, 34]

Il protagonista trova sulla lapide la foto di Tadeus scattata da lui in un momento

felice della sua vita. Questa immagine lo proietta in un mondo parallelo nel quale

può finalmente parlare con l’amico scomparso e soddisfare dubbi lasciati in sospeso.

La fotografia come nel Filo dell’orizzonte ha un potere evocativo, trasporta

l’osservatore nel passato, riuscendo a coinvolgerlo introiettandolo in un punto di vista che non è il suo. Attraverso le fotografie i personaggi nei romanzi di Tabucchi

riescono a raggiungere mondi a loro sconosciuti, a volte perché estranei al loro

passato come nel caso di Spino o perché fanno parte di una dimensione ultraterrena

come nel caso di Requiem.

L’immagine è anche il ritratto di un caro scomparso, quindi può essere interpretata come il ritratto della mancanza e della nostalgia. Nell’ultimo libro di Tabucchi, Per

Isabel, incontriamo il protagonista che tenta di ricostruire il suo passato legato a

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racconti come un’ossessione. Il protagonista è tormentato dalla scomparsa della donna, questa assenza scatena in lui rimorsi e sensi di colpa. Durante la sua ricerca,

l’uomo incontra un fotografo che gli dà la foto di Isabel, fornendogli ulteriori indizi riguardanti la donna. Il dialogo con il fotografo mette in evidenza un aspetto

dell’immagine: quello di congelare il tempo in un istante.

[…] mi viene in mente che qualcuno ha detto che la fotografia è la morte perché fissa l’attimo irripetibile. Si passò la foto tra le dita, proprio come se fosse un gioco di carte, e continuò: ma poi mi chiedo ancora: e se invece fosse la vita?, la vita con la sua immanenza e la sua perentorietà che si lascia sorprendere in un attimo e ci guarda con sarcasmo, perché è lì, fissa, immutabile, e invece noi viviamo nella mutazione, e allora penso che la fotografia, come la musica, coglie l’attimo che non riusciamo a cogliere, ciò che siamo stati, ciò che avremo potuto essere, e contro questo attimo non c’è niente da fare, perché ha più ragione di noi, ma ragione di cosa?, forse ragione del cambiamento di questo fiume che scorre e che ci trascina, e dell’orologio, del tempo che ci domina e che noi cerchiamo di dominare. [PE 67]

La riflessione del fotografo coglie la tragicità della condizione esistenziale

dell’uomo che non riesce a godere appieno dei momenti nel presente ma solo nel passato, quando li rivive con un sentimento di nostalgia. La fotografia è il simbolo

di questa condizione in cui l’uomo rivive il passato attraverso i ricordi e i rimpianti per le assenze.

Quest’oggetto è molto importante nelle storie di Tabucchi perché rappresenta la metafora del ricordo. La nostalgia si concretizza nella descrizione dell’immagine che appare spesso sfocata e con i contorni sbiaditi, enfatizzando ancora di più la

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3 Morceaux choisis

L’idea che la fotografia sia lo specchio del mondo pone diverse questioni,come la relazione tra l’immagine e la soggettività specifica dell’individuo che l’ha realizzata. L’immagine seleziona una porzione della realtà e la estrapola dal contesto, ritraendo inevitabilmente un particolare e offrendo un punto di vista

personale.

La fotografia presente in Notturno Indiano prende in analisi questo aspetto

problematico riguardante la riproducibilità oggettiva della realtà. L’ultimo incontro che compie il protagonista, durante la sua ricerca, è con una fotografa andata a

Calcutta per fare un reportage sulle condizioni di vita dei più poveri. La

conversazione tra la giornalista e lo scrittore si concentra soprattutto su un aspetto

che accomuna le loro professioni: entrambi si interrogano sulla funzione della

scrittura edella fotografia nei confronti della realtà. L’incontro tra lo scrittore e la fotoreporter diventa un’occasione per riflettere sull’illusione di avere la giusta prospettiva degli eventi e il dubbio di riuscire a vedere soltanto una piccola parte di

una realtà ben più complessa.

Le due arti, scrittura e fotografia, vengono confrontate: entrambe sono uno

«strumento per filtrare il mondo e trasformarlo in oggetto mentale»45. Le due forme

di espressione tendono ad alterare la realtà falsandone i contenuti. Tuttavia la

scrittura viene considerata come un’interpretazione al pari di un disegno, poiché viene da. Un’elaborazione personale. Invece, non viene preso in considerazione l’aspetto soggettivo della fotografia. L’immagine fotografica sotto questo punto di

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vista ha una responsabilità in più rispetto alla scrittura: quella di sembrare oggettiva,

anche se è soltanto un’apparenza.

Nella scena del romanzo Christine, la giornalista, parla di una foto che ha scattato

e che considera una delle migliori della sua carriera.

La foto riproduceva un giovane negro, solo il busto; una canottiera con una scritta pubblicitaria, un corpo atletico, sul viso l’espressione di un grande sforzo sta evidentemente tagliando il traguardo, per esempio i cento metri […] la seconda fotografia disse lei era la fotografia per intero, sulla sinistra c’è un poliziotto [..]Sta sparando al negro. E il negro sta scappando a braccia alzate: un secondo dopo che io facessi clic era già morto. [NI 101,102]

La didascalia della foto dice Mefiez-vous des morceaux choisis: l’immagine diventa

l’esempio di quanto facilmente la realtà possa essere stravolta se si osserva solo un particolare di essa. L’immagine assume un significato completo grazie alla didascalia che permette di capire il punto di vista possa alterarne il senso. Questa

frase non si riferisce soltanto al rapporto ambiguo che la realtà la fotografia ha con

la realtà, ma allude anche al romanzo. Essa, infatti, racchiude una raccomandazione

essenziale per comprendere il libro e anche tutta l’opera di Tabucchi: un insieme di particolari non crea una visione completa del tutto. «Tutto, come nella fotografia, è

un problema di inquadratura; ma se niente esclude un qualche valore informativo

della fotografia, della narrativa, è certo che non si può aspettare interpretazione

sicura, conclusione certa quando si usano morceaux choisis»46.

Christine, la fotografa, ascoltata la trama del libro che l’uomo sta scrivendo, osserva che tutto nel racconto è fuori cornice. Lo sviluppo della storia non è narrato: è fuori

dal racconto, come se fosse una storia parallela. «Deve essere un po’ come quella

sua fotografia, l’ingrandimento falsa il contesto, bisogna vedere le cose da lontano» [NI 108]. Da questa conversazione si evince l’aspetto metanarrativo del romanzo:

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la trama del libro che l’uomo vuole scrivere è la storia che sta vivendo. Lo scrittore

crea un mondo duplicato in cui ci sono due gradi di realtà: una mostrata e una

intravista dal lettore.

La fotografia è come la lacuna una metafora dell’assenza, in cui i confini sono arbitrari e riproduce solo un particolare, offrendo solo il punto vista dell’osservatore ed escludendone gli altri. La visione restituita è una realtà nominalistica composta da tanto piccoli frammenti che non potranno mai restituire una visione unitaria.47

Nei romanzi di Tabucchi la strategia narrativa della frammentazione procede per

gradi dalla storia, alle scene ed infine a singole inquadrature. Tutto quello che

l’uomo può conoscere e sapere si può ricostruire solo attraverso piccoli frammenti, uniti da una visione soggettiva, mai una totalità. Sembra che l’unica certezza siano

i particolari. I ricordi distorti e le foto sbiadite offrono dei punti di vista che

diventano un punto focale capace di cambiare il modo osservare dell’uomo. L’immagine che comunque filtra il mondo diventa l’unico mezzo per comprendere la realtà che ci sta intono. “Guardarsi dai pezzi scelti” è la raccomandazione che viene fatta dalla fotografa in Notturno Indiano, ma in realtà è solo attraverso di essi

che è possibile vedere e conoscere.

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